Demenza senile, la lettura e la scrittura ne riducono l’incidenza

Neurone

Leggere e scrivere mantengono il cervello sano

Uno studio condotto da Jennifer Manly, della Columbia University Vagelos College of Physicians and Surgeons a New York ( Stati Uniti ), pubblicato sulla rivista Neurology, organo ufficiale della American Academy of Neurology, ha mostrato che leggere e scrivere proteggono la salute del cervello.

Le persone che non leggono e non scrivono presentano un rischio quasi triplo di sviluppare demenza.

Lo studio ha coinvolto quasi 1000 persone di età media 77 anni, tra cui 237 analfabeti.

All’inizio dello studio il 35% degli analfabeti è risultato presentare già demenza contro il 18% di coloro che sapevano leggere e scrivere.

Dopo circa 4 anni si è passati al 48% degli analfabeti con demenza contro il 27% di coloro che sapevano leggere e scrivere.

Secondo gli sperimentatori gli analfabeti hanno un rischio di demenza quasi triplo rispetto agli altri, a parità di condizioni quali età, sesso, stato socioeconomico e salute cardiovascolare.

Essere in grado di leggere e scrivere consente alle persone di intraprendere un maggior numero di attività che coinvolgono le risorse mentali, come leggere il giornale o aiutare i nipoti coi compiti a casa.

Precedenti studi hanno dimostrato che tali attività si associano a un rischio ridotto di demenza.

 

People who cannot read may be three times

as likely to develop dementia

 

New research has found that people who are illiterate, meaning they never learned to read or write, may have nearly three times greater risk of developing dementia than people who can read and write.

The study is published in the Neurology, the medical journal of the American Academy of Neurology.

According to the United States Department of Education, approximately 32 million adults in the country are illiterate.

According to Jennifer J. Manly of Columbia University Vagelos College of Physicians and Surgeons in New York ( U.S.A ), being able to read and write allows people to engage in more activities that use the brain, like reading newspapers and helping children and grandchildren with homework.

Previous research has shown such activities may reduce the risk of dementia.

New study provides more evidence that reading and writing may be important factors in helping maintain a healthy brain.

The study looked at people with low levels of education who lived in northern Manhattan. Many were born and raised in rural areas in the Dominican Republic where access to education was limited.

The study involved 983 people with an average age of 77.

Each person went to school for four years or less. Researchers asked each person, ” Did you ever learn to read or write ? “

Researchers then divided people into two groups; 237 people were illiterate and 746 people were literate.

Participants had medical exams and took memory and thinking tests at the beginning of the study and at follow-up appointments that occurred every 18 months to two years.

Testing included recalling unrelated words and producing as many words as possible when given a category like fruit or clothing.

Researchers found of the people who were illiterate, 83 of 237 people, or 35%, had dementia at the start of the study.

Of the people who were literate, 134 of 746 people, or 18%, had dementia.

After adjusting for age, socioeconomic status and cardiovascular disease, people who could not read and write had nearly a three times greater chance of having dementia at the start of the study.

Among participants without dementia at the start of the study, during follow-up an average of four years later, 114 of 237 people who were illiterate, or 48%, had dementia.

Of the people who were literate, 201 of 746 people, or 27%, had dementia.

After adjusting for age, socioeconomic status and cardiovascular disease, researchers found that people who could not read and write were twice as likely to develop dementia during the study.

When researchers evaluated language, speed, spatial, and reasoning skills, they found that adults who were illiterate had lower scores at the start of the study. But their test scores did not decline at a more rapid rate as the study progressed.

The study also found that literacy was linked to higher scores on memory and thinking tests overall, not just reading and language scores. These results suggest that reading may help strengthen the brain in many ways that may help prevent or delay the onset of dementia.

Even only for few years of education, people who learn to read and write may have lifelong advantages over people who never learn these skills.

Manly said future studies should find out if putting more resources into programs that teach people to read and write help reduce the risk of dementia.

A limitation of the study was that researchers did not ask how or when literate study participants learned to read and write.

The study was supported by the National Institutes of Health and National Institute on Aging.

Source: American Academy of Neurology, 2019

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Russia.San Pietroburgo

SOLOMON VOLKOV, SAN PIETROBURGO, MONDADORI, 1999

Solomon Volkov, attraverso i ritratti delle grandi personalità che vi hanno vissuto, l’autore traccia la storia di San Pietroburgo, una delle città più belle e affascinanti del mondo.

Data di fondazione della città è considerato il 27 maggio 1703 (16 maggio nel calendario giuliano allora in vigore), allorché Pietro il Grande fece iniziare gli scavi della fortezza dei Santi Pietro e Paolo sull’isola delle Lepri, al centro della Neva, in una zona paludosa e selvaggia, praticamente disabitata, dove il fiume sfocia nel golfo di Finlandia. Il nome originale di Sankt Peterburg era stato conferito in lingua nederlandese, poiché Pietro il Grande aveva vissuto e studiato sotto mentite spoglie nei Paesi Bassi per un periodo di tempo ed era divenuto un grande ammiratore della corte e dell’architettura nederlandese.

La città venne concepita fin dall’inizio come porto commerciale e base navale. Nello storico primo viaggio di uno zar nel mar Baltico, a bordo della fregata Standard, Pietro trovò adatta ad un’installazione militare a protezione del porto l’isola posta quindici miglia al largo della foce che presto diventerà Kronštadt.

Un po’ alla volta, nella mente del sovrano prese forma l’idea di una città vera e propria, costruita dal nulla, in una zona peraltro totalmente inospitale. Affidò così l’opera all’architetto ticinese Domenico Trezzini, che aveva da poco realizzato per Federico IV di Danimarca fortificazioni costiere e l’edificio della borsa, e ad architetti di scuola italiana.

