Il diario di Nancy
Pensieri e storie tra il vero, il verosimile e l'inganno.
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IL CUORE E LE STELLE
Si ringrazia Seduzir64 per il sottofondo musicale.
LA MIA LIBRERIA
in continuo aggiornamento su aNobii
Oggi voglio raccontarvi una storia che ha avuto luogo tantissimi anni fa, precisamente in quel periodo in cui l'impero romano era agli sgoccioli e la religione cattolica era diventata religione di Stato.
Già, sarebbe bello se così fosse, mi spiace deludervi ma le cose non stanno in questo modo. Ipazia fa ancora paura, perché rappresenta la donna libera, colta e intelligente. Siccome io continuo a credere che la libertà sia un valore fondamentale nella vita di ogni uomo, ho firmato questa petizione. Se poi siete iscritti anche su Facebook, potete pure iscrivervi a questo gruppo.
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- Sono proprio felice che mio figlio sia andato a vivere a Wellington!!! – esclama Anna addentando un pasticcino con nocciole. - E’ completamente inutile questo nostro disfattismo – sbotta Anna all’improvviso, lanciando le sue carte da gioco sul tavolo verde e sui pasticcini – Dobbiamo smetterla con tutti questi blablablà senza costrutto. Qui dobbiamo scendere in piazza a fare la rivoluzione - negli occhi un lampo delle passate battaglie e, per un attimo, è ancora la ragazzina con i capelli lunghi e scarmigliati vestita con abiti sgargianti. E’ ancora la giovane femminista di dieci anni dopo, che scorazzava i figli in una due cavalli Charleston a far la spola tra i collettivi italiani. Io resto neutrale finché Mavì non s’accorge del mio sospetto silenzio. In realtà non mi è successo nulla di speciale, questa mattina reduce da una lunga fila alle poste, ho avvertito il bisogno di un caffè e di una sfogliatella calda. Avevo bisogno di rilassarmi, concedermi una coccola rileggendo il libro di poesie che porto sempre in borsa, godermi il tepore di questi primi giorni d’autunno.
Ad un tratto lui ha sorriso e sulla guancia destra è apparsa un’affascinante ruga verticale. Avrei voluto lenire il suo dolore, allungare la mano e sfiorargli il volto. A malincuore mi sono imposta di non guardare e desiderare la guancia destra di uno sconosciuto. Anna si alza per correre all’ingresso, dove abbiamo riposto foulard, golfini e borse. E dopo poco ritorna nel soggiorno stringendo tra le mani flaconcini di crema antirughe. |
E’ con un misto di gioia e trepidazione che ritorno a scrivere tra le pagine di questo diario. Già immagino le vostre domande, acuite dal dolore della mia lontananza: Ma allora come mai eri sparita??? Perché questa lunga assenza??? Purtroppo io sono una malata cronica, ho contratto il virus quando ancora abitavo a Napoli, ma la fase acuta l’ho vissuta nella casa di Roma. In quel periodo giravo per le stanze di casa mia armata di metro, dalle riviste specializzate ritagliavo in modo compulso immagini di sofà, cappelliere e piatti doccia. E nell’attesa di poter disporre a mio piacimento di una squadra di muratori, elettricisti e falegnami, ho dovuto lenire lo stato ansioso legato alla malattia con qualche potente palliativo, ed è così che nella mia vita è entrato PET Society. Prima di tutto bisogna crearsi un avatar, un animaletto personalizzabile, che vivrà in una sorta di utopistica città del sole, secondo i dettami di Tommaso Campanella. Finalmente grazie al mio animaletto* ho una casa da arredare, posso fare e disfare secondo l’estro del momento; stamattina per esempio ho spostato lo studio al pianterreno e, al terzo piano, dove prima c’era lo studio ho disposto l’angolo relax. Non è da escludere che, tra qualche tempo, smonto lo studio e al suo posto metto la sala da pranzo con camino. Il tutto senza chiedere permessi edilizi. Sissignori sono mancata da questo blog per malattia, ditelo anche a Brunetta posso produrre certificato medico per la mia sindrome dell’architetto. Non contenta di PET Society da qualche settimana ho cominciato a giocare anche a FarmVille, non una casa da arredare ma un'intera fattoria da gestire. Simulacro del sogno bucolico di cibarsi dei prodotti sani del proprio orticello. Se vi può interessare domani dovrei fare il raccolto dei carciofi. *Chiaramente la mia bestiolina si chiama Nancyno. |
