Libero
 
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Un blog creato da alexisdg10 il 01/02/2005

Arrancame la vida!

la realtà, i sogni, la politica, l'amore, la rabbia e l'allegria: la mia vita

 
 

 

AREA PERSONALE

 

       Soft Colors | Colores SuavesCOLORES EN AGUA

 

"Sólo los besos son más placenteros que las palabras" 

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FERMIAMO LA GUERRA

per tutte le infanzie rubate

per i legami strappati

per i fiori recisi

per le andate senza ritorno

per tutti i “progetti-uomo” mai realizzati

per tutte le ferite dell’abbandono

per tutto il freddo

per tutta la paura

per tutto l’odio

per tutta la fame

per tutto il non amore…

 

SOLO LIBERTÀ...E GIUSTIZIA

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ALDA MERINI

E tutti noi costretti dentro
le ombre del vino
non abbiamo parole nè potere
per invogliare altri avventori.
Siamo osti senza domande
riceviamo tutti
solo che abbiano un cuore.
Siamo poeti fatti di vesti pesanti
e intime calure di bosco,
siamo contadini che portano
la terra a Venere
siamo usurai pieni di croci
siamo conventi che non hanno sangue
siamo una fede senza profeti
ma siamo poeti.
Soli come le bestie
buttati per ogni fango
senza una casa libera
nè un sasso per sentimento

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Post N° 260

Post n°260 pubblicato il 17 Luglio 2006 da alexisdg10
Foto di alexisdg10

Un altro ritorno. Davide è venuto per il week end. Siamo tornati insieme. E' bello tornare ad essere la nostra famiglia. Il lavoro è tanto, immenso. La mostra è alle porte. Mi fanno male alcune cose, come spesso accade, come sempre mi accade. La faccenda del Libano, per esempio. Non credevo che gli ebrei, dopo quello che hanno passato, potessero a loro volta essere persecutori. Non è una questione di religione e di razza, certo. E' che la storia non insegna davvero niente. A nessuno. Se Dio esistesse davvero dovrebbe come minimo incenerici tutti, senza possibilità di apello.

Ancora la Spagna, dunque. Sempre la Spagna, in tutti questi anni. Per sempre.

Un' estate di tanti anni fa conobbi Rosa, una madrilena bella e procace, dallo sguardo indomito e fiero. Faceva la guida turistica. Ci davamo appuntamento in un caffè di Calle Gravina, nel quartiere di Chueca, davanti a un panino imbottito di sardine e un calice di rosso e restavamo a parlare per ore, osservando il mondo che ci scorreva davanti. Fu grazie a lei che scoprii il rito delle tapas e il brivido della Movida di quegli anni. Era trascorso poco più che un decennio dalla fine del franchismo, ma a Madrid si respirava, già a quei tempi, un'aria diversa, un'aria più buona e pulita, un'aria che sapeva di libertà, di tolleranza e di rispetto profondo. Zapatero era poco più che un ragazzo allora, ma già si percepiva l'abbozzo di quello che la Spagna sarebbe diventata in futuro. Il paese era ancora povero e tutto sommato arretrato rispetto a quello che era il resto d'Europa, i contrasti erano ancora molto evidenti, certi paesi dell'interno non erano troppo diversi da quelli della Sicilia o della Sardegna di quegli anni. Ma Madrid era un posto speciale, Madrid era unica nel suo genere: sfacciata, ma schiva, barocca e moderna allo stesso tempo, cauta, austera e antiquata come una vecchia andalusa vestita di merletti e rivoluzionaria come una giovane ribelle coperta di stracci.
Le strade di Madrid erano infinte. Il sabato mattina si andava a guardare le vetrine dei negozi di lusso della Gan Via, si passeggiava fino alla Plaza de las Cibeles e poi si tornava indietro per la Calle de Alcalà. Ci si dava arie da ricchi, Rosa ed io il sabato mattina, si giocava a fare un po' i turisti e si finiva per ridere di gusto dei giapponesi che fotografavano se stessi sullo sfondo della Plaz Mayor, senza sapere nulla del fatto che era stato quello il posto che aveva visto la caduta ufficiale del regime. Se lo ricordava bene Rosa quel giorno, il giorno della morte del Caudillo. La gente festosa che riempiva le strade, la guardia civil in allerta con i fucili spianati, l'aria frizzante che faceva presagire un tempo nuovo e per sempre diverso. Rideva molto la mia Rosa. Rideva e muoveva la sua testa bruna dai capelli oleosi e spessi, quasi asiatici, quasi blu. La sera si andava sovente a cenare al Villarosa, quando il locale non era ancora diventato famoso per via del fatto che Pedro Amoldovar ci aveva girato la scena dove Miguel Bosè, nei panni del travestito Letal, cantava in palyback "Un ano de amore" con la voce di Luz Casal, nel film "Tacchi a spillo" . Il locale era pieno di fumo, di gente strana, trasgressiva ed insolita. Le tapas erano deliziose e il pezzo accessibile alle nostre tasche. Per me, che venivo dall'Italia degli anni '70
, era come una boccata d'aria fresca. Un giorno dissi a Rosa: " Vorrei vedere il Guernica di Picasso". mi guardò con curiosità e rispose :" Si trova al Museo Reyna Sofia, ci puoi andare quando ti pare".
" Vorrei andarci con una guida che mi spiegasse bene " le dissi " Vorrei andarci con te". Continuò a fissarmi a lungo, poi disse all'improvviso " Io potrei spiegarti la pittura, la vita di Picasso, il cubismo, tutte cose che sai già" disse seria " ma credo che a te interessi qualcos'altro. Chiederò a mia madre di venire con noi domani. Lei è basca. Si trovava là vicino nell' aprile del '37, era poco più che una bambina, ma ricorda tutto perfettamente. Mio nonno era antifranchista".