La città finì per rappresentare per Pietro la fuga da tutto ciò che non sopportava della vecchia Russia e fu destinata ben presto a divenire la nuova capitale dell’Impero russo. In virtù della sua posizione era una “finestra sull’Occidente”, che permetteva scambi commerciali e culturali. L’obiettivo era tra l’altro quello di fare della Russia uno dei principali partner commerciali della Gran Bretagna. La città si prestava inoltre a divenire la principale base della marina di Pietro il Grande. ( Wikipedia )

 

ARMAND PUIG: I TARRECH, GESÙ, EDIZIONE SAN PAOLO, 2007 – RISPOSTA AGLI ENIGMI

Armand Puig i Tàrrech, nato a La Selva del Camp nel 1953, è professore di Nuovo Testamento presso la Facoltà di Teologia della Catalogna e sacerdote dell’arcidiocesi di Tarragona, dove dirige l’Istituto Superiore di Scienze Religiose SantFructuós. È codirettore del Corpus Biblicum Catalanicum e coordinatore della Bíblia Catalana Interconfessional, nonché autore di numerose opere di esegesi neotestamentaria e di storia medioevale. Presso le Edizioni San Paolo ha pubblicato Gesù. La risposta agli enigmi( 2008 ) e I vangeli apocrifi ( 2010 ).

Gesù di Nàzaret è esistito veramente ? Di quali documenti disponiamo ? I quattro vangeli hanno un fondamento storico ? E cosa nascondono gli scritti apocrifi ? Gesù ebbe davvero fratelli e sorelle ? Si sposò ? Conobbe la comunità essena di Qumran ? Cos’è il regno di Dio che predicava ? E chi erano, nella realtà, i suoi dodici apostoli ? Con instancabile rigore e un linguaggio accessibile a tutti, Armand Puig raccoglie, verifica e ordina gli infiniti indizi che decenni di ricerche hanno portato alla luce. Ne esce un racconto ponderato, storicamente fondato e di straordinaria solidità, che cambierà per sempre il vostro modo di leggere il vangelo.

Vranov, Slovakia. 2019/8/22. Icon of the Christ Pantocrator (Christ "Almighty" or "All-powerful" or "Ruler of All" or "Sustainer of the World"). The church of Saint Elijah. Convent of the Holy Trinity

CARL ARNOLD WILLEMSEN, L’ENIGMA DI OTRANTO, CONGEDO EDITORE 1980

Il mosaico pavimentale della Cattedrale di Otranto è eseguito tra il 1165 e il 1167 dal prete Pantaleone: l’unico superstite di una famiglia di pavimenti simili, di cui rimangono lacerti e frammenti nelle Cattedrali di Trani, Brindisi e Taranto.
Un’opera, questa del prete Pantaleone, al centro di una larga attenzione da parte di storici, filologi, iconologi per i numerosi e complessi problemi che presenta non solo sul painao tecnico e stilistico, ma anche su quello interpretativo e contenutistico.
La pluralità dei temi ispirati alle fonti bibliche, ai cicli mitologici, agli elementi della quotidianità, la stretta simbiosi di storia sacra e di storia profana secondo uno schema di periodizzamento riveniente da categorie teologiche; la finalità didattica e pedagogica, scandite secondo i canoni della Bibbia pauperum; i raffronti con un’area di intervento artistico che annovera le grandi e più eccellenti opere musive della Cappella Palatina e della Martorana a Palermo, della Cattedrale di Monreale e del catino absidale di Cefalù, fanno di quest’opus taessallatum un campo di rilettura sempre più suggestivo e affascinante.
Una rilettura che non può prescindere, oltre che dall’ambiente, dal particolare carattere del territorio idruntino teatro di esperienze culturali diverse, ellenistico-orientale, bizantina, nordico-occidentale, confluite, attraverso lunghi processi e ricorrenti stagioni, entro un preciso alveo di civiltà, dove lo stesso sincretismo originario è mirabilmente condotto a unità. ( Fonte: Congedo Editore )

 

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Libri Rari & da Collezione by Libreria Aiace Roma Montesacro

Biblioteca Alessandria Egitto

MICOLI & ROTOLI: I CAPELLI NELL’ANTICO EGITTO

PATOLOGIA, TERAPIA, COSMESI NEI TESTI MEDICI

Ai tempi delle piramidi e dei faraoni le pettinature dei reali erano curate con grande precisione. In molte occasioni, i capelli naturali venivano rasati e sostituiti con elaborate parrucche realizzate con capelli umani e fibre vegetali. La tricologia era una disciplina già conosciuta anche a quei tempi, dato che uno dei primi tricologi di cui i testi dell’epoca riportano notizia era l’egiziano Hakiem el Demagh, che esercitava la professione nel 4.000 a.C..

All’epoca andavano in voga acconciature voluminose e stravaganti, per questo motivo, si faceva un grande uso di oli e cere per fissare i capelli nella posa desiderata.

Inoltre, gli antichi egizi amavano infoltire i capelli con ciocche posticce o semplicemente tingerli e adornarli con forcine e gioielli.

Il colorante più comune era l’henné, che, mischiato con il sangue di animali, donava ai capelli diverse tonalità di arancione e rosso. Per creare tinture scure, invece, gli antichi egizi estraevano da una pianta una sostanza chiamata indaco.

Contro la calvizie venivano applicati sulla chioma degli impasti a base di grasso animale o degli impacchi vegetali di foglie di lattuga o semi di fieno.

 

BACHTIN: DOSTOEVSKIJ – EINAUDI

Nella vasta letteratura su Dostoevskij il libro di Michail Bachtin costituisce una tappa obbligatoria per chiunque si interessi del grande romanziere russo. Questo lavoro occupa infatti un posto centrale nella ricerca teorica e storica di Bachtin, il quale si è affermato come uno dei maggiori critici di storia letteraria del secolo.

Il saggio di Bachtin non vuol essere una monografia critico-biografica tradizionale, né una ennesima interpretazione filosofica o psicologica di Dostoevskij.

Attraverso una originale e magistrale analisi stilistica, Bachtin individua le categorie essenziali della «poetica» dostoevskiana e coglie la novità di questo mondo narrativo nella «polifonia», nell’insubordinazione delle «voci» dei personaggi a una conchiusa e cristallizzata concezione del mondo a esse estranea.

