Natarajasana – la danza che scuote l’universo

shiva

 

“Centinaia di anni fa, gli artisti indiani crearono un’immagine di Shiva danzante per una bellissima serie di statue in bronzo. Nei nostri tempi, i fisici hanno utilizzato le più avanzate tecnologie per rappresentare i modelli della danza cosmica. La metafora della danza cosmica unifica così l’antica mitologia, l’arte religiosa e la fisica moderna”

Shiva è la divinità che con la sua danza cosmica fa tremare l’intero Universo, É conosciuto anche come Nataraja, il Signore della Danza. Nella mitologia induista Shiva esegue la danza Tandava alla fine di ogni era, per distruggere l’universo; per gli shivaiti che riconoscono in Shiva il supremo essere, Egli crea e preserva anche il successivo mondo. Con la sua danza distruttiva Shiva distrugge ma crea, risvegliando le energie dell’universo per plasmarlo. Egli dalle ceneri di ciò è stato distrutto fa risorgere un mondo nuovo in un incessante ciclo di morte e rinascita. Shivai, tra le tre divinità della trimurti (la trinità induista) è il dio della distruzione (Brahma è invece il creatore dell’Universo e Vishnu colui che lo conserva).

Nel secolo scorso nuove teorie scientifiche si sono sviluppate sull’origine dell’universo, in particolare la teorie del cosmo in espansione e successiva contrazione e del possibile susseguirsi di infiniti Big Bang. Si ricercava il cosiddetto “eco del big bang” ovvero la frequenza o vibrazione di fondo dell’universo conosciuto. In questo, nella cultura induista,  gli antichi veggenti già conoscevano e avevano descritto questa teoria. Nel caso specifico, il big bang viene proprio interpretato come la distruzione del mondo ad opera della danza di Shiva. Allo stesso modo la successiva espansione e contrazione a cui seguirebbe un nuovo big bang, troverebbe riscontro nell’alternanza delle ere e dei mondi. L’antichissimo concetto indiano secondo cui tutto l’universo e i suoi esseri vibrano e pulsano in sincrono, trova oggi riscontro anche per la scienza moderna, così come l’HOM (aum), il mantra divino e il suono primigenio dalla forza creatrice trova una similitudine nelle ricerche scientifiche dell’eco del suono del big bang.
Nel XII secolo d.C., l’iconografia indiana, raggiunse una rappresentazione canonica della danza di Shiva  e presto il Chola Nataraja divenne la massima espressione dell’arte indù.
Questa danza cosmica di Shiva è chiamata Anandatandava, che significa la danza della beatitudine, e simboleggia i cicli cosmici di creazione e distruzione, così come il ciclo quotidiano di nascita e morte. La danza è quindi un’allegoria pittorica delle cinque manifestazioni principali dell’energia eterna: creazione, distruzione, conservazione, salvezza e illusione. L’energia di Nataraja si manifesta in cinque azioni o panchakriya o panchakartya:

  • Shrishti: creazione, evoluzione;
  • Sthiti: conservazione, supporto;
  • Samhara: distruzione, evoluzione;
  • Tirobhava: illusione;
  • Anugraha: liberazione, emancipazione, grazia.

Nell’iconografia di Nataraja i panchakriya sono espressi nella posizione delle mani e dei piedi.

Tratto da web:

“Nataraja è raffigurata con quattro mani che rappresentano le direzioni cardinali. Sta ballando, con il piede sinistro sollevato elegantemente e il piede destro poggia su una figura prostata di un nano Apasmara Purusha la personificazione dell’ignoranza (purusha significa uomo, e apasmura significa privo di memoria) e dell’illusione maya su cui Shiva trionfa.
La mano sinistra in alto tiene una fiamma simbolo della dissoluzione di tutta la creazione. La mano a sinistra in basso a sinistra attraversa diagonalmente il petto e indica il piede sinistro sollevato, ad  indicare la concessione della grazia e il rifugio dei devoti.
La mano destra in alto tiene un tamburo a clessidra dumroo o damaro che con il suo suono ritmico rappresenta il principio vitale maschile-femminile. La mano destra inferiore con il palmo aperto nella posizione di abhaya mudra gesto di rassicurazione ad affermare “Sii senza paura”.

I serpenti che simboleggiano l’egoismo si vedono srotolare dalle sue braccia, gambe e capelli, che sono intrecciati e ingioiellati. Le sue ciocche arruffate stanno roteando mentre danza all’interno di un arco di fiamme  prabhamandala che rappresenta l’infinito ciclo di nascita e morte che rappresentano anche la forza distruttiva di Shiva. Sulla sua testa c’è un teschio, che simboleggia la sua conquista per la morte. Anche la dea Ganga, l’epitome del sacro fiume Gange, si siede sulla sua pettinatura.

Il suo terzo occhio è simbolico della sua onniscienza, intuizione e illuminazione. L’intero idolo poggia su un piedistallo di loto, il simbolo delle forze creative dell’universo.”

(Dal sito “India Nepal Viaggi”).

 

 

Ovviamente, da questa filosofia è nata anche un’asana yoga. NATARAJASANA.

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É un’asana che si collega al  7° chakra: il piede staccato da terra, la testa e la mano sollevati verso l’alto simboleggiano il nostro protenderci verso la grazia suprema e la benedizione degli dei. Premere giù nella materia ( il piede a terra)e sollevarsi verso il cielo riflette l’eterna danza tra Shiva e Shakti, in cui Shakti è la forza creativa che anima Shiva dalla sua immobilità meditativa.”

