La Catalogna é riuscita, nonostante tutte le azioni poste in atto dal governo centrale per impedirlo, a far svolgere il referendum indetto per accertare la reale volontà della sua popolazione di conseguire l’indipendenza dalla Spagna. Lo spoglio delle schede ha dato una percentuale di votanti del 41% ed una favorevole alla secessione superiore al 90%, non c’é da meravigliarsi: é la coerente manifestazione di un secolare desiderio dei catalani tradizionalisti, tramandatosi di generazione in generazione nonostante il progressivo e totale mutare delle condizioni ambientali, economiche e politiche.
Ora, tralasciando tutte le questioni di carattere giuridico che indubbiamente si pongono, e guardando al solo aspetto politico si possono azzardare due ipotesi: l’una che il risultato del referendum sia considerato un semplice sondaggio sulla vitalità della identità catalana, l’altra che, nonostante tutti gli ostacoli derivanti dalla sua storia plurisecolare e dalle norme costituzionali spagnole, la Catalogna riesca effettivamente a costituirsi come Stato indipendente e sovrano.
In tale ultima evenienza la Catalogna per poter far parte dell’Unione europea dovrebbe percorrere tutto l’iter previsto allo scopo, dalla domanda di ammissione fino all’inclusione tra i paesi aderenti e c’é da dubitare che nel tempo necessario al compimento della procedura essa possa conservare, in questo mondo di giganti, quella migliore condizione economica la cui (egoistica) difesa può essere considerato l’unico valido motivo della consultazione elettorale effettuata, tenuto conto che l’autonomia di cui ora gode ha reso inattuali gli altri aspetti peculiari della sua diversità.
Ciò che deve preoccupare maggiormente é che il referendum catalano rappresenta uno dei tanti fenomeni di localismo che si vanno manifestando in vari paesi del vecchio mondo, sia attraverso l’affermazione in sede elettorale di movimenti nazionalisti, sia attraverso la promozione di referendum che, se non chiedono l’indipendenza di alcuni territori, hanno in comune con il primo la motivazione economica di fondo, cioè la stabilizzazione e la conservazione in loco della ricchezza economica spesso storicamente conseguita con il contributo di più ampie fasce della collettività statuale: é certamente questo il caso dei referendum proposti in Lombardia ed in Veneto.
Appare evidente che l’Unione europea, se vuole avere un futuro come patria dei popoli che la compongono, deve abbandonare le sue sovrastrutture burocratiche ed anche tanti accesi nazionalismi per occuparsi e promuovere realmente il benessere dei suoi abitanti, ciò forse le consentirebbe di continuare ad avere ancora quella posizione centrale che per tanti secoli ha avuto nella storia.
Caro Amico, buongiorno. Condivido in pieno il Tuo intervento. Ora che scrivo è ormai noto che il governo di Madrid ha deciso di mandare in campo l’esercito. Questa decisione a me lascia dell’amaro in bocca. Ho sempre sostenuto che l’esercito è nato dall’esigenza della Comunità di difendersi dalle aggressioni esterne, anche se nel tempo le istituzioni hanno attribuito all’esercito anche ulteriori compiti (come, ad es., quello molto apprezzato della protezione civile in caso di calamità nazionali). Ho sempre, però, escluso, sul piano teorico, l’impiego dell’esercito contro il Popolo nel regime democratico. E’ proprio questo regime di governo, infatti, che è incompatibile con l’uso dell’esercito nei confronti del sovrano (il Popolo). Mi si dirà: ma la Spagna ha un Re. E’ una monarchia costituzionale (o parlamentare). E’ vero, tuttavia la Costituzione attribuisce comunque al Popolo la sovranità. Io credo molto nell’Unità; è un principio ma anche un valore, ma penso che debba essere sempre condiviso. E affinchè questo accada è necessario lavorare costantemente. La condivisione è come un fiore che necessita di essere annaffiato tutti i giorni. E’ come la vita di coppia, e quella familiare. Perchè la moglie si separa dal marito o questo dalla moglie ? avviene tutto per caso o ci sono sempre delle responsabilità ? E se ci sono delle responsabilità (o colpe) bisogna avere l’onestà di riconoscerlo, e non fare ricorso alla violenza, alla forza, come ora vuole fare il governo di Madrid. La violenza, per me, nei confronti dei cittadini non è mai sostanzialmente legittima, per quante leggi la prevedano e la consentano. Non esiste alcun potere democratico rappresentativo che sia depositario del potere di impiegare l’esercito contro il proprio rappresentato. E quando questo accade vuol dire che si è irrimediabilmente spezzato qualsiasi rapporto di rappresentanza (ma anche di fiducia nei titolari delle istituzioni).
