Un tempo migliore

un tempo migliore

 

VENERDÌ 04 NOVEMBRE 2022

SAN CARLO BORROMEO, VESCOVO – MEMORIA

LITURGIA DELLA PAROLA       (clicca qui)

Prima lettura: Fil 3,17-4,1

Salmo: Sal 121 (122)

Vangelo: Lc 16,1-8

 

Un Vangelo molto “terreno” ci viene proposto oggi, un uomo che cerca di cavarsela con astuzia, per non rimanere senza nulla quando il padrone lo manderà via. Non c’è una spiegazione da parte di Gesù su questa parabola, né quale fosse la sua intenzione nel dirla, sappiamo solo che è rivolta ai suoi discepoli.

Dopo averlo ascoltato, i suoi discepoli si saranno chiesti cosa poteva dire a loro e a noi cosa può dirci?

A volte è più facile condonare il debito di un altro che il nostro. Dovremo chiederci in tutta onestà, se dinanzi ad un insuccesso o a qualcosa che non ci va bene, ci mettiamo in gioco cercando di capire dove abbiamo sbagliato, oppure siamo talmente duri con noi stessi da non darci spazio per agire diversamente e se tale atteggiamento lo riversiamo verso gli altri.

Gesù ci da sempre la possibilità per imparare da quell’errore e se anche quell’azione non è andata a buon fine, forse ha sempre un insegnamento da portare.

Quell’uomo della parabola non si è pianto addosso, ma guardandosi come in un specchio, ha dato nome a ciò che aveva dentro, alla sua vergogna, alla sua difficoltà e ha cercato di risolverla. Forse è per questo che il brano del Vangelo termina con una frase insolita: “il padrone lodó l’amministratore disonesto”. Sembra un controsenso, invece no, perché forse anche noi, suoi discepoli, figli della luce, dovremmo avere il coraggio di guardarci per quello che siamo e fare un passo in più rispetto all’amministratore del testo: metterci nelle mani di Dio.

Spesso è più facile stare fermi in quel che si conosce, anche se fa male o faticoso, che camminare lì dove non si sa. Eppure oggi il Signore non ci chiede di cambiare noi stessi, ma il modo di pensare. Anziché dire ciò che non va, chiedersi: cosa di tutto questo possiamo fare per migliorare e farci trasfigurare da Colui che già ci conosce ed è consapevole delle nostre potenzialità.

E per quanto a volte ci sembra di non farcela, con Lui abbiamo la forza per fare in modo che il meglio debba ancora venire.

“Signore,

a volte è difficile dire a me stesso come sono,

soprattutto quando vorrei essere diverso.

Sono qui davanti a Te con tutti i miei sbagli

e nonostante non sia facile,

oggi voglio guardarli con Te

per ricominciare.

Desidero essere quella luce che Tu in me vedi

oltre al mio peccato,

affinché la Tua fiducia in me, possa avere finalmente vita

ed io sappia ritrovare quella parte buona ancora nascosta,

messa da parte per un tempo migliore

e quel tempo è adesso”.

(Shekinaheart Eremo del Cuore)

 

 

 

Sentirci piccoli

sentirci piccoli

 

26 SETTEMBRE 2022

LUNEDÌ DELLA XXVI SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO PARI)

LITURGIA DELLA PAROLA   (clicca qui)

Prima lettura: Gb 1,6-22

Salmo: Sal 16 (17)

Vangelo: Lc 9,46-50

Gesù molte volte parla della piccolezza, oggi mette in mezzo un bambino per spiegare ai suoi, qual’è la vera grandezza. Spesso, può essere capitato anche a noi, di sentirci piccoli in mezzo a delle situazioni più grandi, ed è proprio in quella piccolezza che scopriamo quanto è grande il Signore!

Egli ci aiuta, ci sostiene, ci ama, ha cura di noi in maniera grande ed esponenziale. In fondo, anche i discepoli erano dei piccoli che volevano essere dei grandi, senza aver capito che è un’altra la vera grandezza.

Vuoi essere grande? Mettiti in mezzo da piccolo, non lottare per cercare posti alti e non temere la tua fragilità, perché agli occhi di Dio siamo grandemente amati e questo è già abbastanza, per cominciare a salire la scala alta della piccolezza!

“Signore,

donami il coraggio di essere piccolo,

non inferiore,

semplicemente piccolo,

capace dal basso

di vedere le tue cose grandi

per scoprirmi amato, voluto

e soprattutto grande agli occhi di un Padre,

che vede il Suo figlio crescere

nella strada della piccolezza”.

