DA QUI, MESSERE, SI DOMINA LA VALLE……… LA STRAORDINARIA TRILOGIA DEL BANCO DEL MUTUO SOCCORSO by Jankadjstrummer

DA QUI, MESSERE, SI DOMINA LA VALLE………

LA STRAORDINARIA TRILOGIA DEL  BANCO DEL MUTUO SOCCORSO

Il Banco del Mutuo Soccorso è una delle formazioni di punta del rock progressive italiano, di quelli che hanno lasciato un segno tangibile nella  storia della musica pop italiana. Voglio ripercorrere con voi un periodo lontano della band che va dal 1972 al 1974  in cui Il Banco era all’apice della ispirazione e fece uscire 3 LP’s  che si possono tranquillamente definire dei piccoli capolavori del progressive italiano che proprio in quel periodo cominciava a prendere forma e ad affermarsi. Lo stile del gruppo è estremamente originale incentrato sul pianoforte classico di Gianni Nocenzi e sui suoni elettrici del fratello Vittorio e con la stupenda voce quasi tenorile di “ big” Francesco Di Giacomo, autore dei testi più belli e impegnati del prog italiano.

Banco del mutuo soccorso  (1)    (1972)
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Il disco è conosciuto come quello del “salvadanaio” , è il loro disco d’esordio e rappresenta in maniera chiara il percorso e lo stile che il gruppo vuole imprimere alla loro musica. L’introduzione è in perfetto stile medievale, Francesco di Giacomo immagina Astolfo che accompagnato dal fido scudiero e su un sottofondo musicale etereo apre pronunciando le celebri frasi “Da qui messere si domina la valle ciò che si vede, è, ma se l’imago è scarno al vostro occhio scendiamo a mirarla da più in basso e planeremo in un galoppo alato entro il cratere dove gorgoglia il tempo”; a  questo punto parte la prima suite  “R.I.P. – Requiscant in pace” una cavalcata rock in perfetto stile anni ’70 , un attacco deciso che crea tensione, c’è la descrizione della battaglia vista dagli occhi di un soldato che poi viene pugnalato “ cavalli,corpi e lancia rotte si tingono di rosso, lamenti di persone che muoiono da sole senza un Cristo che sia là “ puro lirismo ma senza nessuna retorica, la morte che avvolge tutto e che  resta nella mente del soldato  costretto ad uccidere senza saperne la vera ragione, la musica diventa quasi violenta nel suo incalzare ed anche il testo è più crudo e rabbioso fino all’ultima strofa prima che la musica si plachi e diventa più mesta,  parte la lunga e struggente voce di Di Giacomo accompagnata dal solo pianoforte, la battaglia è finita, è persa, il soldato è li  esanime e Di Giacomo riflette  sul tema della morte, bellissima l’immagine del vento che si siede e lo sguardo del soldato perso nel vuoto verso l’infinito nel vano tentativo di aggrapparsi alla vita (“e tu no, non scaglierai mai più/la tua lancia per ferire l’orizzonte/per spingerti al di là/per scoprire ciò che solo Iddio sa”).Già in un’altra occasione ho detto che la poesia del brano rappresenta uno dei più alti esempi di canzone  contro la guerra e che mi ha ricordato il magnifico affresco della “ Battaglia di Anghiari” di Leonardo da Vinci in palazzo Vecchio a Firenze, è uno dei brani che più preferisco del Banco.  Poi altre due suite prettamente strumentali “Metamorfosi” e “Passaggio” che traghettano verso la magnifica “Il giardino del mago”, qui c’è una bella metafora ambientata in un mondo fantastico, narra di un uomo che volendo fuggire dal mondo ormai crudele si rifugia  nel giardino di un mago potentissimo in cui poi  rimane intrappolato, un luogo in cui non valgono le leggi umane, un mondo sospeso dove la natura e il genere umano vivono in perfetta armonia. Di Giacomo si perde in questo mondo strano ma perfetto e non tornerà più alla realtà governata dai forti. “Coi capelli sciolti al vento/io dirigo il tempo/il mio tempo/là negli spazi dove morte non ha domini/dove l’amore varca i confini/e il servo balla con il re/corona senza vanità/eterna è la strada che va”). Dopo questa lunga suite il disco si chiude con “Traccia” un lieve divertissement tutto strumentale.