Qualche giorno fa mi sono recata in banca per effettuare un versamento. Non è un’operazione che faccio spesso, i miei contatti bancari sono puramente automatizzati, di solito inserisco la tessera nel bancomat e prelevo a gogò. Già m’immaginavo il supplizio dell’entrata, quella maledetta voce registrata che ogni volta m’intima di tornare indietro per depositare gli oggetti metallici nell’armadietto. Abitualmente sono costretta a lasciare la borsa, spesso ho dovuto togliere anche collane e braccialetti. Una volta d’estate, nonostante avessi già depositato tutto quello che c’era da depositare, la malefica porta continuava a negarmi l’accesso. Dovetti richiamare l’attenzione di un impiegato battendo i pugni sui vetri, fargli una piroetta per mostrargli il mio vestitino di cotone e spiegargli a gesti che l’ultima cosa che potevo depositare nell’armadietto era quello. Con mia grande sorpresa questa volta la porta non mi ha bloccato, miracolosamente mi ha fatto passare con tutta la borsa, ho sospirato grata che finalmente avessero revisionato l’infernale meccanismo. Non c’era nessuno, così mi sono recata immediatamente ad uno degli sportelli. - Buongiorno! Dovrei fare un versamento sul mio conto – ho spiegato all’impiegato sorridendo. Mi è preso il panico, ho pensato con terrore che qualche pirata informatico avesse fatto sparire il conto, nel frattempo l’impiegato mi fissava con aria sospettosa e mi è venuto il dubbio che potesse credermi una malintenzionata. Non so perché ma ho avuto la sensazione che cominciasse a considerarmi non tanto sana di mente. Mentre io ricordavo benissimo, che fino alla volta precedente, il servizio clienti era nel punto preciso che avevo indicato. Lo so adesso penserete che io sia una svampita, una con la testa perennemente fra le nuvole. Ma non è così, in realtà l’ho fatto apposta, mi piace regalare ai grigi impiegati un po’ di buonumore, diventare lo spassoso argomento di cui parlare nella pausa caffè con i colleghi. |
Sto aspettando le mie amiche, le ho invitate a casa mia per un tè, ho bisogno di capire perché, improvvisamente, sento questo bisogno disperato di qualcuno su cui fantasticare nella litania dei giorni troppo uguali. Ieri sera degli amici mi hanno portato in un locale dove non ero mai stata, doveva essere uno di quei posti di tendenza, a giudicare dalla folla che c’era. Sì, anche l’ultima sera, intorno al fuoco di un improvvisato falò in spiaggia. Eravamo tanto giovani in quella notte d’agosto, sulla pelle il colore dorato dell’estate, il barlume delle fiamme rendeva tutto irreale, come se sapessimo già che un momento così non sarebbe mai più ritornato. Quella notte lui comprese che l’avevo tradito un’altra volta, che ero irrecuperabile e sbagliata. Incominciò a intonare una nuova canzone, senza più guardarmi, parole di disprezzo già cantate da altri. E fu la fine. Non era lui a mancarmi, appartiene al passato remoto della mia vita, mi manca troppo l’ingannevole sensazione dell’amore, la pienezza appagante che regala, quasi uno scudo contro le brutture. Ci ho creduto perché volevo illudermi, perché di lui conservo ancora il desiderio, perché ho sperato che tra noi ricominciasse l’amore. Quello che ti fa battere il cuore e sentire viva, quello che regala un senso ai giorni uguali. - Un giorno noi vivremo insieme - mi ha prospettato un futuro per ripagarmi di quest’attesa infinita. Come se questa notizia avesse dovuto riempirmi di gioia, come se io volessi condividere con lui pantofole, pigiami di lana e unguenti per i reumatismi, come se cercassi la banale quotidianità. E invece cerco attimi da ricordare. - Cerca di capire Nancy, non voglio uscire con te solo per una sera, con te mi piacerebbe fare un bel viaggio- mi ha detto per cambiare discorso, per cancellare il rimprovero dal mio sguardo e dal mio tono di voce. Ho scosso la testa sconsolata, per quella nostra diversità che affiorava da particolari e cancellava in entrambi ogni rimpianto. Allora mi ha baciato con furia e non mi è piaciuto, perché quest’irruenza aggressiva non è passione, Non è quello che voglio e che mi manca. Ma è già così difficile spiegare a me stessa cosa mi manca, che non so spiegarlo a lui e rimaniamo in silenzio come due estranei, con quello stesso senso di vuoto che ho provato ieri sera, ascoltando una voce che, una volta, cantava per me sola.
