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Messaggi di Maggio 2014

ANIMA SENZIENTE DELL’UOMO E DELL’ANIMALE di Rudolf Steiner

Post n°782 pubblicato il 29 Maggio 2014 da alf.cosmos
 

ANIMA SENZIENTE DELL’UOMO E DELL’ANIMALE

di Rudolf Steiner

 

 

UOMO E CANE

 

 

 

 

L’attività in cui si concretizza la sensazione si distingue sostanzialmente dall’attività della forza vitale.  Da quest’ultima attività l’altra suscita un’esperienza Interiore. Se non la suscitasse, si avrebbe un semplice processo vitale che si osserva anche nella pianta.

In tutte le direzioni da cui riceve le impressioni bisogna anche pensarlo come fonte dell’attività che risponde alle impressioni con le sensazioni. Questa fonte di attività può essere chiamata ANIMA SENZIENTE. Attraverso un organo Superiore, il mondo Interiore delle sensazioni può rivelarsi a una particolare percezione soprasensibile. L’uomo allora “vede” le sensazioni. Questo può essere fatto solo con l’occhio Spirituale aperto.

PER L’ANIMA SENZIENTE L’UOMO E’ AFFINE ALL’ANIMALE. Anche nell’animale osserviamo l’esistenza di sensazioni, impulsi, istinti e passioni. Ma l’animale li segue direttamente. In lui essi non vengono attraversati da pensieri autonomi, trascendenti l’esperienza immediata. Lo stesso accade fino a un certo punto per l’uomo non evoluto. La semplice Anima senziente è perciò diversa da Superiore e più evoluto elemento Animico che pone il pensiero al proprio servizio.

"E' buono chi riesce a trasferire la propria anima nell'anima dell'altro. In sostanza, dal trasferire la propria anima in quella dell'altro dipende tutta la moralità, la vera moralità."

 

Tratto da: TEOSOFIA di Rudolf Steiner

 
 
 

QUINTO ANNO DI BLOG: GRAZIE A TUTTI. PACE E ARMONIA

Post n°781 pubblicato il 28 Maggio 2014 da alf.cosmos
 

QUINTO ANNO DI BLOG: GRAZIE A TUTTI. PACE E ARMONIA

 Vi dedico una grande e particolare versione di Om di Swami Nirvanananda ♪ ♫♪ ♫♪ ♫♪ ♫♪ ♫♪ ♫♪ ♫♪ ♫♪ ♫♪ ♪  

Grazie a tutti coloro che sono stati compagni di percorso e a tutti coloro che svolgono un Lavoro Interiore su Se stessi e coinvolgono anche gli altri. Grazie

Om, Om, Om Shanti - Swami Nirvanananda - Centro Yoga Prema, Moncalieri (To) 13-04-2013

 

 
 
 

"MASTICARE" L'ARIA CON I POLMONI di O.M. Aivanhov

Post n°780 pubblicato il 25 Maggio 2014 da alf.cosmos
 

"MASTICARE" L'ARIA CON I POLMONI di O.M. Aivanhov

 

Aivanhov

 

 

Se il cibo arriva nello stomaco non masticato a sufficienza, l’organismo è obbligato a spendere molta energia per assimilarlo, ed è questa la causa di molti stati di stanchezza.

Per intraprendere un “Lavoro Spirituale” in buone condizioni, è necessario introdurre prima l’Armonia nel vostro modo di nutrirvi e respirare. Le stesse leggi reggono infatti entrambi i processi. Non va bene respirare in fretta senza che l’aria abbia il tempo fino in fondo ai polmoni per riempirli. Occorre respirare lentamente, profondamente, e ogni tanto bisogna anche trattenere l’aria nei polmoni prima di rilasciarla. Perché? Per “masticarla”…Si i polmoni sanno masticare l’aria, così come la bocca sa masticare gli alimenti.

L’aria che aspiriamo è come un “boccone”, pieno di forze inaudite. Se lo si espelle troppo in fretta, i polmoni non possono “cuocerlo”, “digerirlo”, assimilarlo a sufficienza affinchè l’organismo possa beneficiare delle forze in esso contenute. Ecco il motivo per cui molte persone sono stanche, nervose, irritabili: non sanno nutrirsi correttamente di aria, non la “masticano, la espellono direttamente, respirano solo con la parte alta dei polmoni…

Per estrarre dall’aria il massimo delle sue ricchezze occorre comprimerla, trattenerla nei polmoni. Se la espellete subito, tutta l’energia che essa contiene va perduta.

Se mangiando fate qualche buona respirazione, la combustione degli alimenti avviene meglio; per farlo, basta che vi fermiate 3-4 volte durante il pasto per respirare profondamente: in questo modo il cibo libera più energie.

I grandi Iniziati, che conoscono la legge della disintegrazione della materia, disintegrano qualche millesimo di milligrammo del proprio cervello. E grazie all’energia liberata compiono dei miracoli. Attuano tale disintegrazione attraverso il pensiero. E’ un segreto che conoscono da millenni. Applicano la fissione dell’atomo al proprio cervello che è una materia d’una ricchezza inesauribile.

Chi medita, invece, disintegra, attraverso la concentrazione, alcune particelle infinitesimali di materia, le quali liberano energia, e ciò è tanto più benefico e salutare poiché altre particelle più pure e luminose vengono a sostituirle.

Il fondo dei polmoni funziona come una bocca, e la parte più alta come uno stomaco. Quando mangiamo introduciamo il cibo in alto, nella bocca, per masticarlo, ed esso scende poi nello stomaco. Quando respiriamo avviene l’inverso: una respirazione profonda riempie d’aria i polmoni fin nella parte più bassa, fino in fondo agli alveoli, e questi “masticano” l’aria proprio come una bocca; in caso contrario la respirazione rimane superficiale, l’aria viene trattenuta nella parte alta dei polmoni (il loro stomaco) senza essere masticata. Bisogna praticare la respirazione profonda, la respirazione addominale: se non si fa scendere l’aria fino in fondo ai polmoni, se ne assorbiranno solo le particelle più grossolane. Se invece si invia l’aria fino in basso, in modo da esercitare una pressione sul diaframma, avendo cura di trattenerla qualche istante, la “bocca” entra in funzione, ed è proprio quest’ultima che si incarica di estrarre le particelle eteriche più sottili per poi inviarle a tutto l’organismo.

Ma per poter attingere dall’aria gli elementi sottili che essa contiene, occorre non soltanto trattenere l’aria inspirata, ma anche portarla lentamente dalla parte bassa alla parte alta dei polmoni.

Tutte le cellule dell’organismo, comprese quelle all’interno di uno stesso organo, sono differenziate, specializzate e ripartite in funzione dei loro compiti. Le cellule situate nella parte bassa dei polmoni sono destinate ad assorbire l’aria in modo completamente diverso rispetto a quelle che si trovano nella parte alta. Perciò è pregiudizievole per la salute sia respirare superficialmente, sia inghiottire il cibo senza masticarlo. Coloro che praticano una respirazione profonda si nutrono veramente, mentre coloro che respirano superficialmente si mantengono appena in vita, ma non si nutrono.

