Le fonti ufficiali affermano che durante il 2016 sono sbarcati nei porti italiani 181.000 migranti e che nel corrente anno si prevedono oltre 250.000 nuovi arrivi. Il fenomeno é tale da meritare qualche riflessione, a questo scopo occorre tenere presente che:
1.) Il diritto della navigazione stabilisce che in acque internazionali su ogni nave vige la legislazione dello Stato di appartenenza in quanto lo scafo é considerato parte del suo territorio;
2.) La Convenzione di Montego Bay all’art. 98 stabilisce l’obbligo per ogni natante di assistenza e salvataggio di persone in difficoltà e di sbarco delle medesime nel porto sicuro più vicino o meno distante dalla rotta della nave soccorritrice;
3.)Il Trattato di Dublino prevede che il migrante che fugge da guerre o persecuzioni per motivi politici o religiosi possa chiedere asilo politico solo nel primo paese ospitante, il quale, in base al Dublino III, rimane competente a decidere sulla richiesta.
Sulla scorta di detti principi ci si può chiedere innanzitutto se l’obbligo di salvataggio permane anche nei confronti di coloro che scientemente si pongono in condizioni di pericolo, posto che tale evenienza é stata ormai accertata.
Una volta risolto positivamente il suddetto quesito sorge spontanea la successiva domanda: se il migrante, come sopra qualificato, può chiedere asilo politico solo nel primo paese ospitante e questo é quello cui appartiene la nave, a quale titolo tutti i “naufraghi” vengono sbarcati nei porti italiani, posto che molte delle navi interessate non sono italiane? E’ certo, ad esempio, che ciò si é verificato con navi norvegesi, maltesi e addirittura battenti bandiera del Belize. Ed in ogni caso, se le imbarcazioni che procedono al soccorso in mare delle persone in difficoltà debbono sbarcarle nel porto sicuro più vicino, per quale motivo ciò non avviene nel porto di Tripoli, dove risiede il Consiglio di presidenza riconosciuto dall’ONU, od in quelli della Tunisia od a Malta che, a seconda dei punti di partenza, sono certamente più vicini alle acque territoriali libiche?
Tuttavia la domanda più inquietante riguarda le nove ONG, di varia nazionalità, che con i loro natanti sembrano essere le più sollecite nelle operazioni di salvataggio: chi sono i loro titolari? quali sono i loro fini istituzionali? dove hanno sede? chi le finanzia? forse non é un caso che c’é già qualche indagine avviata nei loro confronti!
Ora, fermo rimanendo che i dubbi sopra esposti meriterebbero un esame più approfondito, la verità sostanziale é che é in atto una migrazione di massa, costituita soprattutto da soggetti non aventi titolo al diritto di asilo, la quale certamente provocherà notevoli trasformazioni delle condizioni, delle abitudini e dell’etica delle società che ne saranno maggiormente investite.
Se infatti si guarda a ciò che é successo in passato nei luoghi in cui i nuovi arrivi non sono stati respinti ed hanno avuto modo di inserirsi stabilmente, ci si rende conto che ovunque essi hanno finito per affermare gli aspetti tipici della propria civiltà, della propria cultura e della propria morale: ne sono esempio chiarissimo la mancata integrazione delle seconde e terze generazioni anche in paesi come quelli scandinavi, la conservazione delle loro tradizioni nei modi di vestire, il voto dei turchi in Germania nettamente favorevole al presidenzialismo proposto da Erdogan e, non ultimi, i recenti episodi verificatisi in Italia di violenze su delle adolescenti desiderose soltanto di non distinguersi dalle loro coetanee indigene.
Qualcuno potrebbe credere che i sintomi sopra detti siano solo inutili allarmismi: in tal caso é invitato a leggere “L’ultimo Natale”, racconto inserito nel volume “Zeus e altri racconti” dello storico Valerio Massimo Manfredi.
