Il diario di Nancy
Pensieri e storie tra il vero, il verosimile e l'inganno.
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IL CUORE E LE STELLE
Si ringrazia Seduzir64 per il sottofondo musicale.
LA MIA LIBRERIA
in continuo aggiornamento su aNobii
Una volta le donne erano educate per essere mogli e madri. Così era e non c'era nulla da fiatare. Sono nata in una famiglia dove gli echi di quelle rivoluzioni non erano arrivati, la regola rimaneva quella: chi nasce donna deve essere moglie e deve imparare i suoi compiti già in tenera età. Tutte le mie amiche aiutavano le loro madri, era normale che fosse così, nel quartiere popolare dove abitavo il tempo scorreva in modo diverso rispetto alla storia, qualcuna tra le mie amiche sapeva già cucinare e molte preparavano il corredo. Sono diventata grande senza mai cucinare, senza avere nessuna competenza per essere moglie, ma un giorno ho annunciato che mi sarei sposata in primavera. Anche il giorno che ero sull'altare gli ricordò il mio grave difetto, gli occhi profani non avrebbero mai sospettato quella mancanza, confusa com'era tra il tulle da sposa ed il bouquet di rose. E quella che era stata, per secoli, una tradizione passata da madre in figlia direttamente sul campo, io cercai di riassumerla in poche righe, in un taccuino d'appunti. I primi tentativi furono un disastro, la prima volta che provai a fare della pasta m'accorsi che non avevo nemmeno un colapasta per scolarla e rimpiansi le pentole buttate giù per le scale con l'orgoglioso gesto di vaiassa. Poi ho imparato... ma mia nonna non ha avuto il tempo per vedere come sono diventata brava. |
In questi giorni sto cercando un albergo per una vacanza in Svizzera. No, non sono stata influenzata dai recenti Europei di calcio, ma so che non mi credereste mai. Un giro su questo sito è veramente istruttivo, perché si viene a sapere che è possibile scegliere una camera in base alle proprie preferenze in materia di comodità, CD romantici, champagne in camera, sauna, camino, menù afrodisiaci, DVD, libri o stampe erotiche, ma soprattutto in base all’ambientazione della camera, una tacita ammissione delle proprie perversioni o fantasie. Passiamo alla camera Cadillac, dove già il nome è tutto un programma, ebbene sì, l’alcova è ricavata in una vera Cadillac rosa. Per tutte quelle coppie in cerca d’amarcord, che vogliono rinfrescare la memoria sulle possibili evoluzioni in macchina. Purtroppo non posso descrivervi nemmeno la camera Cucina erotica, perché è in allestimento e sarà visionabile solo dal mese di luglio, più che il nome m’incuriosisce il prezzo esorbitante, 680 franchi svizzeri per notte, pari a circa 450 euro. Non riesco proprio a immaginare quali mirabolanti sorprese celino il nome e il costo. Passiamo adesso ai menù afrodisiaci, mi sono ritrovata a sfogliare immagini oltremodo esplicite, ho trovato piatti di haute cuisine, un bocconcino di tenera carne al sangue penetrato da un gambo di sedano, e trionfi di cozze dalle valve aperte su cui capeggiavano provocanti gamberoni con le code rigorosamente all’insù. Mancava solo lo scurrile scherzo dei vecchi pranzi di nozze, banana e albicocche a disegnare un pene, e il quadro sarebbe stato completo. Tra i vari alberghi ce n’è uno dalle evidenti pretese imprenditoriali, infatti, il proprietario ha messo su un commercio di souvenir a tema, anche in questo caso la scelta è vasta, si passa dalle saponette a forma di cuoricini alle candele, sempre a cuore, su cui è impressa una struggente poesia: “Amore mio, fin dall’inizio ho amato te e la mia vita è bella”. |