Praticando Natarajasana impariamo a lasciar andare le nostre paure ed abbracciare il cambiamento, nella consapevolezza che tutto muta e si trasforma.

Si parte da Tadasana, la “posizione della montagna”. Inspirando e spostando il peso sul piede sinistro, si piega la gamba destra indietro, sollevando il tallone e il piede più in alto possibile. Il busto è leggermente piegato in avanti. Si tiene la caviglia destra con la mano destra. Dopo di che si porta in alto e in avanti il braccio sinistro, che deve essere ben allungato. Si esegue quindi Chin Mudra con la mano sinistra; lo sguardo è rivolto verso a questa mano.

Benefici di Natarajasana

La posizione del signore della danza, rafforza l’asse centrale, sviluppa l’equilibrio e concentrazione, apre petto e spalle, accresce la capacità polmonare e rafforza le gambe. Favorisce a livello psichico la chiarezza mentale ed una sensazione di espansione.

 

 

 

YOGA – QUALE SCEGLIERE?

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Nel mondo occidentale, per anni, lo yoga è stato visto solo dal punto di vista fisico, tralasciando tutto “il mondo” che vi è in questa cultura millenaria, il cui vero scopo “finale” è l’unione del nostro io divino con il divino universale. Praticamente è stato per decenni un’alternativa alle discipline da palestra che mirava al raggiungimento del solo benessere fisico.
Negli ultimi anni si è “riscoperto” che lo yoga non è solo questo e che il percorso vero di uno yogi mira al benessere fisico, spirituale e mentale, anche se, ancora oggi, rimane per molti allievi l’alternativa allo zumba o a pilates. (senza nulla togliere a queste discipline).
Ma quale tipo di yoga scegliere quando si inizia? Uno yoga più “dinamico” o uno yoga più tradizionale? Dipende ovviamente da quella che è la nostra attitudine iniziale che, una volta iniziata la pratica, potrebbe comunque portarci, ad uno stile completamente diverso o a fare più stili.
Generalmente le macro categorie dei vari stili di yoga su dividono in due:
Quelle che seguono più un flow e sono più dinamiche e quelle in cui gli asana vengono tenuti più a lungo.
Nella prima categoria in cui principalmente i movimenti sono continui e dinamici rientrano ASTHANGA e VINYASA, che fanno parte di una tradizione antichissima creata da Patajali, POWER YOGA, ANURASA ed altre. Sono sequenze che si potrebbero definire di meditazione in movimento.
Nella seconda, che si avvicina più alla tradizione indiana, appartiene uno dei più famosi, l’Hatha yoga. Inoltre Yin, Iyengar e Restorative ( che prevedono l’uso di supporti per aiutare il praticante ad entrare nella posizione, Raya, Kundalini e Karma che propendo più ad un aspetto spirituale.
Esistono anche molti altri stili, ma in ogni tipologia, sono fondamentali il respiro, i pranayama, l’ascolto di se, il fluire dell’energia attraverso il corpo, il benessere fisico, mentale e spirituale.
Rimane quindi fondamentale, a prescindere dallo stile che si sceglie, capire che quando ci si approccia allo yoga non lo si può pensare solo come, per l’appunto un’alternativa alla palestra, ma come un percorso più profondo di conoscenza di sé attraverso anche l’attività fisica.
Marzia
“Lo Yoga è il viaggio dell’Io, attraverso l’Io, verso l’Io”
Bhagavad Gita

HALASANA

Halasana (Posizione dell’aratro)

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Il termine Halasana significa “posizione dell’aratro” e si riferisce a un aratro che dissoda la terra morta per generare la vita.

Halasana è una posizione invertita che si esegue a terra. Come tutti gli asana invertiti ha un effetto potente a livello energetico sull’organismo in quanto permettono la sublimazione dell’energia. Infatti, nell’invertire la posizione del corpo, le energie dei chakra più bassi si muovono verso l’alto, trasformando l’energia sessuale e l’energia di terra in energia spirituale e pura.

È una  Posizione  a terra in cui si sollevano le gambe in alto, passando nella posizione della candela,  Sarvangasana, per poi portare le gambe  oltre la testa, appoggiando le dita dei piedi a terra. I benefici di Halasana sono molteplici:

allunga la colonna vertebrale,

stimolando gli organi addominali e la ghiandola tiroidea

Agisce sul chakra della gola bilanciandolo

Calma e rilassa la mente con l’effetto di renderla più efficiente.

Aiuta ad alleviare i sintomi della menopausa

 

Se mi seguite da un po’ sapete che la mia “passione” è la mitologia e la filosofia collegate allo yoga. Vediamo quindi il  mito relativo a questo asana, ovvero la storia di Haladhara.

 halasana 1

Il fratello maggiore di Krishna, era Haladhara, così chiamato perché portava con sé (dhara) un aratro (hala). In un giorno di sole, Haladhara decise di fare il bagno nel grande fiume Yamuna. Inebriato dalla sua bevanda a l miele preferita, ordinò al fiume di avvicinarsi ma il fiume si rifiutò di avanzare verso di lui per consentirgli di fare il bagno. Sorpreso da questo rifiuto il Dio invece di andare lui al fiume, prese il suo grande aratro e ne dragò il letto, fino a quando l’acqua non iniziò a scorrere verso di lui.