Tracklist:

  1. In volo
  2. R.I.P. Requiescant in pace
  3. Metamorfosi
  4. Passaggio
  5. Il giardino del mago
  6. Traccia

Darwin(1972)
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Sempre nel 1972 ritornano in sala di registrazione e sfornano un ambizioso concept album sulla teoria evoluzionistica: “Darwin!”, E’ la storia della vita sulla terra dall’ipotetico giorno in cui prese vita spontaneamente (Ah la madre è pronta partorirà/già inarca il grembo/vuole un figlio e lo avrà/figlio di terra e di elettricità.) fino al momento dell’ Apocalisse (Ed ora io domando tempo al Tempo ed egli mi risponde… non ne ho!) quando il destino schernisce  gli inutili sforzi dell’uomo per sottrarsi al suo destino (“Gloria a Babele/rida la Sfinge ancora per millenni/si fabbrichi nel cielo fino a Sirio/schiumino i cavalli sulla Via Lattea/ma…/Quanta vita ha ancora il tuo intelletto/se dietro a te scompare la tua razza?”). In quel periodo Darwin e la teoria dell’evoluzione non erano ancora entrati nel sapere e nella cultura di massa: ricordo che  nei libri di scienze delle scuole solo in poche righe veniva espressa la teoria dell’evoluzionismo darwiniano e il disco fu per me un motivo di approfondimento. Di Giacomo ha usato questa  teoria come una metafora per far riflettere sull’uomo, la sua storia, le sue debolezze, la voglia di fuggire ma  anche di socializzare, l’amore irraggiungibile, il senso dell’inesorabile correre del tempo. Il disco  è musicalmente vario e molto colorato, particolarissimi sono i ritmi e le variazioni della melodia, una ricchezza di suoni su cui nei primi anno ’70 era raro imbattersi, non c’era ancora il largo uso dell’elettronica per cui era necessario tirare fuori il pathos, l’anima per riuscire a fare musica straordinaria. E poi c’erano i momenti di intenso lirismo descrittivo, si riescono a vedere limpide immagini di “informi esseri che il mare vomita sospinti a cumuli su spiagge putride” così come si riesce a sentire l’urlo che “rintrona e sale fino ai vulcani” dell’uomo che, conquistata la posizione eretta, ha una visione del mondo eccezionalmente ampia. Una musica dalle atmosfere primordiali con suoni acerbi ma intensi che la voce e i testi di Francesco Di Giacomo esalta, testi che sembrano bozzetti di acquerelli tanto belli e veri che sembra di vedere la narrazione. Il terzo brano “La danza dei grandi rettili”, è un bellissimo intermezzo musicale prima di proseguire in un turbinio di emozioni con la quarta canzone “Cento mani,cento occhi” in cui l’uomo sente il bisogno di unirsi ai suoi simili per  proteggersi e condividere il cibo, sono le prime comunità di umani, da notare i cori e le voci polifonici che imprimono potenza;. “750000 anni fa…l’amore?” è una struggente canzone d’amore in cui il protagonista è un ominide tanto timido che la paura di palesarsi prevale sulla voglia di possedere il corpo dell’amata, lasciando spazio a fantasie e frustrazione. Poi c’è  “Miserere alla storia” in cui l’uomo rimane solo e non ha la possibilità far continuare la sua razza; l’album si chiude con “Ed ora io domando tempo al tempo (ed egli mi risponde:non ne ho!)”, canzone in cui viene affrontato il tema della morte, vissuta con rabbia e dolore. “Darwin!”, nonostante sia un album fondamentale ha qualche momento di debolezza specie se viene messo a confronto col disco d’esordio.

Tracklist:

1 L’evoluzione

2 La conquista della posizione eretta

3 La danza dei grandi rettili

4 Cento mani, cento occhi

5 750000 anni fa…l’amore?