Sono stata a Napoli negli ultimi dieci giorni, la mia città, ritrovata sporca come mai l’avevo vista. La spazzatura agli angoli delle strade è stata come una pugnalata alle viscere. Inspiegabili i motivi di un’occulta regia che preleva regolarmente l’immondizia nel quartiere un po’ nascosto dove sono vissuta e lascia marcire quella sulle vie principali, sotto gli occhi implacabili dei media, che nulla perdonano a questo strano popolo, di lazzari e santi, fino ad accusarlo di colpe non sue. Altre volte, già su via Toledo, la strada dell’antico passeggio, riuscivo a percepire l’odore di salsedine che veniva dal mare, in questi giorni, invece, quell’effluvio consueto era offuscato dall’olezzo fetido della spazzatura in decomposizione. Un’altra pugnalata nel cuore, per chi come me esule in patria, ama in modo viscerale la sua terra. Ho cercato la bellezza nell’abbraccio dei miei soliti amici, in tutti quelli con cui sono uscita, in quelli che non ho potuto incontrare per mancanza di tempo e anche in quel paio che non ho incontrato per mancanza di voglia. Ho cercato la bellezza nel Pio Monte di Misericordia, una tra le più antiche istituzioni benefiche d’Italia, l’ho fatto entrando nella piccola chiesa e ammirando in silenzio quell’altra meraviglia di Caravaggio, “Le sette opere di misericordia”. Ci sono altri quadri, di pittori altrettanto famosi, che adornano gli altari della chiesa, ma lo sguardo indugia più del dovuto solo su quello dell’altare. Sembra una scena di strada, quel popolo minuto che ancora oggi, con abiti diversi, gremisce i vicoli della città, guardato con indulgenza dalla divinità, perché solo tra la peggiore miseria esiste la solidarietà spontanea. Ho cercato la bellezza nel delizioso Chiaja hotel e qui apro una doverosa parentesi, perché ho saputo dell’esistenza di quest’albergo proprio sulle pagine del mio blog, grazie ad una segnalazione di Quotidiana_mente. Uno dei proprietari, Pietro Fusella, dopo aver letto un mio vecchio post in cui parlavo di ruffiane e prostitute, è stato felicissimo di accogliermi, insieme con una mia amica, per mostrarci quelle che furono le camere di un vero bordello. In una città come la nostra, punita da amministratori incapaci, conoscere una persona come il signor Pietro Fusella è stato come respirare una boccata d’aria pura, è ammirevole la passione che anima questo ragazzo nella ricerca di documenti per ricostruire sia la storia della sua famiglia che quella del palazzo. Una storia a cavallo tra ottocento e primi del novecento, animata da diverse storie, viaggi esotici e tournèe musicali (l’ultima figlia del marchese aveva sposato il musicista Gaetano Fusella), che meriterebbe di essere raccontata in un romanzo. Ho apprezzato particolarmente l’estrema disponibilità e la gentilezza con la quale il signor Fusella si è dedicato alle mie curiosità, la stessa usata per viziare i suoi ospiti che lo ripagano continuando a scegliere il suo accogliente albergo ogni anno, a dispetto della spazzatura e dei facili luoghi comuni su Napoli e i napoletani. Post pubblicato anche sul blog "Non solo Gomorra" |
Martedì mattina avevo da pagare due bollette alla posta, così mi sono recata nell’ufficio postale più vicino, quello di via Ascenzi. Scusate se specifico l’indirizzo, ma come ben sapete, sono un tipo preciso e meticoloso, ritengo doveroso fornirvi quanti più dettagli possibili su quest’ufficio postale di Viterbo, per non fare la figura dell’azzeccagarbugli. L’avveniristico elimina code era in tilt. Appena un impiegato allo sportello si liberava e schiacciava il pulsante per chiamare il numero successivo, sul display comparivano in rapida sequenza più numeri. Se nel caso si liberavano due impiegati nello stesso momento, il caos era totale, con gruppetti di persone che correvano come trottole da uno sportello all’altro. Immediatamente mi sono accorta che la maggioranza delle