La mattina seguente mi trovai puntuale all'ingreso del museo. Accanto a Rosa vidi una donna di circa sessant'anni, dritta come un fuso, avvolta in uno scialle di seta nera, alta di statura e già bianca di capelli, con una sigaretta stretta fra le lunghe dita affusolate. La stessa faccia che avrebbe avuto Rosa di lì a trent'anni. Lo stesso sguardo inquieto, gli stessi occhi cupi, la stessa bocca carnosa e piena.

" Vede mio giovane amico" incominciò a raccontare davanti al pannello " Guernica è il nome di una cittadina spagnola che ha un triste primato. È stata la prima città in assoluto ad aver subìto un bombardamento aereo. Ciò avvenne la sera del 26 aprile del 1937 ad opera dell’aviazione militare tedesca. L’operazione fu decisa con freddo cinismo dai comandi militari nazisti semplicemente come esperimento. In quegli anni era in corso la guerra civile in Spagna con la quale il generale Franco cercava di attuare un colpo di stato per sostituirsi alla monarchia. In quella guerra aveva come alleati gli italiani e i tedeschi. Tuttavia la cittadina di Guernica non era teatro di azioni belliche, così che la furia distruttrice del primo bombardamento aereo della storia si abbatté sulla popolazione civile uccidendo soprattutto donne e bambini. " Trasse un sospiro profondo, poi continuò dicendo: " Vede quel toro a sinistra? E' il simbolo della Spagna offesa  .Di una Spagna che concepiva la lotta come scontro leale e adarmi pari. Uno scontro leale come quello della corrida dove un uomo ingaggia la lotta con un animale più forte di lui rischiando la propria vita. Invece il bombardamento aereo rappresenta quanto di più vile l’uomo possa attuare, perché la distruzione piove dal cielo senza che gli si possa opporre resistenza. La fine di un modo di concepire la guerra viene rappresentato, anche in basso, da un braccio che ha in mano una spada spezzata, la vede? E' una la spada, il simbolo dell’arma bianca, che ricorda la lealtà di uno scontro che vede affrontarsi degli uomini ad armi pari."