Perché, vi chiederete voi, così tanto interesse verso queste “Storielle”? Perché dietro ognuna di esse c’è un insegnamento profondo che ci aiuta a vivere l’asana in maniera approfondita sia a livello mentale che spirituale.

Secondo la filosofia yoga, le nostre azioni e i nostri pensieri lasciano tracce nella nostra coscienza. I gesti compiuti in questo mondo possono rimuovere i segni lasciati nel paesaggio della nostra coscienza o possono crearne di nuovi (i sankalpa). Proprio come Haladhara trascinò il fiume Yamuna verso di sé con il suo aratro, così lo yogi  può praticare una“aratura della mente”:

Nimittam aprayojakam prakëtînâm varaña-bhedas tu tatah kasetrikavat.Yoga Sutra IV.3.

Come un contadino ara il suo campo per introdurre l’acqua necessaria all’irrigazione, così se rimuoviamo gli ostacoli che incontriamo sul nostro cammino possiamo condurre la mente in una direzione più elevata e spirituale. In questo modo, arare la mente ci porta alla liberazione.

«Là dove il pensiero, sospeso mediante la pratica assidua dello yoga, cessa di funzionare, e là dove, percependo il Sé nel Sé [e] mediante il Sé, si trova la [propria] soddisfazione, là dove si trova quella beatitudine infinita che percepisce l’intelletto [buddhi] ma non i sensi.»

Bhagavad Gita

Ardha Chandrasana

Cute toddler Lord Ganesha holds a lotus - isolated vector illustration. Indian Festival of Ganesh Chaturthi. Ganesha -Ganapati.

“Ride la Luna della caduta rovinosa di Ganesha che, con tutta la sua ira, la colpisce con una zanna…”

Ardha in sanscrito è Mezza, Chandra è la Luna, Asana la posizione. Dal significato letterale sembrerebbe un omaggio alla Luna, in realtà all’origine mitologica, Chandra risulta essere l’antagonista mentre protagonista sarebbe Ganesha, una delle divinità più popolari in India ma anche la più popolare in Occidente.

Ardha Chandrasana nella sua Posizione ricorda il momento in cui Ganesha, con un Inspiro, si slancia verso l’alto per colpire la Luna. Ma che storia è questa? Vediamo un po’.

Il personaggio primario Ganesha è colui che rimuove gli ostacoli, il figlio primogenito di Shiva e Parvati.Il suo potere è appunto quello di rimuovere gli ostacoli lungo la strada della vita e per questo motivo in tutta l’India i suoi devoti, chiamati Ganapatya, lo considerano il signore del buon auspicio.

 

Ganesh è colui che ha riconosciuto il divino in se stesso, in perfetto equilibrio tra tra energia maschile (Śiva/Surya) e femminile (Shakti/Chandra),  tra potenza e saggezza, attributi caratteristici dell’elefante. Egli ha una testa di elefante perchè suo padre Shiva gli tagliò di netto la testa originale e solamente dopo le preghiere di Parvati, lo riportò in vita ricollocando al suo posto la testa di un elefante che passava da quelle parti.
Ganesh simboleggia inoltre la capacità discriminatoria che permette di distinguere la verità dall’illusione, il reale dall’irreale, la scure che tiene in mano rescinde i desideri apportatori di sofferenza, così come in un’altra mano tiene un loto, simbolo dell’evoluzione spirituale umana.
Per Ardha Chandrasana, la storia che dà il nome a questa posizione è questa:

Si racconta che Ganesh, dopo aver ricevuto molto cibo dai suoi devoti, decise di fare una passeggiata per digerire. Si stava quindi allontanando dalla festa in suo onore sul dorso della sua cavalcatura, un topolino che in realtà è un semidio

Mentre i due si camminavano, un serpente attraversò la loro strada spaventando il topolino e facendo di conseguenza cadere Ganesha rovinosamente.
La divinità della Luna stava osservando la buffa scena e gli scappò una giustificata risata, mostrando una profonda mancanza di rispetto verso il Dio.
Ganesh andò su tutte le furie e preso dall’ira si spezzò una zanna e la tirò verso Chandra conficcandogliela nel petto. A questo punto la luna non era più in grado di brillare ed il mondo era colpito dall’energia incessante del Sole. L’equilibrio si era rotto e la vita sulla terra stava diventando impossibile. Ganesh fu quindi implorato di ristabilire l’ordine, ma per dare una lezione duratura a chi lo aveva ridicolizzato, decise che la luna non avrebbe brillato sempre al suo massimo splendore, come era in principio, ma solamente una volta ogni quattro settimane, ovvero il momento in cui la luna è piena.

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Per eseguire la posizione è necessario superare il dualismo di flessibilità e forza, bilanciandoli in perfetto equilibrio, proprio la caratteristica chiave di Ganesh.

E’ una Posizione di equilibrio e radicamento che stimola principalmente Muladhara e Swadhisthana, 1° e 2° Chakra.

In questa posizione, si scopre l’incontro tra due energie opposte. Nella Posizione della Mezza Lunasi eseguono due movimenti opposti: ci si radica a terra con la gamba d’appoggio e allo stesso tempo si soleva ed estende in aria la gamba alzata. L’incontro tra queste due forze permette di bilanciare e mantenere sospesi colonna vertebrale e tronco a mezz’aria e serve per sviluppare la coordinazione delle varie parti del corpo.