Nel suo insieme e, esplicitamente, in alcune sue parti teoriche e storiche, questo studio ha anche un valore generale di metodo, aprendo prospettive nuove agli studi sulla struttura del romanzo. ( Fonte: Einaudi )

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GOZZANO GUIDO: TUTTE LE POESIE – MONDADORI

Guido Gustavo Gozzano (Torino, 19 dicembre 1883 – Torino, 9 agosto 1916) è stato un poeta e scrittore italiano. Il suo nome è spesso associato alla corrente letteraria post-decadente del crepuscolarismo. Nato da una famiglia benestante di Agliè, inizialmente si dedicò alla poesia nell’emulazione di Gabriele D’Annunzio e del suo mito del dandy. Successivamente, la scoperta delle liriche di Giovanni Pascoli lo avvicinò alla cerchia di poeti intimisti che, poi, sarebbero stati denominati “crepuscolari”, accomunati dall’attenzione per “le buone cose di pessimo gusto”, con qualche accenno estetizzante, il “ciarpame reietto, così caro alla mia Musa”, come le definì ironicamente lui stesso. Morì a soli 32 anni, a causa del cosiddetto mal sottile, termine caduto in disuso che stava ad indicare la tubercolosi polmonare che lo affliggeva. Alla tubercolosi, che lo afflisse fin dal 1904, è collegato un viaggio in India nel 1912, intrapreso con la speranza di trovare nel clima di quel Paese un sollievo alla sua malattia. Durante il suo soggiorno in India scrisse una serie di articoli, raccolti nel volume postumo Verso la cuna del mondo (1917). Più importanti le sue raccolte in versi: La via del rifugio (1907) e I colloqui (1911). Il mondo da lui descritto è quello provinciale, piccolo-borghese, visto con amore, ma allo stesso tempo con un certo distacco ironico.

 

Gozzano

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Libri & Letture

AGGIORNATO 3 FEBBRAIO 2024

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Collezionismo di Libri by Libreria Aiace Roma Montesacro

Collezionismo Libri

MIMMO FRANZINELLI, TORTURA – MONDADORI, 2018

La tortura riemerge periodicamente nelle cronache quotidiane, con vicende che impressionano l’opinione pubblica. Manca, tuttavia, a oggi una ricostruzione documentata del periodo in cui in Italia si torturò in modo diffuso: dall’autunno 1943 alla primavera 1945, nel territorio della Repubblica sociale occupato dai tedeschi. Attraverso fonti inedite depositate in archivi pubblici e privati Mimmo Franzinelli ripercorre il diverso uso della tortura da parte dei militari germanici e dei vari gruppi armati della Rsi, raccontando i più famigerati luoghi di sevizie, ma anche alcuni personaggi che seppero eroicamente resistere a ogni pressione. Senza nascondere che proprio grazie a questi trattamenti disumani si riuscì a infliggere danni enormi alla rete clandestina antifascista. Vengono inoltre spiegate le tecniche impiegate dalla Banda Koch, dalla Legione Muti e dai principali gruppi speciali di polizia. Si racconta di staffette partigiane cadute nelle mani del nemico, ma anche delle sevizie praticate da taluni partigiani, in violazione delle stesse norme stabilite dal CLN in materia di trattamento dei prigionieri. E nelle pagine finali si spiega come, grazie all’“amnistia Togliatti”, molti “torturatori efferati” l’abbiano passata liscia, senza rispondere penalmente dei loro crimini.

 

C. D’ONOFRIO, IL TEVERE, LA PAPESSA GIOVANNA ……

LA PAPESSA GIOVANNA: Donna che secondo la leggenda avrebbe occupato il soglio pontificio; vari resoconti collocano alternativamente il suo “pontificato” tra il IX, il X e l’XI secolo. Secondo una versione, nacque in Inghilterra ( o in Germania da genitori inglesi ) e si innamorò di un monaco benedettino, col quale fuggì ad Atene travestita da uomo. Alla morte del suo amante Giovanna divenne prete, cardinale e infine papa con il nome di Giovanni VIII, succedendo a Leone IV ( papa dall’847 all’855 ); morì di parto durante una processione papale ( per la biografia del vero papa vedi Giovanni VIII ). La leggenda della papessa divenne di pubblico dominio nel XIII secolo a opera dello scrittore religioso Stefano di Bourbon, e fu ripresa da altri nei tre secoli seguenti; accettata senza riserve dalla Chiesa, venne dapprima messa in discussione dallo storico bavarese Johannes Aventinus e in seguito altri scrittori, fra cui il teologo calvinista francese David Blondel, ne contestarono la veridicità, negata poi definitivamente dal teologo e storico cattolico tedesco Johann Döllinger nel 1863.

 

BREDEKAMP & JANZER – VICINO ORSINI E IL SACRO BOSCO DI BOMARZO

Il Parco dei Mostri, denominato anche Sacro Bosco o Villa delle Meraviglie di Bomarzo, in provincia di Viterbo, è un complesso monumentale italiano. Si tratta di un parco naturale ornato da numerose sculture in basalto risalenti al XVI secolo e ritraenti animali mitologici, divinità e mostri.

L’architetto e antiquario Pirro Ligorio su commissione del principe Pier Francesco Orsini ( detto Vicino Orsini ) progettò e sovraintese alla realizzazione, nel 1547, del parco, elevando a sistema, nelle figure mitologiche ivi rappresentate, il genere del grotesque.

Alcuni studiosi, erroneamente, facevano risalire la “regia” a Michelangelo Buonarroti ( E. Guidoni ), mentre altri, in particolare per il Tempio citavano il nome di Jacopo Barozzi da Vignola. La realizzazione delle opere scultoree fu probabilmente affidata a Simone Moschino.

L’Orsini chiamò il parco Sacro Bosco e lo dedicò a sua moglie, Giulia Farnese ( non l’omonima concubina del papa Alessandro VI ). Vi sono anche architetture impossibili, come la casa inclinata, o alcune statue enigmatiche che rappresentano forse le tappe di un itinerario di matrice alchemica. ( Wikipedia )

Bomarzo Bosco

 

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Il Piacere della Lettura by Libreria Aiace Roma Montesacro

Bibbia

M.H. ABRAMS, LO SPECCHIO E LA LAMPADA, Il MULINO

Riagganciandosi alle teorie organicistiche di Samuel Taylor Coleridge e studiando in particolare William Wordsworth ( di cui in qualche modo legittima in sede critica la grandezza ), Abrams dimostra che la poesia prima dei romantici era vista essenzialmente come specchio riflettente il mondo reale, per qualche tipo di mimesis, ma con l’avvento dei romantici la poesia fu vista piuttosto come una lampada che dall’interno del poeta rischiara il cammino ( in The Mirror and the Lamp ).

