Un popolo distrutto

Museo Lombroso dis-unità d'Italia

I soldi per questo museo del razzismo sono stati gentilmente presi dai fondi destinati all'università e alla ricerca seria!La riapertura del Museo di Antropologia criminale “Cesare Lombroso, a Torino, ha provocato lo sdegno dei cittadini italiani offesi dal riemergere delle aberranti tesi di un medico ottocentesco già abiurato dalla comunità scientifica.Lo sdegno é accentuato dalla notizia che la riapertura del Museo risulta avvenuta grazie ai finanziamenti milionari destinati all’università di Torino, risorse sottratte alla collettività per celebrare l’antiscientificità di cui è testimone il Museo Lombroso: le lugubri sale sono tappezzate di ossa, crani, scheletri di delinquenti comuni o malati di mente, ma in gran parte insorgenti meridionali detti briganti (uomini e donne che si ribellarono all'occupazione piemontese post 1860 spacciata per unità nazionale).La speculazione che il Lombroso seppe farne, per avallare le sue teorie e sostenere la natura primitiva e delinquenziale delle popolazioni meridionali, vale da sé a squalificare il personaggio.Si é costituito perciò il “Comitato No Lombroso”, che ha per scopo di farsi promotore della rimozione delle teorie criminologiche di Cesare Lombroso dai libri di testo, con la soppressione di ogni commemorazione a nome “Cesare Lombroso (compresa la chiusura. dell'orrido museo torinese), insieme alla promozione di un disegno di legge per la messa al bando della memoria di uomini colpevoli direttamente indirettamente di delitti connessi con crimini di guerra o di razzismo.Alla operatività del Comitato vanno ascritte le iniziative di seguito illustrate.E’ stata presentata una istanza ad una serie di Amministrazioni comunali, scientificamente e storicamente motivate, con la richiesta di cancellazione dalla toponomastica cittadina dell'intitolazione stradale “ Via Cesare Lombroso”: positivo il riscontro, ad oggi, dell’assessore alla Cultura del Comune di Milano, Massimiliano Finazzer Flory; del sindaco di Torino, Sergio Chiamparino; di quello di Gravellona Lomellina., Francesco Ratti; nonché, per il Comune di Nardò, dell’ architetto Giovanni Perrone, i quali hanno riconosciuto la fondatezza dell'iniziativa riservandosi di sottoporre la richiesta agli uffici competenti.La stessa istanza si è poi trasformata in una doppia interrogazione parlamentare, ad opera dell'on. Domenico Scilipoti, con l’ulteriore richiesta della restituzione delle spoglie del “brigante” Giuseppe Villella (trattenute nel museo di Torino) al paese di Motta Santa Lucia, per darne cristiana sepoltura. Sempre su iniziativa del Comitato, si è svolta la visita di una delegazione parlamentare, guidata dallo stesso on. Scilipoti, presso il Museo “Cesare Lombroso, a concreta constatazione della totale inopportunità della sua riapertura.E già operativo,inoltre, il sito Internet “nolombroso.org”, con traduzione in inglese, francese e spagnolo, dove é possibile apporre la propria sottoscrizione alla petizione ufficiale a sostegno delle iniziative del “Comitato No Lombroso”, nonché aderire al Comitato tecnico-scientifico che supporterà l’attività in itinere . Ad oggi hanno prestato il loro consenso sia alla petizione quanto a fungere da testimonial del Comitato personaggi illustri, fra i quali Lorenzo Del Boca, presidente nazionale dell’ordine dei giornalisti e saggista, e Pino Aprile, direttore di testate e oggi protagonista con il suo best-seller “Terroni”.  di Domenico Iannantuoni dalla Gazzetta del Mezzogiorno 30 settembre 2010.

La risposta di Lino Patruno: Abbiamo fin dal primo momento sostenuto l’attività del Comitato, chiedendo la chiusura del museo di Torino, la restituzione delle spoglie di Villella, la cancellazione dalle strade del nome di Lombroso. Ci sembra una battaglia di umanità e di dignità mentre si va verso i 150 anni dell’unità d’Italia.Il museo Lombroso è un elemento di divisione fra Nord e Sud, un elemento di disunità più che di unità.