Creato da bimbadepoca il 16/03/2005

Il diario di Nancy

Pensieri e storie tra il vero, il verosimile e l'inganno.

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Romanzo incompiuto... ultima parte

Post n°172 pubblicato il 03 Settembre 2007 da bimbadepoca
 

Si conclude con questo episodio il mio tentativo di fare la "scrittrice".
Questa storia, come ho già spiegato più volte, non è mai stata portata a termine, dipenderà dal gradimento di chi legge l'eventuale proseguimento di questo "capolavoro". Stroncatemi senza pietà, così finalmente avrò una giustificazione valida per non sentirmi in colpa.
Le puntate precedenti, nel caso malaugurato l'aveste perse, sono qui: (so che non ve ne importa nulla, ma si usa farlo)

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Questo post resterà a dispozione della pubblica giuria fino a metà settembre. Venerdì mattina parto per un'isoletta in mezzo al mare. Arrivederci!!!

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Durante la settimana la pizzeria chiudeva poco dopo la mezzanotte, difficilmente c'era una grande affluenza nei giorni feriali.
Quella notte Paolo, al termine del suo turno di lavoro, non aveva alcuna voglia di tornarsene a casa, di lasciar morire quel giorno senza avergli dato qualcosa da ricordare, un segno di vissuto.
Respirava il clima mite e dolciastro di quella bella notte d'inverno e quasi rimpiangeva d'aver ignorato le avances di alcune clienti.
Si avviò svogliatamente verso il parcheggio e, in un primo momento, vederla ferma accanto alla sua moto gli sembrò un miraggio del suo stesso desiderio.
Ma la donna era reale. E sembrava aspettarlo.

- Ciao - fece lui e per dare un tono al suo stupore si abbottonò il giubbotto come se sentisse freddo.
Lei rispose al suo saluto con un sorriso invitante - E' una notte così bella ed io conosco un posto, dove si vedono tutte le stelle. Ho pensato che ti sarebbe piaciuto, che avresti potuto trovare un'ispirazione per qualche quadro -
Paolo era come sempre intimidito da quella strana ragazza, lo sconcertava il suo modo di fare e nello stesso tempo ne era attratto come non mai.
Si sedette sul sellino della moto, facendole segno di salire, lei non se lo fece ripetere e prese posto dietro di lui.
Quel primo contatto fisico li fece trasalire entrambi, anche se entrambi finsero indifferenza.

Viaggiarono stretti in un abbraccio giustificato solo da quella corsa in moto. Senza parlare.
La ragazza l'aveva condotto su di un'altura panoramica, un palco sulla città che si stendeva ai loro piedi, addormentata.
Si sedettero sul muretto di protezione, contemplando senza parlare il mare scuro sotto di loro.
- Mi piacerebbe essere ritratta qui - fu lei la prima a rompere il silenzio sacrale di quel momento.
- Sarebbe un bel quadro - ammise lui - lo sarebbe perché tu ne saresti il soggetto - e cercò d'accarezzarle i capelli che una leggera brezza si divertiva a scompigliare.
Lei si ritrasse a quella carezza - Non è ancora il momento - Ma si vedeva chiaramente che le costava fatica respingerlo.

- Ma lo sai che non conosco ancora il tuo nome? - chiese Paolo con tono curioso.
- Mi sembra d'avertelo già detto, un nome è solo un particolare trascurabile - rispose lei.
- Non so nulla di te - continuò il ragazzo, ignorando volutamente la sua risposta sfuggente.
- Non c'è nulla da sapere - disse lei - Vado in giro ad aiutare la gente - si affrettò poi ad aggiungere appena scorse un’ombra sul volto di Paolo.
Lui la fissò lungamente prima di rispondere - Non ho mai pensato a te come una dama di carità. Non ne hai l'aspetto – 

Lei allora cominciò a raccontarsi con foga, come se volesse spogliarsi dall’involucro misterioso in cui era avvolta.
- E invece ho aiutato tantissime persone, molte di più di quante potresti lontanamente immaginare. E’ la mia missione aiutare gli altri. Non è per niente facile scontrarsi con la loro iniziale diffidenza, così com’è impossibile non lascarsi coinvolgere dalle loro vite. Ma mi piace troppo, non riesco a farne a meno.
Ora sto seguendo quattro casi, una ragazza che si prostituisce per procurarsi la droga, un vecchietto vittima di un figlio che gioca sui sensi di colpa per spillargli denaro, una giovanissima donna sposata a un uomo manesco e un bellissimo artista che è convinto di non avere talento
-
Paolo l’interrupe bruscamente - Vuoi dire che per te sono un caso clinico? – aveva compreso dal tono della donna che non scherzava, che parlava sul serio – E chi ti ha chiesto d’aiutarmi? Chi ti ha chiamato? Chi ti ha dato il permesso? Io non ho bisogno dell’aiuto di nessuno - era gonfio di rabbia che sputava fuori in un sovraccarico di domande.
- Calmati Paolo - disse lei dolcemente - Tu hai solo bisogno d’imparare a dipingere con l’anima -
- Non sapevo che le crocerossine andassero in giro a insegnare la passione
- affermò lui sarcastico. La donna gli posò la mano sul braccio, una lieve carezza nella speranza d’ammansirlo, ma lui continuò più rabbioso di prima – Se vuoi essere scopata è inutile che fai tutta questa commedia -

Lei allontanò la mano e per la prima volta ebbe un’aria smarrita. Paolo la trovò più irresistibile di sempre e tutta la rabbia si disperse davanti a quella bella bocca che tremava.
Lei fissava un punto distante sul mare e aveva gli occhi lucidi, le lacrime ingoiate con orgoglio. Lui la guardava e solo allora si rese conto del suo abbigliamento, un peplo color porpora con elaborati ricami d’oro, trasparente e inadeguato.
- Ma dove li scovi questi vestiti? – domandò titubante, con la speranza che cambiare totalmente discorso servisse a riportare l’armonia tra loro. Aveva timore d’aver rovinato tutto e che quella domanda azzardata potesse essere il colpo finale.
- Non badare a come vesto – rispose lei sorridendo, come se nulla fosse successo.
- Sei molto originale – continuò lui rincuorato – la prima volta che ti ho visto credevo fossi una figurante di un film sull’antica Roma -
- Mi vergogno da morire- adesso rideva e si nascondeva il viso tra le mani.
- Se mi dici il tuo nome, prometto di non badare ai tuoi vestitini buffi - e si baciò come suggello gli indici disposti a croce.
- Un nome fa parte di quelle cose senza importanza, i preludi della conoscenza, le ovvietà per i mediocri. Noi siamo già oltre- Un brivido attraversò la schiena di Paolo perché sapeva che lei diceva il vero, eppure non conoscere nemmeno il nome di quella ragazza, lo inquietava perché gliela rendeva inconsistente, simile a un sogno.

- E’ tardi, devo tornare a casa - e il suo viso era tornato a essere estraneo alle umane passioni. Come se fosse già un’altra.
- Andiamo ti accompagno - disse Paolo a malincuore, ma lei lo sorprese nuovamente – Non ce n'è bisogno. Sono già arrivata - e indicò un punto vago in direzione del faro. Poi con una mossa inattesa scavalcò il muretto e s’incamminò per un sentiero nascosto…

 

 
 
 
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fu in idioma del mondo,
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