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Messaggi del 18/05/2008

 

Amsterdam

Post n°570 pubblicato il 18 Maggio 2008 da CacciatricediSangue

Amsterdam: DEI CIU’ part uan

Il mattino dopo, il risveglio è stato uno dei classici. Spalle incriccate e schiena a pezzi. Le prime parole “my bed is too soft! And my towels?” probabilmente c’era qualche rimasuglio della fattanza della sera prima.

Non restava che progettare la giornata. Da brave turiste ovviamente.

Si decide di partire alla grande. Stedelijk Museum la mattina, e girare la parte est di Amsterdam, magari riuscendo a vedere la casa di Rembrandt e la zona limitrofa, ovvero Waterlooplein con tanto di mercatino delle cianfrusaglie.

La prima cosa da fare, dopo aver acceso il cervello, era trovare un qualcosa che assomigliasse a una colazione.

Uscite dall’hotel torniamo dove la sera prima ci aveva lasciato il tram, dove la vita notturna era nel pieno, e riusciamo ad osservare quanta merda abbia potuto fabbricare. Naples made in Holland. Ancora rinco in fase di risveglio, cerchiamo di oltrepassare i camioncini della spazzatura infilandoci tra spazzini e muri (perché li ti fanno il pelo non solo i tram, non solo le bici, ma pure i camion vista la larghezza minima delle strade con marciapiede inesistente), il tutto in apnea.

Vi assicuro che l’odore di kebab, di ristorante cinese e spazzatura insieme, la mattina è mortale! Come lo so se stavo in apnea? Semplice! Cercando di evitare l’ostacolo spazzino armato di scopa, mi sono presa il manico di codesta nello stomaco, cosi da costringermi a respirare quella puzza assassina. Mattinata cominciata nel migliore dei modi.

Sono le 9, i locali sono chiusi, la città è meno viva della sera prima, pochi i turisti in giro. L’unico posto che sembra aperto è quel locale in stile irish che sembra serva la colazione.

Sedute, dopo aver letto il menu, dopo aver deciso di evitare le varie international breakfast fornite di bacon, fagioli, uova e tutte le schifezze di questo mondo, vediamo passarci davanti una cosa che somigliava a un cappuccino. Non so la Zimo ma io mi illumino. Tentiamo l’impresa sperando che il contenuto della tazza non sia simile ad acqua sporca con la schiuma.

ciù cappuccini end ciù ciocolat pai pliis” ed ecco che la Zimo si ricorderà perché non mangia panna. La chocolate pie si dimostrerà un tripudio di panna con panna montata su letto di panna e ripieno di panna e cacao. Ma va giù. E il cappuccino sarà un quasi vero cappuccino. Mi ha salvato la mattinata.

Pagato il conto (il cappuccino li non te lo regalano), ci dirigiamo verso il tram che ci avrebbe portato alla stazione centrale. Da li a 5 minuti a piedi (lo diceva la guida) avremmo trovato la galleria d’arte moderna (lo Stedelijk museum per l'appunto) temporaneamente in quella zona per il restauro, o il rifacimento o qualcosa di simile dello stabile definitivo. I cinque minuti a piedi probabilmente erano tarati sulle falcate olandesi dei vari biciclettari, quella distesa infinita di cemento che passava accanto all’ Amstel non finiva più. Però ci ha dato modo di osservare meglio ciò che non avevamo potuto notare dalla stanchezza il pomeriggio del nostro arrivo. Saint Nicolas Church sovrasta sull’altra sponda, ovviamente contornata di biciclette, in lontananza il Nemo, che fa la sua porca figura, diciamolo, e davanti a noi, accanto alla biblioteca (ho visto gli occhi della Zimo brillare di luce propria davanti alla grandezza di quel palazzo) il museo ci aspettava.

Battezziamo la nostra Amsterdam Card, lasciamo zaino giacche e tutti gli impicci e ci immergiamo nell’arte moderna. Non solo quadri, non solo sculture. Ma vere e proprie sale opere d’arte. L’uscita da li sarà un continuo ripetersi “Come diavolo faranno a trasportare quella roba al nuovo museo?”