Si strinse lo scialle nero al petto, le sue mani tremarono leggermente, lo sguardo si fece più cupo e più triste: " Se lo ricordi, ragazzo!" mi disse severa " si ricordi di come persino le creature di Dio possano diventare delle belve feroci quando perdono il rispetto per la vita, per se stessi e per gli altri". Poi raddrizzò le spalle, i tratti del viso si fecero più distesi, scese le scale, si avviò verso l'uscita, si accese l'ennesima sigaretta : " Sono contenta che sia finita " disse esalando piano il fumo dalla bocca impeccabilmente truccata " Ci vorrà ancora tempo e tanta pazienza, tanta forza e costanza, ma ce la faremo." disse convinta " Questo paese diventerà un bel posto per viverci. Un posto sicuro e democratico, ne sono certa!"

Quando uscimmo all'aperto ci accorgemmo che diluviava. " V'invito a prendere un caffè, vi va?" ci disse mentre cercava di ripararsi col giornale che stingeva fra le mani dalla mattina. Ci riparammo, correndo, in un baretto vicino. Ricordo che nella corsa le si ruppe un tacco. Si tolse la scarpa, la mamma di Rosa, e percorse i pochi metri che ci separavano dal locale zoppicando come una vecchia stanca e sperduta, col trucco che le colava dagli occhi, come una maschera triste. Ci sedemmo a un tavolino nell'angolo, accanto alla grande vetrata che dava sulla strada. " Anche mio padre ha fatto il partigiano"le dissi piano, quasi temendo di disturbare il corso dei suoi pensieri. Lei trasse un fazzoletto dalla borsetta, se lo passò lentamente sul viso, tolse quel poco di trucco che le era rimasto addosso e sembrò per un attimo smarrita e sola. Si diede un contegno, ripose il fazzoletto, sistemò per bene lo scialle e mi disse " Sono contenta per lei, ragazzo. E' importante che nessuno dimentichi mai quello cheè stato. Voi giovani siete il futuro del mondo. Fate in modo che la nostra storia non vada perduta. Tocca a voi adesso!" Ordinò un caffè macchiato, tirò fuori il pacchetto di sigarette, se ne accese una. Il suo sguardo era oltre i vetri, oltre la strada, distante.

Ho una foto di mio padre, vecchia e sbiadita, scattata da qualcuno nell'aia della sua casa sulle rive del Sile.. Aveva sedici anni. Era alto, scuro di capelli e di occhi. Nella foto mio padre tiene una mano appoggiata ad un fianco e con l'altra si aggiusta il fazzoletto rosso dei Garibaldini. La foto lo colse alla sprovvista, quando ancora non era pronto, quando ancora non era in posa. Nel suo sguardo si legge la rabbia per aver sprecato un'occasione speciale e insieme l'orgoglio di essere in quel posto, nella sua divisa da piccolo guerriero staccione, il fazzoletto in disordine al collo. Ne ho un'altra di foto. Avrà avuto sì e no settant'anni. In quella foto papà aveva come un’espressione di attesa, come se stesse aspettando qualcosa o qualcuno che avesse dovuto arrivare da un momento all'altro. Portava una camicia candida e un paio di pantaloni neri. Fissava qualcosa e aspettava. Lo stesso sguardo di Mercedes Cuenca quel giorno, nel nostro caffè, vicino alla pioggia. 

Tornai a Madrid molte altre volte. Quella che mi piace ricordare di più è  il Capodanno del 2004. Ci andai con la persona che amavo, la persona che comprende i labirinti insondabili del mio cervello, quella che vede attraverso le pareti del mio cuore. Ci trovammo a festeggiare l'arrivo del nuovo anno a Puerta del Sol, in mezzo a centinaia di altre persone, allegre e gioiose. Qualcuno ci mise in mano un cartello con sù scritto la parola "Paz". Presto la piazza fu piena di gente che brandiva lo stesso cartello, che mostrava al mondo le stesse tre identiche lettere.

Madrid oggi è piena di sole. Siamo seduti nel caffè vicino al Museo Reyna Sofia. Abbiamo appena visto il Guernica. Ordino due caffè, tiro fuori dal mio zaino il pacchetto di sigarette e ne accendo una. Tocco per un istante la sua mano gentile. " Solo tu mi tieni legato alla vita ". I suoi occhi trasparenti si chiudono timidi e schivi. Oggi il cielo è alto a Madrid. Alto e sereno. Fuori tira una brezza lieve. E' un vento fresco che fa bene all'anima e rischiara le idee. Il sole è caldo qui. Caldo e buono. Guardo la gente che passa dietro i vetri del locale. Un raggio di sole t'inonda la faccia. Ti ripari con la mano. Il sole continua a risplendere.