Un’altra sua tesi è che le teorie letterarie si dividono in quattro gruppi:

A) le teorie mimetiche (che mettono in relazione l’opera con l’universo)
B) le teorie pragmatiche (che si interessano della relazione tra opera e pubblico)
C) le teorie espressive (che guardano al rapporto tra opera e artista)
D) le teorie oggettive (interessate all’opera in quanto tale).

In Natural Supernaturalism (1971), con altrettanta autorità, Abrams riallaccia il Romanticismo al pensiero Cristiano e Neoplatonico, sostituendo il “Preludio alle Lyrical Ballads” con l’introduzione a The Recluse quale opera centrale del pensiero di Wordsworth, e spostando la visione del poeta-lampada verso quella del poeta-redentore che tenta di restaurare il divino.

In ogni caso, Abrams ha voluto vedere nel pensiero romantico inglese e tedesco una vera e propria svolta decisiva dell’Occidente. ( Wikipedia )

LA SACRA BIBBIA, CASA ED. SALANI, 1963

Il Vaccari fu il primo ad affrontare una traduzione in italiano della Bibbia dai testi originali»83. Fu il primo cattolico romano, ma lo aveva, seppur di poco, preceduto il protestante Giovanni Luzzi. L’iniziativa di traduzione del Vaccari fu suscitata da una richiesta di Pio X al Pontificio Istituto biblico, fondato nel 190984. Vaccari pubblicò una traduzione del Pentateuco nel 1923 e una dei libri poetici nel 1925. L’opera fu completata nel 1958, avvalendosi di altri collaboratori, con il titolo La Sacra Bibbia tradotta dai testi originali con note a cura del Pontificio Istituto Biblico di Roma, presso la casa editrice Salani. ( Treccani )

La Bibbia è il testo sacro della religione ebraica e di quella cristiana.
È formata da libri differenti per origine, genere, composizione, lingua, datazione e stile letterario, scritti in un ampio lasso di tempo, preceduti da una tradizione orale più o meno lunga e comunque difficile da identificare, racchiusi in un canone stabilito a partire dai primi secoli della nostra era.

Diversamente dal Tanakh ( Bibbia ebraica ), il cristianesimo ha riconosciuto nel suo canone ulteriori libri suddividendo lo stesso in: Antico Testamento ( o Vecchia Alleanza ), i cui testi sono stati scritti prima del “ministero” di Gesù ( Nuovo Testamento ) che descrive l’avvento del Messia.

La parola “Testamento” presa singolarmente significa “patto”, un’espressione utilizzata dai cristiani per indicare il patto stabilito da Dio con gli uomini per mezzo di Gesù e del suo insegnamento. ( Wikipedia )

A. L. KROEBER, LA NATURA DELLA CULTURA, IL MULINO, 1974

Alfred L. Kroeber è una delle figure più rappresentative dell’antropologia culturale americana. La sua attività antropologica presenta una tale complessità di aspetti e di interessi da collocarlo senz’altro tra i classici di questa disciplina: dalle ricerche etnografiche sugli Indiani della California e del Sud-Ovest alle indagini archeologiche in Messico e in Perù, dalla ricostruzione etnologica delle aree culturali del Nord-America alla considerazione di diversi modelli culturali delle più importanti civiltà storiche, dall’analisi dei sistemi di terminologia di parentela di numerose società preletterate o di alcuni fenomeni della moda occidentale alla riflessione teorica sui più importanti problemi dell’antropologia culturale e specialmente sul concetto di cultura.

« La natura della cultura •, che rappresenta appunto una sintesi di tali temi e raccoglie una vasta serie di saggi scritti da Kroeber nel primo cinquantennio del ‘900, consente di ripercorrere le tappe fondamentali della ricerca di questo antropologo e di valutare gli esiti a cui egli è pervenuto nel suo lungo
itinerario intellettuale. E ciò è tanto più importante in un momento in cui, anche in Italia, l’antropologia culturale è costretta a ridefinire il proprio campo d’indagine e i propri metodi.

Nato nel 1876 a Hoboken, New Jersey, da una famiglia di origine tedesca, Alfred L. Kroeber visse gli anni della sua formazione a New York, dove frequentò il Columbia College. Fu tra i primi allievi di Franz Boas, che proprio in quegli anni dava vita in quell’università ad un importante centro di studi antropologici. Nel 1901 conseguì il Ph.D e si recò a Berkeley dove iniziò ad insegnare e collaborò all’organizzazione del Museo e Dipartimento di Antropologia. Nel 1946 Kroeber lasciò l’Università della California per recarsi come • visiting professor • in numerose altre università americane.
Morì a Parigi nel 1960.

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Silone

SILONE, LA LIBERTÀ, UN INTELLETTUALE SCOMODO

IGNAZIO SILONE (1900 – 1978), pseudonimo di Secondino Tranquilli nasce a Pescina dei Marsi ( L’Aquila ) il 1 maggio, figlio di un piccolo proprietario terriero e di una tessitrice. Frequenta il ginnasio nel seminario della diocesi. A quindici anni rimasto senza genitori e senza casa a causa del terremo­to, prosegue il liceo presso un istituto religioso di Reggio Calabria.

Non continua gli studi, e tra i 17 e i 18 anni si trasferisce a Roma,ove s’immerge del tutto nella lotta politica. Tra il 1919 e il 1921 diviene membro della segreteria dell’Unione socia­lista romana, della redazione dell’Avanti! e dirige L’Avanguardia, il settimanale dei giovani socialisti. Nel 1921 partecipa alla fondazione del Partito Comunista d’Italia come rappresen­tante della Gioventù Socialista; diviene quindi dirigente dell’Organizzazione giovanile comunista e poi del Partito. Nel 1922 si trasferisce a Trieste come redattore del quotidia­no II Lavoratore. Membro della direzione del Partito Comunista, tra il 1921 e il 1927, compie diverse missioni sia in Russia che in altri paesi europei.

