I RITI TIBETANI – LA FONTE DELL’ETERNA GIOVINEZZA.

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“La mente e il cuore sono in equilibrio.

L’energia scorre liberamente e senza limitazioni.

Percepisco il mio corpo come un tutto armonioso”

 

La pratica dei 5 tibetani viene descritta per la prima volta da Peter Kelder nel suo libro The eye of revelation: ancient secret of the fountain of youth.

In questo libro si racconta la storia di un uomo, il colonnello Bradford, che viene a sapere di un monastero tibetano dove si nasconde la “Fonte della Giovinezza”. Parte così alla ricerca di questo luogo alla scoperta dei segreti custoditi dai vecchi monaci che ci vivono e  dove scopre 5 riti facili da eseguire ma abbastanza potenti da riuscire a cambiare per sempre la vita e a mantenere il corpo giovane e in perfetta salute.

Questo perchè i riti tibetani lavorano sui chakra ed il loro equilibrio. Quando un chakra è troppo chiuso o troppo aperto si verificano degli scompensi fisici, emotivi e mentali. Riallineando i chakra si otterrà quindi un equilibrio anche nel proprio organismo beneficiando di tutti gli effetti positivi che derivano quando la mente e il corpo vivono all’unisono. Riallineando i chakra è possibile rallentare il processo di invecchiamento del nostro corpo.

Ogni rito viene eseguito 21 volte  ma se non si è pratici si possono eseguire nei sottomultipli,3, 7 e 14.

Dal punto di vista esoterico, questo numero rappresenta sia l’amicizia sincera che l’equilibrio. Simboleggia, inoltre, sempre in chiave esoterica, alcuni dei più nobili aspetti dell’animo umano. Oltre a essere il numero della fedeltà e del coraggio rappresenta anche la lealtà e la fiducia. Perchè il 3. Perchè la somma del 2+1 dà il numero 3, che simboleggia la creatività come espressione e sviluppo dell’intelletto, la facoltà di adoperare al meglio la conoscenza acquisita e di elaborare nuovi sistemi di comunicazione.

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Il primo rito riguarda la spiritualità e stimola il flusso di energia presente nel nostro corpo, tonificando i nostri muscoli e allineando tutti i Chakra.

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Il secondo rito tibetano viene praticato a terra e aumenta il flusso di energia nel nostro corpo, stimolando dal 1 al  5 chakra.

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Il Terzo e quarto rito una pratica continuano  ad agire positivamente sul flusso di energia nel nostro corpo.

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Il quinto e (apparentemente) ultimo rito tibetano riprende due Asana molto conosciute nello yoga: il cane a testa in su e il cane a testa in giù.

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Ma i riti tibetani non sono 5 ma 7. il sesto rito tibetano, chiamato anche il respiro del fuoco, e il settimo rito tibetano, incentrato invece sulla meditazione.

Il sesto rito tibetano è incentrato sulla respirazione e ha come scopo quello di donare un massaggio agli organi addominali. Viene chiamato anche il Respiro del Fuoco ed è una pratica molto comune nello yoga poiché i suoi effetti sono molto utili per calmare la mente, magari prima di iniziare la meditazione. Si tratta di un tipo di respirazione molto veloce che agisce sul diaframma ed è collegato al terzo Chakra e il suo scopo principale è quello di concentrare il prana nella zona addominale ottenendo una forte ricarica energetica.

Il 7 rito è la meditazione. Grazie alla meditazione, infatti, è possibile raggiungere uno stato di profonda pace e calma mentale pur rimanendo completamente vigili. Ed è il modo corretto di concludere la pratica per interiorizzare la pratica fatta.

In alcuni stili di yoga i tibetani vengono spesso inseriti in altre sequenze, eseguiti uno alla volta tra una sequenza e l’altra.

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I tibetani  è consigliabile eseguirli ogni mattina, in  modo da iniziare la giornata nel miglior modo possibile, dal momento che questa pratica saprà eliminare le tossine in eccesso e donerà vigore ed energia.

“I mei movimenti seguono il respiro. Sono in armonia col flusso della vita. Sono sempre nel posto giusto al momento giusto, nel qui e ora, e facendo ciò che è bene fare ottengo risultati positivi”

Namastè

I MALA

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I Mala sono dei “rosari” utilizzati nella religione buddista. Assomigliano a lunghe collane, composte da 108 grani. Il significato del numero 108 lo abbiamo già approfondito in un precedente articolo. Questi grani possono essere realizzati in diversi materiali, perle, pietre naturali o semi, ognuno con un suo significato intrinseco. I grani vengono chiamati rudraksha.
I vari materiali utilizzati infatti hanno il compito di veicolare poteri, virtù ed energie sia per il corpo che per la mente. Ogni materiale influenza la personalità e l’atteggiamento della persona che lo indossa, o lo usa per la preghiera, in modo diverso.
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I mala vengono utilizzati sia dai buddisti che dagli induisti, come strumenti di preghiera e di meditazione. Non esistono grandi differenze tra i mala delle diverse religioni. I grani sono sempre 108 e in tutti c’è un seme diverso, più grande, che segna la fine del rituale di preghiera chiamato STUPA. Le stupa sono le strutture nel cui interno per tradizione si pensa siano sepolte le reliquie del Buddha. Quest’ultimo seme è considerata la pietra guru perchè lì inizia la meditazione e lì finisce. Alla fine di questa stupa c’è un “pennacchio” di fili multipli, di solito di seta, che ricordano i mille petali del fiore di loto e simboleggia il shasrara, il 7 chakra.