persone non si curava che il display fosse in tilt e pretendeva di passare davanti, infischiandosene delle persone che non erano riuscite a scapicollarsi in tempo allo sportello. Per ovviare a questo increscioso inconveniente una saggia impiegata, che dall’atteggiamento ostentato doveva essere la più alta in grado, ha avuto la brillantissima idea d’appiccicare un bel cartello con la scritta GUASTO alla macchinetta distributrice dei numeretti. Probabilmente in cuor suo era convinta che bastasse questo gesto per dare ai cittadini una dimostrazione pratica dell’efficienza delle poste italiane. La sua amica era una di quelle signore spocchiose dagli abiti costosi, pezze griffate con le quali sbandierare al mondo la propria, presunta, superiorità sociale. La nostra saggia eroina postale dopo pochi convenevoli ha preso talmente a cuore le faccende dell’amica, che ha deciso d’occuparsene personalmente, facendola passare davanti a quasi cinquanta persone in attesa, con e senza numeretto. Ma non l’ho fatto perché lo spettacolo intorno a me continuava a ritmo sempre più serrato. Due vecchiette hanno cominciato a insultarsi a vicenda, per ragioni di precedenza, tra loro sono volate parole grosse come una montagna. A pochi metri da loro scoppiava un nuovo litigio, tra un’altra vecchietta che a malapena si reggeva in piedi e una zotica arricchita. Il malumore della folla mi ha impedito di ascoltare le parole, è stato come vedere un film muto, ho dovuto interpretare dalle espressioni e dalla gestualità. Nel frattempo due ragazzi rumeni avevano perduto il loro turno, vagando da uno sportello all’altro e nessuno dei nostri onesti e gentili connazionali, uomini e donne, giovani e anziani, ha ceduto loro il posto. Questi due poveri ragazzi continuavano a girovagare da uno sportello all’altro, tenendo d’occhio il tabellone impazzito e non capacitandosi di quello che stava succedendo. L’Italia, bel paese, la settima potenza economica del mondo. Intanto la folla dei senza numeri era aumentata a vista d’occhio, tra loro cercavano d’organizzarsi alla men peggio per stabilire i turni, persone appena arrivate spergiuravano di essere colà da tempo immemore. Ignorando volutamente un’anziana signora straniera, dall’aspetto dimesso di badante, che sprovvista anch’essa di numero guardava ipnotizzata il tabellone nella speranza di capirci qualcosa. E’ stato allora che ho smesso di fare la spettatrice ed ho assegnato i turni, secondo l’ordine in cui ognuno di loro era comparso in scena, restituendo alla badante il suo meritato secondo posto. Purtroppo non so com’è andato a finire lo show, è arrivato il mio turno, ho pagato in tutta tranquillità e sono uscita. Però mi è rimasta una strana inquietudine addosso, come quando ascolti al telegiornale le consuete notizie di cattiva giustizia, oppure quando guardi un film che avrebbe potuto essere bellissimo se gli attori non avessero recitato da cani. P.S. Per la cronaca, non ho ancora terminato il mio capolavoro, anzi alla luce di quel poco che sto facendo in questi giorni, avrò bisogno ancora di diversi mesi; ma siccome non ho più l’urgenza di concludere entro metà giugno, procederò nella scrittura con più calma. E nel frattempo mi riapproprio del blog!!! |
Stamattina ho comprato un quadernone a quadretti, ha una bella copertina rigida. E poi ho comprato una nuova penna, con la punta fine come piacciono a me, ha l'inchiostro verde. No, questo non è un post d'addio, mi prendo semplicemente una pausa lunga più di un mese, perché voglio scrivere un libro, o almeno provarci. Lo so, sono la prima a non crederci, quasi sicuramente il mio "romanzo" non sarà preso in considerazione da nessun editore. Molto probabilmente, conoscendo la mia incostanza, non riuscirò nemmeno a finirlo. Sicuramente riempirò il mio bel quadernone a quadretti di cancellature furiose. Lo so, mille volte mi verrà la tentazione di buttare tutto per aria, di ritornare alle mie facili storielle, alla piccola platea del blog, ai miei quattro lettori. Non voglio concludere questo post con le solite frasi mielose, del genere "mi mancherete tanto tanto", è assolutamente scontato che sarà così . Ci rivediamo a metà giugno. |