Buongiorno amico mio, non posso che condividere pienamente il tuo pensiero e soprattutto la tua etica: perciò trovo che sarebbe sbagliato l’uso della forza messo in atto con l’intervento dell’esercito. Tuttavia, poichè nulla avviene senza la preventiva esistenza di una causa determinante (o resposabilità) ed ogni causa é a sua volta conseguenza di un’altra causa, occorrerebbe ricercare quelle che potrebbero essere considerate le originarie motivazioni del fenomeno di volta in volta in esame, tenendo altresì conto anche delle sue prevedibili conseguenze e della valutazione comparativa di entrambi gli aspetti con l’eliminazione realistica di quelle obsolete o solo apparenti. Nella circostanza non sembra che ciò sia stato fatto da entrambe le parti, perciò non si può che approvare l’invito al dialogo proveniente da varie parti, certamente più resposabili. Il mio pensiero a riguardo mi pare chiaro. Un caro saluto.
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Leggo ora che oltre quattro italiani su dieci sono favorevoli alla Catalogna indipendente! Non mi meraviglio: conosco infatti quel detto napoletano che causticamente descrive la funzione che assume la testa in certi uomini!
Caro Amico Buongiorno. Sono d’accordo con Te sulla necessità di ricercare le cause di una “rottura” politica (così come di qualunque altra causa che recide un rapporto). Ancor meglio, tuttavia, sarebbe ricercare il consenso giorno per giorno. Purtroppo gli istinti primordiali animano ancora le azioni degli esseri umani. Questo fa sì che gli uomini non possano ritenersi migliori delle altre specie viventi. Io non so se gli uomini abbiano o meno un compito speciale nella dinamica universale ma il fatto stesso di pensarlo (o che qualcuno lo pensi) potrebbe significare che sia così. Dalle caverne (o, meglio, dagli alberi) l’uomo ha cominciato un cammino, partendo dalle quattro zampe. E’ certamente conseguenza dell’evoluzione (così accontento i darwiniani) ma forse è anche strumentale alle esigenze della Natura (così sto sereno anch’io). L’homo sapiens, si dice, che cancellò le tracce dell’uomo di Neanderthal, ma poi si scopre che nel nostro DNA c’è tuttora la sua presenza a significare che “tutto si trasforma”. Un giorno, perciò, potrà scomparire anche quello che arbitrariamente abbiamo definito “sapiens” e tuttavia il suo passaggio nel corso del tempo sarà custodito dal sistema delle informazioni. Nulla “scompare”, perciò, ma tutto si trasforma, e in questa dinamica credo che il compito più importante sia quello della Cultura, intrisa di valori “spirituali”. Alcuni si preoccupano della sopravvivenza. Se mi fosse possibile dare la possibilità a tutti coloro che agiscono in tale prospettiva di vincere a tavolino la partita farei sparire tutti gli altri e lasciarei sopravvivere soltanto chi opera per la sua sopravvivenza. Vorrei, così, che prendesse atto – il sopravvissuto, ovvero l’unico sopravvissuto – che non gli resterebbe altro che contare le ore e i giorni in attesa della sua fine. L’Uomo senza i suoi simili, e senza la simbiosi con tutto il Creato (o l’esistente) non esiste, nè ha ragione di esistere. Il cammino non è solitario ma in compagnia, e questa è la grandezza della Natura, che tutto trasforma affinchè nessuno idolatri il suo corpo e le sue spoglie mortali. Un giorno nessuno si ricorderà più della Catalogna nè i nomi di chi è stato il presidente del consiglio italiano (e neppure del presidente della Repubblica). E allora ? dirai. Bisogna essere testimoni e missionari delle virtù perchè sono queste che miglioreranno lo spazio tempo, mentre i corpi (e le istituzioni)si disgregheranno per comporre nuove forme e materia sino alla notte dei tempi.
