PATTI SMITH – SETTEMBRE 1979 LA SACERDOTESSA DEL ROCK IN CONCERT – Jankadjstrummer

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“Gesù è morto per i peccati di qualcuno, ma non per i miei” dal brano GLORIA album HORSES.

Qualche anno fa Patti Smith era a Firenze all’inaugurazione di una mostra fotografica retrospettiva, peraltro bellissima, dedicata a  Robert Mapplethorpe suo primo compagno, morto di AIDS negli anni ’80, in quell’occasione rilasciò una intervista in cui senza troppi preamboli definì Firenze la sua Woodstock, lei, affascinante icona del rock, vestita con una giacca di pelle da uomo, capelli in disordine, con un sorriso sornione ma  sincero. Si riferiva al concerto fiorentino di 40 anni fa, il più importante della sua carriera, che ha avuto lo stesso valore di Woodstock, quella sera – disse – io e le migliaia di persone presenti abbiamo vissuto il rock come espressione di libertà, come affermazione di se stessi. Fu un gigantesco e corale “ io ci sono”. Anche io, con una miriade di amici, ero allo Stadio Comunale, parto dalla “mia” cronaca, dal modo in cui ho vissuto l’avvenimento e come sono stato segnato dalla sua musica. Un’avventura personale che ha coinciso con quella di migliaia di giovani  ora adulti, almeno anagraficamente, perché Patti Smith è uno dei pochi nomi del rock che può veramente vantarsi di aver inciso sulla storia e sul costume del nostro paese. Era settembre del ’79 i giornali annunciarono il mini tour di Patti Smith con un alone di mito, ricordo i giornali di sinistra Lotta Continua e il Manifesto uscirono con due paginoni interni in cui si parlava di poesia e rock e si beatificava la sacerdotessa del rock,  questo contribuì a fare crescere l’interesse di tantissimi ragazzi che facevano ben sperare in un nuovo inizio, nonostante la consapevolezza del mondo ormai cambiato, della situazione politica e sociale Italiana ormai deteriorata, dove il terrorismo, la morte di Moro, i movimenti allo sbando, gli ideali di libertà erano ormai svaniti. A questo  richiamo rispose  Firenze, con un bagno di folla, in nome del rock, un bagno di folla che avrebbe dovuto spazzare vie le scorie negative di una generazione, ma che segnò invece, l’inevitabile declino. Il mio approccio con la cantante-poetessa fu l’ascolto di una versione di Hey Joe che trovai in una compilation di musica pre–punk americana nel 1977 e poi l’ascolto in radio di una grande cover di Gloria dei Them di Van Morrison. La mia curiosità ha fatto il resto, l’acquisto dell’album Horses in un negozio di Firenze di dischi usati dietro il Duomo, un libro di  poesie, poi aver letto sulle mie riviste di musica rock , di cui ero un forte consumatore, che i suoi ispiratori erano  Arthur Rimbaud, Pierpaolo Pasolini e William Burroughs, personaggi, per me, intellettualmente molto affascinanti e straordinari. Era una ventata di novità e di interesse, Patti Smith incarnava la migliore tradizione del rock ribelle che ritornava a farsi sentire. Non aveva nessuna tecnica ma dotata di una voce straordinaria, era al tempo stesso profeta ma contraddittoria nelle sue esternazioni, quello che si può definire una artista “ americana “ priva quindi del rigore intellettuale e politico che in quegli anni era dominante. Entrammo allo stadio dopo aver costituito una comitiva di amici, una trentina di  persone, tutti studenti universitari provenienti da più sedi, tutti molto eccitati e pieni di entusiasmo, ci eravamo organizzati per dormire quella notte, a casa di una nostro amica, almeno 15 persone in 2 stanze, ma era bello così!  Sul prato sotto un sole ancora cocente eravamo già più di trentamila,gli spalti già pieni, era chiaro che, questa volta non era un concerto di musica e di divertimento ma c’era una febbrile attesa su quello che avrebbe detto la nostra sacerdotessa, che sermone ci avrebbe recitato. Il concerto iniziò all’imbrunire, era settembre, la musica potente, la sua voce che fendeva l’aria, eravamo un po’ lontani dal palco ma riuscivamo a vedere lei che si contorceva, ricordo il suo corpo accovacciato con le mani che impugnavano il microfono con aria di sfida, sotto il palco un gran fermento, fischi e lanci di ogni cosa, il popolo del rock non gradì affatto la bandiera americana tesa sul palco, né la voce di sottofondo del papa buono Albino Luciani trasmessa in uno stadio accaldato, lei che arringava la massa umana intimando un “ seduti” che non arrivava mai, la gente avrebbe voluto sentire ben altro, una incitazione, una proposta, una utopia, parole di rivoluzione, avrebbe voluto sentire che la forza della poesia e del rock che nasce dal ritmo dei neri importati dall’Africa con il sangue e la sofferenza, si trasformano in rock’n’roll e lotta. Anche io rimasi un po’deluso, anche se appagato dalla musica, perché i discorsi tra un brano e l’altro puntualmente tradotti in simultanea da una ragazza australiana con noi al concerto, non andavano nella direzione da me sperata, tuttavia  la serata fu splendida e la compagnia era quella giusta.  A distanza di 35 anni ho rivisto un suo concerto al Sashall, tutta un’altra atmosfera, tanti capelli grigi, un po’ di nostalgia, ma molta buona musica per le mie orecchie specie nella riproposizione di brani di rock classico riletti da Patti Smith con la sua inconfondibile originalità nell’ album Twelve del 2007, fino alla apoteosi di Because the night e People have the power.

JANKADJSTRUMMER

DISCOGRAFIA ESSENZIALE
Twelve  ( 2007)

Gung-Ho (2000)
Gone again (1996)
Dream of life (1988)
Wave (1979)
Easter (1978)
Radio Ethiopia (1976)
Horses (1975)

Non ci sono video di quella notte, c’è però questo spezzone del concerto di Bologna sempre del settembre 1979, la scaletta era simile ma non c’è la magia, il clima e il pathos del concerto di Firenze.

PATTI SMITH – SETTEMBRE 1979 LA SACERDOTESSA DEL ROCK IN CONCERT – Jankadjstrummerultima modifica: 2020-05-23T17:04:46+02:00da giancarlopellegrino