(Shekinaheart Eremo del Cuore)

 

 

E il mio cuore ha iniziato a conoscerti

 

E il mio cuore ha iniziato a conoscerti.

 

VENERDÌ 23 SETTEMBRE 2022

SAN PIO DA PIETRELCINA, PRESBITERO – MEMORIA

LITURGIA DELLA PAROLA   (clicca qui)

Prima lettura: Qo 3,1-11

Salmo: Sal 143 (144)

Vangelo: Lc 9,18-22

 

Il Vangelo di oggi ci presenta Gesù che domanda ai suoi discepoli chi Lui sia per le folle e poi per loro.

Noi in questo momento lasciamo da parte le definizioni teologiche e mettiamoci in preghiera, come ha fatto Gesù prima di porre la domanda; da qui cominciamo a capire qualcosa di chi sia il Signore. Non si tratta di una comprensione intellettuale, ma di entrare nell’ambito dell’esperienza della comunione con Lui e di Lui con noi.  In questa relazione lasciamoci interrogare, mettere in discussione  per cominciare a capire qualcosa dell’Altro e di me.

“Ma voi, chi dite che io sia?”. Chi è Lui per me? Quale novità rappresenta nella mia vita?

È in gioco il centro della fede, perché non abbiamo risposte scontate.

È Gesù che personalmente si rivolge a me, per chiedermi che cosa significa questo rapporto “Io-Tu”, cosa dice il mio cuore di Lui, della nostra esperienza.

La risposta esatta ce la indica Pietro: “Il Cristo di Dio”. Il Cristo è il Messia, colui che avrebbe compiuto tutte le promesse e i desideri dell’uomo, ma non come pensa l’uomo. Lui è il Messia povero, umile, servo di tutti, non domina, non ha ricchezze, vincerà il male con la croce, cioè con un amore che sa dare la vita per me e per tutti. Per Lui, il Dio della mia salvezza, possa anch’io esclamare come Giobbe: “ti conoscevo solo per sentito dire, ma ora i miei occhi ti hanno veduto” (Gb 42,5), e il mio cuore ha iniziato a conoscerti.

 

Come il suo maestro

 

come il suo maestro

 

09 SETTEMBRE 2022

VENERDÌ DELLA XXIII SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO PARI)

LITURGIA DELLA PAROLA    (clicca qui)

Prima lettura: 1Cor 9,16-19.22b-27

Salmo: Sal 83 (84)

Vangelo: Lc 6,39-42

 

“Un discepolo non è più del maestro; ma ognuno, che sia ben preparato, sarà come il suo maestro”.

Quello che fa la differenza è il “come”, ovvero simile, è un ricordare agli altri il Maestro, in fondo è far memoria prima a noi stessi che siamo fatti ad immagine e somiglianza di Dio.

Si, a volte siamo ciechi, a tratti sordi, ma non è il tutto di noi e il Signore lo sa. Possiamo sbagliare, perderci, sederci lungo il cammino e il Maestro ci sarà sempre per precederci e indicarci il “come”.

Affidiamoci a Lui, alla Sua Parola, perché è il nostro filo che ci tiene uniti a Dio e in cordata tra noi. Se non avessimo la parola, sarebbe difficile comunicare e noi ogni giorno abbiamo il dono di poter incontrare La Parola che si è fatta carne, in modo da non essere solo comunicabile con la voce, ma con tutto il corpo: occhi, gesti e soprattutto cuore.

Lasciamo che sia il Maestro a parlare nelle nostre vite, così che la nostra vita sia un parlare del Maestro. Questo sarà il vero miracolo: riconoscere che la nostra storia è all’interno di un progetto di Dio, già amata, redenta e soprattutto accolta in tutte le sue parti.

Il Vangelo è una storia buona da raccontare dove tra fatiche e inciampi, emerge l’amore di Dio più forte di ogni dolore, peccato o tradimento e come discepoli di Cristo, siamo chiamati a credere con il Maestro in noi e nella Sua possibilità.

“Signore,

chiamati da ogni parte,

veniamo a Te, cosi come siamo.

Siamo ciechi, sordi, malati

e Tu ci rendi guaritori feriti,

capaci di comprendere il Tuo Amore

e poterlo testimoniare agli altri.

Libera il nostro cuore dalla paura dell’errore

e dalla delusione del nostro peccato,

perché Tu sei un Dio di pietà e di pace

e nel Tuo cuore c’è posto anche per noi

senza dover attendere quando o come,

ma semplicemente, vivendo adesso”.

