Creato da bimbadepoca il 16/03/2005

Il diario di Nancy

Pensieri e storie tra il vero, il verosimile e l'inganno.

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IL CUORE E LE STELLE

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Tradizioni di Natale

Post n°244 pubblicato il 21 Dicembre 2008 da bimbadepoca
 

Tempo di addobbi, di decorazioni, di alberi e presepi, di bigliettini d'auguri e dolci da preparare, di corse al regalo e visite ai parenti... insomma di tutte quelle cose, senza le quali, non sarebbe Natale.

Ognuno in materia ha le sue tradizioni, abitudini legate al luogo geografico d'appartenenza oppure alle consuetudini familiari.
Quando ero bambina, Babbo Natale era solo un personaggio da film americano, la sera della vigilia non preparavo per lui latte e biscotti. Aspettavo con trepidazione la mezzanotte per festeggiare la nascita di Gesù bambino. Pochi minuti prima mio padre si calava sul capo una vestaglia, nelle mani a coppa poneva il divino bambinello e accompagnato da me e dai miei fratelli cantava "Tu scendi dalle stelle".

Questo rito, con il passare degli anni, assunse sempre più l'aspetto di una burla. Insieme ai miei fratelli indossavamo delle lunghe vestaglie e seguivamo nostro padre in quella che diventò la parodia di una sacra processione. Stonavamo apposta, storpiavamo le parole della canzone, cercavamo di farlo inciampare per poi saltargli tutti quanti addosso, mentre lui gridava "Attenti al bambino".
Gli facevamo sbagliare percorso, invece di portarlo verso il presepe cercavamo di chiuderlo in bagno o in camera da letto.

Se ci ripenso non posso fare a meno di ridere ogni volta. E mi prende una leggera malinconia pensando a quella processione, che di anno in anno, perdeva uno dei suoi partecipanti. Oggi viviamo in luoghi differenti d'Italia ed anche se ripetiamo, per tradizione, quella processione con le nostre nuove famiglie non potremmo far rivivere lo stesso spirito e la stessa euforia di quei giorni.
Durante l'ultima processione a cui ho partecipato, dopo gli sgambetti, le cadute e le deviazioni, mio padre riuscì a porre il bambino nella mangiatoia. Era il segnale che il nostro gioco doveva finire, il momento in cui si doveva essere seri.

Mio padre è un cattolico praticante pervaso da una fede autentica, ogni volta che colloca il Bambino sul presepe riesce a commuoversi. Anche quella volta aveva le lacrime agli occhi e piangendo ci disse: " Pregate perché questo bambino, oggi nasce, e tra tre giorni muore".

Ebbene sì, quella volta, aveva confuso il Natale con la Pasqua!!!  

Quest'anno vi ho raccontato una nostra abitudine irriverente per augurarvi un Natale felice. Che siano per tutti giorni di sorrisi.

BUONE FESTE

 
 
 

Assente ingiustificata

Post n°243 pubblicato il 15 Dicembre 2008 da bimbadepoca
 

Nelle ultime settimane sono stata assente e non ho nessuna giustificazione. Ammetto che continuo a perdere tempo su Facebook, lo faccio perché ha il pregio di essere meno impegnativo rispetto al blog.
Non ci sono parole da leggere o storie da scrivere, non ci sono emozioni né sentimenti che ti trafiggono il cuore, c'è solo un vivace spirito goliardico di cui oggi ho bisogno.

Si vede che in questo momento della mia vita ho voglia di leggerezza, sarà l'avvicinarsi del Natale con tutto il suo effimero carrozzone di regali, decorazioni e luminarie, sarà che in questo periodo dell'anno io scelgo di credere alla favola del Natale, chiudo gli occhi davanti alla realtà che m'appare sempre più minacciosa, sempre più preoccupante.

Sì sono stata assente e senza giustificazione, forse per questo ho meritato di essere cancellata dalla lista amici di qualcuno. Non ho eseguito le formali visite di cortesia. Spietate regole dei blog soggetti alle leggi della selezione naturale.

Sono stata assente anche perché, nelle ultime settimane, ho seguito e curato una manifestazione culturale, in qualità di "giornalista". E perdonatemi se uso ancora le virgolette quando questo termine è riferito alla mia persona.
Durante lo svolgimento di questa manifestazione sono intervenuti diversi ospiti, scrittori e giornalisti che per me erano dei perfetti sconosciuti.
Ho cercato d'imparare le regole di un mondo che non m'appartiene, non sempre ci sono riuscita per la mia incapacità ad accettare le logiche del mestiere.