L’altro giorno eravamo a casa di Anna, per l’abituale appuntamento del mercoledì, il giorno dedicato alle nostre chiacchiere da comari, consumate tra pasticcini, tè e gioco del ramino. - Poveri noi! – ha sbuffato sconsolata Laura, già immaginandosi scenari più funesti del reale – Chissà cosa ci riserverà il prossimo futuro? - Già, la storia della maga, come se certe situazioni paradossali me le cercassi apposta. E invece quella sera, di un paio di mesi fa, ero andata a cena da mio fratello per una tranquilla riunione familiare, non potevo certo immaginare che mia nipote si sarebbe presentata con quella nuova amica. Una ragazza stramba, vestita di giallo e di viola, i lunghi capelli arruffati, una figlia dei fiori fuori tempo massimo, subito guardata con sospetto da mia cognata Valeria. - E ti ha chiamato? – mi ha interrotto Laura, incuriosita dal mio racconto. Ho annuito e non c’è stato bisogno d’aggiungere il nome, l’hanno compreso dai miei occhi e dal mio sorriso. Sì, è vero, ma poi mi ha chiamato e ci siamo incontrati poco dopo, in un anonimo bar di periferia, lontano dagli sguardi indiscreti, nascosti come sorci, un paio di tavolini sistemati in un angolo illuminati dalla squallida luce di un neon. - Sintomi inequivocabili della menopausa – ha riso Anna, forse per sdrammatizzare quella relazione che non approvava. Il signor non mi sporcare la camicia non gode più della simpatia delle mie amiche. Ma a me è bastato che mi sfiorasse il polso per mandare all’aria tutti i buoni propositi e le ragionevoli intenzioni. - Oddio Nancy, ma non sarà la penna BIC che mi hai prestato l’altro giorno all’ufficio postale? Quella con cui quasi non mi facevi finire di scrivere – ha chiesto Isabella. Lui, invece, ne è stato giustamente orgoglioso, come se davvero mi avesse regalato un gioiello d’inestimabile valore. Glielo ho confidato pochi giorni fa, quando mi ha richiamato, la gioia imprevista di risentire la sua bella voce, il suo modo di fare che riesce sempre a confondermi, le nostre risate, il mio desiderio che lui sia felice lontano da me. - E quindi come finirà questa storia infinita? – ha chiesto Isabella, che tra tutte è quella più pratica, quella che va subito al sodo. Non lo so, non riesco a capire in questo momento, per questo ho cercato la “maga”, la ragazza che mi aveva predetto la sua telefonata. Perché voglio sapere qualcosa della mia vita, perché non è possibile che con ben due uomini che mi fanno girare la testa, io non ho nessuno che mi accompagni a visitare un museo, nessuno con cui andare al cinema, nessuno con cui fare l’amore tutta la notte, nessuno con cui ridere fino al mattino. - Una delle sue solite scuse addolcite – ha riso Laura, ricordandosi il vezzo del bel geometra di alleggerire le sue bugie con parole zuccherine. E non ho raccontato loro, d’averlo rivisto pochissimi giorni fa, all’inaugurazione di una galleria d’arte, è stato lui a salutarmi, lui a volermi informare dei suoi successi lavorativi, lui a cercare i miei complimenti, lui a farmi ridere con il suo modo di fare, lui che mi ha abbandonato a metà di un discorso, sospesa come la mia frase, senza risposta, in mezzo alla sala. Mi vengono tutte intorno, tutte a tessere le mie lodi, fin quasi a santificarmi – E allora perché avete cercato di propinarmi Erminio Ovini – piagnucolo, ma poi ripensando all’agnellino macellato comincio a singhiozzare più forte, più disperata. Poi guardo i loro visi accorati e mi viene da ridere. E rido mentre assaggio il sapore insipido delle mie lacrime. |