(Shekinaheart Eremo del Cuore)

 

 

 

 

Essere chiamati

 

essere chiamati

 

06 SETTEMBRE 2022

MARTEDÌ DELLA XXIII SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO PARI)

LITURGIA DELLA PAROLA   (clicca qui)

Prima lettura: 1Cor 6,1-11

Salmo: Sal 149

Vangelo: Lc 6,12-19

 

La chiamata dei dodici è preceduta da una notte in preghiera. Il nostro stare con Lui, nasce direttamente da una relazione con il Padre. Nella preghiera in un dialogo di amore, nasce il nostro essere chiamati a Gesù, è come se Dio avesse suggerito i nostri nomi e non dobbiamo dubitare di esserci, perché nel cuore di Dio ci siamo proprio tutti.

Cosa faremo per Lui, cosa diventeremo? Semplicemente noi stessi! Ai discepoli non vengono dati incarichi particolari, ma l’unica cosa che conta è riconoscerci lì anche noi, amati da Cristo, uniti con il Padre.

Non c’è storia d’amore più bella, ed è propria a partire da essa che le nostre relazioni, gli incontri, gli impegni quotidiani, acquistano forma e significato.

Il Signore ha scelto di chiamarci a sé perché ci ama e perché questo amore fosse la nostra forza in ogni circostanza. Quando ci sembra che dobbiamo fare necessariamente qualcosa o ci irrigidiamo per il nostro medesimo sbaglio, alziamo gli occhi al cielo, sentiamoci su quel monte semplicemente amati. Egli sapeva già tutto di noi e ci ha scelto accanto a sé, perché non siamo l’errore che commettiamo, non pretende da noi chissà che cosa, però ne spera solo una: riconoscerci da Lui amati, voluti e desiderati, e questo è già abbastanza.

“Signore,

davvero ami il Tuo popolo.

Se siamo tutti qui per ascoltare la Tua voce,

è grazie a questo amore.

Scopro che ci sono anch’io,

non sono uno spettatore che si immagina la scena,

hai chiamato anche me.

Cosa potrò darti? Cosa potrò fare?

Nulla, rispetto al dono che mi hai fatto.

Potrei solo dire, che nonostante il tempo passato

dinanzi a questo Vangelo, io già c’ero.

Prima di me, era già preparato un posto accanto a Te

e da oggi desidero annunciarlo!”

(Shekinaheart Eremo del Cuore)

 

 

 

Discepoli

Discepoli

 

DOMENICA 04 SETTEMBRE 2022

XXIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO C

LITURGIA DELLA PAROLA  (clicca qui)

Prima lettura: Sap 9,13-18

Salmo: Sal 89 (90)

Seconda lettura: Fm 9b-10.12-17

Vangelo: Lc 14,25-33

 

Colpisce sempre quando nel Vangelo si parla della sequela, e a tratti, a volte spaventa, perché sembra così radicale che viene da chiedersi: ma chi tra di noi potrà essere davvero discepolo?

Scegliere comporta sempre rinunciare a qualcosa, se sono in un posto non posso essere in un altro, tutta la nostra vita è fatta di piccole scelte e di consequenziali rinunce, solo che è così automatico da non stare troppo a pensarci.

Essere discepoli di Gesù, è vivere la normalità della nostra vita portando la croce, fatta di sacrifici, rinunce, sofferenze, dietro a Lui. Egli è il discepolo per eccellenza, che ha donato tutto se stesso spinto dall’Amore del Padre e dalla ferma convinzione che stando davanti a noi, avrebbe con la Sua croce trainato tutte le nostre, affinché potessimo trovare sollievo.

I discepoli non sono coloro che ”stringono” i denti, soffocati da sacrifici incomparabili, ma siamo noi quando facciamo spazio nella nostra vita a Cristo e ci lasciamo amare lì dove il vuoto, il peccato e la paura ci hanno reso fragili. Gesù è venuto proprio per noi, per darci sollievo e perché stare dietro a Lui sia la via dove poter finalmente posare il cuore, in un cuore più grande e affidarsi che d’ora in poi non saremo più soli.

Egli non ha mai rinunciato ad amarci anche in quelle occasioni in cui abbiamo fatto un passo indietro e ci siamo un po’ persi, siamo invitati non a rinunciare, ma a scegliere l’amore che darà forza e sollievo al nostro cuore e che Lui non ha mai smesso di donarci.