La Posizione della Mezza Luna aiuta a fortificare le gambe e ad aprire i fianchi; inoltre migliora l’equilibrio, la stabilità e la forza, rinforza le caviglie, i muscoli delle gambe, le ginocchia e i glutei; migliora la mobilità delle anche, rinforza e distende la colonna vertebrale.

Tra gli altri benefici, migliora la digestione alleviando i disturbi gastrici.

Provare per credere. Spero di esservi stata utile anche questa volta. Namastè

Marzia

Om Gam Ganapataye Namah
Mi arrendo a Te, Signore di tutti gli esseri
Ganapati Upanisad

 

 

Marjariasana, la posizione del gatto, e Bitilasana, la posizione della mucca

Questi due asana, eseguibili singolarmente, sono combinate, un’ottima mini sequenza per lavorare sulla colonna vertebrale, risvegliandone la flessibilità e viene spesso usata nella fase di riscaldamento o dopo aver praticato asana che coinvolgono in maniera intensa la schiena.

Nella lingua sanscrita Marjariasana può essere tradotta come la “posizione del gatto”, da marjari che significa “gatto”. Sappiamo che alle sue origni gli asana hanno preso inspirazione dalla natura ed, in particolar modo, dalle posture degli animali, nei quali gli antichi saggi studiavano i benefici di questi loro gesti consuenti. La posizione di Marjariasana ci ricorda un gatto che si tende per allungare i muscoli della schiena.

Bitilasana (dal sanscrito batila “mucca” e asana “posizione”) viene tradotta letteralmente come la “posizione della mucca” e anch’essa deve il suo nome alla somiglianza della postura di  una mucca dalla schiena incurvata, che passeggia per le strade dell’India.

Di semplice esecuzione i due movimenti vanno coordinati con l’inspiro in Marjariasana e con l’espiro in Bitilasana, sempre portando il nostro ascolto al nostro corpo in quel momento.

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Benefici di Marjariasana e Bitilasana

I benefici di Marjariasana e Bitilasana combinati insieme sono molteplici e sinceramente molto piacevoli:

Aumenta la flessibilità della colonna vertebrale ed aiuta a distendere i muscoli della schiena e del collo. Allinea correttamente la colonna vertebrale.

Stimola in maniera soft e rinforza gli organi dell’addome e stimola la funzione renale e delle ghiandole surrenali.

Apre il torace e permette al respiro di rallentare e di diventare più profondo.

Riduce lo stress e calma la mente ed aiuta a sviluppare consapevolezza nella postura ed equilibrio del corpo.

Aiuta a prevenire il mal di schiena se praticata regolarmente.

 

La sensazione quando si esegue questa sequenza come dicevo è molto piacevole, provare per credere 🙂

namastè

 

 

 

La fascia direttore d’orchestra del nostro corpo.

 
 
La FASCIA è un organo, a molti sconosciuto, e fino a poco tempo fa non considerato, se non come e solo un tessuto che ricompre muscoli.
Negli ultimi anni invece diversi studi hanno dimostrato l’enorme importanza della FASCIA. Ho approfondito l’argomento tornando come ogni volta a scoprire quanto sia meravigliosa e complessa la MACCHINA UOMO.
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La fascia è una struttura di tessuto connettivo che ricopre i muscoli, gruppi di muscoli, vasi sanguigni e nervi, unendo alcune strutture, mentre permette ad altre di scivolare delicatamente una sull’altra. Ma è anche molto di più: La FASCIA in realtà è simile ad un’ unica “rete”, presente sotto la pelle da cima a fondo del nostro corpo, avvolge, sostiene, separa, unisce, protegge, fornisce coesione ad ossa, organi, muscoli, nervi, vasi, si espande all’interno del muscolo fino a livello cellulare e partecipa attivamente al gesto motorio.
A livello di anatomia, la fascia è classificata per strato, come fascia superficiale, fascia profonda e fascia viscerale o parietale, o per la sua funzione e posizione anatomica.
La fascia superficiale è lo strato più basso della pelle in quasi tutte le regioni del corpo, che si fonde con lo strato del derma reticolare. Serve come mezzo di conservazione di grassi e acqua; come passaggio per linfa, nervi e vasi sanguigni; e come imbottitura protettiva per attutire e isolare.
La fascia viscerale sospende gli organi all’interno e li avvolge in strati di membrane del tessuto connettivo.
La fascia profonda è uno strato di tessuto connettivo fibroso denso che circonda i singoli muscoli e divide anche i gruppi di muscoli in compartimenti fasciali. Questa fascia ha un’alta densità di fibra di elastina che determina la sua estensibilità.
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Una delle cose più importanti e affascinanti è che la fascia metta in connessione i muscoli tra loro, ovvero che vi sia una continuità della fascia profonda lungo le varie catene cinetiche. Pensate che oltre un terzo dei muscoli del corpo è in continuità biomeccanica e istologica grazie alla fascia. La fascia è come uno scheletro attivo del corpo. Come lo scheletro osseo la fascia è diffusa a tutto il corpo e funge da supporto strutturale per muscoli, sistemi e apparati, ma non si limita solo a ricevere e trasmettere le forze, ma è in grado di direzionarle e propagarle all’interno del corpo a seconda delle caratteristiche funzionali del movimento che si sta compiendo.
In ultimo ma non di importanza pensiamo che la fascia è tessuto connettivo e quindi piena di ricettori che mettono in comunicazione direttamente cervello e corpo in un continiuo scambio di dati.
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Perché è così importante tenere conto della fascia per la salute generale del nostro fisico? Beh, già solo leggendo quante cose fa e che è praticamente ovunque nel nostro corpo la rispsta viene da sè, ma consideriamo che anche la fascia risente, forse pù di tante altre parti del corpo di tanti fattori negativi.
Lo stress fisico o emotivo, i traumi, le posture sbagliate, i gesti ripetitivi nel lavoro o nello sport o un sovrauso di un gesto motorio nello sport, uno sbagliato regime alimentare o una condizione ambientale sfavorevole, possono provicare una densificazione della fascia e, quindi, un suo irrigidimento con conseguenti dolori, contrazioni, tensioni, rigidità, limitazioni del movimento e disfunzione degli organi.
Per allenare la fascia in modo completo è importante la varietà di movimento. Questo significa che si dovrebbero alternare un allungamento profondo, lento e sostenuto a movimenti dinamici, veloci e ripetitivi.
 