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Le preghiere in Tibet o in India si svolgono seduti a terra, con le gambe incrociate, oppure in ginocchio con la schiena dritta. Per pregare correttamente con i mala dovrete tenerlo con la mano destra e far scorrere l’anulare e il pollice in direzione oraria.
Ad ogni grano corrisponde una preghiera, e dovete procedere così fino all’ultimo dei grani. Una volta arrivato a quello finale della collana si torna indietro, procedendo in senso contrario.
È vietato toccare i Mala, durante la preghiera, con il dito indice. Questo perchè l’indice corrisponde al nostro Ego.
La mano sinistra, durante questo rituale, dovrebbe essere rivolta verso l’alto, appoggiata sul grembo.

I materiali con cui sono realizzati i mala sono  anche loro densi di significato. Quello più utilizzato è il legno di Sandalo, considerato sacro in India. Il suo profumo ricorda l’incenso dei templi, e sembra che sia utile per collegare tra loro i chakra del nostro corpo e ripulire la mente.
Molti Mala sono invece realizzati con semi, come quelli di Rudra, che cadono dall’omonimo albero che cresce lungo le rive del Gange o sulle pendici dell’Himalaya. Questi semi rappresentano le lacrime del dio Shiva, versate dopo aver meditato sulla salvezza del genere umano.
Poi ancora, molto diffusi sono i Mala con i semi di bodhi, l’albero sotto il quale il Buddha ha raggiunto l’Illuminazione o semi di loto, ovvero i semi di un pero cinese. L’albero della bodhi e il seme di loto possono trattenere l’energia di tipo pacifico, di protezione, di arricchimento e di fascinazione, così come pure tutti i tipi di mantra. O ancora, pietre come l’ematite e cristalli. A secondo della pietra o cristallo che viene usato c’è un significato particolare. I veri mala hanno dei nodini tra un seme e l’altro e chi lo realizza recita un mantra per ogni nodino, a secondo del “potere” che al mala si vuole conferire.
Quindi quando indossate un mala non lo fate solo per moda o bellezza ma siate coscienti del suo vero significato.

IL SALUTO AL SOLE

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Il saluto al sole

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 Significato di Surya Namaskar

In sanscrito surya significa “sole” e namaskara indica un tipo di saluto reverenziale, pertanto la traduzione letterale di Surya Namaskara è “il saluto al sole”, inteso come un atto di devozione.

Le origini di Surya Namaskar

l culto del sole, diffusosi in buona parte del mondo in età arcaica, è, per l’India, uno dei più importanti. Surya, l’astro solare, attraverso la luce e il crea il giorno e permette la vita agli esseri umani e all’intera natura. La successione delle albe e dei tramonti è simbolo della ciclicità delle esistenze.

Surya Namaskar si basa su una serie di 12 asana, eseguite in una precisa sequenza e concatenate,  che partono dalla posizione verticale e vi ritornano. Si crede che questa sequenza di posizioni risalga al tempo in cui furono composti i Veda, gli antichi libri sacri della religione induista, antecedenti addirittura agli Yoga Sutra di Patanjali. Non esistendo fonti scritte fino ad un certo punto, in quanto la tradizione dei Veda era trasmessa solo oralmente. Il più antico di questi testi, il Rg Veda, risale ad un periodo compreso tra il 1700-1100 prima di Cristo.

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Il Saluto al Sole (Surya: sole; nam o namas: inchino, saluto reverenziale; kar:

fare, gesto, azione) viene fatto risalire ai culti persiani legati al dio Mitra (divinità solare).

Questi culti vennero portati in India dai Parsi intorno al VII secolo. L’ipotesi sembra confermata dal primo dei dodici mantra (Om Mitraya Namah) associato alle posizioni che compongono la sequenza.

Surya Namaskara è un modo per lodare il sole di migliaia di anni fa ed è un modo per risvegliare la consapevolezza in noi stessi, dal momento che il sole, secondo la tradizione induista, simboleggia la Coscienza Cosmica ovvero, la nostra vera natura.

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Asana e Pranayama

Questa sequenza viene considerata molto energizzante, tanto che è sconsigliata da praticare nelle ore serali dove invece il corpo deve acquietarsi. Da questo forte input energetico, il corpo riceve un risveglio e un benessere immediatamente percepibili, come se l’energia solare arrivasse in ogni cellula.

La pratica migliore avviene all’aperto, posizionandosi di fronte al sole rigorosamente a stomaco vuoto.

Le 12 asana del Sauto al sole sono sincronizzate in uno specifico schema respiratorio in modo da lasciare che il respiro ci guidi diventando tutt’uno con l’esecuzione delle asana, così come dovrebbe sempre essere quando si pratica yoga, perché il respiro è il nostro più grande maestro e di questo non dobbiamo scordarcene mai.