Continuo a non ritrovarmi in una società legata solo all'apparenza, a ciò che hai e ostenti, ai marchi famosi usati come valori, alla banalità vestita a festa.
Purtroppo nella buona società viterbese abbondano personaggi del genere, fanno parte anche del mondo della pseudo cultura. Ed io mi sento persa... e diversa.

Gli ospiti che sono intervenuti al Salotto delle 6, sono stati concordi nel dichiarare che c'aspettano tempi tristi, che la grande crisi è dietro l'angolo e non siamo preparati ad affrontarla. Non siamo capaci di gestire il nostro patrimonio artistico, stiamo spopolando i centri storici, abbiamo perso il concetto di città e la sua dimensione nella vita di ogni giorno.
Abbiamo paura del diverso e siamo razzisti, anche se non l'ammettiamo, se non ci piace sentircelo dire.
Siamo demotivati e smarriti, abbiamo perso la rabbia dell'indignazione popolare, la voglia di far rivoluzione.

No, non c'era speranza nelle tesi degli scrittori e giornalisti che ho incontrato, perfetti sconosciuti fino a ieri, che mi hanno conquistato con l'intelligenza delle loro parole.
Hanno parlato di storia contemporanea, citando prsonaggi di cui non avevo mai sentito parlare, quella storia che non viene studiata nelle scuole, quella storia che nessuno t'insegna, quella storia che accadeva veramente mentre io chissà dov'ero, in cerca di quale me stessa.
Storia fatta da uomini straordinari, perfetti sconosciuti anche loro, almeno finché non diventeranno spunto per qualche fiction televisiva.

Sì, sono stata assente in queste ultime settimane, sì è vero ho perso tempo a cazzeggiare su Facebook, sì qualcuno mi ha cancellato dagli amici per la mia latitanza.  Ma nel frattempo ho studiato la vita di due uomini degni di tale nome: Olof Palme e Willy Brandt.

 
 
 

L'amore di plastica

Post n°242 pubblicato il 20 Novembre 2008 da bimbadepoca
 

Questo brano che state per leggere doveva essere la prefazione del mio libro, rileggendomi lo trovo così orribile che quando ritroverò le parole, cambierò ogni singola virgola...

 Forse sarebbe il caso di cominciare a emettere qualche mugolio, fingere un minimo di partecipazione, tanto per non lasciare questo pover’uomo tutto solo, magari invece di tenere le braccia penzoloni lungo i fianchi, dovrei accarezzargli i capelli, oppure stringergli il sedere per accompagnare il suo movimento sussultorio.
Non vedo l’ora che questa patetica ginnastica finisca, se solo penso che poche ore fa mi sono cosparsa con una pregiata crema al sandalo, ma a lui è bastato toccare quel viscido preservativo per insozzarmi di un nauseante odore di plastica.
E’ una storia di plastica la nostra, che non vale nulla, da gettare nella spazzatura appena sarà finito questo disonorevole balletto dei corpi. Un amore riciclabile, ambedue siamo perfettamente interscambiabili, con dozzine di uomini e donne.

Quest’uomo di cui non ricorderò più il nome, di cui domani non serberò nessuna traccia, sarà per me nient’altro che un amore di plastica, tale e quale ai suoi puzzolenti preservativi a effetto ritardante.

Uno dei tanti uomini cui mi sono accompagnata in questi due anni, uno di quelli con cui ho finto di essere meno sola, con cui ho barattato un po’ di atti osceni in cambio di un fuggevole batticuore.

Aspettate… sta cominciando ad ansimare in modo convulso sul mio corpo, dall’espressione ebete del volto e dallo sguardo suino deduco che non ne avrà ancora per molto. Meno male, ero stanca di stare gambe all’aria, purtroppo subito dopo mi aspetta una parte ancora peggiore, la penosa pratica delle coccole post orgasmo.
E dire che una volta era proprio quello il momento che preferivo, quando entrambi sazi d’amore riposavamo ancora allacciati e ci raccontavamo in un sospiro. Giovani e innamorati, ci scambiavamo parole bugiarde, pur sempre parole d’amore anche se duravano lo spazio irrilevante di una notte sola. E’ stato tanto tempo fa, avevo tutta la vita davanti, le lusinghe di un futuro che era ancora un concetto astratto; oggi ho cinquantatré anni, non posso concedermi il lusso di sprecare il tempo.
Spero che questo pover’uomo sbrighi in fretta la pratica doverosa delle coccole. Immagino che mi dirà che sono un’amante eccezionale, anche se sono stata inerme e rigida come un baccalà, poi cercherà di essere rassicurato sulle sue virtù di maschio. Invece che inscenare tutta questa pantomima degli affetti, sarebbe più giusto compatire la nostra disperata solitudine, che ci ha spinto l’una nelle braccia dell’altro. Dovremmo vestirci di nero e, a testa  bassa, partecipare mesti al funerale della dimenticata passione dei vent’anni.