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Qualche anno fa, venne messo in commercio un giochino per il Nintendo DS che testava l’età del cervello. Lo pubblicizzava una Nicole Kidman fresca di chirurgo plastico, come se bastasse un ritocco qui e là per ringiovanire anche il cervello. Questo Natale il simpatico vecchietto vestito di rosso ha portato in regalo a mia figlia, proprio il Nintendo DS, ovviamente nella versione rosa. E poi il gioco di Trilli. Chiaramente nei giorni seguenti, alla domanda di rito che si fa ai bambini in queste occasioni, rispondeva senza nascondere la sua piccola delusione. Così lo zio ha deciso di scaricarle tutti i giochi che lei aveva chiesto su una scheda di memoria R4. Sissignori l’ho fatto!!! Per fortuna il giochino prevede una serie di esercizi quotidiani per allenarsi e migliorare le capacità del cervello. Il signor Ryuta Kawashima è una persona gentilissima, ogni volta che l’accendo è sempre felicissimo di vedermi, mi rimprovera bonariamente se salto qualche appuntamento, si preoccupa se svolgo i test a tarda sera, mi fa delle domande che poi mi ripropone a trabocchetto dopo qualche giorno, per vedere se sono completamente rimbambita. Sì, è proprio una persona deliziosa. Così ho cominciato ad allenarmi, alla fine di ogni esercizio invece del punteggio viene fuori un livello di velocità. Inizialmente io andavo sempre a piedi, poi un giorno ho finito un esercizio veloce come un treno e ho condiviso esultante la mia gioia con i miei figli e i figli dei miei amici. Mio figlio Gi, che aveva sempre snobbato Brain Training, considerandolo poco divertente, ha cominciato ad appassionarsi, probabilmente per il sottile piacere di surclassare sua madre. Figlio indegno!!! Però ho rifatto il test d’ingresso. Ora, dopo l’allenamento, risulto avere 48 anni. Volete mettere la soddisfazione di essere più giovane che mio marito. Se non mi vedrete spesso in questi lidi sappiate che mi sto allenando per l’ambizioso traguardo dei 18 anni. |
Mi sono sempre chiesta come sia stato possibile che gli italiani, negli anni trenta, abbiano accettato le leggi razziali di buon grado. Oggi i mezzi d'informazione fanno quello che negli anni trenta fece la propaganda fascista, manipolano la realtà a uso e consumo di chi ha la pretesa di governarci. La stampa e la televisione diffondono notizie atte a produrre nella popolazione una sensazione tangibile di paura, che porta a un crescente clima d'ostilità verso gli stranieri. Fateci caso, quando viene commesso un crimine di qualsiasi tipo, se a commetterlo è stato uno straniero viene sempre specificata la sua nazionalità, come se fosse il motivo determinante per cui il crimine viene compiuto. Ma se cambiano le parole il risultato non cambia, e alla resa dei conti vengono utilizzate misure diverse nel trattare notizie della stessa gravità. Vi riporto integralmente l'articolo che Carlo Moccaldi ha scritto sul portale PiazzaVittorio. Non amo fare fotografie ai funerali, ma oggi devo. È importante che le immagini dei bangladesi sotto la pioggia facciano riflettere, in questa Italia la vita di un immigrato vale poco, meno dell’arrivo dei saldi. |
Ci siamo quasi, all'appello manca soltanto il sei gennaio, per mettere la parola fine a questi lunghi giorni di festa. Ho rivisto un'amica dopo 25 anni, un'emozione fortissima. Eravamo poco più che bambine, ogni mattina facevamo la stessa strada per andare a scuola in un altro quartiere, io in prima superiore, lei in terza media. Eravamo goffe in quei corpi che cambiavano, forme appena abbozzate, come farfalle ancora racchiuse in una crisalide. Per Capodanno, nonostante il freddo polare, ho girovagato tra deliziosi borghi toscani. Serate di lunghe tavolate con gli amici, di vin santo e tozzetti, di sfide all'ultimo sangue al lancio del panforte. Sì, sono stata molto bene in questi giorni di festa, tremo giusto un pochino al pensiero degli sms scemi che riceverò domani sera, già sapendo che non sarò in grado di rispondere. Non ci riesco a ricambiare banalità con parole confezionate ad arte dai gestori telefonici. Nel primo post dell'anno dovrei stillare la lista dei miei buoni propositi, ho così tante cose da fare: 1) Portare a riparare il computer... ormai è posseduto da virus talmente potenti che vive di vita propria, indipendente dalla mia volontà. E poi sarebbe bello riuscire a realizzare quello che ho in mente, quello che già sapete. L'oroscopo è propizio, pare che l'acquario sia il segno favorito dell'anno, scaramanticamente incrocio le dita mentre ricomincio a scrivere e a crederci. Vorrei un anno d'amore, riprovare emozioni che trasformerei in scrittura. Anche se m'accontenterei di un anno di pace per tutti. Buon 2009 |