6 Misere alla storia

7 Ed ora io domando tempo al tempo (ed egli mi risponde: non ne ho!)
Io sono nato libero (1973)

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Con questo disco ritornano alle sonorità del primo album con risultati eccellenti in particolare negli arrangiamenti delle chitarre acustiche e del pianoforte oltre che l’uso massiccio del sintetizzatore di Vittorio Nocenzi che diventa il loro segno distintivo e la voce perfetta e maestosa del over-size Francesco di Giacomo che si conferma interprete e paroliere di raffinata maestria forse la migliore voce nel panorama del rock nostrano.  Qui non si può parlare di concept-album anche se tutti i brani hanno come filo conduttore la ricerca della libertà nelle sue varie forme. L’album si apre con una lunga suite “Canto nomade di un prigioniero politico” che è il loro capolavoro, 15 minuti di progressive ad altissimi livelli, liriche di denuncia politica, che raccontano la disperazione  di un condannato che aspetta l’esecuzione e che affida al suo canto una sorta di testamento ideologico (“Almeno tu che puoi fuggi via canto nomade / questa cella è piena della mia disperazione / tu che puoi non farti prendere. […] Voi condannate per comodità / ma la mia idea gia vi assalta. / Voi martoriate le mie sole carni / ma il mio cervello vive ancora”). E’ un inno malinconico alla libertà di pensiero, a coloro che decidono di seguire i propri ideali senza compromessi e ne pagano le conseguenze.  Una tema universale sempre attuale che viene trattato senza troppi isterismi perché nasce dalla consapevolezza della miseria dei giudicanti e dalla volontà di riaffermare le proprie idee. La sofferenza del prigioniero è una forte ispirazione ad inventare soluzioni sonore veramente nuove in quel periodo: i tenui assoli di pianoforte che si intrecciano al sintetizzatore, chitarre acustiche che duettano con percussioni quasi tribali, divagazioni di tastiere che fanno da base alle stupende qualità canore di Di Giacomo sono gli ingredienti di uno dei brani più riusciti del rock italiano. Poi c’è il brano più famoso del Banco “Non mi rompete” una struggente ballata sorretta da doppie chitarre acustiche in cui viene rivendicato il diritto di avere dei sogni , il ritmo tenue quasi allegro del brano è un momento di rilassatezza prima del brano più ostico e surreale del disco:  La città sottile. Si descrive una città città-fantasma dove tutto è senza senso e gli abitanti ne sono ingabbiati. Un brano difficile, sia per i contenuti che per l’impostazione musicale, caratterizzata dalla esclusività del suono del pianoforte e da versi onirici ai limiti del non-sense. Il disco prosegue con “Dopo… niente è più lo stesso” , un’altra traccia di riflessione, questa volta sull’inutilità della guerra che, anche quando finisce, lascia ferite indelebili in coloro che hanno combattuto e sono sopravvissuti. Racconta del dramma di un soldato che ritorna al suo paese, un accenno a Stalingrado,  trova la sua terra ridotta a rovine, ma con la sua gente pronta a ricominciare.  il ritorno del combattente,invece,  è tragico , non riesce a festeggiare la fine della guerra, non riesce a tornare quello di prima è un guscio vuoto senza sentimenti se non quelli di maledire coloro che lo hanno costretto ad imbarcarsi in una guerra che non gli apparteneva. (“Lingue gonfie pance piene / non parlatemi di libertà / voi chiamate giusta guerra/ciò che io stramaledico”) La voce di Di Giacomo, ancora una volta, riesce ad esprimere il senso di sofferenza di colui che ha perso la propria individualità, la musica segue passo dopo passo la storia, suoni tristi per rimarcare l’inquietudine e suoni giocosi per descrivere i festeggiamenti per la fine della guerra. L’ultimo brano, Traccia II,  è uno strumentale, ed è il seguito ideale del brano contenuto nel primo album,  ritmo vorticoso ed in continuo crescendo fino alla conclusione epica nel giro di tre minuti. Epilogo, dunque glorioso, di un grande album.Con ogni probabilità il Banco ha raggiunto con questo album l’apice della sua capacità compositiva: dopo i primi tre capolavori, infatti, continuerà con delle produzioni buone ma non certamente all’altezza delle precedenti sino alla fine degli anni Settanta. Il decennio successivo sarà caratterizzato da una ricerca di sonorità più orecchiabili e da un generale abbandono dell’impostazione progressive.

Tracklist:

  1. Canto nomade per un prigioniero politico
  2. Non mi rompete –
  3. La città sottile –
  4. Dopo… niente è più lo stesso
  5. Traccia II Vostro
  6.                                                      JANKADJSTRUMMER

Formazione:

Vittorio Nocenzi – organo, clarino, voce

Gianni Nocenzi – pianoforte, clarinetto piccolo mib, voce

Marcello Todaro – chitarra elettrica, chitarra acustica, voce

Renato D’Angelo – basso elettrico

Pierluigi Calderoni – batteria

Francesco Di Giacomo – voce

Rodolfo Maltese – chitarra acustica

 

DA QUI, MESSERE, SI DOMINA LA VALLE……… LA STRAORDINARIA TRILOGIA DEL BANCO DEL MUTUO SOCCORSO by Jankadjstrummerultima modifica: 2020-05-17T19:57:24+02:00da giancarlopellegrino