Uno stile di yoga che può in maniera abbastanza completa agire sulla fascia può essere, ad esempio, l’Odaka Yoga.
Questo stile trova ispirazione dall’osservazione del moto dell’oceano e delle sue onde e cerca di fondere zen e yoga con il Bushido, ovvero la via del guerriero
La pratica di Odaka Yoga permette di ‘curvare la retta’. Ogni movimento a onda che viene eseguito durante la pratica, che si origina dal coccige ed è propedeutico al raggiungimento degli asana, permette al corpo di creare spazio, liberare tensioni ed emozioni e va ad attivare sia la muscolatura antagonista che quella agonista interessata dalla posizione, oltre che a stimolare le dinamiche bio-meccaniche coinvolgendo in modo armonico la fascia.
 
Nella speranza di avervi parlato di qualcosa di interessante, così come è stato per me, Vi auguro una buona giornata. Namastè
 
Marzia

Upavistha Konasana

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In Sanscrito, upavistha significa “seduto”, kona “angolo” e asana “posizione”. Questa asana pertanto può essere tradotta come la “posizione seduta ad angolo”.

Upavistha Konasana è una ottima asana di preparazione per la maggior parte delle posizioni di piagamento in avanti. Ottima in questo periodo di Krya come tutte le posizioni di piegamento perché lavorano sugli organi interni ed aiuta a detossinare i reni.

Inoltre aiuta nell’allungamento dei muscoli di interno coscie e dei muscoli del retro delle gambe preparando ad altre posizioni più impegnative. Rinforza anche la muscolatura del dorso  e della colonna vertebrale e aiuta a ridurre i problemi alla sciatica.

Per iniziare è consigliabile eseguire questo asana con il dorso a terra e le gambe al muro  per facilitare maggiormente la preparazione all’allungamento dei muscoli interno coscie. La posizione è supta Upavistha Konasana.

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Upavistha Konasana attiva maggiormente su Svadhistana chakra, il secondo chakra.

 

NAVARATRI DI PRIMAVERA

Navaratri, letteralmente le “Nove notti”, è una festività dedicata all’adorazione della Devi o Śakti, la Madre divina, l’espressione femminile di Dio. 

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Secondo il calendario tantrico indiano, l’anno è suddiviso in quattro periodi di 3 mesi. Questi periodi sono simili alle nostre quattro stagioni, ma in base ad un calendario lunare, non quello solare. Il passaggio da un periodo all’altro è l’occasione di celebrazione di diversi Navaratri.

Nelle sacre Scritture, in particolare nei Purana e nei Dharma-shastra, sono menzionate due Navaratri principali: la Vasantanavaratri  e la Sharanganavaratri rispettivamente una Navarati di primavera e una Navaratri d’autunno, ovvero i momenti di maggior transizione da una stagione all’altra e del relativo Dosha.

In molte tradizioni dell’India meridionale, i primi tre giorni sono dedicati a Durga, espressione divina di forza, di potente energia capace di distruggere i demoni dell’egoismo e dell’adharma; i tre giorni seguenti si adora Lakshmi, espressione della generosità, della luce che disperde l’ignoranza, della prosperità fisica e spirituale; gli ultimi tre giorni sono incentrati invece sul culto di Sarasvati, espressione della conoscenza pura e dell’arte.

Navaratri è uno dei periodi più importanti per la rigenerazione e armonizzazione della nostra energia a livello individuale e planetario.

Dal punto di vista astronomico e scientifico grazie al suo posizionamento nel cielo, la Luna è l’astro che maggiormente influenza l’umanità, è infatti il corpo celeste più vicino alla Terra; si tratta anche del pianeta più rapido e di conseguenza il suo ritmo condiziona e dinamizza la nostra vita. La Luna è 50 volte più piccola della terra, distante 360,000 km e il suo movimento di rivoluzione è di 27 giorni e una frazione. Dal punto di vista delle energie, la Luna capta, polarizza, ridistribuisce la luce polarizzata e i fluidi cosmici, di qui l’importanza di tale astro.

Dal punto di vista fisico sappiamo bene quali sono le influenze elettromagnetiche della Luna sul nostro pianeta, basti pensare alle maree (l’alta marea e la bassa marea). La Luna agisce sui liquidi, sulle mucose del corpo e sulle funzioni di procreazione e fertilità.

Dal punto di vista psicologico, la Luna coordina il ritmo e la stabilizzazione delle funzioni inconsce dell’anima. Coordina anche il sistema delle forme e della memoria, come anche il senso della maternità.