Nel maggio del 1927 si reca insieme con Togliatti a Mosca per partecipare alle riunioni del Komintern che portano alla condanna e all’espulsione di Trotsky e Zinov’ev. Si Ione si oppone all’espulsione dei due e lascia il Partito Comunista d’Italia nel 1930.

Esule si stabilisce in Svizzera dove rimane fino all’autunno del 1944 e per dieci anni non si occupa più di politica attiva dedi­candosi all’attività letteraria. Dal 1932 al 1934 fonda e dirige la rivista in lingua tedesca Information e fonda nel 1936 Le Nuove Edizioni di Capolago.

Agli inizi degli anni ’40, Silone torna all’attività politica diri­gendo in Svizzera il Centro Estero del Partito Socialista. Dirige il quindicinale socialista L’avvenire dei Lavoratori.

Le autorità elvetiche, per non complicare i rapporti con il governo italiano, lo fanno rinchiudere prima nel carcere di Zurigo, poi nei campi d’internamento a Baden e a Davos. Nel 1944 rientra in Italia e si stabilisce a Roma dove sposa l’irlandese Darina Elisabeth Laracy conosciuta qualche anno prima in Svizzera. Dal 1945 al 1946 dirige l’Avanti!. Nello stes­so anno 1946 viene eletto all’Assemblea Costituente per il PSIUP in Abruzzo. Nel 1947 fonda Europa Socialista che dirige fino al 1949. Nel 1951 anima l’Associazione Italiana per la Libertà della Cultura.
Abbandonata del tutto l’attività politica nel 1956 fonda e diri­ge, con Nicola Chiaromonte, la rivista Tempo Presente.
Il 22 Agosto 1978, dopo una lunga serie di malattie, Silone muore in una clinica a Ginevra. ( Centro Studi Ignazio Silone )

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L’ULTIMA MISSIONE DI G-71 – ARCONTE ANTONINO, MURSIA

Antonino Arconte fu reclutato e addestrato da agenti dei servizi segreti italiani per i reparti speciali di controspionaggio del Nucleo G della rete Stay Behind, per conto dei quali girò in seguito mezzo mondo. Dall’Angola al Vietnam, dall’Unione Sovietica al Nord Africa, si trovò a operare sotto copertura in molteplici scenari nei caldissimi anni Settanta e Ottanta. Avventurose da sembrare un romanzo, queste sono le memorie di un ex Gladiatore, in codice G-71, la cui ultima missione è raccontare verità scomode e sconcertanti su eventi cruciali che hanno fatto la storia d’Italia: il sequestro Moro, la strage alla stazione di Bologna, la vicenda giudiziaria di Raul Gardini e i particolari shock sul trattamento degli agenti, «suicidati» in circostanze misteriose o fatti sparire nel nulla per essere silenziati per sempre. ( Mursia )

Gladio

A. PIGANOL, LE CONQUISTE DEI ROMANI, IL SAGGIATORE, 1971

Il racconto di André Piganiol è quello di un’inarrestabile parabola ascendente che porta un modesto insediamento del Centro Italia a diventare una civiltà complessa, dominatrice incontrastata dell’intero Mediterraneo. Dalla preistoria al fiorire della civiltà etrusca, dalla dinastia dei Tarquini alle guerre puniche, dal primo triumvirato alla dittatura di Cesare: il susseguirsi di guerre, l’espansione dei confini, le gesta di condottieri e uomini semplici vengono colti insieme allo sviluppo della cultura, delle leggi, degli scambi. André Piganiol considera tutti gli avvenimenti anche dal punto di vista dei popoli conquistati, a cominciare da quelli italici. Perché la forza del futuro impero è nella sua civiltà, «risultato dei prestiti da parte di popoli stranieri».

André Piganiol ( 1883-1968 ), allievo e collaboratore di Marcel Mauss, è stato docente di Storia a Strasburgo e alla Sorbona. È autore della fondamentale monografia L’empereur Constantin e di una grande Histoire de Rome. ( Il Saggiatore )

 

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Libri d’Occasione by Libreria Aiace Roma Montesacro Talenti

Manganelli Giorgio

GIORGIO MANGANELLI, TUTTI GLI ERRORI, RIZZOLI, 1986

Giorgio Manganelli nacque a Milano, aveva però genitori di origini parmensi. La madre Amelia Censi faceva la maestra, il padre, di origini umili, riuscì a diventare procuratore di borsa. E Giorgio aveva un fratello più grande, Fiorenzo, che sarà ingegnere. Laureatosi in Scienze Politiche presso l’Università di Pavia, dove fu allievo di Vittorio Beonio Brocchieri, insegnò per qualche anno alle scuole medie superiori tra le quali il liceo scientifico Paolo Giovio di Como, fu in seguito assistente di letteratura inglese presso la Facoltà di Magistero dell’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”.

Nel 1986 Giorgio Manganelli ha pubblicato un raccolta di racconti, Tutti gli errori, tra cui il racconto Gli sposi.

Durante il cammino, lo sposo arriva in una piazza, ed ecco quel che accade …..

Al primo incrocio si apre una piazza circolare, e nel centro è una aiuola un poco meschina, e nel centro dell’aiuola sta un monumento alla giustizia con una grande, goffa, ingombrante figura femminile. Mi arresto a guardare da presso, e mentre esamino la forma pesante e opaca, mi si accosta un dignitoso signore, che mi chiede se voglio una descrizione attendibile della statua. [..] “Questa che lei può ammirare”, principia il dignitoso signore “è la statua della giustizia. La città è a ragione orgogliosa di un monumento così impegnativo dal punto di vista ideologico. Ella potrà ammirare la bilancia ” e mi indica l’ovvia, irritante immagine “che rappresenta equità e rigore. Noti le enormi chiappe, che esprimono la certezza che la giustizia non sia in alcun modo sfidabile, che essa è un luogo stabile anzi un trono. La donna, lei lo avrà notato, non è bella; per l’appunto, non è compito della giustizia presentare fattezze accattivanti, ma anzi lievemente disgustose. Essa non lusinga alcuno, non ama alcuno, non conosce alcuno. Può notare che lo sguardo è distratto e vacuo, giacché non è interessata che a se stessa. Tuttavia la sua potenza è enorme. [..] Alcuni anni or sono un vecchio più che novantenne davanti a questa statua venne colto da un subito stravolgimento, e confessò due delitti impuniti da lui compiuti nella sua lontana giovinezza. [..] Le ricerche subito condotte non rivelarono traccia alcuna di un così antico delitto; le avesse cancellate il trascorrere del tempo, o non fossero mai avvenuti i due delitti. Il vecchio, che non era possibile incriminare, dette in una forma di follia. [..] Fu infine chiaro che, avesse o meno costui compiuto un qualsiasi delitto, si era istituito tra il vegliardo e la statua un rapporto che poteva esser placato solo con un atto di giustizia. Un pio falso gli attribuì un delitto mai avvenuto, ed il vegliardo venne condannato [..]. Incidentalmente, qualche anno dopo la sua morte, nell’abisso venne trovato un teschio, e non è impossibile che egli fosse stato in effetti colpevole del delitto che pareva oggetto di fatua vanteria. Signore, la giustizia non può perdonare; se non trova un delitto ragionevole, ne contesterà uno insensato. Non il delitto, signore, crea la giustizia, ma questa quello. Spero che la contemplazione di questo essere poderoso e deforme la consolerà lungo la strada”.