Entrate la mattina, uscite all’ora di pranzo. Dopo il mini documentario-delirio sulla flora e la fauna “C’è vita sull’ Amstel” (cosa che voi non vedrete poiché è sulla videocamera) prendiamo in mano la guida e decidiamo di ucciderci.

“andiamo alla ricerca della crocchetta”

C’è da dire, che oltre ai musei, ai trasporti pubblici, e agli sconti in vari ristoranti, l’ I Amsterdam Card ti da la possibilità di provare questa deliziosa prelibatezza tutta olandese. Chi conosce la Zimo lo sa, chi non la conosce deve sapere che impazzisce per le crocchette, sì ma le crocchette nostre, quelle fatte di patate e niente più. Convinte di questo, andiamo alla ricerca del locale che ci avrebbe donato la famosa leccornia. Ci avviciniamo a Rembrandtplein ed entriamo in quella che sembra una piccola tavola calda, o panineria, o qualcosa di simile. Panini con ciò che vuoi, peccato che fosse tutto in drammatico olandese declinato, perciò incomprensibile. E la vista non ci aiutava di certo. Quello che si vedeva nella vetrina erano svariati intrugli e zuppette. L’unica cosa che si distingueva era la cipolla.

Cedo i coupon della guida al cuoco, che ci serve due belle crocchette calde dentro a un panino. Al tavolo, dopo un’ampia e studiata analisi di quella cosa che da fuori sembrava una crocchetta, l’addentiamo.

Sorpresa!

L’interno non era di una crocchetta. O meglio, non delle nostre crocchette. Delle patate neanche l’ombra. Si intravedeva qualche sparuto pezzettino di carne di provenienza ignota e una salsina grigia, di quel grigio che ricorda solo una cosa, la cipolla cotta.

Lì abbiamo capito che non avremmo testato le aringhe, le sarde, le acciughe, chiamatele come volete, e l’anguilla. La crocchetta aveva già colpito mortalmente lo stomaco.

Usciamo dal locale visibilmente frastornate e ancora affamate. Cerchiamo di evitare catene come McDonald e Burger King, ma allo stesso tempo dobbiamo contenere le spese. Unica soluzione…Febo. Spieghiamo in cosa consiste questa catena di fast food.(da vedere il video linkato, rende più delle parole)

Avete presente i distributori di patatine e merendine? Ecco, immaginatevi un negozio con dei distributori simili a parete. Solo che li non troverete mars, lion, snikers, patatine e merendine varie. Bensì panini. Ognuno stipato nel suo piccolo fornetto scaldavivande modello mulino bianco. Leggi le varie didascalie in olandese incomprensibile, metti la tua monetina, apri il fornetto e zac! Il panino è in mano!

Come sempre, ci si dovrà fidare solo del senso visivo. Dato che niente ricordava qualche ingrediente in inglese, niente faceva capire cosa ci fosse nel panino…

Mi cade l’occhio su un fazzoletto ripieno. Un qualcosa di fritto, come al solito, e l’olandese descritto sul cartello ricordava vagamente qualcosa come formaggio. Monetina. Mezz’ora per capire come si apre il fornetto (io e i distributori non andiamo d’accordo) e prendo quel coso ignoto e vagamente commestibile mentre una mano da dietro la fila di fornetti rimpinguava i posti vuoti. Addento titubante, e, davanti a tutti, turisti, italiani, tedeschi, olandesi e chi più ne ha più ne metta, “A Zi’…è un sofficino!”

La gioiosa scoperta mi rende ottimista e decido di concludere il pranzo con una seconda scelta. La Zimo opterà per un panino hamburgoso con sasletta in vista, io deciderò di evitare salse ed affini e prenderò quello che alla vista pareva pane carne e insalata. La Zimo addenta “cazzo c’è la cipolla! La salsa è alla cipolla”. Addento io. Alla vista pare tutto nella norma, ma.., ma c’è qualcosa che non va. Al gusto un sapore vagamente familiare si fa spazio su tutto. Hamburger inesistente, pane inesistente, insalata solo visiva… e quel sapore familiare, troppo disgustosamente familiare. Apro il panino.