Caro Amico, anzitutto buongiorno. La Tua analisi è come sempre precisa e puntuale. I problemi che evidenzi sono di una chiarezza unica. Così anche la premessa giuridica. Un quadro normativo, a quanto pare, di facile guida, e tuttavia sistematicamente derogato. Sulle ONG, poi, evidenzi bene la notizia delle indagini in corso, in ordine al “mercato degli schiavi”. E anche la fallita integrazione dei migranti di seconda (o terza) generazione nei Paesi europei è un dato inconfutabile. Non colgo, tuttavia, dalla Tua riflessione alcuna soluzione. Nè, ad essere sincero, sono in grado di proporla io. E questo mi porta a ritenere che neppure le cosiddette autorità di governo siano in grado di fare fronte al grave problema delle migrazioni “bibliche”. Voglio, tuttavia, azzardare una riflessione, ma molto libera e senza rete. Per farlo voglio immaginare; si proprio usare la fantasia, per fare un salto nella storia, perchè forse in questo modo potrei trovare qualche appiglio. Ebbene, se le masse umane che oggi si stanno muovendo si fossero spostate un paio di millenni addietro, come sarebbero state viste ? Come un’invasione ? uno stato di guerra ? L’obiezione, però, qui sarebbe facile: non sono armati. Ma neppure noi li stiamo accogliendo con le armi. Il tutto, perciò, avviene in un clima, o contesto, di Pace; di bene universale, anche se univoco, unidirezionale. Un amico mi ricorda spesso che per stare in “pace” occorre essere d’accordo in due, perchè se uno vuole la guerra non importa che l’altra parte desideri la pace. Ma questa presuppone che entrambi abbiano interesse, in qualche modo, ad evitare la guerra. E allora mi viene da pensare a Socrate che domandava a Glaucone, a proposito dello Stato “rigonfio di lusso” che non si accontenta di garantire ai cittadini i soli beni necessari,<>. Chiarisco meglio il mio esempio: il nostro benessere (eccessivo, se penso al consumo dei beni per il solo fine del consumo)ci costringe a depredare gli altri popoli, i quali, forse, farebbero lo stesso, se ne avessero l’occasione. Tali sfruttamenti di risorse e colonizzazioni creano le premesse per le guerre, e le migrazioni ne sono una versione apparentemente incruenta. Per ridurre il fenomeno, perciò, bisognerebbe organizzare le proprie economie rinunciando allo sfruttamento degli altri popoli. Ma siamo disposti a farlo ?
Buongiorno carissimo, ti ringrazio per il “bravo 7+” che mi hai assegnato, pur rilevando la mia mancata risposta alla domanda più importante: la soluzione del grave problema! Ma le soluzioni le trova la storia, intesa come divenire. La Storia, intesa nell’accezione di scienza, ne suggerirebbe una sola: “la guerra”, indifferentemente vincente o perdente, nè conterebbe se l’invasore fosse armato, o meno; peraltro le armi sono spesso non convenzionali e tale é il facilissimo spostamento dei capitali, con cui sono stati invasi soprattutto i paesi africani, costringendone la popolazione ad emigrare per fame. Se gli attuali indirizzi economici non cambieranno (cosa difficile da prevedere) avremo certamente a lungo termine uno slittamento verso la povertà di una massa progressiva della popolazione mondiale, ma non solo quello, perché il terrorismo e le cruente manifestazioni di massa si moltiplicheranno e trasformeranno le varie società territoriali in maniere e forme oggi non prevedibili. Io non sono in grado di stabilire se il racconto di Valerio Massimo Manfredi é solo un’iperbole! Cordiali saluti.
complimenti per l’analisi è un onore essere considerato un tuo amico. Non ho nulla da aggiungere a quello che tu brillantemente hai esposto , ho solo da “apprendere” con amarezza quello che condivido appieno . PROSIT
Buonasera egregio, ringrazio per i complimenti e per l’amicizia, ovviamente la mia opinione potrà avvicinarsi alla verità quanto più sarà condivisa! Saluti.