Si inspira ( Puraka) durante  le posizioni di piegamento all’indietro, per accompagnare l’espansione della cassa toracica e si espira (Rechaka) nei piegamenti in avanti per rispettare la compressione del torace e dell’addome. Nella sequenza è prevista anche la sospensione del respiro, kumbaka, in 3 posizioni, perché una impercettibile ma reale sospensione del respiro fa parte del nostro atto respiratorio. Sospensione quando abbiamo i polmoni pieni (Antara-kumbaka)  e a polmoni vuoti (Bahya – Kumbaka).

 “Il saluto al sole è una pratica spirituale completa (sadhana), in quanto comprende asanas e pranayama, mantra e tecniche di meditazione. Inoltre la sua versatilità e applicabilità lo rende uno dei metodi più utili per ottenere uno stile di vita sano, vigoroso e attivo e, allo stesso tempo, prepararsi al risveglio spirituale e la conseguente espansione della consapevolezza”

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Satyananda Saraswati

Come si fa Surya Namaskara, il saluto al sole

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C’è una energia muscolare nella luce del sole corrispondente all’energia spirituale del vento.
(Annie Dillard)

Il numero delle sequenze, che si praticano senza porre interruzioni, varia da una a tre, a cinque, e così via a tutte quelle che vogliamo, sempre nel rispetto del nostro corpo, che non deve sentirsi affaticato. Per favorire la concentrazione sarebbe opportuno eseguire la sequenza ad occhi chiusi.

Posizione di partenza: da Tadasana, la posizione della montagna, cercando la stabilità ed il radicamente, si congiungono le mani nell’anjali mudra di fronte al petto, entrando nella prima posizione Prarthanasana, la posizione della preghiera . Espiro.

Aum mitraya namaha “Saluti a colui che è affezionato a tutti”Asana 2 –

ASANA 1 – HASTA UTTANASANAINSPIRO

Aum Ravaye Namaha “Saluti a colui che risplende”

Asana 3 – UTTANASANA – Espiro

Aum Suryaya Namaha “Saluti a colui che ti rende vivo”

Asana 4 –  Ashwa Sanchalanasana, la posizione equestre – Con la gamba destra – Sospensione del respiro.

Aum Bhanave Namaha “Saluti a colui che diffonde la luce”

Asana 5 – ADHO MUKHA SVANASANA – cane a testa in giu’ – Inspiro

Aum Khagaya Namaha “Saluti a colui che si muove velocemente nel cielo”

Asana 6 – Asthanga Namaskara – il saluto degli otto arti– Espiro

Aum Pushne Namaha “Saluti a colui che dona forza e nutrimento”

Asana 7 – Bhujangasana – il cobra – Inspiro

Aum Hiranya Garbhaya Namaha “Saluti a colui che ha i colori dell’oro”

Asana 8 – ADHO MUKHA SVANASANA– Sospensione.

Aum Marichaye Namaha “Saluti al Signore dell’Alba “

Asana 9: Ashwa Sanchalanasana, la posizione equestre – Espiro

Adityaya Namaha ” Saluti al figlio di Aditi, la Madre Aum cosmica infinita”

Asana 10 – Padahastasana ( uttanasana) . Sospensione

Aum Savitre Namaha “Saluti al dio della creazione”

Asana 11 – Hasta uttanansana. Inspiro

Aum Arkaya Namaha “Saluti a colui che merita di essere lodato”

Asana 12 – Prarthasana – la posizione della preghiera. Espiro

Aum Bhaskaraya Namaha “Saluti a colui che guida l’illuminazione”.

Una volta tornati alla posizione di partenza ripetere la sequenza portando nella posizione equestre la gamba sinistra in avanti.

Variazioni

Esistono molte varianti a seconda della scuola o dello stile di yoga. Surya namaskar può essere eseguito in maniera molto fluida e veloce, oppure lentamente rimanendo in ogni posizione per un certo tempo.

Controindicazioni e precauzioni

  • Il Saluto al sole deve essere eseguito con molta prudenza dalle persone che hanno sofferto di ictus cerebrale o che hanno patologie delle arterie coronarie del cuore
  • Surya Namaskara non è consigliato a coloro che hanno ernie addominali importanti o gravi malattie della colonna vertebrale, come scivolamenti vertebrali o sciatalgia in fase acuta.
  • Le persone che soffrono di pressione arteriosa alta dovrebbero praticare con attenzione e cautela Surya Namaskara.
  • Chi soffre di disturbi alla schiena non gravi troverà giovamento nell’eseguire questa sequenza di asana, a patto di iniziare in modo molto graduale l’esercizio e di effettuarlo sotto la supervisione di un insegnante esperto.