Stralci da: LA RESPIRAZIONE di O.M. Aivanhov

 
 
 

MIRACOLO DELL'AUTOGUARIGIONE DAL COLERA DI PARAMAHANSA YOGANANDA DA BAMBINO

Post n°779 pubblicato il 22 Maggio 2014 da alf.cosmos
 

MIRACOLO DELL'AUTOGUARIGIONE DAL COLERA DI PARAMAHANSA YOGANANDA DA BAMBINO

 

YOGANANDA BAMBINO

 

 

Lahiri Mahasaya abbandonò questo mondo poco tempo dopo che io vi feci il mio ingresso.

Il Suo ritratto, racchiuso in una bella cornice, ha sempre adornato il nostro altare di famiglia.

Man mano che crescevo, il pensiero del Maestro cresceva con me. Spesso quando meditavo, vedevo la sua immagine fotografica prendere vita e staccarsi dalla piccola cornice per venire a sedersi di fronte a me. Se cercavo di toccare i piedi del Suo corpo luminoso, tornava ad essere nuovamente un ritratto. Nei momenti di difficoltà o di turbamento lo pregavo spesso, trovando dentro di me il conforto della Sua guida.

Avevo circa 8 anni quando fui benedetto da una prodigiosa guarigione, compiuta attraverso il ritratto di Lahiri Mahasaya. Questa esperienza intensificò il mio Amore.

Quando ero nella proprietà di famiglia a Ichapur nel Bengala fui colpito dal colera asiatico. Ero condannato; i medici non potevano fare nulla. Vicino al capezzale mia madre mi esortava affannosamente a guardare l’immagine di Lahiri Mahasaya, che si trovava sulla parete, sopra il mio letto.

“Inchinati a Lui mentalmente”. Sapeva che ero troppo debole perfino per sollevare le mani in segno di saluto. “Se gli dimostri la Tua devozione e ti inginocchi interiormente davanti a Lui, la Tua vita sarà salva!”.

Fissai il ritratto e d’improvviso una luce abbagliante avvolse il mio corpo e si diffuse in tutta la stanza. La nausea e gli altri sintomi incontrollabili scomparvero. Ero guarito.... Mi resi conto che anche mia madre aveva visto quel grande bagliore che mi aveva guarito all’istante da una malattia di solito fatale.

 

Stralci da: AUTOBIOGRAFIA DI UNO YOGI di Paramahansa Yogananda

 
 
 

DHAMMAPADA di Buddha - Capitolo 1: VERSI IN COPPIA (1-6)

Post n°778 pubblicato il 19 Maggio 2014 da alf.cosmos
 

DHAMMAPADA di Buddha -

Capitolo 1: VERSI IN COPPIA (1-6)

 

DHAMMAPADA1

 

1.       La mente precede tutte le realtà. La mente le guida, sono prodotte dalla mente. Chi parla o agisce con mente impura, la sofferenza lo segue come la ruota [del carro] segue il piede del bue.

2.       La mente precede tutte le realtà. La mente le guida, sono prodotte dalla mente. Chi parla o agisce con mente pura, la felicità lo segue come la sua ombra.

 

DHAMMPADA4

 

3.       Ha abusato di me, mi ha colpito, mi ha sopraffatto, mi ha derubato". Chi nutre tali pensieri, non frena il proprio odio.

 

4. "Ha abusato di me, mi ha colpito, mi ha sopraffatto, mi ha derubato". Chi non nutre tali pensieri, frena il proprio odio.

 

Dhammapada_5.jpg

 

5. In questo mondo l'odio non si placa con l'odio. Solo non odiando si placa l’odio. Questa legge è eterna.

6. Alcuni non si rendono conto che ci dobbiamo controllare. Ma chi se ne rende conto, per questa ragione, abbandona le liti.

 

 

Fonte: http://www.saddha.it/wp-content/uploads/audio/Dhammapada/pdf/Dhammapada-1-Le-coppie.pdf

Fonte immagini: http://what-buddha-said.net/Canon/Sutta/KN/Dhammapada.htm 

 

 
 
 

INTRODUZIONE DHAMMAPADA di Buddha

Post n°777 pubblicato il 15 Maggio 2014 da alf.cosmos
 

INTRODUZIONE DHAMMAPADA

di Buddha

traduzione libera di Giorgio Salce

 

 

dhammapada 

 

Dai tempi antichi fino ad oggi, il Dhammapada è stato considerato l’espressione più sintetica della dottrina del Buddha e una sorta di testamento del capo spirituale del buddhismo. In Paesi come lo Sri Lanka, il Vietnam, la Birmania e la Thailandia,  il Dhammapada viene usato come guida per risolvere gli innumerevoli problemi della vita quotidiana e come base dell’istruzione dei novizi nei monasteri.
L’autore dichiarato dei versi che compongono il Dhammapada è il saggio indiano chiamato  Buddha, un titolo onorifico che significa “Illuminato” o “Risvegliato”. “Dhammapada“, in Pali, significa porzioni, aspetti, o sezioni del Dhamma. E’ così chiamato perché, nei suoi 26 capitoli, enuncia i molteplici aspetti dell’insegnamento del Buddha.
Il Dhammapada non ha un ordinamento sistematico, a differenza di altri testi che compongono il Tipitaka e rappresentano serie di discorsi accostati per lunghezza o per argomento. Si tratta quindi di una sequenza di versi ispirati o pedagogici, che illustrano i fondamenti del Dhamma, da utilizzare come base per l’edificazione personale.
Ogni capitolo raggruppa versi simili per caratteristiche strutturali “Le coppie” – “Le Migliaia” oppure perché afferenti a un tema specifico “Il Monaco” – “Lo Sciocco”. Ogni gruppo di versi, rappresenta lo sviluppo di una serie di variazioni sul tema. In generale, la logica che informa il raggruppamento dei diversi capitoli, non è evidente.
Gli insegnamenti del Buddha, presenti nell’intero Canone Pali, sono considerati abbastanza coerenti. Al contrario, il Dhammapada presenta incoerenze apparenti che possono lasciare perplessi. Per esempio, in molti versetti il Buddha sembra elogiare alcune pratiche che portano a una nascita celeste, ma in altri scoraggia i discepoli ad aspirare a queste nascite, sostenendo che solo la liberazione finale – il Nibbana – rappresenta la vera liberazione dalla sofferenza (vv. 187, 417). Spesso sottolinea l’importanza di agire secondo la morale corrente ma poi, altrove, loda colui che è andato al di là, sia del merito che del demerito (vv. 39, 412). Senza una comprensione della struttura dell’insegnamento sottostante, tali dichiarazioni possono sembrare confuse e incoerenti.