F. COARELLI, ROMA, GUIDE ARCHEOLOGICHE, MONDADORI, 2006

LA REGGIA DI NERONE: STORIA

Costruito prima del 64 d.C. ( anno dell’incendio di Roma ), questo edificio nacque come reggia personale di Nerone. Era chiamato originariamente Domus Transitoria, poiché era posta in mezzo al percorso che conduceva dal Palatino all’Esquilino; alcune informazioni sono state tratte da Svetonio, che racconta come uno scandalo il grande impegno profuso nell’edificazione di questo luogo. Caduto poi nell’oblio, furono i Farnese a riscoprirlo, identificandolo erroneamente come i Bagni di Livia. Fu l’inizio della deturpazione del palazzo: molti oggetti vennero prelevati, mentre gli affreschi vennero staccati dai loro muri e mandati a Parma.

LA REGGIA DI NERONE: COM’È

Il Parco archeologico del Colosseo ha restituito ai visitatori luoghi e percorsi da tempo inaccessibili, come l’itinerario di visita neroniano all’interno dell’area archeologica centrale che si estende dal Colle Oppio al Palatino. Il visitatore può toccare con mano, tra reale e virtuale, il genio costruttivo dell’imperatore e le sperimentazioni da lui ricercate nelle decorazioni pittoriche e marmoree. Gli elementi rimasti invariati rispetto allo status originario sono molteplici: tra i più impressionanti, uno spazio originariamente occupato da un ricco ninfeo ( elemento absidale al centro del quale sorgeva una fontana ) con giochi d’acqua, tra forme architettoniche simili a una quinta teatrale, oltre a un triclinio circondato da colonne di porfido e pilastri in marmi policromi. Visibili altre due stanze di cui restano i segni della preziosa decorazione di affreschi, stucchi e pavimenti marmorei, così come la zona della latrina, dove è conservata una parete con le tracce dell’originaria decorazione elementi vegetali tipici della pittura di giardino. La bellezza raggiunge il culmine con il pavimento della grande aula a tre navate sotto la Casina Farnese, forse l’esemplare più raffinato restituitoci dall’antichità romana.

CARPINTERI & FARAGUNA, POVERO NOSTRO FRANZ, LA CITTADELLA, 1985

Lino Carpinteri e Mariano Faraguna sono due autori tradizionalmente lasciati ai margini degli studi critici sulla letteratura triestina. Tuttavia, la loro narrativa che trova la sua espressione più complessa nella raccolta intitolata Le Maldobrìe, offre un punto di vista alternativo sulla difficile questione dell’identità culturale di Trieste e del suo entroterra. Le storie narrate nelle Maldobrìe evocano la vecchia Trieste imperiale e mettono in evidenza attraverso personaggi ordinari il difficile eppure ineluttabile rapporto con la cultura austro-ungarica. Il passato diventa uno specchio in cui, attraverso piccole vicende quotidiane, viene riesaminato un aspetto centrale ed insopprimibile dell’identità triestina.

L’impero austroungarico scompariva nel 1918. Ma per gli intellettuali e i poeti di quella civiltà, che videro
improvvisamente distrutta la loro società e con essa le basi della loro vita e della loro cultura, per gli scrittori austriaci che si trovarono sbalzati in un nuovo clima politico, alle cui esigenze la loro formazione non poteva essere adeguata, la vecchia Austria absburgica si presentava, e si presenta talvolta ancora, come un’epoca felice e armoniosa, come un’ordinata e favolosa Mitteleuropa in cui pareva che il tempo non corresse cosí veloce e cosí ansioso di dimenticare le cose e i sentimenti dell’ieri. Nella loro memoria quella veniva cosí ad essere “l’età d’oro della sicurezza”. ( Magris, 1996:13 )-

 

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Scienza greca

ANDRE’ PICHOT, LA NASCITA DELLA SCIENZA, DEDALO, 1993

Le conoscenze mesopotamiche ed egizie, acquisite senza metodo scientifico ma mescolando empirismo, razionalità, magia e mistica, e strutturandosi intorno ad oggetti specifici, quali i numeri, gli astri e gli esseri viventi, furono riprese con uno spirito del tutto diverso dalla Grecia. Alla Mesopotamia, legata alla mistica numerica ed astrologica, ed all’Egitto, più attento ai bisogni protici, subentrò successivamente la scienza greca che si preoccupò non tanto di accumulare risultati «positivi», quanto di trovare principii generali e spiegazioni razionali. Le conoscenze scientifiche di queste tre grandi civiltà hanno costituito le fondamenta della scienza occidentale, che non ha troscurato altri apporti (indiani, cinesi, arabi) ma li ha innestati in un corpus i cui criteri generali erano stati già stabiliti. ( Dedalo )

André Pichot (1950) è un filosofo e storico della scienza francese, noto in particolare per i suoi contributi nei campi dell’epistemologia e della storia della scienza.