Il periodo di Luna nuova è il momento neutro, zero, nella tradizione indiana chiamato anche Shivaratri (la notte di Shiva). Questo giorno è un momento molto buono per iniziare una pratica spirituale e per iniziare cose nuove (per esempio smettere di fumare, smettere di bere alcol e in generale abbandonare le cattive abitudini di cui vogliamo sbarazzarci). E’ altresì un buon momento per realizzare tecniche di purificazione quali Vamana Dhauti, Shank Prakshalana, ecc. In poche parole se vogliamo liberarci di qualcosa, questo è il momento adatto.

Nella nostra vita quotidiana, attraverso i nostri sensi, le nostre azioni, le nostre parole e i nostri pensieri, abbiamo la tendenza naturale ad accumulare tante “cose” a livello del corpo, dell’energia, delle emozioni, della mente e dello spirito. Attraverso la pratica regolare e la meditazione, liberiamo gradualmente alcune cariche energetiche, alcuni traumi, energie represse ed emozioni che vengono bloccati nella nostra coscienza corpo-mente e che portiamo con noi, per lo più inconsciamente. Quei nodi, se non li indirizziamo, ci portano a riattivare incessantemente la nostra sofferenza, attraverso modelli di ripetizione negativi. Inoltre possiamo liberarci di tutte le tossine accumulate durante la stagione precedente. Utilizzando consapevolmente un periodo come Navaratri, si possono ottenere grandi benefici a tutti i livelli. La pratica degli asana sarà molto più intensa per attivare il fuoco ( ed il nostro metabolismo) e bruciare tutte le energie tossiche sedanti, sia in flow sia nel rimanere in un asana più a lungo.

L’azione di purificazione si amplificherà e approfondirà gradualmente nel corso di questi 9 giorni. Può interessare tutti i livelli del nostro essere simultaneamente o in successione.

Prestando più attenzione a ciò che mangiamo e beviamo puntando sulla purezza della nostra dieta, bere consapevolmente più acqua di qualità, (l’idratazione è uno strumento molto importante per aiutare a purificare e liberare blocchi energetico-emozionali dal nostro corpo).

In questi nove giorni prendiamo in considerazione la possibilità di amplificare la nostra meditazione e il rilassamento profondo, in termini di durata e / o la frequenza.

Prendiamoci piccole pause durante il giorno e adottare micro-pratiche di consapevolezza: ci fermiamo per un po’, chiudiamo gli occhi, respiriamo profondamente per tre volte e osserviamo per un minuto che cosa si manifesta a noi, senza giudizio, solo presenza. Se è possibile, facciamo questa micro-pratica almeno 5 volte al giorno o più. E adottiamo momenti di silenzio durante il giorno per centrare nuovamente noi stessi.

Connettendomi più con la natura e, se possibile in silenzio, con lunghe passeggiate,

Una piccolo Chicca: in questi giorni è consigliato un taglio dei capelli, anche più consistente, per riattivare e rinforzare la crescita.

 

Sirsasana

È proprio quando credete di sapere qualcosa che dovete guardarla da un’altra prospettiva. Anche se può sembrarvi sciocco o assurdo, ci dovete provare.
(Robin Williams nel film L’attimo fuggente)

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Śírsasana

Il suo nome completo è Salamba Shirshasana  deriva da SALAMBA, che sta per “supporto”, SÍRSA che significa “testa” e come sempre ASANA, “posizione”.

É considerata dai testi classici la “regina” delle posizioni. Nell’antichità si usava dire che “assicurasse l’immortalità”, ed oggi, la scienza moderna riconosce svariati benefici che si manifestano su tutto il sistema immunitario, sulla circolazione sanguigna e linfatica e sul sistema muscolare.

Śírsasana appartiene al gruppo delle inversioni, ovvero le posizioni in cui la testa è più in basso rispetto al livello del cuore.

La sensazione più forte che si ha in una pratica di inversioni è il senso di leggerezza e libertà, e i maggiori benefici sono legati proprio al capovolgimento della nostra stazione eretta.

Iniziamo con il dire una cosa fondamentale: non  esiste “il modo corretto” per eseguire un asana, ma ci sono varianti adatte a ogni individuo. Nelle inversioni questo aspetto è ancora più evidente perché ci si imbatte in un fattore particolare che è la paura. Non sempre, infatti, si ha facilità a cambiare il punto di vista, indipendentemente dalle capacità fisiche, ma questo non significa dover rinunciare ai tanti benefici delle inversioni.

Due sono i Vayu, (i soffi vitali), che vengono particolarmente attivati dalla pratica di questo asana: udana e vyana.

Udana significa “aria che si muove verso l’alto” e si concentra nella gola, nel torace, nei polmoni, nell’ombelico e nei seni nasali. È un soffio vitale che muove verso l’alto e controlla la nostra memoria, il controllo e la volontà.

Vyana letteralmente significa “aria diffusa o penetrante” e ha sede nel cuore, nei vasi sanguigni, nella cute, nelle ossa, nei muscoli e nei nervi. La sua funzione riguarda la circolazione del sangue dal cuore fino alle periferie e vi sono associati lo sbadigliare e sbattere le palpebre.

Le inversioni richiedono concentrazione e grande presenza, ed essendo posture dall’alto potenziale energetico è bene inserirle al centro di una  sequenza in modo da poter poi riportare in equilibrio corpo e mente.  Come si sottolineava prima a proposito delle paure legale a certe posizioni invertite bisognerebbe vederle come un’occasione eccezionale per guardare le cose e il mondo da un’altra angolazione.