 

* * *

In realtà, per comprendere il testo occorre conoscere le due chiavi di lettura usate da chi l’ha redatto. Esistono due realtà: quella convenzionale e quella assoluta. Ciò che è vero nella prima risulta spesso illusorio nella seconda. Inoltre, finché le persone non raggiungono lo stato di Illuminati (Arahant), le loro azioni devono essere coerenti con un corretto comportamento formale, socialmente accettabile. Il Buddha critica spesso gli eccessi dell’ascetismo, come l’estrema rinuncia al cibo, la nudità, la sporcizia, il coprirsi di cenere o escrementi – v. 141. “Né girare nudi, né i capelli arruffati, né la sporcizia o il digiuno, né dormire per terra, né imbrattarsi di cenere e fango, né stare seduti sui talloni [in penitenza], può purificare un mortale che non ha superato il dubbio”. Quindi l’insegnamento viene formulato in base al livello di comprensione dell’ascoltatore e dalla diversità dei bisogni che possono coesistere, anche in un singolo individuo.
Per dare un senso preciso agli enunciati presenti nel Dhammapada, viene utilizzato uno schematismo di quattro livelli, con cui è possibile comprendere l’intenzione del divulgatore, presente dietro la lettera di ogni versetto e, quindi, la sua giusta collocazione, nella visione sistematica dell’insegnamento del Dhamma. Questo schematismo nasce da un’antica massima interpretativa, che sostiene che l’insegnamento del Buddha è stata progettata per rispondere a tre obiettivi principali: il benessere umano, qui e ora, una rinascita favorevole nella prossima vita, e il raggiungimento del fine ultimo: il Nibbana.

1. Primo livello - Sociale

Il primo livello definisce la necessità di creare benessere e felicità nella sfera immediatamente visibile dei rapporti umani. L’obiettivo, a questo livello, è quello di suggerire agli uomini dell’epoca (agricoltori, allevatori, commercianti, proprietari terrieri, nobili e sacerdoti) un modo di vivere in pace con se stessi e con i propri simili. Si trovano massime che invitano ad adempiere ai doveri familiari e sociali, a frenare l’odio, il conflitto e la violenza che infettano i rapporti sociali. Le linee guida, appropriate per questo livello, sono in gran parte identiche ai principi etici fondamentali, proposti dalla maggior parte delle grandi religioni del mondo: la preoccupazione per la propria integrità fisica e mentale e per il benessere di coloro che subiscono le conseguenze delle nostre azioni. (vv. 129-132). Il consiglio più generale che si trova nel Dhammapada è di evitare ogni male, di coltivare il bene e di purificare la mente (v. 183).
Sia i monaci che i laici, sono tenuti a rispettare i cinque precetti, il codice morale fondamentale del buddhismo, che insegna ad astenersi dal distruggere la vita, rubare, commettere adulterio, mentire e intossicarsi con droghe e alcool. Chi vìola queste regole di comportamento “svelle la sua propria radice in questo mondo” (vv. 246-247). Il discepolo dovrebbe quindi trattare tutti gli esseri con gentilezza e compassione, vivere onestamente e con rettitudine, controllare i desideri sensuali, dire la verità e mantenere una condotta di vita sobria, diligente nell’adempiere ai propri doveri, nel servizio ai genitori, alla famiglia, ai monaci e ai bramani che dipendono dai laici per il loro mantenimento (vv. 332-333).
Un gran numero di versi relativi a questo primo livello si occupa della risoluzione dei conflitti e dell’ostilità. I litigi sono da evitare con la pazienza e il perdono: rispondere all’odio con l’odio rafforza solo il ciclo della vendetta e della rappresaglia. La vera conquista è rispondere all’odio con la tolleranza e l’amore (vv. 4-6). Piuttosto che dire una parola aspra, meglio tacere (v. 134). Non si deve cedere alla rabbia, ma controllarsi, come un auriga controlla i cavalli lanciati a grande velocità (v. 222). Invece che notare le colpe degli altri, il discepolo viene ammonito affinché esamini e faccia ammenda delle proprie, come un argentiere purifica l’argento prima di lavorarlo (vv. 50, 239). Anche se ha commesso il male in passato, non deve lasciarsi prendere da sconforto e disperazione: chi abbandona il male per il bene, illumina questo mondo, come la luna, liberatasi dalle nuvole (v. 173).
Le qualità che contraddistinguono l’uomo santo, sono la generosità, la sincerità, la pazienza e la compassione (v. 223). Sviluppando dentro di sé queste qualità, l’uomo vive in armonia con la propria coscienza e in pace con i suoi simili. Il profumo della virtù, il Buddha dichiara, è più dolce di tutti gli altri profumi (vv. 55-56). L’uomo buono, come le montagne dell’Himalaya, brilla da lontano e, ovunque vada, è amato e rispettato (vv. 303-304).

2.Secondo livello - il kamma

 Nel secondo livello di insegnamento, il Dhammapada dimostra che la morale non esaurisce il proprio compito, dando semplicemente un contributo alla felicità umana, qui e ora, ma esercita un’influenza di gran lunga più importante, nel destino personale del discepolo. Questo livello inizia con il riconoscimento del fatto che, l’esistenza, vista alla luce, del pensiero riflessivo, esige una spiegazione più profonda di quella che può dare la semplice esortazione etica alla bontà e all’altruismo.
Da un lato il nostro innato senso di giustizia morale richiede che il bene sia ricompensato con la felicità e il male con la sofferenza, dall’altra la nostra esperienza ci mostra che spesso, persone virtuose sono perseguitate da gravi difficoltà e sventure, mentre criminali  e malvagi impenitenti vivono beati, ricchi e senza paura (vv. 119-120). L’intuizione morale ci dice che, se l’ordine visibile non produce effetti evidenti, dipendenti dalle diverse cause, ci deve essere un’altra sede in cui rivendicare la nostra necessità di giustizia. Nel buddhismo questa legge impersonale, che regna su tutti gli “esseri senzienti” è la legge del “kamma” (sanscrito: karma). Ogni azione porta un frutto, buono, cattivo o neutro, immediato o dilazionato nel tempo, in una sequenza illimitata di esistenze (v. 334). Il kamma ha una base etica che assicura che l’azione moralmente determinata non scompare nel nulla ma, alla fine, incontra la sua giusta retribuzione: il bene con la felicità, il male con la sofferenza.
Nella concezione popolare il kamma viene a volte identificato con il destino, ma questo è un totale fraintendimento, del tutto inapplicabile alla dottrina buddista. Kamma significa azione volitiva, l’azione che scaturisce dall’intenzione, che può manifestarsi come atto del corpo, della parola o del pensiero (v. 361). Il campo in cui i semi del kamma vengono portati a maturazione, è l’interminabile processo delle rinascite, chiamato samsara. Nell’insegnamento del Buddha, la vita non è vista come un evento isolato ma come parte di una serie individualizzata di vite, che non hanno un inizio conoscibile nel tempo e continuano finché il desiderio di esistenza si spegne nel Nibbana. Le rinascite possono  portare gli esseri nei diversi regni, inferiori e superiori a quello umano (vv. 44-45).
Quindi il secondo livello di insegnamento presente nel Dhammapada è il corollario pratico della legge del kamma. Vi si trovano le regole che indicano agli esseri umani, che naturalmente desiderano la felicità e la libertà dal dolore, i mezzi più efficaci per raggiungere i loro obiettivi. Il contenuto di questo stesso insegnamento non è diverso da quello presentato al primo livello: è la stessa serie di ingiunzioni etiche volte ad evitare il male e a praticare il bene. La differenza sta nella prospettiva: non più solo sociale, i principi della morale sono mostrati qui nelle loro più ampie connessioni cosmiche, in quanto legati a una legge invisibile ma onnicomprensiva, che tiene assieme le vite degli esseri senzienti e domina sui cicli di nascita e morte. Chi vìola questa legge, agendo nella stretta dell’odio, dell’ignoranza e dell’egoismo, subisce un deterioramento del proprio stato di essere umano, che lo porta inevitabilmente nei mondi della sofferenza. Il tema è già annunciata dalla coppia di versi che apre il Dhammapada, e riappare in formulazioni diverse in tutto il testo (vedi, ad esempio, vv. 15-18, 117-122, 127, 132-133, capitolo 22).