Sorpresa! Seconda sorpresa della giornata. Il panino che sembrava essere privo di salse aveva semplicemente quella disgustosa salsa cipollesca che ti si rimpone per giorni nascosta sul fondo del panino, l’angolo buio, il buco nero della cipolla. Bastardi!

Finiti gli spiccioli (per fortuna) usciamo fuori dal locale degnamente segnate. Pranzo all’insegna della cipolla. Ci vuole una fumata e una passeggiata per dimenticare.

Pausa tabaccaio ed ecco che usciamo da li con pacchetti deformi di sigarette. Pacchetti per fumatori incalliti, roba da banca delle sigarette. Se a Monaco sembrava che da un pacchetto nuovo mi avessero rubato 3 cicche (che brutta impressione scartare e vedere quei cilindrini che si agitavano liberi e non compatti) ad Amsterdam ti ritrovi pacchetti quadrati, con 23, 25 o 29 sigarette a mo di formazione di calcio pronta per il fischio d’inizio.

Rimpinguate le tasche di tabacco, anche troppo, passeggiamo fino a Waterlooplein, un’occhiata al mercatino delle carabattole e ci infiliamo nella casa che un tempo era stata la dimora di Rembrandt. È li che capiamo che non è il nostro albergo ad avere scale da suicidio. Tutte le case di Amsterdam le hanno. Case sviluppate solo in altezza. A giudicare da tram, strade, e strutture varie, non conoscono la possibilità di ampliarsi in orizzontale, cosi da sfruttare ogni piccolo centimetro quadrato solo verso il cielo (sarà per questo che sono tutti alti?).

Ma a parte le scale, che ormai era cosa nota, nella sala adibita a cucina ci cade l’occhio su un’anta di un armadio aperta. Sembra una sorta di guardaroba, ci avviciniamo e…non è un armadio guardaroba, il cuscino era li per far compagnia a un bel materasso e un lenzuolo con tanto di coperta. Come detto prima, gli olandesi non conoscono le misure orizzontali, quindi anche il mobile presentava un ampio soffitto e una bel più ristretta lunghezza. “Come cazzo faceva a dormire qui? Manco in diagonale ci si entra!” con il dubbio optiamo per la soluzione letto per gli ospiti. Una sorta di antico letto armadio che serve per le emergenze. Cambio di sala, dimostrazione vivente di come stampare disegni sulla stoffa e via, il giro prosegue. Siamo in quella che dovrebbe essere la sala ricevimenti, dopo l’ingresso, dove l’artista lasciava aspettare i vari clienti dandogli la possibilità di osservare le sue opere. Altro armadio. Altra anta aperta. Altro cuscino. Aaah ma allora è un vizio! Come diavolo fanno a dormire in un letto che non supera il metro e mezzo di lunghezza? Altri turisti italiani restano sgomenti. Gli stessi turisti italiani di mezza età saranno coloro che, nella mostra allestita all’ultimo piano di un’artista che non era visibilmente Rembrandt, se ne usciranno con “Secondo te anche queste sono opere sue? No mi sa di no”.

E con questa rivelazione eccezionale usciamo dal museo con la solita faccia schifata per colpa di persone ignoranti che pur di dar fiato alle parole non pensano.

È pomeriggio inoltrato, le 17 sono passate, i negozi sono ormai chiusi e c’è solo la possibilità di acquistare cianfrusaglie in Waterlooplein markt, una rapida occhiata per poi raggiungere piazza Spui, dove il venerdi, come vuole la tradizione, c’è il mercatino dei libri (niente brilluccichio nei nostri occhi per due semplici motivi, stanchezza e lingua olandese). Una rapida occhiata e dritte verso la fermata. È ora di rientrare, almeno per una rinfrescatina e liberare i piedi fumanti dalla morsa delle scarpe.

 

 
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