No, ho deciso, non le voglio le sue coccole di plastica, appena finisce la pietosa faccenda, corro in cucina a preparargli uno zabaione corretto al marsala, in modo da regalargli in pieno l’illusione che ha cercato tra le mie gambe. Gli dirò che mai nessuno aveva saputo farmi raggiungere vette così eccelse, che ho bisogno di tempo per riprendermi da questo stato di grazia e così dicendo lo accompagnerò alla porta, fuori da casa mia.
Sì, non posso perdere tempo, devo cambiare le lenzuola e farmi un bagno per cancellare questo disgustoso odore di plastica dalla mia vita.  

 
 
 

Competizione femminile

Post n°241 pubblicato il 15 Novembre 2008 da bimbadepoca
 

Non sono mai stata la prima della classe. Non sono mai salita sul podio dei migliori. Mai, nemmeno per un momento, mi ha sfiorato l’idea d’insidiare l’uomo di un’amica, giusto per lo sfizio di sentirmi più desiderabile di lei.
No, non mi piacciono le gare tra donne, la viscida competizione femminile, fatta di moine, sorrisetti e pugnalate alla schiena.  Sono fatta così, preferisco i pugni in pieno viso, sono una che non brama le vittorie, ma cerca piccole emozioni che fanno battere il cuore.

Sono una che abbandona il campo all’avversaria, che si dichiara sconfitta al primo assalto, che alza la bandiera bianca mentre retrocede.
L’ho fatto quando ancora andavo a scuola, in disparte a guardare la mia amica, mentre si arruffianava la professoressa di chimica per potermi eguagliare in qualche modo.
L’ho fatto ogni qualvolta sono stata tradita, non ho saputo né voluto lottare per il grande amore, gli davo un bacio in fronte e una benedizione mormorata tra i denti, prima di consegnarlo tra le cosce di ogni altra.
L’ho fatto al primo colloquio di lavoro, un misero impiego di segretaria per il quale fui scelta tra tante, un'amica condivise il mio entusiasmo chiedendomi se, per farmi assumere, mi fossi presentata in minigonna. Ricambiai la gentilezza cedendole il mio posto.
L’ho fatto in tantissime altre occasioni, tutte le volte che sulla mia strada ho incontrato donne che invece di provare a conoscermi, hanno preferito farmi la guerra.

Sono tante quelle che possono fregiarsi di una medaglia sul petto per avermi battuta, sembrano non rendersi conto che hanno sparato su un nemico inerme, che ero disarmata e senza munizioni.
Forse la mia è una forma raffinata di vigliaccheria, eppure spesso ho abbandonato la partita ben sapendo che avrei avuto una facile vittoria, chissà, forse è solo presunzione all’ennesima potenza.
Giusto o sbagliato, sono fatta così, nella vita non cerco alcun trionfo, io ricerco piuttosto gli stupori, i turbamenti, i batticuori, l’incanto delle piccole cose trascurate.

Lo so, oggi la posta in gioco è molto più alta, perché sono stata sfidata sul campo dei miei stessi sogni. Di quel sogno che ho tenuto nascosto tutta la vita e ora per la prima volta mi sembrava così a portata di mano. Come faccio a spiegarle che ho scritto storie prima ancora d’imparare a scrivere, che facevo disegni sul foglio per raccontare trame e personaggi che mi chiedevano asilo?

Questa volta devo arretrare di cento passi indietro, anche se è così crudele rinunciare al sogno di una vita, per quello che è solo un capriccio momentaneo. Forse questa volta non dovrei dichiarare la disfatta ma, da quel giorno, non ho più scritto un rigo. Non ci riesco più, non ne sono più capace, è come se avessi esaurito le parole.

Forse per scrivere, oltre alle idee, al talento e alla fantasia, ci vuole anche la cieca determinazione di chi non guarda in faccia niente e nessuno per conseguire la vittoria. Ed io ne sono sempre stata sprovvista.

 
 
 

Facebook

Post n°240 pubblicato il 29 Ottobre 2008 da bimbadepoca
 

Ho seguito la moda del momento e mi sono iscritta su Facebook. A cosa mi serve??? In sostanza a nulla, è soltanto puro e semplice esibizionismo.
Lo so, qualcuno dice che serve per rintracciare chi abbiamo perso di vista, lungo il percorso degli anni. Ma mi chiedo… se per strada ho dimenticato qualcuno, probabilmente era voluto, perché le persone che m’interessavano davvero me le sono tenute belle strette, nonostante ci dividano chilometri.
Quindi perché mai dovrei cercarlo??? Forse per far vedere sul mio profilo che ho tanti amici, tutti in fila come figurine delle raccolte Panini; oppure per soddisfare una morbosa curiosità, per vedere gli altri cosa fanno e come sono diventati, meglio o peggio di noi.