Emme sarebbe dovuta nascere a fine ottobre, invece è nata a metà novembre, in ritardo, come suo solito. Anche oggi, rispetto alla sua età anagrafica, Emme è più piccola, ha i comportamenti e la maturità di una bambina di sei anni. Nulla di preoccupante, i medici che la seguono per i disturbi del linguaggio, mi hanno assicurato che è perfettamente normale, che prima o poi compenserà questa leggera differenza con gli altri. Per il momento è solo più ingenua e indifesa delle sue coetanee. Più fragile e più vulnerabile. Ma Emme ha un talento speciale, se ne accorse la sua logopedista quando aveva quattro anni, a lei basta guardare un tassello di puzzle per capire immediatamente dove posizionarlo. A cinque anni già era in grado di fare puzzle di 250 pezzi con estrema facilità. Lo scorso anno le fu regalato un puzzle di 108 pezzi, chiaramente troppo semplice per lei, qualche giorno dopo, con mia grandissima sorpresa, trovai proprio quel puzzle capovolto. Le chiesi come avesse fatto a girarlo dalla parte bianca, senza smuovere nemmeno una tessera, lei candidamente mi confessò di non averlo girato, ma d'averlo fatto proprio così, perché s'annoiava a costruirlo dalla parte figurata. Quel giorno stesso ho capito che Emme era pronta a passare a puzzle più impegnativi, questo di cui potete ammirare le vari fase della costruzione, è il suo terzo puzzle da 1000 pezzi. Io non so a cosa le potrà servire questa sua capacità, non so se resterà una semplice passione, oppure se le potrebbe servire per un eventuale professione futura. Non come ho fatto io, che avevo in mente tanti sogni lavorativi da realizzare, che ero brava e volevo laurearmi, che volevo fare e dire e nel frattempo raccoglievo i tasselli sbagliati, quelli che non mi servivano a niente. Io vorrei che Emme riuscisse a costruire la sua vita, con la stessa caparbietà con cui costruisce i suoi puzzle. E senza farsi male... |
Pochi minuti fa ho aperto la mia casella di posta ed ho trovato una mail di mio marito, con allegato un file musicale. "Ascolta questa canzone, se fossi stato bravo con le parole l'avrei scritta apposta per te. Leggi il testo, le frasi che ho evidenziato sono le mie, sono i miei pensieri" A te che sei l'unica al mondo Ho sempre affermato con convinzione di essere una donna razionale, poco incline alle romanticherie. Non posso confessare che mi sono emozionata come una bambina... |
Raccolgo l'invito della simpatica Ausdauer per l'ennesima catena e passo subito ad enunciarvi il regolamento: 1 - le regole del gioco copierai
2) Ho ucciso un pulcino... 3) Ho una cicatrice sulla caviglia sinistra... 4) Mi vendevo i disegni geometrici... 5) Per tre volte sono scappata di casa... 6) Ho mentito durante un sacramento... 7) Nel 1994 ho votato per Berlusconi... Dopo siffatte rivelazioni, vado mestamente a cospargermi il capo di cenere, ma prima sono obbligata a passare lo scomodo testimone a: 1. Marquez36... per ricambiare il favore della nomination per la catena precedente. |
Non ho ancora capito perché, pur non avendo sottoscritto nessun abbonamento, di tanto in tanto mi viene recapitata una rivista femminile. Una di quelle riviste che pesano un paio di chilogrammi e che hanno 300 pagine di pubblicità e 10 paginette scarse di notizie striminzite. Stamattina, prima di buttare la detta rivista nel bustone della carta da riciclare, ho pensato bene di sfogliarla, mentre imburravo pigramente le fette biscottate per fare colazione.
Eliminare la povertà è un gioco. |