3.Terzo livello - il Sentiero

 Il consiglio etico basato sul desiderio di rinascite superiori e la felicità nella vita futura non è l’insegnamento ultimo del Buddha, e quindi non in grado di fornire il programma di formazione decisiva, definito dal Dhammapada. Nell’ambito in cui viene applicato è perfettamente valido, come insegnamento preparatorio o provvisorio per coloro le cui facoltà spirituali non sono ancora mature. Una più profonda ricerca, tuttavia, rivela che tutti gli stati di esistenza nel samsara, anche le più alte dimore celesti, sono privi di valore reale, perché sono tutti intrinsecamente impermanenti (vv. 189-191), senza alcuna sostanza duratura (anicca), e quindi, per coloro che vi si aggrappano, potenziali basi per ulteriore sofferenza.
Il discepolo che ha maturato una comprensione profonda del dhamma, sufficientemente preparato da precedenti esperienze, avendo compreso l’inadeguatezza intrinseca di tutte le cose condizionate, focalizza la propria aspirazione verso la liberazione finale dal ciclo delle nascite. Questo è l’obiettivo a cui puntano gli insegnamenti del Buddha: il Nibbana, l’Immortale, lo stato incondizionato, dove non ci sono più nascite e quindi cessano la vecchiaia, la sofferenza e la morte (v. 348).
Il terzo livello di insegnamento presente nel Dhammapada espone quindi il quadro teorico e la disciplina pratica, che consentono di giungere alla liberazione finale. Il quadro teorico è sintetizzato nell’insegnamento delle Quattro Nobili Verità (vv. 190-192, 273), che il Buddha aveva proclamato già nel suo primo discorso. Le quattro verità sono imperniate sul concetto di sofferenza (dukkha), intesa non come mera esperienza del dolore, ma come insoddisfazione pervasiva, generata da ciò che è condizionato (vv. 202-203). La causa della sofferenza è il desiderio (tanha), il desiderio di piacere e di esistenza, che ci conduce attraverso l’interminabile ciclo delle nascite, portando con sé il dolore, l’ansia e la disperazione (vv. 212-216, capitolo 24). La terza verità ci dice che, abbandonando il desiderio, possiamo giungere alla cessazione del dolore. La quarta nobile verità rappresenta il sentiero che porta alla cessazione della sofferenza: il Nobile Ottuplice Sentiero: retta comprensione, retto pensiero, retta parola, retta azione, retti mezzi di sussistenza, retto sforzo, retta consapevolezza e retta concentrazione (Capitolo 20).
A questo terzo livello si trova il fermo invito ad andare oltre la morale corrente, per accedere alla pratica del sentiero che porta alla cessazione definitiva di tutti i kamma, sia buoni che malvagi: alla pacificazione, alla liberazione dal ciclo delle nascite. In pratica, gli otto fattori del sentiero sono disposti in tre gruppi principali che rivelano più chiaramente lo sviluppo della formazione: disciplina morale (retta parola, retta azione e retto sostentamento), concentrazione (retto sforzo, retta consapevolezza e retta concentrazione), saggezza (retta comprensione e retto pensiero) (Ibidem). Con la moralità vengono eliminate le contaminazioni mentali più grossolane. Con la concentrazione la mente diviene calma, pura e unificata, purgata dalle distrazioni (vv. 21, 371). Con la saggezza l’attenzione viene focalizzata sui fattori che costituiscono la realtà “così com’è” (vv. 203, 255). Questa saggezza, gradualmente maturata, culmina nella comprensione che porta alla totale purificazione e alla liberazione della mente.
In linea di principio, la pratica del percorso è attuabile da tutti, in qualsiasi condizione  di vita. Il Buddha ha insegnato a laici e monaci, e molti dei suoi seguaci laici hanno raggiunto stadi elevati di realizzazione. Tuttavia, l’applicazione necessaria per lo sviluppo del percorso è più intensa, per coloro che hanno abbandonato tutte le altre preoccupazioni, al fine di dedicarsi anima e corpo alla formazione spirituale, a vivere la “vita santa” (brahmacariya) (Capitolo 26 – Brahmanavagga – Il Brahmano (vv. 383-423). Per questo il Buddha ha istituito il Sangha, l’ordine di monaci e monache, che dedicano la propria vita alla pratica del Nobile Sentiero, che, nell’intero Dhammapada, viene richiamata ovunque.
La vita monastica è un atto di rinuncia radicale. Implica la rottura dei legami familiari e sociali, labbandono di case, figli, mogli e piaceri mondani (vv. 83, 87-89, 91). Il monaco, ritirato in luoghi silenziosi e appartati, cerca la compagnia di maestri saggi, e accetta le regole della formazione monastica, dedicando le proprie energie a una vita di meditazione. Si accontenta del minimo necessario per la sopravvivenza, è moderato nel cibo, contenuto nei sensi, energico nella pratica, immerso costantemente nella consapevolezza (vv. 185, 375, 373-374). La vita della contemplazione meditativa, raggiunge il suo culmine nello sviluppo della visione profonda (vipassana), e il Dhammapada enuncia i principi su cui si fonda questa saggezza: che tutte le cose condizionate sono impermanenti (anicca), insoddisfacenti (dukkha), che non c’è un sé o un io permanente (anatta) (vv. 277-279). Quando queste verità sono comprese, attraverso l’esperienza diretta, il desiderio, l’ignoranza e le relative catene mentali sono distrutte, e il discepolo sale attraverso fasi successive di realizzazione, fino alla piena realizzazione del Nibbana (vv. 383 e seguenti).