Però lo ammetto, qualcuno mi sarebbe veramente piaciuto rincontrare: una vecchia amica di penna, il mio più caro amico d’infanzia, una persona verso cui ho un grosso debito di gratitudine, un paio di conoscenze di un forum dove scrivevo anni fa. Ma ovviamente non ci sono.
Però c’è il mio ex, quello che presi a panini col prosciutto in faccia. Forse dovrei scrivergli un messaggio, congratularmi per la sua carriera che ho seguito come spettatrice silenziosa, esprimergli la mia felicità perché ha realizzato il suo più grande desiderio. E’ da tanto che avrei voluto farlo.
 E se capisse che i miei complimenti non sono sinceri ma stonati come una moneta falsa, resterei ai suoi occhi la stessa bugiarda di allora.
Se c’è una cosa che ho imparato dal fallimento della nostra storia, è stata la sincerità sempre e comunque, non ho più usato le cose non dette come armi per fare la guerra. Come potrei contattarlo con complimenti formali, quando so, lo sento, che lui non è appagato dalla sua carriera, che il sogno l’ha sfiorato senza realizzarlo.
 E se non ricordasse nemmeno chi sono, sai che smacco per il mio egocentrismo.

Ma Facebook serve, anche, a far sapere agli amici, ogni singolo momento della propria giornata. Tizio si è svegliato con la luna storta. Caio deve fare la pipì. Tiberio va a comprare la pomata per le emorroidi.
Minimi particolari senza interesse, di cui gli altri sembrano non poter più fare a meno, abituati come siamo a spiare le vite altrui, come se tutti partecipassimo a un grande fratello collettivo.

E poi Facebook serve per partecipare, sostenere i nostri ideali di giustizia, libertà e democrazia. Per esempio, firmando petizioni d’ipocrita solidarietà a favore di Saviano, senza cambiare di una virgola i nostri gesti sbagliati, la nostra arroganza di privilegiati cui tutto è dovuto.

No, indubbiamente Facebook non mi serve a nulla, ma stranamente è così inutile che lo trovo pazzescamente divertente.
Volete mettere la gioia, di avere un albero di Natale virtuale, con le foto dei miei amici al posto delle tradizionali palline???
Ora mi hanno invitato a condividere qualcosa, di non meglio precisato, per festeggiare Halloween… e devo assolutamente averlo, per cui
scappo a giocare su Facebook…

 
 
 

Le differenze

Post n°239 pubblicato il 23 Ottobre 2008 da bimbadepoca
 

I miei vecchi lettori, quelli che avevano creduto ciecamente all’esistenza della signorina Nancy, spesso mi chiedono come si sarebbe comportata la nostra eroina al posto mio. Vedete, ultimamente mi succede un fatto curioso, dopo aver ficcato la mia Nancy in situazioni paradossali, non riesco più a farle vivere cose che io stessa non farei. Scrivere il post sull’incontro al buio, per esempio, è stato molto difficile, ho provato un forte disagio perché identificandomi in lei, non riuscivo a vederla in una situazione che non potrei mai vivere.
Nonostante questa amalgama, tra l’autrice e il suo personaggio preferito, ci sono tra noi due delle differenze incontrovertibili.

. Nancy quando ha fatto la sua comparsa nel mondo virtuale aveva 54 anni, oggi ne avrebbe 59, ma i personaggi letterari hanno il privilegio di vivere per sempre l’età che l’autore ha scelto per loro.
. L’autrice ha una ventina di anni in meno, ma rimane molto vaga sulla sua età, non ritenendola un’informazione d’importanza vitale per l’umanità.

. Nancy è alta 1.56, dichiara d’avere delle forme abbondanti e generose, da cui deduciamo che dovrebbe indossare una 48/50.
. L’autrice è alta 1.70, anch’essa ha forme giunoniche, portate però con meno leggerezza. Ed è orgogliosa di dichiarare, che dopo aver eliminato i dolci dal suo menù, indossa nuovamente la taglia 44.