Namastè

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LASCIA CHE SIA RESPIRO

In questo periodo il Covid ha riportato l’attenzione di tutti sull’importanza del RESPIRO. Scontata? No. È una delle nostre funzioni automatiche di cui spesso, troppo spesso, ci dimentichiamo e non curiamo mentre, senza il respiro, si muore.
Prendiamoci cura del nostro respiro
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Namasté
Il CORPO è sempre qui e ora, la mente mai: questo è il conflitto. Tu respiri qui e ora, non puoi respirare domani o ieri. Devi respirare in questo momento, ma puoi pensare a domani o a ieri.
Quindi il corpo rimane nel presente, ma la mente continua a saltare tra passato e futuro, e tra i due avviene una frattura. Il corpo è nel presente e la mente non lo è mai; non si incontrano mai, non si trovano mai faccia a faccia. Per via di questa frattura, nascono ansie e tensioni.
La mente dev’essere riportata al presente, perché è l’unico momento che c’è.
-Osho: La porta aperta-

I CHAKRA – COLORI E SUONI

La parola “Chakra” che viene trasformata solitamente in “Chakra, in sanscrito significa “ruota, cerchio o disco”, è un termine utilizzato nelle filosofie tradizionali indiane per rappresentare i centri energetici del nostro corpo, che hanno il compito di “ricevere e distribuire” la nostra energia vitale.

 

In un successivo momento andremo ad analizzare più dettagliatamente cosa “sono” e vedremo uno per uno le caratteristiche, i pro ed i contro, ecc..

 

In questo articolo ci togliamo una curiosità sui colori dei chakra e sui loro simboli, premettendo che per gli antichi yogi i colori oggi associati ai chakra erano diversi.

 

I COLORI DEI CHAKRA:

Il colore è semplicemente energia che vibra a velocità diverse.

I Chakra come l’arcobaleno contengono tutti i colori possibili ed immaginabili. Vengono rappresentati ognuno con un colore specifico, ma nella realtà non si tratta di un centro di energia rosso o arancione e così via, ma di un intero spettro di colori che inizia alla base della colonna vertebrale ed esce dalla parte superiore della testa. I colori dei Chakra si fondono insieme, proprio come accade in un arcobaleno

Senza approfondire nel dettaglio scientifico il sistema colore è comunque importante sapere che: il colore è, in realtà, parte della luce. La luce è composta a sua volta da un’energia vibrante – un’energia che vibra a velocità differenti e che, se messa tutta insieme, crea lo spettro completo dei colori, come una melodia di note. Se dovessimo suonare una delle note singolarmente, sentiremmo un suono ben distinto. Allo stesso modo, se guardiamo una singola parte dello spettro della luce, vediamo un colore specifico.

Visualizzando lo spettro dei colori come una linea questa con il rosso a sinistra e il viola a destra, è possibile visualizzare le vibrazioni più basse a sinistra e, spostandosi gradualmente, quelle più alte a destra.

SIGNIFICATO DEI COLORI:

l rosso rappresenta la forza, la salute e la vitalità. Associato all’elemento fuoco, al sesso, al sangue e alla passione, stimola la circolazione del sangue, influisce sulla vitalità del corpo e della mente e ha un potere riscaldante. IL CHAKRA RADICE MULADARA È VISUALIZZATO CON IL ROSSO.  Questo chakra è collegato alla madre terra ed all’istinto di sopravvivenza. –  IO ESISTO – IL RADICAMENTO.

L’arancione ha un’azione liberatoria sulle funzioni fisiche e mentali e un grosso effetto di armonizzazione e di distribuzione dell’energia. Favorisce la pulizia dei chakra, stimola il sistema immunitario e la creatività, espelle le tossine e infonde serenità, entusiasmo, allegria, voglia di vivere e ottimismo. IL CHAKRA SVADHISTHANA RAPPRESENTATO CON IL COLORE ARANCIO È COLLEGATO ALLA SESSUALITA’ ED ALLA SFERA RIPRODUTTIVA. – IO SENTO – VALORE DI SE’.

Il giallo è associato alla parte sinistra del cervello e in genere al lato intellettuale, alla felicità, al buon umore, alla saggezza e alla decisione. Favorisce l’attenzione e la concentrazione nello studio, stimola il sistema digestivo e purifica l’intestino, favorisce l’assimilazione e la consapevolezza. È IL COLORE DI MANIPURA IL CHAKRA COLLEGATO ALLA NOSTRA VOLONTA’. – IO SONO – AUTOSTIMA.

Il verde è il colore dell’armonia e della natura: simboleggia la speranza, l’equilibrio, la pace e il rinnovamento. Come l’arancione, facilita la pulizia dei chakra ma in modo più dolce. Agisce sul sistema linfatico, è rinfrescante e rilassante, favorisce la riflessione, la calma e la concentrazione. Promuove il benessere generale dell’organismo e ne riequilibra le funzioni. VERDE È ANAHATA, IL CHAKRA DEL CUORE,  COLLEGATO ALL’AMORE DI SE’ MA NELLA FORMA NON EGOISTICA.

Il blu è un colore calmante e rinfrescante. È un vero e proprio isolante energetico e ha un effetto inibente sui chakra e sui tessuti. Favorisce la percezione e il sonno, ossigena i tessuti e riduce il dolore. VISHUDDA HA IL COLORE BLU, COLLEGATO ALL’ESPRESSIONE (la parola, i suoni) – IO COMUNICO/IO CREO – RISPETTO DI SE’.

L’indaco e il viola sono i colori per eccellenza dei chakra superiori e con la loro vibrazione più alta sono ottimi per la meditazione. Agiscono sull’emisfero destro del cervello, favoriscono l’intuizione e riequilibrano tutto il sistema energetico. INDACO È AJNA IL CHAKRA DEL TERZO OCCHIO, CHE CI COLLEGA AL NOSTRO SE’. È IL CHAKRA DELLA PERCEZIONE. – IOVEDOI/IO PENSO – FIDUCIA DI SE’.