M. ENDE, LA STORIA INFINITA, 1985

La storia infinita è un romanzo fantastico dello scrittore tedesco Michael Ende, pubblicato nel 1979 a Stoccarda dalla Thienemann Verlag. Tradotto in più di quaranta lingue, il romanzo ha venduto oltre 10 milioni di copie nel mondo ed è diventato un classico della letteratura per ragazzi]. La prima edizione in italiano risale al 1981, a cura della Longanesi.

La maggior parte della storia si svolge a Fantàsia, un mondo fantastico minacciato dall’espansione di una forza misteriosa chiamata Nulla, che causa la sparizione di regioni sempre più estese del regno. Il coprotagonista è Atreiu, un giovane guerriero che viene incaricato dall’Infanta Imperatrice di trovare una soluzione al problema di Fantàsia; il protagonista è invece un bambino del mondo reale, Bastiano Baldassarre Bucci, che, leggendo un libro sul Regno di Fantàsia, si ritrova progressivamente coinvolto negli eventi del racconto. Diventato anche lui parte di Fantàsia, Bastiano aiuta Atreiu nel tentativo di salvare il regno e dovrà infine trovare un modo per ritornare nel mondo reale.

L’opera è stata adattata in una varietà di media diversi, che vanno dal teatro ai videogiochi, dal cinema alla televisione. Proprio dal romanzo di Ende, Wolfgang Petersen ha tratto nel 1984 il celebre lungometraggio La storia infinita. ( Wikipedia )

MARCO DI BRANCO, 915, LA BATTAGLIA DEL GARIGLIANO, IL MULINO 2019

Tutta la vicenda delle scorrerie islamiche nell’Italia meridionale nel IX secolo fu una vera e propria guerra di conquista messa in atto dall’élite aghlabita, tentando di sfruttare le divisioni politiche presenti all’interno della penisola.

Le conquiste arabe, dalla Siria alla Spagna, si sono svolte secondo la medesima strategia: veloci attacchi, rapide ritirate, violenti saccheggi, fino a fiaccare la resistenza del nemico e a sottometterlo definitivamente; sempre approfittando delle contese fra le popolazioni locali, dei contrasti fra chi vuole resistere e chi preferisce accordarsi.

Agli inizi del IX secolo ci sono città ( Napoli e Amalfi in particolare ) che intrattengono coi saraceni ottimi rapporti commerciali, e che tutto vogliono fuorché combatterli; e ci sono signorotti, come Radelchi e Siconolfo, che negli anni 40 del secolo si contendono il ducato di Benevento, che non esitano ad arruolare per i loro scopi truppe “infedeli”. Inserendosi dunque nelle contese locali, gli arabi avviano una serie di campagne che li conducono nell’840 a conquistare Taranto, nell’846 a saccheggiare le chiese di San Pietro e San Paolo, allora fuori dal perimetro delle mura di Roma – e proprio per evitare il ripetersi dell’evento Papa Leone IV farà costruire le Mura leonine, un paio d’anni dopo a impadronirsi di Bari, dove fondano un vero e proprio emirato, a cui anche il più potente signore dell’Italia meridionale, il duca di Benevento, dovrà sottomettersi. Il contrattacco dei cristiani durerà a lungo, a lungo sarà minato dalle contese fra loro, e si concluderà solo nel 915, con la battaglia del Garigliano. ( Il Foglio )

 

 

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J. OLESA, INVIDIA E I TRE GRASSONI, EINAUDI, 1969

Jurij Karlovic Oleša ( Elisavetgrad, 3 marzo 1899 – Mosca, 10 maggio 1960 ) è stato uno scrittore russo.
Esordì con versi ricchi di satira nel 1922 sulle rivista Gudok, Il fischietto, nelle cui pagine scrivevano anche poeti come Bulgakov e Petrov.

Nel 1927 diede alle stampe il suo primo romanzo Invidia, suscitando non poche polemiche nei confronti dell’establishment sovietico.

Rimane, quest’opera, insieme a pochi altri racconti, il capolavoro di Olesa. Le tematiche affrontate in Invidia spaziano nello scontro fra la civiltà meccanizzata e quella di massa, da lui tratteggiata con forti connotazioni negative e con un linguaggio che si riallaccia al cubofuturismo.

Sia questo capolavoro che I tre grassoni, romanzo per bambini scritto nel 1924 ma pubblicato solo nel 1928, hanno avuto molte riduzioni per il teatro a partire dal 1929.

 

L. GABALLO D’ERRICO, IL SALENTO A TAVOLA, CONGEDO EDITORE, 1990

MUSTAZZOLI

I mustazzoli sono dolci tipici del Salento ( Puglia meridionale ), della Calabria e della Sicilia, a base di farina, zucchero, mandorle, limone, cannella, miele ed altri aromi. A volte sono ricoperti da una leggera glassa a base di cioccolato. È tra i prodotti agroalimentari tradizionali siciliani riconosciuti dal ministero delle Risorse agricole.

Il termine deriva dalla lingua latina. Non dal latino mustum ( il mosto ) come si era pensato in principio, bensì da mustace, cioè alloro. In origine si preparava il mustaceum, una focaccia per le nozze, un dolce avvolto in foglie di mustace ( alloro ) che dava aroma durante la cottura. Da qui il proverbio loreolam in mustace quaerere, ovvero: cercare inutilmente nella focaccia le foglie di alloro che si erano bruciate nel forno.

I mustazzoli sono noti anche come: mustaccioli, zozzi ( a causa della glassa al cioccolato sulla superficie ), mostaccioli, mustazzueli, bisquetti, pisquetti, mustazzòli ‘nnasparati, scagliòzzi, scàiezzuli, castagnette.

 

LA DIVINA COMMEDIA ILLUSTRATA DA FLAXMAN, ELECTA 2004

Il volume riunisce e riproduce per la prima volta il corpus delle illustrazioni dantesche di John Flaxman conservate in taccuini di provenienza da musei inglesi e americani.