. Nancy è single, ama definirsi una zitella a denominazione d’origine protetta, ha vissuto un unico grande amore con Francesco Liguori, ritornato nella sua vita, dopo anni, con l’epiteto poco simpatico di “signor non mi sporcare la camicia”.
In questo frattempo ha avuto dozzine di storie tutte deludenti, non ultime quelle con uomini conosciuti nel virtuale.  La nostra eroina ama godersi la vita anche sotto il profilo sessuale e non disdegna le facili avventure.
. L’autrice è felicemente sposata da 15 anni, ha vissuto nell’adolescenza un amore di quelli che lasciano segni sul cuore, forse più per l’incompletezza della storia in sé che per la reale consistenza. Ha avuto anche qualche flirt più o meno importante.
Non riesce a concepire la logica delle avventure mordi e fuggi, è una romantica presuntuosa che pretenderebbe di essere nei pensieri di qualsiasi uomo.

. Nancy nutre una sorta di, comprensibile, venerazione nei confronti del padre, egli era una persona sicuramente fuori dal comune. Un idealista dalle idee rivoluzionarie, per le quali era stato costretto a lasciare l’Italia durante il fascismo, un uomo di grande fascino e generosità. L’unica cosa che non riesce proprio a perdonargli è il nome che gli ha affibbiato, un residuo di becero tradizionalismo per il quale si chiama Annunziata, come la nonna.
. L’autrice ha sempre avuto un rapporto conflittuale con il padre, non condivide molte delle sue idee, ma negli anni ha accettato il suo modo di essere, con la condiscendenza mista a tenerezza con cui i figli osservano i genitori anziani. Le sarebbe piaciuto chiamarsi Francesca, come la nonna paterna, invece il suo nome fu scelto su un giornaletto dell’epoca; a sua madre piaceva tanto la famiglia di Grace di Monaco.

. Nancy, per la sua caratteristica voce, è chiamata affettuosamente dai nipoti, "zia trombetta", soprannome dovuto al tono squillante con cui parla.
. L’autrice ha un tono di voce notevolmente più basso, ma deve essere ugualmente inconfondibile, poiché le basta dire “pronto”, per essere immediatamente riconosciuta anche a distanza di molti anni.

. Nancy, ogni mercoledì si riunisce con le amiche, con cui condivide la passione per il ramino e i pettegolezzi.
. L’autrice detesta giocare a carte, se è costretta, gioca così di malavoglia, che perde pure ad asso pigliatutto. 

. Nancy ha cinque amiche: Laura, Eugenia, Anna, Isabella e Mavì. Quando le ho create, non ho fatto altro che accentuare cinque aspetti del mio carattere all’ennesima potenza.  Queste signore sono legate tra loro da un’amicizia che dura, senza interruzioni, da cinquant’anni.
. L’autrice ha cambiato diverse volte residenza, questo fatto l’ha portata a conoscere diverse persone, con le quali ha condiviso una parte della sua vita, purtroppo queste amicizie si sono sciolte come neve al sole appena si spostava in altro luogo. Oggi è molto legata a un paio di amiche conosciute nella cittadina in cui vive adesso. Ma le sue amiche vere, quelle che la conoscono veramente e la capiscono con un solo sguardo, sono tre: l’amica d’infanzia Antonella e le compagne del liceo Rosalba e Amelia.
Rosalba citata in un post con il nome di Rosmary, ha assunto proprio questo nick per commentare i deliri dell’amica. Mentre Amelia, citata in un altro post come l’amica stramba, si è scelta il nick altisonante di Carmela è una bambola.

. Nancy ha un unico fratello, Armando, sposato da moltissimi anni con Valeria, una cattolica bigotta sempre in contrasto con la scapestrata cognata. Hanno due figli ormai grandi, un maschio e una femmina, di non precisato nome. Sono stati proprio questi due ragazzi a parlare a Nancy della possibilità di conoscere uomini attraverso dei siti d’incontri.
. L’autrice proviene da una famiglia molto numerosa, infatti, ha tre fratelli e tre sorelle, potete ammirare su Flick l’ultima della nidiata
(vedere box laterale sotto la voce la mia sorellina

. Nancy è nata e cresciuta nella bambagia, secondogenita di una famiglia dell’alta borghesia napoletana, vive da sempre in quell’angolo di paradiso che è Posillipo, lontana dai veri problemi della città. Ha un bellissimo terrazzo da cui vede il golfo.
. L’autrice ha trascorso buona parte della sua vita in uno dei quartieri più popolosi, uno di quelli, dove ci sono i bassi, i panni stesi tra due palazzi e gli scugnizzi sporchi.
Proviene da una famiglia proletaria, che spesso ha avuto seri problemi a mettere insieme il pranzo con la cena. Dalla sua casa non ha mai visto il mare.
L’autrice è orgogliosa di essere vissuta in questo modo, perché ha imparato ad apprezzare il valore delle piccole cose.

 
 
 

Comunicato stampa 

Post n°238 pubblicato il 17 Ottobre 2008 da bimbadepoca
 

Anche una piccola realtà come Viterbo, nasconde magagne e misfatti, perché come diceva De Andrè "non solo nella capitale nascono i fiori del male"... se volete essere informati, non perdetevi la lettura di questo interessante giornale on line.