4.Quarto livello - l'Arahant (uomo santo, il realizzato)

 Il quarto livello di lettura del Dhammapada non fornisce altri insegnamenti, ma è un’acclamazione di coloro che hanno raggiunto la meta. Nel canone Pali le fasi di realizzazione definitiva, lungo la strada che porta al Nibbana sono quattro: “Entrata nella corrente” (sotapatti), il discepolo entra irreversibilmente sulla via della liberazione, che raggiungerà in sette vite al massimo. Già questo risultato, si dice nel Dhammapada, è superiore alla signoria su tutti i mondi (v. 178). Le due fasi successive sono (sakadagami) che tornerà solo una volta in un corpo, prima di liberarsi definitivamente, e (anagami), che otterrà la rinascita in un piano celeste, destinato a guadagnarsi lì la liberazione finale. La quarta e ultima fase è quella dell’arahant, il Compiuto, il saggio pienamente realizzato, che ha completato lo sviluppo del sentiero, sradicato tutte le contaminazioni e si è liberato dalla schiavitù del ciclo delle nascite. Questa è la figura ideale del buddhismo, è l’eroe supremo del Dhammapada. Esaltato nel capitolo 7 nel capitolo 26 (vv. 385-388, 396-423) sotto il nome di arahant, brahmana, “uomo santo”, egli costituisce la dimostrazione vivente della verità del Dhamma: che è possibile liberarsi dalle macchie dell’avidità, dell’odio e dell’ignoranza, superando la sofferenza, per ottenere il Nibbana in questa vita (capitolo 26).
Chi incarna nel modo più perfetto l’ideale dell’arahant è il Buddha (vv. 182, 194, 190-192), il Maestro Supremo che non dipende da niente, che ha sviluppato da sé la propria saggezza (353). Non un  dio ma un uomo, il Buddha rimane sempre essenzialmente umano, ma la sua perfetta illuminazione lo eleva ad un livello di gran lunga superiore a quella della comune umanità. Tutti i concetti a noi familiari e le comuni forme di conoscenza, non riescono a circoscrivere la sua natura: è senza strade, senza limiti di campo, libero da ogni mondanità, il conquistatore di tutto, il conoscitore di tutto, non contaminato dal mondo (vv. 179, 180, 353).

 Fonte: http://www.saddha.it/introduzione-dhammapada/#segue

 
 
 

IL SIGNIFICATO DI DHARMA

Post n°776 pubblicato il 14 Maggio 2014 da alf.cosmos
 

IL SIGNIFICATO DI DHARMA

 

DHARMA

 

Diamo uno sguardo alla parola dharma (o dhamma). L’antica interpretazione data alla parola dharma è quella data dalla legge di dio. Secondo l’antica credenza, il dio promesso che doveva apparire di tanto in tanto per proteggere questo dharma assumendo incarnazioni diverse. Il Buddha non accettava nessun dio che avrebbe potuto dare dottrine e comandamenti nè leggi religiose. Il Buddha usava la parola dharma per descrivere tutti i suoi insegnamenti. Dharma significa il detenere, sostenere e supportare.

Il Buddha insegna il dharma per aiutarci a sfuggire dalla sofferenza causata dall’esistenza e di impedire il degrado della dignità umana, scendendo in stati inferiori come inferno, animale, spirito, fantasma o regni del diavolo. Il dharma è introdotto dal Buddha per sostenerci e darci supporto. Liberandoci da questi miseri regni. Significa anche che se seguiremo i suoi metodi, non riusciremo mai ad entrare in tali sfortunate circostanze come nascere ciechi, sordi, zoppi o pazzi. Così, nell’uso del Buddha, dharma è il consiglio dato per sostenerci nella nostra lotta, per esser liberi dalla sofferenza ed anche per aumentare i valori umani. I filosofi occidentali descrivono il Buddhismo come un nobile stile di vita o come una religione di libertà e ragione.

Dharma non è una legge straordinaria creata da o per qualcuno. Il nostro stesso corpo è Dharma. La stessa nostra mente è Dharma. L’intero Universo è Dharma. Comprendendo la natura del corpo fisico, della mente e delle condizioni del mondo, realizzeremo Dharma.

Il Buddha ci insegna a comprendere la natura razionale della nostra esistenza in modo realistico. Trattasi della vita: qui ed ora, di ogni essere senziente e così collegato all’esistenza intera.

Di solito, quando la gente parla di religione, chiede: “Qual è la tua fede?” – Usano la parola “fede”. Il Buddha non era interessato allo sviluppo della “fede” nel senso assoluto, anche se potrà esser utile nelle fasi preliminari del proprio sviluppo religioso. Il pericolo di basarsi sulla sola fede senza una conoscenza analitica, sarà quello di renderci dei fanatici religiosi. Quelli che permettono alla fede di cristallizarsi nelle loro menti, non potranno vedere il punto di vista delle altre persone perchè avranno già prestabilito nella loro mente che ciò in cui credono sarà l’unica Verità.

Il Buddha insiste sul fatto che uno non dovrà accettare neppure i suoi Insegnamenti sulla base della sola fede. Una persona dovrà prima acquisire le conoscenze e dopo sviluppare la comprensione attraverso lo studio, la discussione, la meditazione ed – infine – la contemplazione.

La Conoscenza è una cosa, la Comprensione è altro. Se c’è comprensione, uno potrà regolare la propria vita a seconda delle circostanze mutevoli basate sulla conoscenza che avrà. Potremmo aver incontrato gente che conosceva molte cose, ma non erano realistici proprio per il loro egoismo, rabbia ed odio. Questo non consente loro di acquisire gli atteggiamenti mentali in modo imparziale nè la pace della mente.

Quando dovrà esser necessario scendere a compromessi, dovremo sapere come comprometterci. Quando sarà necessario tollerare, dovremo sapere come tollerare. Quando sarà necessario mantenere le proprie decisioni, dovremo saper esser fermi: con dignità.

 

Fonte: http://www.padronadeglieventi.net/2012/12/31/significato-di-dharma/

 
 
 

LE STELLE DI DIMENSIONI GIGANTESCHE

Post n°775 pubblicato il 11 Maggio 2014 da alf.cosmos
 

LE STELLE DI DIMENSIONI GIGANTESCHE

 

stelle più grandi

 

 

Sirio, stella quasi quattro volte più grande del nostro Sole, dista da esso 8,6 anni luce; una delle stelle più vicine in assoluto. Per questo motivo, vista dalla Terra, appare come la stella più luminosa del cielo dopo il Sole. Sirio è di colore bianco e si trova nella sequenza principale, come il nostro astro principale. Polluce dista da noi circa 34 anni luce ed è una stella subgigante di colore arancione) e il suo diametro è circa 10 volte quello del Sole. Arturo dista circa 37 anni luce ed è anch'esso una stella subgigante rossa. Il suo diametro è circa quaranta volte quello del Sole. Sembra tanto, ma ancora non abbiamo visto niente...