IL VIOLA È IL COLORE DEL CHAKRA CORONA, IL NOSTRO COLLEGAMENTO CON IL SE’ SUPERIORE, SAHASRARA, IL NOSTRO CHAKRA SPIRITUALE. È IL PUNTO DELLA REALIZZAZIONE PIENA – IO SO.

Esiste una relazione diretta tra ogni chakra, la parte del corpo in cui si trova e le varie frequenze di suoni.

All’interno dei disegni simbolici dei chakra è rapprentato un suono, un bija mantra, ovvero i mantra seme. Questa simbologia è oggi stata comprovata dalla scienza. Nella misurazione delle nostre onde elettromagnetiche il determinati punti (corrispondenti alle aree dei nostri chakra) sono riscontrabili i suoni delle nostre basse frequenze.

I Mantra sono delle “parole suono” particolari, che hanno un effetto specifico sui Chakra. Quindi, cantare i mantra durante la meditazione porta effetti sui Chakra.
Ogni suono è diverso secondo il Chakra che si sta tenendo in considerazione.
Secondo la tradizione yogica, i Bija Mantra sono i suoni che producono la rotazione dei Chakra (ruote di energia) che nel loro movimento creano diverse frequenze e quindi, producono suoni diversi.

I bija mantra collegati a 6 dei 7 chakra  sono:

MULADHARA – OM

SVADHISTHANA – VAM

MANIPURA  – RAM

ANAHATA – YAM

VISHUDDA – HAM

AJNA – OM

SAHASRARA – NON HA SUONO È IL SILENZIO DOPO L’OM, LA QUIETE PERFETTA.

 

Ad ogni suono e chakra è collegato un mudra ma, di questo parleremo la prossima volta.

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Chidakascha “Lo spazio della Coscienza”

 

 

 CHIDAKASCHA

La parola CHID significa COSCIENZA. E quando si parla di CHIDAKASCHA si parla dello spazio della coscienza.

Questo spazio, se vogliamo dargli una posizione fisica riconoscibile, si trova nella testa, dietro la fronte, in corrispondenza del nostro 6° chakra, Agya, il terzo occhio, ed è lo schermo mentale in cui è possibile manifestare, attraverso DHARANA, la concentrazione, le visualizzazioni ed impressioni sottili che emergono dai livelli più profondi della nostra Coscienza, il nostro Sé.

Metaforicamente parlando immaginiamo Chidakascha come una grotta buia; se la guardiamo da fuori tutta sarà oscuro ma, se entriamo dentro la grotta, i nostri occhi si abitueranno all’oscurità ed inizieranno a vedere l’interno della grotta, le sue pareti e quanto in essa c’è.

Così è questo spazio, questo nostro schermo della coscienza.

Attraverso la concentrazione, quando abbiamo calmato le continue oscillazioni della mente, possiamo essere in grado di visualizzare su questo nostro schermo interiore il graduale passaggio dalla percezione sensoriale e fisica verso la percezione psichica e pranica, incontrando il nostro Sé interiore.

La concentrazione è la localizzazione della mente.”
Yogasutra

DI SEGUITO VIENE INDICATA UNA MEDITAZIONE ATTRAVERSO CHIDAKASCHA DHARANA  TRATTA DA UN ARTICOLO DI https://suryanamaskara.altervista.org/blog/2018/10/19/chidakasha-dharana-concentrazione-spazio-coscienza/

Fase 1: Preparazione

Sedetevi in una postura di meditazione confortevole. Regolate la posizione in modo che non ci sia bisogno di muovere il corpo durante la pratica. Assicuratevi che la spina dorsale sia eretta e la testa dritta. Mettete le mani sulle ginocchia o sul grembo. Le palpebre e le labbra devono essere chiuse delicatamente ma fermamente, non troppo strette o troppo larghe. Per alcuni momenti, osservate mentalmente la posizione del corpo e prendete coscienza di come state seduti. Osservate la posizione delle dita dei piedi, dei piedi, delle caviglie, delle ginocchia, delle gambe, delle dita, delle mani, delle braccia, delle spalle, della schiena, dei glutei, del torace, dell’addome, del tronco, del collo e della testa.

Fase 2: Specchio del corpo

Cercate di creare un’immagine mentale di voi stessi. Immaginate mentalmente che ci sia uno specchio a figura intera davanti a voi e il vostro corpo si rifletta in quello specchio. Provate a vedere il riflesso del corpo nello specchio. Completa consapevolezza del corpo che si riflette nello specchio. State guardando il riflesso di voi stessi. In quel riflesso del corpo prendete coscienza della posizione, della postura, in cui siete seduti al momento. Osservate anche i vostri vestiti nel riflesso. Osservate i capelli e l’espressione facciale. È come se foste seduti davanti a uno specchio a figura intera con gli occhi aperti.

Fase 3: Respirazione Trikona

Spostate la consapevolezza al processo di respirazione. Osservate il respiro naturale mentre si muove su e giù per le narici.