Il volume riunisce e riproduce per la prima volta il corpus delle illustrazioni dantesche di John Flaxman conservate in taccuini di provenienza da musei inglesi e americani, a tutt’oggi quasi del tutto inediti: l’omaggio di un grande artista inglese all’opera simbolo dell’italianità. Il grande disegnatore inglese (1755-1826) illustrò della Divina Commedia tutti i 100 canti, scegliendo per ognuno di essi un episodio. Il volume dedica a ogni canto una doppia pagina e riporta l’incisione definitiva, gli studi preparatori e le varianti, la trascrizione dei versi danteschi che lo stesso Flaxman aveva riportato sui suoi disegni, e un accurato commento critico. I testi che accompagnano le tavole di Flaxman e il puntuale saggio introduttivo sono di Francesca Salvadori, giovane studiosa e scopritrice dei taccuini di Flaxman. Il volume si avvale inoltre di una premessa di Carlo Ossola e di un’introduzione dello studioso inglese David Bindman. Un’opera di grande interesse, fascino e novità per gli appassionati di arte e di letteratura. ( Electa )

 

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Arcobaleno

BERNARD MITTE, STORIA DELL’ARCOBALENO, DONZELLI

Dal fascino dell’arcobaleno è stato stregato Bernard Maitte che fin da bambino lo osservava con meraviglia nella campagna della Picardia e voleva saperne di più. Da grande ne avrebbe scritto la storia.

L’arcobaleno, oltre ad essere un misterioso e affascinante fenomeno atmosferico, è l’occasione per indagare quale significato le diverse culture abbiano attribuito alla luce e al colore.

Il percorso di Maitte segue da presso il cammino del pensiero filosofico e scientifico nelle sue tappe fondamentali. A partire da Aristotele e attraverso la mediazione della speculazione araba, lo studioso esplora i tentativi di conciliare fede e ragione in tema di spiegazione dei fenomeni fisici, per giungere infine alla grande stagione della scienza moderna.

La conoscenza dell’arcobaleno non è cresciuta seguendo un’evoluzione lineare, ma è scaturita da tensioni interne e dalla contaminazione feconda tra culture.
La scienza esatta non è che una delle possibili visioni del mondo.

La storia dell’arcobaleno ha in questo senso un valore paradigmatico: c’insegna infatti che la spiegazione scientifica non elimina quel residuo di inesplicabilità che da secoli colma di mistero i fenomeni naturali e suscita stupore in chi li osserva. E ci suggerisce anche che la bellezza e la scienza possono coesistere; che spiegare i fenomeni della natura non li priva della loro poesia, e che l’autentica misura della nostra conoscenza passa per il riconoscimento dei suoi limiti. ( Donzelli )

LA MAGIA NERA 2 VOLUMI CAVENDISH MEDITERRANEE 1972

Nel mondo popolare la magia nera è considerata un potere distruttivo opposto a quello della magia bianca, che invece persegue effetti benefici. Questo concetto appare però molto più sfumato in alcune società primitive extraeuropee, come ad esempio tra gli Azande, le cui tradizioni furono studiate negli anni Trenta del secolo scorso da Edward Evan Evans-Pritchard. Questi popoli, infatti, ritenevano benefica qualsiasi magia che avesse recato danno ai nemici del loro gruppo sociale, e credevano si avesse senz’altro a che fare con la magia nera ogni qualvolta veniva colpito un soggetto che non avesse infranto alcuna legge o usanza.

Questa opposizione alla magia bianca, stando ad altre interpretazioni, sussisterebbe in quanto fondamento di quel dualismo di energie cosmiche che garantirebbe l’equilibrio dell’intero universo. Il colore nero è collegato all’oscurità ed è in diretto contrasto con il bianco, collegato alla luce; entrambi gli elementi sono però indispensabili e l’uno non può esistere senza l’altro. La metafora cinese dello yin e dello yang può fornire un esempio di questo genere di contrapposizione.

Nell’ambito della magia naturale – un fenomeno tipico degli strati sociali più acculturati, come ad esempio quello dei maghi europei del Rinascimento – non esisterebbe un vero e proprio concetto di magia nera se non come deviazione dallo scopo primario del mago, che dovrebbe essere quello di stabilire un contatto tra macrocosmo e microcosmo. La magia nera ( magia daemoniaca o magia illicita ) deve pertanto ricorrere a un patto o a un contratto con le forze malefiche della Natura, invece che a un rituale simbolico in grado di mettere il mago in comunicazione con le divinità positive. Nel corso della storia, tuttavia, questi due aspetti della questione non sempre sono stati tenuti nettamente distinti.

La magia nera è inoltre ritenuta un’espressione della hýbris greca, ovvero della volontà di ottenere conoscenze e poteri superiori a quelli permessi dal proprio livello di sviluppo attraverso una prevaricazione delle leggi dell’armonia universale. ( Wikipedia )

IL GIORNALINO DELLA DOMENICA, A CURA DI C. GALLO, G. BONOMI, 2007

ANTOLOGIA DI FIABE, NOVELLE, POESIE, RACCONTI E STORIE DISEGNATE

Salgari deve la sua popolarità a un’impressionante produzione romanzesca, con ottanta opere ( più di 200, considerando anche i racconti ) distinte in vari cicli avventurosi, che vanno a costruire svariati universi narrativi e innumerevoli personaggi ( tra cui alcuni di grande successo, come Sandokan, Yanez de Gomera e il Corsaro Nero ), tutti di originale creazione dello scrittore, tranne che in un caso. Il romanzo del 1896 I predoni del gran deserto, infatti, fu scritto come seguito di un’opera altrui ( Vita eccentrica di Vincenzina Ghirardi Fabiani ). Generalmente i personaggi salgariani risultano inseriti in un accurato contesto storico; la ricostruzione delle informazioni riguardanti le vicende istituzionali dei paesi da lui descritti non si limita, ad esempio, alla figura di James Brooke, il raja bianco di Sarawak.

Salgari stesso pubblicò con vari pseudonimi numerose opere, spinto da motivazioni diverse, la più nota delle quali fu l’urgenza di aggirare la clausola contrattuale di esclusiva che lo teneva legato all’editore Donath. Tuttavia per lo stesso Donath pubblicò, sotto lo pseudonimo di Enrico Bertolini, tre romanzi nonché diversi racconti e testi di vario genere; in questo caso si sarebbe trattato di una precauzione utilizzata quando, incalzato da contratti e scadenze, lo scrittore usava più del dovuto elementi tratti da opere altrui ( come nel caso di Le caverne dei diamanti, una libera versione del romanzo Le miniere di re Salomone di Henry Rider Haggard ). ( Wikipedia )

 

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