“Signore,

ti rendo lode per l’amore che mi dai,

perché quando il mio errore mi tiene lontano,

Tu mi sei accanto

e porti con me la mia croce.

Aiutami a credere che il Tuo cuore

è un posto dove io posso sempre andare

e non ci sarà mai nulla che mi separi da Te,

perché il Tuo amore è per sempre.

Grazie per non aver mai rinunciato a me,

e aver creduto nella mia vita da discepolo”.

(Shekinaheart Eremo del Cuore)

 

Un’ingiustizia

 

un'ingiustizia

 

30 LUGLIO 2022

SABATO DELLA XVII SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO PARI)

 

LITURGIA DELLA PAROLA     (clicca qui)

Prima lettura: Ger 26,11-16.24

Salmo: Sal 68 (69)

Vangelo: Mt 14,1-12

 

La prima cosa a venirci in mente dopo aver letto questo brano di Vangelo, e che è stata compiuta un’ingiustizia. Giovanni Battista muore, con lui si conclude l’era che aveva anticipato la venuta di Gesù. Quanto dolore avrà attraversato il cuore dei discepoli, come anche quello del Signore per l’accaduto.

Leggiamo nel testo, che i discepoli presero il cadavere, lo seppellirono e informarono Gesù; esso non è un dato irrilevante, dimostra una cura, una sacralità che trova il compimento proprio in Gesù. La Sua passione, morte e Risurrezione, daranno riscatto a tutte quelle ingiustizie compiute in terra prima di Lui, come a tutte quelle morti avvenute e che avverranno a causa del Suo nome.

Nessuna sofferenza, dolore e persino la colpa rimangono indifferenti dinanzi a Lui, tutta la Sua vita e la Sua Risurrezione ci parlano di come l’ingiustizia non è l’ultima parola. Senza arrivare alle condizioni estreme di Giovanni, anche il nostro quotidiano purtroppo, ha subito delle ingiustizie, ma è proprio Giovanni a suggerirci come affrontarle: in Dio, nella verità.

Gettiamo nel Suo cuore, capace di contenere tanto dolore, paura e angoscia, ogni dispiacere per trasformarlo.

Egli è presente per darci conforto in quella situazione ingiusta, in quella fatica, affinché possiamo attraversala con la stessa forza che ha avuto Giovanni e tanti uomini e donne di buona volontà: la forza di Dio.

“Signore,

oggi desidero solo chiederti tanta forza.

Ho bisogno del tuo sostegno,

per farne un punto di forza,

Aiutami affinché ogni dolore, paura e fatica

non sia più un blocco per arrivare a te,

ma un inizio.

E quell’ingiustizia affidata a te

divenuta preghiera,

segua la via della Tua giustizia

così da donarmi pace

e forza per poter soccorrere

chi accanto a me

ha smesso di sperare e credere

in un mondo migliore”.

(Shekinaheart Eremo del Cuore)

 

Come i discepoli a chiederci perché

 

come i discepoli a chiederci perché

 

MARTEDÌ 26 LUGLIO 2022

SANTI GIOACCHINO E ANNA, GENITORI DELLA BEATA VERGINE MARIA – MEMORIA

LITURGIA DELLA PAROLA     (clicca qui)

Prima lettura: Ger 14,17b-22

Salmo: Sal 78 (79)

Vangelo: Mt 13,36-43

 

Se leggiamo il precedente passo del Vangelo in Mt 13,24ss, possiamo comprendere maggiormente perché i discepoli nel brano di oggi, chiedano a Gesù ulteriori informazioni. Egli introduce la Parabola, di come “il regno dei cieli si possa paragonare a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo”, affermando che il padrone alla comparsa della zizzania, dirà ai suoi servi di farla crescere assieme al grano buono, per evitare che sdradicando uno si estirpi anche l’altro.

E noi ci troviamo come i discepoli, a chiederci perché aspettare, poiché dinanzi a un errore preferirebbero estirparlo il più in fretta possibile. Gesù insegna quanto il Suo amore sa vedere oltre quella fragilità, una possibilità di vita che necessita di attesa.

Nel campo che è il mondo è possibile trovare grano e zizzania, Gesù non nasconde ai suoi la possibilità del male, dell’errore e certamente non lo fa per spaventarli, bensì per metterli dinanzi ad una scelta: essere grano buono, ma per esserlo a volte, bisogna aspettare e non estirpare.