Dovrebbe esserci una consapevolezza incessante e ininterrotta della respirazione. Sentite il flusso del respiro dentro e fuori dalle narici. Mentre inspirate, i due flussi d’aria si muovono verso l’alto e si incontrano al centro delle sopracciglia. Mentre espirate, i due flussi divergono e si spostano verso il basso. I due flussi di respiro formano un percorso triangolare con la parte superiore del triangolo al centro delle sopracciglia. Continuate a sperimentare il movimento convergente e divergente del respiro.

Guardate il respiro che si muove su e giù per i lati del triangolo. Sentite la vostra consapevolezza che si fonde con il respiro.

Fase 4: Entrare nello spazio della testa

Portate la vostra attenzione al centro delle sopracciglia. Diventate consapevoli dell’oscurità. Osservate lo spazio nero davanti agli occhi chiusi. Non irrigidite i muscoli oculari concentrandovi troppo. Basta osservare lo spazio nero, il cielo vuoto. Siate consapevoli dello spazio di chitta, l’aspetto della mente che percepisce, che sperimenta lo spazio della coscienza.

Esperite chidakasha nella sua totalità, lo spazio che si estende oltre il regno dei sensi fisici, lo spazio situato nella regione sopra Vishuddhi e sotto Sahasrara.

Fisicamente, l’intera regione della testa è l’area del chidakasha. Sperimentate il cielo nero del chidakasha in tutta la vostra testa. Diventate consapevoli dello spazio oscuro che vi circonda, dentro. Sviluppate la consapevolezza totale del chidakasha, lo spazio interiore, sopra, sotto, tutto intorno a voi. Non c’è nient’altro che la sensazione del cielo vuoto.

Fase 5: La grotta di chidakasha

Concentrate la vostra attenzione sul chidakasha, lo spazio all’interno della testa. Immaginate che l’interno della testa sia come una grotta o una piccola stanza buia. La fronte forma la parete frontale. La parte posteriore della testa forma la parete posteriore. I lati della testa formano le pareti laterali. La base del cervello a livello degli occhi e delle orecchie forma il pavimento, e la corona della testa è il tetto. Siate consapevoli del chidakasha nella forma di una piccola stanza o grotta. Consapevolezza della stanza all’interno della testa, una stanza completamente chiusa e buia. Osservatela.

Visualizzatevi in piedi nel mezzo della stanza.

Guardatevi intorno. Sviluppate la stessa esperienza che avreste in una stanza completamente buia, chiusa, senza luci, porte o finestre. Provate la stanza del chidakasha, la grotta del chidakasha. Portate la consapevolezza nella parte anteriore della stanza, dietro il muro della fronte.

Camminate lentamente verso la parete posteriore, la parte posteriore della testa. Dal retro osservate la parete frontale. Venite al centro della testa e visualizzatevi in piedi. Guardatevi intorno e sentite la vastità, il vuoto del chidakasha.

Sviluppate l’esperienza del silenzio interiore, della quiete interiore, dell’immobilità mentale. Distaccatevi da voi stessi, dalla vostra consapevolezza, dalla mente e dalle sue percezioni, dal corpo e dalle sue percezioni. Diventate consapevoli dello stato interiore del silenzio, della quiete e dell’immobilità.

Fase 6: Impressioni nella memoria

Siate testimoni dello spazio del chidakasha, prendete coscienza delle impressioni sensoriali nella memoria. Osservate le impressioni sensoriali che sono attive nella mente in questo momento.

Che tipo di esperienze sensoriali vengono percepite in chidakasha? Siate consapevoli degli input uditivi, degli input visivi, degli input tattili, degli input del gusto, che possono essere attivi nella memoria, all’interno del chidakasha. Osservateli solo una volta. Siate pienamente consapevole del campo di memoria che è attivo nello spazio del chidakasha. Quindi iniziate ad osservare le manifestazioni sensoriali nel chidakasha nelle forme di colori, forme, flussi di luce o differenti sensazioni fisiologiche.

Fase 7: Manifestazioni sensoriali

Mantenete l’attenzione concentrata sul chidakasha. Siate consapevoli del movimento di colore e luce. Questo movimento può essere visto sotto forma di strisce di luce o di colore, sotto forma di diverse sfumature di oscurità, sotto forma di movimenti oscuri. Siate consapevoli dei naturali movimenti spontanei di luce, ombra e colore nel chidakasha. A volte si muovono così velocemente che non è possibile identificare un colore o una forma. Compaiono e scompaiono ogni momento che passa. A volte un grappolo di luce o di colore si manifesta nel chidakasha e rimane lì per qualche istante prima che si dissolva. Quando succede, guardatelo.

Osservate il movimento nel chidakasha, che sia di ombra, luce o colore. Non permettete che la vostra attenzione sia distratta dalla pratica. Siate consapevoli di nient’altro che il movimento dell’ombra, del colore e della luce nel chidakasha. Se c’è un chiacchiericcio sotto forma di inchiesta, sotto forma di analisi o in qualsiasi altra forma, fermatelo. Siate pienamente consapevoli di ciò che state osservando in chidakasha. Non razionalizzate nulla, semplicemente osservate.