Rigel è una stella supergigante bianco-azzurra che appare quasi luminosa quanto Arturo nonostante sia 20 volte più distante (773 anni luce). Deneb è una stella supergigante bianco-azzurra. Grande circa 200 volte il nostro Sole, è a una distanza di circa 3200 anni luce da esso, la più distante tra quelle elencate qui. È la diciannovesima stella più luminosa del cielo, ma questo è solo dovuto alla sua grande distanza. In realtà è una delle stelle più luminose della Via Lattea, la nostra galassia. Se fosse al posto di Alpha Centauri sarebbe addirittura più luminosa della Luna piena. Betelgeuse è una stella supergigante rossa che dista da noi 427 anni luce. Risulta meno luminosa di Rigel nonostante sia più vicina e molto più estesa. Anche Antares è una supergigante rossa dal diametro oltre 500 volte più grande di quello del Sole e distante da noi circa 520 anni luce. Anche questa stella enorme appare meno luminosa di Rigel nonostante sia più vicina.

Se le stelle in questa sezione fossero tutte alla stessa distanza, la più luminosa sarebbe Deneb (265.000 volte più luminosa del Sole),  seguita da Rigel (40.000 volte più luminosa del Sole) Antares (11.000 volte più luminosa del Sole) e Betelgeuse (9700 volte più luminosa del Sole).

Le stelle supergiganti sono delle enormi bolle di gas incandescente. La loro densità è molto più bassa di quella del Sole. Ad esempio Betelgeuse, a dispetto delle dimensioni, ha una massa solo 14 volte superiore a quella del Sole: se la potessimo mettere sul un piatto della bilancia dovremmo mettere 14 stelle come il Sole sull'altro piatto per mettere il braccio in equilibrio. Le supergiganti blu/azzurre sono più dense, calde e luminose di quelle rosse: Deneb ha una massa che è 20-25 volte quella del Sole ma il suo diametro è meno della metà di quello di Betelgeuse.

Antares e Betelgeuse sono stelle davvero enormi, ma non sono le più grandi tra quelle conosciute della nostra galassia. Si ipotizza che VY Canis Majoris (distante circa 5000 anni luce) possa avere un diametro circa 2000 volte più grande di quello del Sole (ben 4 volte più grande di Betelgeuse). Il diametro di VV Cephei (2000 anni luce di distanza) è stimato essere 1750 volte quello del nostro astro, mentre KW Sagittarii (distante 9800 anni luce), V354 Cephei (9000 anni luce) e KY Cygni (5200 anni luce) potrebbero avere tutte un diametro all'incirca 1500 volte più grande di quello del Sole (cioè 3 volte più grandi di Betelgeuse).

 

ELENCO DELLE STELLE PIU’ GRANDI (il numero a fianco corrisponde a quante volte la stella è più grande del nostro Sole)

VY Canis Majoris fino a 2100  

WOH G64 fino a 2000

V838 Monocerotis fino a 1970 

VV Cephei fino a 1900

NML Cygni 1650

V354 Cephei A  1520

KW Sagittarii 1460

KY Cygni 1420

Mu Cephei  (la Stella granata di Herschel) 1420

RW Cephei 1260

BC Cygni 1140-1230

S Persei 730-1230

PZ Cassiopeiae 1190 (1940)

RT Carinae 1090

CK Carinae 1060

HV 11423 1000

Betelgeuse (Alfa Orionis) 990-1000

Antares (Alfa Scorpii) 850

V382 Carinae 747

S Pegasi 580

S Doradus 550

S Orionis 530

Omicron1 Canis Majoris 530

W Hydrae 520

119 Tauri 510

R Cassiopeiae 500

 

Fonte: http://it.wikipedia.org/wiki/Stelle_pi%C3%B9_grandi_conosciute

Fonte: http://digilander.libero.it/occultazioni/dimensioni.html

 

 

 VY CANIS MAJORIS

LA STELLA PIU' GRANDE CONOSCIUTA

 

 

 

 
 
 

LE TAVOLE SMERALDINE DI THOTH - TAVOLA VII: I SETTE SIGNORI - INTERPRETAZIONE DI DOREAL

Post n°774 pubblicato il 09 Maggio 2014 da alf.cosmos
 

LE TAVOLE SMERALDINE DI THOTH - TAVOLA VII: I SETTE SIGNORI - INTERPRETAZIONE DI DOREAL

 

UNIVERSO

 

Questa tavola inizia con l’ordine di aprire la mente alla saggezza di Thoth. Egli dice che la vita è piena di ostacoli che devono essere superati. Si deve permettere alla Luce del Cosmo di fluire e manifestarsi. La meta di tutta la ricerca deve essere l’unione con la Coscienza Cosmica, altrimenti c’è limitazione.

La Luce è sia finita che infinita, perché Dio, la Coscienza Cosmica, è Luce e tutte le cose manifeste e nascoste sono una parte di Dio. Quindi, non può esserci separazione. Perfino sotto la coltre dell’Oscurità, che noi chiamiamo negativo, è nascosta l’essenza della Luce pronta a scaturire quando si solleva il velo.
Il Cervello Infinito è perduto alla comprensione degli uomini, poiché non si rendono conto che ogni cosa non è altro che una manifestazione separata dell’unico Cervello Cosmico.
Tutte le caratteristiche della saggezza, sia in Dio che nell’uomo, sono parti di un’unica saggezza che si manifesta in canali diversi.
La Legge e l’Ordine sono le regole fondamentali di tutta la creazione, sia in Dio che nell’uomo. Perché solo nell’Ordine si trova equilibrio.