Viterbo città. it

Anche perché da ieri ci collaboro anch'io ed è appena stato pubblicato il mio primo articolo.

Da oggi chiamatemi Lilli

Nella foto, via Marconi, il "boulevard" incriminato di cui parlo più diffusamente nell'articolo...

 
 
 

Piccolo schermo

Post n°237 pubblicato il 14 Ottobre 2008 da bimbadepoca
 

Sono cresciuta a pane e telefilm, quando nei lunghi pomeriggi invernali o nelle piovose giornate d’autunno, sul piccolo schermo si alternavano migliaia di storie a episodi.

Ho cominciato con Pippi Calzelunghe, quella bambina fantastica cui invidiavo la libertà di fare tutto quello che le pareva. Ed Emil, il piccolo svedese combina guai che mi faceva ridere fino alle lacrime.

Il mio era uno svago tranquillo e senza pretese, dei telefilm per ragazzi dai quali imparare a sognare, personaggi nei quali identificarsi.  I titoli si sono susseguiti a ritmo frenetico, li cito a memoria, un po’ a caso, tralasciando quelli che mi piacevano di meno e dimenticandone sicuramente qualcuno.
La casa della prateria; Tre nipoti e un maggiordomo; La banda dei cinque; La famiglia Addams; Vita da strega; Harlem contro Manhattan; Happy days; La famiglia Bradford; I Robinson; Supervichy, Spazio 1999.

E L’albero delle mele, mi ero a tal punto identificata con Jo, che persi ore intere a rimuginare su come avrei potuto trasformare il mio nome. Cercavo un nome maschile, un po’ esotico, che sembrasse un diminutivo femminile. Dopo lungo pensare scelsi Steve, ma quando comunicai in famiglia la mia decisione, nessuno mi prese sul serio e tutti continuarono a usare il mio nome da principessa d’operetta.

Ai Confini della realtà, mi ha terrorizzato per anni, ancora oggi ogni volta che prendo un aereo, non posso fare a meno di pensare a quel mostro appollaiato sull’ala.

E Mork e Mindy, che costrinse la mia generazione a imparare il saluto alieno a quattro dita, nano nano!

Non mi sono mai fatta contagiare dai telefilm a puntate consequenziali, ho sempre preferito quelli che avevano una trama di mezz’ora, mantenendo uno sviluppo narrativo generale più lento, senza colpi di scena impegnativi.
Di Visitors, per esempio, non ricordo se la produzione fu interrotta all’improvviso, o se presumibilmente ebbe la meglio la mia proverbiale incostanza.
I segreti di Twin Peaks, preceduto da un battage pubblicitario di tutto rispetto, fu la prima serie a puntate che mi appassionò in modo quasi morboso. Ma nonostante andai anche al cinema per vedere l’antefatto, in “Fuoco cammina con me”, non sono ancora riuscita a capire chi abbia ucciso Laura Palmer. A dire il vero non ci ho capito un cavolo nell’intera serie!!!

Le soap opera e le telenovele le ho sempre detestate, anche se, ci fu un periodo in cui, la maggioranza delle persone ne era stata posseduta. Nel mio quartiere quando andava in onda “Anche i ricchi piangono” non sentivi volare una mosca, avevo la straniante sensazione di essere l’unica sopravvissuta a un disastro nucleare.
Per non parlare di come terminò una relazione nella quale avevo fortemente creduto, Sardegna mese d’agosto del 1990, prima vacanza insieme in campeggio, lui che mi confessò di patire enormemente la mancanza di Beautiful. Anche per quello si è meritato di essere preso a panini col prosciutto in faccia.

Dopo questa indigestione, forse per reazione, da grande guardo pochissimi telefilm. Poi qualche mese fa, mentre parlavo con un’amica su Messenger, anzi mentre le nostre figlie cercavano di approfondire la loro conoscenza nata su Anobii, Barbara ed io rubavamo loro la tastiera per chiacchierare tra noi.
Avevamo scoperto di avere tantissime cose in comune e facevamo l’elenco delle canzoni che avevamo amato entrambe o degli attori e cantanti che ci avevano fatto sospirare da ragazzine.
A un tratto lei digitò un nome a me sconosciuto.
- Non dirmi che non guardi Lost???-
- No, non l’ho mai visto -
- Ma devi farlo!!! - replicò con tanto di quel calore che non potei ignorare il suo consiglio.
Quando una decina di giorni fa ho scoperto che la prima serie di Lost era disponibile on demand, direttamente sul mio televisore, non ho avuto dubbi.