Sviluppate gradualmente la consapevolezza del chidakasha, del vuoto, del vasto cielo. Provate ad immaginare come si sente un astronauta quando viaggia nello spazio. C’è un’oscurità completa intorno a lui, e in quell’oscurità può vedere le stelle brillare in diversi colori, dimensioni e forme. Dovete provare un’esperienza simile. Sperimentate questo vasto spazio di chidakasha. Una parte della coscienza dovrebbe sperimentare, l’altra parte dovrebbe solo osservare l’esperienza, osservare le sensazioni, obiettivamente.

Fase 8: Creazione di immagini

Pensate a qualsiasi cosa. Il primo pensiero che vi viene in mente, qualunque esso sia, provate a vederne un’immagine. Date forma al vostro pensiero. Se pensate a un fiore, create un’immagine del fiore in chidakasha. Se pensate ad un albero, create l’immagine di un albero. Se pensate al fuoco, create l’immagine del fuoco. Ma per favore ricordate, solo il primo pensiero che vi viene in mente dovrebbe ricevere una forma. Se create un’immagine dopo averla pensata, allora non è valida. Il processo deve essere spontaneo.

Create un’immagine con i punti di colore e luce che galleggiano nel chidakasha. Riempite l’immagine che avete creato con colori, luci e ombre. Fate uno sforzo consapevole per dare colori alla forma che create in chidakasha.

Fase 9: Visualizzazione di uno Yantra

Pensate a uno yantra, a una particolare forma geometrica o a una combinazione di forme, con intensità. Qualsiasi yantra va bene, anche quello di cui potreste aver sentito parlare da qualcuno. Non importa se avete già visto uno yantra o no. Pensate a esso con intensità. Osservatelo naturalmente e spontaneamente.

Osservate il chidakasha con intensità, indipendentemente dal fatto che la forma geometrica di uno yantra appaia o no. Il pensiero, l’idea, la percezione dello yantra devono venire dalla mente subconscia. Quando i pensieri appaiono dal subconscio e c’è intensità di pensiero e sentimento, l’immagine di uno yantra è destinata a venire fuori. Non importa se vedete l’immagine dello yantra in una sola seduta o in dieci sedute.

Non pensateci. Preoccupatevi solo dell’intensità della concentrazione, con la consapevolezza del chidakasha.

Non permettete che la dissipazione mentale distragga la vostra consapevolezza della pratica. Non perdete l’intensità della concentrazione e consapevolezza.

Fase 10: Scrittura psichica

Il prossimo stadio del chidakasha dharana è la scrittura psichica.

Immaginate l’intero chidakasha come una grande lavagna. State andando a scrivere sulla lavagna con diversi gessetti colorati. Prima di tutto, con il gesso bianco scrivete il vostro nome in maiuscolo nell’angolo in alto a sinistra della lavagna di chidakasha. Dopo di che, con il gesso giallo, sotto il nome scrivete i numeri da uno a dieci con le virgole tra di loro.

Quindi con il gesso arancione disegnate piccoli cerchi nella terza riga. Prima disegnate un cerchio sotto il numero uno.

Disegnate un secondo cerchio sotto il numero due. Disegnate un altro cerchio sotto il numero tre. Disegnate un altro e un altro. Ora con il gesso colorato di rosso disegnate piccoli quadrati sotto i cerchi. Ancora una volta prendete il gesso bianco colorato e disegnate triangoli. Sotto ogni quadrato disegnate un triangolo.

Ora guardate l’intera lavagna. Vedete il vostro nome scritto nell’angolo a sinistra. Vedete i numeri sulla seconda riga, i cerchi sul terzo, i quadrati sul quarto e i triangoli sul quinto.

Fase 11: Fluttuare nello spazio

Ora cancellate tutta la scrittura. Ritornate alla consapevolezza del chidakasha. Visualizzate l’intero spazio di testa, il vasto cielo, sotto forma di un cerchio, una sfera, una sfera con una piccola apertura rotonda. Entrate nella sfera attraverso l’apertura rotonda. State galleggiando in una sfera. Questa esperienza di fluttuare dentro la sfera del chidakasha avverrà solo quando ci sarà un totale equilibrio fisico e stabilità.

Una volta che questo sarà raggiunto ci sarà una sensazione di galleggiamento o levitazione. Dovrete sforzarvi di ottenere questa sottile esperienza di fluttuare nello spazio controllando prima il corpo, le sensazioni del corpo. Quindi entrate nella sfera del chidakasha e sperimentate il fluttuare in essa. Cercate di sviluppare e intensificare questa sensazione che rappresenta la coordinazione e l’armonia tra l’esperienza fisiologica e l’esperienza del chidakasha.

Fase 12: Fine della pratica

Diventate consapevoli del chidakasha, lo spazio mentale. Siate consapevoli dello stesso spazio che pervade tutto il corpo. Sviluppate la consapevolezza del corpo fisico e della postura.

Sentite il peso del corpo contro il pavimento. Consapevolezza totale del corpo fisico. Siate consapevoli del processo della respirazione. Siate consapevoli dell’ambiente circostante.

Ascoltate qualsiasi suono esterno. Inspirate profondamente e cantate Om tre volte.