Sirsasana può diventar, una volta presa padronanza della posizione, un’occasione di meditazione, perché, per mantenere l’equilibrio, bisogna far ricorso a una strategia respiratoria che aiuta a introvertire l’at­tenzione e dona calma e pace.

La Posizione sulla Testa apporta grandi benefici, alla funzione della tiroide, dell’ipotalamo e della pituitaria (controllore del sistema endocrino), migliorando la circolazione intracranica e rivitalizzando tutti i centri nervosi. Dunque, ricapitolando i benefici fisici vediamo che:

  • Migliora la circolazione sanguigna
  • È un potente tonico del sistema nervoso centrale
  • Regolarizza le funzioni dell’ipofisi e in generale di tutto il sistema endocrino
  • È un decongestionante degli organi addominali e aiuta a risolvere disturbi intestinali cronici come colite e stipsi
  • Aiuta la concentrazione e il buon umore come conseguenza di una maggiore sicurezza di sé

Nell’esecuzione teniamo ben fermi questi dettami:

La giusta distanza dei gomiti ed il ruolo delle mani

Dalla posizione dell’eroe, con le dita dei piedi puntate a terra, flettere il busto sulle cosce e portare i gomiti a terra davanti alle ginocchia. A questo punto, afferrare i gomiti con le mani :  questa è esattamente la distanza che deve essere mantenuta durante tutta la pratica di Sirsasana. Intrecciare le dita delle mani in modo che si formi una sorta di triangolo. E, tenendo i gomiti ben saldi al pavimento, portare gli avambracci e le mani avanti a formare un secondo triangolo i cui vertici sono i gomiti e le mani.

La sommità della fronte

Appoggiare la sommità della fronte (l’attaccatura dei capelli) in mezzo al triangolo formato dalle mani. Benché da più parti si sostenga l’opportunità di poggiare a terra la sommità del capo noi invece ribadiamo la necessità di poggiare delicatamente la sommità della fronte nel rispetto del tratto cervicale della colonna scaricando tutto il peso dell’esercizio solo sui gomiti, gli avambracci e le mani.

Il ruolo fondamentale degli addominali

La posizione finale si dovrà mantenere grazie a espirazioni prolungate, a un’antiversione del bacino e a un sapiente bilanciamento tra la muscolatura addominale e dorsale. Le gambe devono essere perfettamente tese e i piedi in flessione plantare (con le punte al soffitto). Il ritorno avviene esattamente come all’andata, con le gambe tese e riportate lentamente sul pavimento.

 

7 punti da non dimenticare (tratto da Yoga Journal)

  1. Più a lungo si tiene la posizione sulla testa meglio è! All’inizio è logico che non si supereranno che pochi secondi ma nel tempo bisognerebbe arrivare a tenerla per 5/10/30 minuti. Solo così, infatti, si mani­festeranno appieno i suoi potenti effetti.
  2. Eseguendo Sirsasana, il peso del corpo deve essere totalmente supportato dalle braccia, dalla posizione delle mani, da tutta la muscolatura addominale e dorsale (inclusa quella cervicale). Ciò non significa che il peso in qualche modo danneggi il tratto cervicale della colonna perché, quando il praticante ha ben compreso l’iter della posizione, sa che non deve scaricare il peso sulla testa. Addirittura la sommità della fronte dovrebbe appena sfiorare il pavimento. Ma è fondamentale sapere che i muscoli del tratto cervicale (sternocleidoma­stoideo, semispinale della testa, splenio, trapezio, etc.) debbono essere sempre tonici per reggere adeguatamente il ca­po che, da solo, pesa 7 Kg e mezzo circa!
  3. E ancora: i gomiti devono essere saldamente ancorati a terra. Se questi si sollevassero durante la pratica ci sarebbe il rischio di cadere e di farsi male. Non è detto che si debba arrivare immediatamente nella posizione finale: è prevista una fase intermedia in cui il praticante tiene le ginocchia raccolte al petto in attesa di allungarle verso il soffitto. Questa fase può durare parecchio, cioè fino a quando ci si sente pronti a completare Sirsasana.
  4. È altrettanto evidente che un principiante che affronta Sirsasana deve essere aiutato dal suo istruttore e che questi deve offrirgli la possibilità di appoggiarsi al muro fintanto che l’assunzione della postura sia diventata talmente facile e disinvolta da non costituire più un problema.
  5. Ogni asana si scioglie sempre esattamente come la si è assunta, ovvero seguendo il percorso inverso. Questo vale anche per Sirsasana.
  6. Nello yoga, le posizioni vanno sempre assunte e sciolte molto lentamente evitando di sommare disordinatamente dei passaggi. Ogni passaggio va eseguito sull’espirazione, perché è grazie a questa che i muscoli si rilassano quanto basta affinché la postura non risulti troppo faticosa per chi la esegue.
  7. Ricorda che Patañjali si è espresso molto chiaramente anche rispetto all’atteggiamento mentale da osservare durante la pratica dello yoga. Negli “Yoga Sutra”, sosteneva due concetti fondamentali:

I “stira sukham asanam”, che signi­fica “la postura deve essere stabile e comoda”;

II aparigraha, il “non possesso”, uno dei suoi precetti (yama).