Confesso che ho guardato la prima puntata per curiosità, senza troppa convinzione, ma in pochi giorni ho letteralmente divorato le altre ventiquattro puntate.
E ora sono in crisi d’astinenza, ho bisogno della seconda dose, e mentre cerco di procurarmela in tutti i modi, legali e non, sbircio in questo sito… perché non sono mai riuscita a non spiare, almeno un po’ nei regali.

Post Scriptum. Barbara, ovviamente l’attore che mi piace di più, è lo stesso con cui tu fuggiresti in un’isola deserta. Avevi dubbi???

 
 
 

Amor celeste

Post n°236 pubblicato il 08 Ottobre 2008 da bimbadepoca
 

Il primo giorno di scuola, i ragazzini delle prime classi erano radunati nel cortile, il preside saliva su uno scranno per la solenne occasione. Scandiva, con voce stentorea, i nostri nomi per smistarci nelle varie sezioni. A differenza di Hogwarts, non aveva bisogno di un magico cappello, assegnava i ruoli basandosi sull’esperienza del mestiere.
C’erano tre sezioni nella mia scuola media:
La sezione A, solo maschile, luogo d’assembramento dei peggiori elementi del quartiere.
La sezione B, solo femminile, visto l’alto numero di richieste sospettavo che vi s'insegnassero materie minori. Un piacevole parcheggio per ragazzine che sarebbero diventate madri prima della maggiore età.
E poi c’era la mitica sezione C, mista, l’unica in cui era previsto l’insegnamento dell’inglese. Ambita meta per tutti i genitori con aspirazioni piccole borghesi.

Io fui assegnata proprio a questa sezione, ma al momento non me ne resi conto, non mi accorsi nemmeno di essere stata chiamata dal preside in persona. Io quel giorno vidi soltanto lui.
Aveva bellissimi occhi scuri, un neo sulla guancia e un’aria da furbastro di tre cotte, caratteristica maschile, questa, che negli anni a venire avrebbero posseduto tutti gli uomini da cui mi sarei fatta incantare.
Quel giorno lui indossava una maglietta azzurra e prima ancora di conoscerne il nome, io decisi che l’avrei battezzato Celeste. Quello stesso pomeriggio comprai, sulle bancarelle, un braccialetto di plastica azzurra, che tenni al polso per tutti e tre gli anni delle medie, come suggello d’eterno amore.

Celeste chiaramente, era il ragazzino più corteggiato della scuola, aveva decine di dodicenni che gli ronzavano intorno. Ed io ero gelosa da morire, ma non di loro, della loro disinvoltura, degli atteggiamenti da grande che sapevano ostentare. In cuor mio ero già cosciente che non sarei mai stata capace di riprodurre tutte quelle moine, anche se a casa facevo le prove davanti allo specchio, chiusa in bagno.
Su di me i colori, con i quali loro s’impiastricciavano il viso, avevano un effetto ridicolo. Una pagliacciata da circo.

Celeste era nella sezione A, di pomeriggio invece di studiare, lavorava. Girava con la sua Apecar, consegnando bevande in bottiglia e ritirando i vuoti, quando ancora il vetro era a rendere. Per me era come un principe sul bianco destriero.
Ogni giorno passavo davanti al deposito delle bottiglie vuote. Ogni volta le gambe si rifiutavano di camminare, era come se la pianta dei piedi s’incollasse alla strada, regalandomi un’andatura più goffa del normale.
No, non avevo alcuna speranza, ero solo una ragazzina troppo alta e troppo magra, con ancora i calzettoni di lana.

Ma, come nelle favole, accadde l’incredibile… a furia di passargli sotto il naso, Celeste s’innamorò proprio di me. E solo e unicamente con me, si trasformò in un ragazzino timido e incapace. Mi guardava passare con aria imbambolata, qualche volta canticchiava le melense canzoncine che erano di moda in quegli anni.
Intendiamoci, con le altre dava libero sfogo, senza rossori e timidezze, ai suoi ormoni in subbuglio. Io invece mi dovetti sorbire l’intero repertorio del festival di San Remo.

Finché un giorno di primavera dell’ultimo anno, mentre eravamo in classe, avvertimmo una lieve scossa di terremoto. Ci fu un fuggi fuggi generale, decine di alunni che correvano come una mandria d’ippopotami impazziti, produssero un aumento del tremolio dei pavimenti.
Io ero in preda al panico, ancora negli occhi il ricordo di quella sera del 1980, quando un terremoto segnò un divario tra il prima e il dopo delle nostre vite.
No, non arrivò lui a salvarmi dal cataclisma imminente, scesi in strada da sola, tremando di paura.
Una mia amica cercò di consolarmi, Celeste era a pochi passi e mi guardava piangere. Dovette pensare che era finalmente giunto il momento tanto atteso.
Si fece coraggio e si avvicinò, chiedendomi col tono più dolce del mondo – Hai avuto paura? -
Io tirai su col naso e risposi un laconico sì. Senza aggiungere altro. Nessuno dei due aggiunse niente altro.
Fu così che naufragò il nostro amor celeste.