Carissimo innanzitutto buonasera, credo che non ci si debba meravigliare se l’uomo é ancora preda degli istinti primordiali ( o naturali?), in fondo é comparso da molto poco sulla terra, anche se prima di giungere al Neanderthal ed al Sapiens ha tentato di affermarsi come specie attraverso vari tentativi e forme di ominidi fino a raggiungere quelle mutazioni necessarie allo scopo. Circa la sua funzione non sono in grado di dire se é strumentale alle esigenze della natura, per la verità considerato il suo reale comportamento ne dubiterei fortemente, però é certo che continuerà a trasformarsi in conseguenza delle mutazioni ambientali, sempre che la sua sete di potere e di dominio non interverrà prima ad eliminarlo da questo pianeta come specie non riuscita. In quest’ultima ipotesi non ci sarà nessuno a ricordare ed anche se per caso dovesse affacciarsi alla ribalta della terra un nuovo essere intelligente probabilmente lo considererebbe come ora consideriamo i dinosauri. Affettuosi saluti.
Caro Amico, buongiorno. Come non condividere la Tua analisi e conclusioni. Sinceramente sono in uno stato psicofisico in cui mi è indifferente la storia della specie. Credo, forse con illusione, che io sia parte del Tutto, per cui non mi posso più preoccupare della sorte e delle scelte di una parte (misera, peraltro). Tuttavia a volte avverto anche l’esigenza di dare qualche spunto per organizzare la Comunità su basi egualitarie. Su queste, infatti, punto l’attenzione e sulla base di esse analizzo anche il fenomeno della Catalogna (e anche dell’Italia del domani). La domanda alla quale credo che occorra dare la risposta non è quella di chiedesi se restare Uniti o dividersi ma perchè restare Uniti. Se la risposta è quella di continuare a far sì che i ricchi siano sempre più ricchi e i poveri sempre più depredati, umiliati e offesi, ossia schiavizzati, io non esiterei a dire di no!
Buonasera amico mio, cercherò di dare una risposta alla tua domanda sulle ragioni del perché restare uniti: ho già avuto occasione di esprimere la mia opinione sulla globalizzazione come sistema economico in grado di accrescere la ricchezza complessiva dell’umanità, ma con il grave difetto della sua iniqua distribuzione tra ricchi sempre più ricchi e masse enormi di poveri sempre più poveri e, come tu dici, schiavizzati. L’ alternativa sarebbe il ritorno alle barriere doganali tra gli Stati ed ai mercati chiusi: in tal caso però la ricchezza prodotta sarebbe mal ripartita tra i vari paesi in conseguenza del diverso peso in ciascuno di essi dei fattori della produzione, anche se, come in passato, in alcuni si potrebbe verificare una più equa distribuzione delle disponibilità economiche. In conclusione la giusta divisione dei mezzi di sussistenza disponibili tra tutti i componenti di una comunità, piccola, grande od addirittura planetaria, non dipende dalle leggi economiche, ma dalle concezioni etiche dei singoli e dei popoli. Quanto queste siano elevate al momento lo si può desumere dalle ragioni della decisione del ritorno al carbone da parte degli USA e dagli atteggiamenti bellicosi ed anche belligeranti che da più parti pervadono il mondo. Affettuosi saluti.