CHANDRA NAMASKAR – IL SALUTO ALLA LUNA

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Il SALUTO ALLA LUNA, a differenza del Saluto al Sole, che è una pratica energizzante che è consigliabile praticare al mattino, è sequenza calmante che invita ad accogliere l’energia lenitiva della luna. Quando puoi, pratica Chandra Namaskar la sera.

Surya Namaskar, come dicevamo, è tradizionalmente praticato all’alba come omaggio al sorgere del sole e per riscaldare il corpo in preparazione della giornata.

Chandra Namaskar è consigliabile la sera quando la luna si mostra. È comunque una sequenza per calmare lo stress ed allontanare le tensioni accumulate durante la giornata. Non è solo un modo per prepararti al sonno,

Da sempre le filosofie yogiche ed ayurvediche hanno tenuto conto dei ritmi delle giornate, delle stagioni e dell’età dell’uomo.L’alba e il tramonto sono sempre stati considerati momenti importanti per praticare Yoga.

In questi momenti della giornata, c’è un equilibrio fra luce e buio, infatti non è ancora giorno all’alba e non è notte al tramonto. Questo si riflette internamente sul corpo: anche le tue energie fredde e calde sono in equilibrio.

É consigliabile osservare anche il periodo del mese in cui si pratica; sarebbe opportun pratica la sequenza del saluto alla luna durante la luna nuova, la luna piena e la metà calante del ciclo lunare (14 giorni dopo la luna piena), perché la nostra energia è più bassa durante queste fasi.

Nei periodi di  ciclo mestruale per le donne, Chandra Namaskar può essere un balsamo per i giorni di bassa energia.

La cosa più importante: muoviti lentamente. Questo significa che non è necessario sincronizzare ogni movimento con un’inspirazione o un’espirazione come fai nei Saluti al Sole. Eseguire lentamente il Chandra Namaskar porta ad una  maggior presenza mentale: muoversi lentamente e fluire attraverso gli asana ha un incredibile effetto in termini di rigenerazione e capacità di essere veramente, anche se pratichi solo per 20 minuti. Non importa quanto fai, ma la qualità dell’essere presente nella pratica, QUI E ORA.

LO YOGA ED I BAMBINI

Quando lo yoga è un gioco da bambini
Nel 1968, Swamy Satyananda scrisse il libro “Yoga for education” dando origine al binomio yoga e bambini.
A distanza di 30 anni cominciarono a nascere le prime scuole di yoga per bambini in tutto l’occidente.
Migliaia di anni fa gli antichi Yogi avevano l’abitudine di osservare gli animali della foresta ponendo attenzione alle posizioni che esse assumevano e alle loro caratteristiche. Iniziarono così a imitare le posizioni degli animali notando benefici effetti sul loro corpo. Va da sé dunque, il legame causa-effetto tra l’esecuzione dei cosiddetti Asana e i benefici che ne derivano.
Se si chiede ad un bambino di divenire forte e coraggioso come un leone, egli semplicemente sarà leone e ne sperimenterà non solo la forza ma interiorizzerà anche la sua energia.
Lo yoga è una filosofia di vita che porta all’armonia e all’unità di tutte le componenti dell’essere: corpo, mente e anima; il suo scopo è quello di formare esseri sani, equilibrati e spiritualmente aperti.
Lo yoga dedicato ai bambini ha un carattere educativo, ma tiene conto dei loro corpi e le loro menti in crescita e formazione. È dunque più corretto con i bambini parlare di GIOCO DELLO YOGA partendo per esempio, dal racconto di storie con protagonisti gli animali, divertendosi ad imitare le loro buffe posizioni.
I bambini amano saltare, correre, scivolare, in una parola usare il loro corpo per sperimentare il senso di unità di sé, percepire la propria potenza, i propri confini e limiti, il piacere di sperimentare sé stessi. L’esperienza sensoriomotoria permette al bambino di cercare un’unità con gli elementi sensoriali, motori, cognitivi, emozionali e affettivi; essa rappresenta, quindi, il principale attivatore di comunicazione con gli altri.
Lo yoga dunque, è particolarmente adatto ai bambini perché offre loro una combinazione di strumenti e metodi avvalendosi dell’uso del corpo attraverso attività posturali, tecniche di respirazione, di rilassamento e di concentrazione.
Una pratica costante può portare a buoni risultati:
– Un miglioramento dello sviluppo fisico, armonico, attraverso le posizioni (dette asana);
– La capacità di assorbire le informazioni ad un livello più profondo attraverso l’ascolto interiore;
– Una migliore concentrazione e quindi presenza e consapevolezza di sé e delle proprie azioni.
In definitiva fare yoga per i bambini significa avvicinarsi ad un percorso di crescita che permette loro, attraverso il gioco, di sperimentare le proprie capacità fisiche, psichiche e incrementare una migliore conoscenza di sé stessi.
In conclusione, cito una frase che racchiude l’essenza stessa dello yoga per bambini e ragazzi:
“Regaliamo ai bambini un po’ di noia, un tempo vuoto, senza impegni, senza richieste, senza scadenze, senza pensieri. Non sapranno cosa fare. E li scopriranno sé stessi. “
Alla prossima avventura
Namastè
Claudia