Piccola postillaCeleste l’ho rincontrato moltissimi anni dopo, quando entrambi eravamo adulti e vaccinati. Nel rivederlo ho riprovato la stessa sensazione invalidante alle gambe. Lui ha assunto subito la stessa faccia imbambolata di quando era ragazzino.
Non siamo stati capaci di scambiarci un saluto. Nemmeno un mezzo sorriso.

 
 
 

Crazy Phone

Post n°235 pubblicato il 03 Ottobre 2008 da bimbadepoca
 

Come tutti posseggo un cellulare che ha varie, diaboliche, funzioni. Io lo uso proprio per telefonare, in fondo i telefoni sono stati creati  per questo nobile scopo, punto e basta.

Ma qualche settimana fa ho fatto una scoperta eccezionale: posso inserire, per ogni nome della mia rubrica, oltre al numero di cellulare anche quello di casa e dell'ufficio, l'indirizzo, la mail e i compleanni.
Lo so, per la maggioranza di voi che mi leggete, la mia sarà la scoperta dell'acqua calda. Ma per me è stata come la conquista di un continente inesplorato, la scoperta del mitico Eldorado.
E santi numi, addirittura posso assegnare ad ognuno una suoneria diversa ed aggiungere anche la sua foto.

Potete scommetterci che ho dedicato un intero pomeriggio, a questa miracolosa invenzione della tecnologia, ho modificato tutti i nomi in rubrica per aggiungere le informazioni supplementari.
Mio marito è stato l'unico che ha avuto anche l'onore di avere una foto, sono settimane che non si spiega come mai, ogni volta che mi chiama, io rispondo ridendo. Se sapesse che ho utilizzato un suo primo piano, scattato ad un pic nic di due anni fa, quando avevo appena comprato questo telefono e scattavo foto all'impazzata, per curiosità. E lui quel giorno era addormentato in mezzo ai fiori... 

Ma come in ogni storia che si rispetti c'è sempre un però. Dunque... però da quel pomeriggio, che mi sono divertita a giocare con queste funzioni sconosciute del mio cellulare, codesto oggetto è impazzito.
Sissignori, è indemoniato!!!

Ha deciso di suonare secondo i suoi capricci ed il suo estro del giorno. Ha messo in atto tutto un campionario di trilli, cinguetti e melodie, manco fosse un usignolo.
Ovviamente, io che ero abituata alla suoneria che mi ero scelta, ora sono nella confusione più totale.
Per carità, la vecchia suoneria ancora esiste, ma l'indemoniato ha deciso, così a caso,  d'assegnarla ai numeri privati.

La prima volta, che ho scoperto della sua possessione diabolica, è stato a dir poco imbarazzante. Ero in un negozio è sentivo il caro vecchio trillo dei telefoni di una volta, quelli grigi della Sip. In preda ad un'affettuosa nostalgia vagavo con lo sguardo alla ricerca del pezzo d'antiquariato. Finché un ragazzo mi ha fatto notare che era il mio cellulare che squillava.

E vogliamo parlare di un'altra volta che ha scelto una musichetta natalizia, tipo Jingle Bells, mentre ero sull'autobus.

O di quell'altra che ero sola a casa e d'improvviso ho sentito l'ossessiva musichetta di un carillon, il pensiero istintivo è stato quello di una rivolta dei giocattoli, in pieno film dell'orrore.

E del trillo di fanfara ne vogliamo parlare???

Insomma qualcuno sa dirmi cosa è successo al mio cellulare???

Badate bene che non ho attivato la funzione delle suonerie personalizzate, nemmeno involontariamente, ho controllato. E' veramente impazzito. Sissignori è posseduto!!!

Dite che è il caso di portarlo da un esorcista???

Aggiornamento delle ore 11.37 Mentre scrivevo il post anche la lavatrice è stata posseduta dallo stesso spirito maligno, il display lampeggia impazzito e segna un ostrogoto F-05. Aiuto!!!

 
 
 

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" E quello che lei mi disse
fu in idioma del mondo,
con grammatica e storia.

 

Così vero
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Sa sedurre la carne la parola,
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(J.L. Borges)

 

"Quello che ora diamo per scontato, un tempo fu solo immaginato"

(William Blake)

 
 
 

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