Thoth
parla ancora del nostro lontano passato, prima che Atlantide s’inabissasse. Il suo inizio fu tramite l’Abitante, poi conobbe la chiave e fu in grado di entrare da solo. Che differenza dai ricercatori odierni che avuta la chiave la utilizzano.
I Signori dei Cicli parlarono a Thoth dei cicli futuri, in modo che avesse la loro conoscenza anche se non sarebbe potuto penetrare tramite Suntal nei cicli più alti.
Thoth promise di offrire la saggezza acquisita.
Ci dice che i Signori sono Guide per l’uomo – e lo sono – perché insegnano quelle cose che sono di là dalla capacità di questa Coscienza Cosmica, e dunque egli acquisì la conoscenza dell’estensione dello I.Yoδ.
Secondo l’antico simbolismo, la saggezza si trovava nella fiamma.
Il fuoco, derivante dal non manifesto, esiste per un periodo nel manifesto e poi ritorna nel non manifesto. Così diventa il simbolo della coscienza che proviene dal non manifesto, esiste per un periodo nel corpo fisico per poi ritornare nuovamente nel non manifesto. In sostanza si dice all’uomo di cercare la saggezza nella sua coscienza.
I Sette erano venuti da oltre il ciclo tempo limitato, dipendendo dalla radiazione dell’atomo originale infinito. I Sette erano parte della Coscienza Cosmica prima di noi che derivò dallo I.Yoδ, e furono formati mentre noi facevamo ancora parte del disordine.
Si svilupparono prima dell’epoca dell’uomo, anche se quando occuparono questo ciclo cosmico apparivano come uomini. La Coscienza alla fine è informe e flessibile, e può assumere la forma di qualsiasi concetto concepito.
Si dice a Thoth di essere libero di percorrere il cammino finché si sarà completato il ciclo finale nel quale quello che un tempo era nell’Uno ritornerà ancora nell’Uno.
Le Coscienze Cosmiche, che occupano i cicli cosmici superiori, furono formate in sequenze ordinate, non tutte in una volta. Ce ne sono Sette oltre a noi, in altre parole più lontano nello spazio dallo I.Yoδ.
Questi Signori, anche se si manifestano qui, sono ancora collegati con la propria Coscienza Cosmica.
L’infinito è quello spazio più grande, da noi chiamato trascendentale. Quando gli I.Yoδ hanno completato la loro estensione nello spazio infinito, si uniranno al Latore della Fiaccola nello spazio trascendentale.
Si devono conoscere le spirali di Spazio-Tempo prima di potervi entrare. Si sviluppa il potere di muoversi attraverso spazio e tempo solo dopo averli conosciuti. Vita e Morte esistono solo come termini comparativi. Ogni cosa ha il suo opposto: togliete un polo e l’altro cessa di esistere. Nel piano della coscienza nel quale si manifesta la più alta Coscienza Cosmica del Nove, la morte non è conosciuta: quindi la vita non è conosciuta. C’è solo esistenza, immortale ed eterna, senza variazione del punto focale di manifestazione o perdita di coscienza conscia. Quando l’uomo vince la morte, ha anche dominato la vita e per lui cessano entrambe di esistere. Il Signore del Nove è senza tempo nel proprio piano, perché il tempo è il risultato dell’esistenza della materialità, e la nona Coscienza Cosmica non manifesta una materialità.
L’animo dell’uomo è una fiamma che è legata ad una montagna, la carne. Quando diventiamo Uno con lo I.Yoδ nel completamento finale del cerchio infinito, materialità e vita, che sono uno con la morte, cesseranno di esistere.
Anche nell’ottavo ciclo, la vita e la morte sono uno e vi si manifesta solo l’esistenza eterna. L’ottavo ciclo cosmico è il ciclo della Luce, perché qui la Luce infinita si concentra sul disordine mandato dal nono ciclo, rompendolo in parti che sono trasmesse ai cicli cosmici inferiori. Il disordine che cambia in ordine è la base di ogni cosa. La Luce è maestra di tutto quello che esiste.
È possibile procedere nel ciclo cosmico superiore quando le due parti di un’unità di coscienza diventano uno e tutte le altre parti sono diventate uno con l’Uno diventando Tutto.
Thoth afferma chiaramente che tutte le parti della sua unità sono uno, quando dice che la sua meta è il Tutto. Thoth utilizza una preghiera alla Luce, che, come sempre, termina con un comando.

Alla Luce quello che noi definiamo forma è senza forma, perché solo nella Luce esiste la vera realtà. Thoth offre liberamente la sua saggezza affinché anche altri possano percorrere lo stesso cammino.

Ordina ai suoi seguaci di rivolgere lo sguardo sempre verso la Luce, dirigendo i propri pensieri verso il maestro interiore. Si devono dunque evitare le brillanti promesse del potere materiale dei Fratelli Neri.

P.S. La prossima tavola di Thoth, tra un mese circa
 

 
 
 

LE TAVOLE SMERALDINE DI THOTH – TAVOLA VII: I SETTE SIGNORI

Post n°773 pubblicato il 08 Maggio 2014 da alf.cosmos
 

LE TAVOLE SMERALDINE DI THOTH – TAVOLA VII: I SETTE SIGNORI

universo

Ascolta, oh uomo, e comprendi la mia Voce.