Le posizioni rovesciate sono un ritorno su sé medesimo. Esse modificano i nostri abituali punti di riferimenti, implicano un lasciarsi andare. Simboleggiano l’equilibrio tra l’uomo e l’universo.
(Anonimo)

PASQUA

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“La celebrazione della Pasqua, come quella del Natale, può avere per ognuno di noi – in funzione del grado di risveglio spirituale, di apertura dell’anima e della sensibilità e del raffinamento interiore – anche un altro significato, più profondo, esoterico e in qualche modo personale (nel senso di vissuto con tutta la persona, stabilendo un legame diretto, reale di ognuno di noi con Dio). Per tali persone, la celebrazione della Pasqua non ricorda solamente la Resurrezione di Gesù Cristo, ma simboleggia la resurrezione della Coscienza Cristica in ogni Coscienza umana. La“Coscienza Cristica” è uno stato elevato di coscienza caratterizzato dal legame diretto, ravvicinato, con Dio, da una percezione globale ed obiettiva della realtà e da un infinito amore e compassione per tutto ciò che esiste.
La celebrazione della Pasqua significa, per chi è aperto nell’anima, la resurrezione di Gesù nella propria anima, cioè la sua propria resurrezione: solo questa resurrezione interiore ci può condurre verso le più elevate altezze dello spirito
In senso esoterico, Pasqua significa la resurrezione del grande insegnante e maestro che ha liberato l’umanità dalla servitù e dalle limitazioni materiali. Questa grande anima è venuta sulla Terra per mostrare in tutta la sua pienezza il cammino verso il vero Dio, onnipotente, onnipresente ed onnisciente. Egli ci ha voluto far vedere che Dio è l’intera Bontà, Saggezza e Verità, il tutto nel Tutto. Il grande Insegnante, la cui resurrezione ci viene ricordata con questa festa, è stato mandato per mostrarci e farci capire che Dio non si trova solo al di fuori, ma anche dentro di noi, che Egli non si separa (non è separato) mai da nessuna delle sue creature, che è sempre un Dio giusto e pieno d’amore, presente in tutto, che sa e conosce tutto e contiene tutta la verità. Tutta la conoscenza del mondo non ci potrebbe dare nemmeno una comprensione parziale dell’intero significato di questa santa resurrezione.
Il ruolo di questo grande insegnante ed educatore è immenso – una convinzione che speriamo sia condivisa da tutti, sia credenti che atei. Egli è venuto a noi per farci capire meglio la vita qui sulla terra. Egli ci ha mostrato che tutte le limitazioni materiali provengono dall’uomo, e che non dobbiamo mai vederle diversamente. Applicando i Suoi insegnamenti potremmo realizzare le Sue stesse cose, anche maggiori come Lui stesso ci dice. Gesù Cristo è venuto per mostrarci in modo ancor più esplicito che Dio è l’unica e grande causa di tutte le cose, che Egli è Tutto.
Quindi, non dobbiamo solo sostenerci sull’intermediazione e sull’amore di Gesù, ma seguirne anche il cammino e gli insegnamenti. La Sua resurrezione in questo senso deve ricordarci i Suoi insegnamenti, che si possono riassumere in poche parole nella predica del monte: “Siate perfetti, cosi come vostro Padre è perfetto”. La gioia della Sua resurrezione non significa solo che Lui si prenderà tutti i peccati del mondo, salvandolo cosi, quanto il fatto che ci mostra la via verso Dio, incarnandola con l’infinito amore, la saggezza e la felicità di sapere che la Sua immensa anima ci abbraccia e sostiene i nostri sforzi di voler vivere una vita divina, qui sulla terra, e avvicinarci cosi a Dio. Gesù è sempre presente, siamo noi che a volte lo dimentichiamo, e le sante feste ci aiutano a ristabilire – almeno temporaneamente – questa relazione con Lui.
Ci sono molte supposizioni sul modo in cui Gesù abbia ricevuto l’insegnamento divino. Ma questo è un fattore poco importante, dato che comunque tutto proviene da Dio, la fonte unica di tutte le cose. Ricevendo a nostra volta questo insegnamento, tramite la lettura dei libri sacri o per rivelazione, ma prima di tutto aprendo i nostri cuori verso Gesù, faremo in modo che i suoi insegnamenti germoglino in noi, per poterli offrire a nostra volta, per poter ricevere poi ancor di più. Donare, qui non necessariamente significa insegnare agli altri, quanto vivere pienamente nel suo spirito – significa essere un canale cosciente tramite il quale l’amore divino si riversa nel mondo, significa essere una “colonna di luce” che unisce la terra al Cielo, significa vivere in permanenza a contatto con la presenza Divina, nello stato di Coscienza Cristica – essere dei veri e propri Figli di Dio su questa Terra.
La festa della Pasqua deve ricordarci il fatto che Gesù non è venuto per portarci un nuovo dogma, ma per aiutarci a capire che siamo Figli di Dio, per aiutarci a vivere questo legame diretto con Dio – questa è la Via, la Verità e la Vita.
Per vivere pienamente il momento della resurrezione di Gesù Cristo (la celebrazione della Pasqua) possiamo evocare anticipatamente la gioia di questa festa, inducendo in noi uno stato trasfiguratore di attesa, come quella che anticipa un miracolo. Cercheremo di avere uno stato quanto più armonioso ed elevato, che ci faciliterà la percezione diretta del significato spirituale della celebrazione della Pasqua. Allo stesso modo, cercheremo di avvicinarci nell’anima quanto più a Gesù, con affetto e umiltà, per ristabilire il legame – che dovrebbe essere permanente – con Lui. “
(tradotto da www.yogaesoteric.net)