 Il campo non è solo il mondo, ma il nostro mondo fatto di cose buone e meno buone ed esse crescono insieme. E come il seminatore lungo il tempo della maturazione del grano si prende cura di tutto il campo, così Dio ci ama e si prende cura di noi sia nel peccato che nella grazia. Affidiamo a Lui questo arduo compito, dove tutto ciò che è ferito, fragile, sarà risorto con Lui e risplenderà in purezza.

“Signore,

aiutami a perdonarmi

quando nel mio cuore

il peccato prende il sopravvento.

Insegnami a comprendere che tu mi ami,

nonostante tutto questo.

Grano e zizzania, fanno parte di un campo che è la vita.

Fammi capire che ci sei Tu a prendertene cura

con l’amore e la pazienza

che nessuno mai potrebbe fare,

e ce la insegni

per imparare a camminare, attendere e sperare

per tutti i nostri giorni”.

(Shekinaheart Eremo del Cuore)

 

 

 

Per rimanere con loro

 

per rimanere con loro

 

 

 

LITURGIA DELLA PAROLA   (clicca qui)

Prima lettura: At 3,1-10

Salmo: Sal 104 (105)

Vangelo: Lc 24,13-35

 

“Egli entrò per rimanere con loro”. Il Signore Gesù entra nelle nostre vite per rimanere con noi, in quella mensa, nel pane spezzato e come i discepoli di Emmaus ci spiega le scritture, affinché possiamo sentire ardere il cuore.

Il gesto dello spezzare del pane, è IL GESTO inconfondibile di Gesù, eseguito prima della Sua Passione ed ora i due discepoli si ritrovano alla mensa del Risorto. Quell’ultima cena, che fu annuncio della Sua Passione e morte, ora svela il volto del Risorto.

Accostiamoci anche noi alla Sua mensa, facciamo spazio nel nostro quotidiano a Colui che desidera rimanerci accanto. Il Signore ci è vicino da risorto, con tutta quella luce e quella forza che desidera donarci.

Vieni a liberarci Signore, dacci occhi per vederti, orecchie per ascoltarti e facci comprendere che sei qui, a camminare con noi.

All’udire: “Il corpo di Cristo”, rispondiamo: “Amen”: Egli entra in noi, diventiamo pane ricevuto, spezzato, donato, affinché la nostra storia sia un incontro con Cristo crocifisso risorto, ed ora celebrato e compreso, nel corso del tempo.

 

«Signore, tu lavi i piedi a me?»

 

«Signore, tu lavi i piedi a me?»

 

LITURGIA DELLA PAROLA   (clicca qui)

Prima lettura: Es 12,1-8.11-14

Salmo: Sal 115 (116)

Seconda lettura: 1Cor 11,23–26

Vangelo: Gv 13,1-15

 

“Venne dunque da Simon Pietro e questi gli disse: «Signore, tu lavi i piedi a me?». Rispose Gesù: «Quello che io faccio, tu ora non lo capisci; lo capirai dopo». Gli disse Pietro: «Tu non mi laverai i piedi in eterno!». Gli rispose Gesù: «Se non ti laverò, non avrai parte con me»”.

L’immagine è la lavanda dei piedi

Gesù durante la Cena, comincia a lavare i piedi dei suoi discepoli e quando Pietro gli chiede il perché, Egli risponde : «Se non ti laverò, non avrai parte con me». Per fare parte di Lui, non bisogna compiere delle cose, ma accogliere la cura e l’amore che Egli ci sta donando.

Il quesito di Pietro non è insolito: «Signore, tu lavi i piedi a me?», anche noi avremmo potuto fargli questa domanda, alla ricerca del perché di quel gesto. Solo il Signore può toglierci la polvere del peccato dai nostri piedi e renderci in grado di camminare.

Gesù con quell’atto, rende sacro l’incontro tra Lui e l’uomo, svelando il volto di Dio: siamo di fronte a un Dio che si china su di noi, e desidera risollevarci da quella situazione di difficoltà, che stiamo vivendo.

Il Signore ci tocca nel profondo e “avendo amato i suoi li amò sino alla fine”: l’uomo trova spazio per essere amato e perdonato da Dio, non perché ne sia meritevole, ma perché fa parte di Dio, in tutta la sua esistenza.

C’è un dono preparato per noi che comincia da qui, da questo gesto in cui il nostro Maestro ci insegna una teologia dal basso: Gesù che si china a lavare i piedi, affinché possiamo fare altrettanto.

Oggi, Giovedì Santo, riconosciamoci amati, lavati, dal basso, da ciò che è più a contatto con la terra, ma che grazie a Lui può unirsi a quella parte di cielo, che è per noi, ed è già Risurrezione.