Apri lo spazio-mente e bevi dalla mia saggezza.
Oscuro è il cammino della Vita che percorri. Sono molte le trappole che si trovano sulla tua strada. Cerca di conquistare sempre maggiore saggezza. Raggiungila e ci sarà sempre Luce sul tuo cammino.
Apri la tua Anima al Cosmo, oh uomo, e lasciali fluire insieme.
La Luce è eterna e l’Oscurità è momentanea.
Cerca sempre, oh uomo, la Luce
Sappi sempre che appena la Luce colmerà il tuo essere, presto per te l’Oscurità scomparirà.
Apri la tua anima ai Fratelli della Luminosità. Lasciali entrare e colmati di Luce. Alza i tuoi occhi alla Luce del Cosmo. Rivolgi sempre lo sguardo verso la meta. Soltanto conseguendo la Luce di tutta la saggezza, sarai uno con la meta infinita. Cerca sempre l’Unità eterna. Cerca sempre la Luce della meta.
La Luce è infinita e la Luce è finita, separata nell’uomo solo dall’Oscurità. Cerca sempre di sollevare il Velo dell’Oscurità. Conduciti insieme alla Luce nell’Uno.
Ascolta, oh uomo, senti la mia Voce che canta la canzone della Luce e della Vita. In tutto lo spazio, prevale la Luce, circondando Tutto con gli emblemi della fiamma. Cerca sempre nel Velo dell’Oscurità ed in qualche luogo sicuramente troverai la Luce. Nascosto e sepolto, perduto dalla conoscenza dell’uomo, profondo nel finito, esiste l’Infinito. Perduta ma esistente, fluente in tutte le cose, vivente in Tutto è la Mente Infinita.
In tutto lo spazio, c’è solo Una saggezza.
Anche se apparentemente diviso, c’è l’Uno nell’Uno. Tutto ciò che esiste deriva dalla Luce, e la Luce deriva dal TUTTO.
Ogni cosa creata si basa sull’Ordine: la Legge governa lo spazio dove dimora l’Infinito. Dall’equilibrio derivano i grandi cicli, muovendosi in armonia verso la fine dell’Infinito.
Sappi, oh uomo, che lontano nello spazio tempo, lo stesso Infinito dovrà passare il cambiamento. Odi ed ascolta la Voce della Saggezza: sappi che tutto è TUTTO per sempre. Sappi che con il tempo puoi perseguire la saggezza e trovare sempre più Luce sul tuo cammino. Sì, scoprirai sempre che allontanandoti la tua meta ti eluderà di giorno in giorno.
Tanto tempo fa, nelle Sale di Amenti, io, Thoth, mi trovavo davanti ai Signori dei Cicli. Potenti, Loro, nei loro aspetti di potere. Potenti, Loro, nella saggezza svelata.
Dapprima guidato dall’Abitante, li vidi. Ma in seguito fui libero di trovarmi alla loro presenza, libero di entrare nel loro conclave a volontà.
Spesso ho percorso l’oscuro cammino alla Sala dove risplende la Luce.
Imparai dai Maestri dei Cicli la saggezza portata dai cicli superiori e la conoscenza portata dall’Infinito Tutto. Molte domande ho posto ai Signori dei Cicli. Grande fu la saggezza che mi diedero. Ora io do a te questa saggezza, proveniente dalla fiamma del Fuoco Infinito.
Nelle profondità delle Sale Oscure si trovano le Sette unità di coscienza dai cicli superiori.
Loro si manifestano in questo ciclo come guide dell’uomo alla conoscenza del Tutto.
Sono Sette, grandi nel potere, proferenti queste parole agli uomini tramite me. Volta dopo di volta stavo davanti a loro, ascoltando le parole che giungevano senza suono.
Una volta Loro mi dissero:
“Oh uomo, vuoi acquisire la saggezza? Cercala nel cuore della fiamma. Vuoi acquisire la conoscenza del potere? Cercala nel cuore della fiamma. Vuoi essere uno con il cuore della fiamma? Allora cerca in te la tua fiamma nascosta”.
Molte volte Loro mi parlarono, insegnandomi la saggezza estranea al mondo, indicandomi sempre nuove vie di luminosità, insegnandomi la saggezza portata dall’alto. Mi diedero la conoscenza dell’effetto, insegnandomi la Legge, l’ordine di Tutto.
Mi parlarono ancora i Sette, dicendo:
“Da lontano oltre il tempo Noi siamo venuti, oh uomo. Abbiamo viaggiato da oltre lo Spazio-Tempo, sì, dal luogo della fine dell’Infinito. Quando tu e tutti i tuoi fratelli eravate senza forma, Noi fummo formati dall’ordine di TUTTO. Non siamo fatti come l’uomo Noi, anche se una volta lo eravamo. Fuori dal Grande Vuoto Noi fummo formati in ordine e per la Legge. Perché tu sai che quello che è formato veramente è senza forma, avendo forma solo ai tuoi occhi”.
Ed i Sette mi parlarono ancora, dicendo:
Figlio della Luce, oh Thoth, tu sei libero di attraversare il percorso luminoso ascendente dove alla fine Tutti diventano Uno.
Noi fummo formati dopo il nostro ordine: Tre, Quattro, Cinque e Sei, Sette, Otto, Nove. Sappi che questi sono i numeri dei cicli che Noi discendiamo all’uomo. Ognuno ha qui un dovere da adempiere; ognuno ha qui una forza da controllare. Eppure siamo Uno con l’Anima del nostro ciclo. Eppure anche Noi stiamo cercando una meta. Molto lontano dal pensiero dell’uomo, l’infinito si estende in un Uno più grande del Tutto. Là, in un tempo che è anche un non tempo, dobbiamo Tutti diventare UNO in un Uno più grande del Tutto. Tempo e spazio si stanno muovendo in cerchi. Impara la loro Legge ed anche tu sarai libero.
Sì, dovrai essere libero per muoverti attraverso i cicli, superare i guardiani che dimorano sulla porta”.
Poi mi parlò Egli del Nove dicendo:
“Epoche dopo epoche sono esistito, non conoscendo la Vita, e non gustando la Morte. Perché sappi, oh uomo, lontano nel futuro, vita e morte saranno uno con il Tutto. Ognuna così perfetta equilibrando l’altra, che nessuna delle due esisterà nell’Unità del Tutto.
Negli uomini di questo ciclo la forza è emergente, ma la vita nella sua crescita diventa uno con il Tutto.
Qui mi manifesto in questo vostro ciclo, eppure sono là, nel vostro futuro del tempo.
Eppure per me il tempo non esiste, perché nel mio mondo il tempo non esiste, perché Noi siamo senza forma.
Noi non abbiamo la vita eppure abbiamo l’esistenza, più piena e più grande e più libera di te.
L’uomo è una fiamma legata ad una montagna, ma Noi nel nostro ciclo saremo sempre liberi. Sappi, oh uomo, che quando progredirai nei cicli che si prolungano sopra, la vita stessa passerà all’Oscurità e rimarrà soltanto l’essenza dell’Anima”.
Poi mi parlò il Signore dell’Otto dicendo:
“Tutto quello che sai è solo una minima parte. Non hai ancora toccato il Grande. Lontano dallo spazio dove la Luce regna suprema, io venni alla Luce. Fui formato, ma non come sei formato tu.
Corpo di Luce era la mia forma senza forma. Non conoscevo la Vita e non conoscevo la Morte, eppure sono maestro di tutto quello che esiste. Cerca di trovare il sentiero attraverso le barriere. Viaggia sulla via che conduce alla Luce”.
Ancora mi parlò il Nove dicendo:
“Cerca di trovare il sentiero all’aldilà. Non è impossibile giungere ad una coscienza superiore. Perché quando Due sono diventati Uno ed Uno è diventato il Tutto, sappi che la barriera si è sollevata, e sei reso libero dalla strada.
Cresci dalla forma al senza forma. Potrai essere libero dalla strada”.
Quindi attraverso le ere ascoltai, imparando la via al Tutto. Ora io innalzo il mio pensiero al Tutto. Ascolta ed odi quando chiama.
“Oh Luce, tutto pervadente, Uno con Tutto e Tutto con Uno, fluisci in me attraverso il canale. Entra così che io possa essere libero. Rendimi Uno con l’Anima Unitaria, splendendo nell’Oscurità della notte. Rendimi libero dallo spazio tempo, libero dal Velo della notte. Io, un Figlio della Luce, comando: sia Libero dall’Oscurità”.
Sono senza forma per l’Anima Luce, senza forma eppure splendente di Luce. So che i legami dell’Oscurità devono essere infranti e cadere davanti alla Luce.
Ora offro questa saggezza. Potresti essere libero, oh uomo, vivendo nella Luce e nella luminosità. Non distogliere il tuo sguardo dalla Luce. La tua anima dimora nei reami della luminosità. Sei un Figlio della Luce.
Volgi i tuoi pensieri interiormente, non all’esterno. Cerca la tua Anima di Luce all’interno. Sappi che tu sei il Maestro. Qualsiasi cosa proviene dall’intimo. Accresci i regni della luminosità. Volgi sempre il tuo pensiero alla Luce.
Sappi essere uno con il Cosmo, una fiamma ed un Figlio della Luce.
Ora ti do un avvertimento: non lasciare che il tuo pensiero ti distolga. Sappi che la luminosità fluisce nel tuo corpo eternamente. Non volgerti verso la Luminosità Oscura, proveniente dai Fratelli del Nero. Tieni sempre lo sguardo rivolto in alto e la tua anima in sintonia con la Luce.
Ricevi questa saggezza e seguila.
Ascolta la mia Voce ed obbedisci.
Segui il percorso verso la luminosità, e sarai Uno con il cammino.
P.S. Le precedenti tavole si possono trovare andando su "vedi tutti i tags" (colonna a dx del blog) e poi su "THOTH" o " LE TAVOLE SMERALDINE DI THOTH"
VENERDI' O SABATO  L'INTERPRETAZIONE DI DOREAL 

 
 
 
 
 

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