Teatro Colon, 12.07.06
Manola Gomez in " Pepita Jimenez"
Federico Garcia Lorca

 
 
 
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Questo blog è nato come  luogo di svago, come luogo di scambio di opinioni e  di idee, come luogo di confronto,  un posto dove ascoltare un pò di musica e leggere qualcosa . Magari, a volte, qualcosa di stimolante e persino d' interessante. 
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Un luogo dove poter interagire liberamente. Tutti possono entrare, leggere e commentare purchè si esprima un 'opinione senza offendere chi la pensa diversamente. La libertà di ognuno di noi  cessa  nel momento in cui lede quella di un altro.  La maggior parte delle foto e degli scritti in questo blog  sono  miei, ma alcuni sono anche tratti dal web. Dove possibile sono citati gli autori e le fonti. Se  per disattenzione o perchè non disponibili,  accadesse  che in qualche modo qualcuno di sentisse leso, può tranquillamente scrivermi e la foto o il post verranno rimossi. In questo blog è lecito parlare di tutto. Ed è lecito dissentire. Come è pure  lecito e auspicabile costruire. Il dissenso è legittimo quando è finalizzato alla costruzione e non alla mera distruzione fine a se stessa. Nessun commento sarà mai rimosso o censurato.

 

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PER I VOSTRI VIAGGI CONSAPEVOLI

 Non dorme nessuno nel cielo. Nessuno, nessuno.
Non dorme nessuno.
I bambini della luna fiutano e aggirano le loro capanne.
Verranno le iguane vive a mordere gli uomini che non sognano
e colui che fugge col cuore spezzato troverà alle cantonate
l'incredibile coccodrillo tranquillo sotto la tenera protesta degli astri. 
Non dorme nessuno nel mondo. Nessuno, nessuno.
Non dorme nessuno.
C'è un morto nel cimitero più lontano
che si lamenta da tre anni
perché ha un paesaggio secco nel ginocchio;
e il fanciullo che hanno seppellito stamane piangeva tanto
che fu necessario chiamare i cani per farlo tacere 
Non è sogno la vita. All'erta! All'erta! All'erta!
Precipitiamo dalle scale per mangiare la terra bagnata
o saliamo al margine della neve con il coro delle dalie morte.
Ma non c'è oblio né sonno:
carne viva. I baci legano le bocche
in un groviglio di vene recenti
e, a chi gli duole, il suo dolore gli dorrà senza tregua
e, chi teme la morte, se la porterà sulle spalle. 
 Un giorno
i cavalli vivranno nelle taverne
e le formiche infuriate
aggrediranno i cieli gialli che si rifugiano negli occhi delle vacche. 
Un altro giorno
vedremo la resurrezione delle farfalle dissecate
e andando in un paesaggio di spugne grigie e di navi mute
vedremo brillare il nostro anello e scaturire farfalle dalla nostra lingua.
All'erta! All'erta! All'erta!
Quelli macchiati ancora di fanghiglia e acquazzone,
quel ragazzo che piange perché non sa l'invenzione del ponte
o quel morto cui rimane soltanto la testa e una scarpa,
bisogna portarli al muro dove stanno in attesa iguane e serpenti,
dove aspetta la dentatura dell'orso,
dove aspetta la mano mummificata del bambino
e la pelle del cammello s'arriccia con un violento brivido azzurro. 
Non dorme nessuno nel cielo. Nessuno, nessuno.
Non dorme nessuno.
Ma se qualcuno chiude gli occhi,
frustatelo, figli miei, frustatelo!
Permanga un panorama di occhi aperti
e amare piaghe accese.
Non dorme nessuno nel mondo. Nessuno, nessuno.
Ve l'ho detto.
Non dorme nessuno.
Ma se qualcuno nella notte ha troppo musco alle tempie,
aprite le botole affinché veda sotto la luna
i bicchieri falsi, il veleno e il teschio dei teatri.

Federico Garcia Lorca

 sul comodino ( ma anche per terra e sotto il letto)

 

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