IL DUBBIO

La vita non è fatta solo di terra da arare o produttiva, ma anche di montagne di sogni e di sotterranei di dolore ¨ Abraham Heschel

 

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LA POESIA

"Quando il potere spinge l'uomo all'arroganza, la poesia gli ricorda i suoi limiti. Quando il potere restringe il campo dei suoi interessi, la poesia gli ricorda la ricchezza e diversità della sua esistenza. Quando il potere corrompe, la poesia purifica"

John Fitzgerald Kennedy - pochi mesi prima di essere assassinato ...

 

DEDICATO ALLA CLASSE POLITICA ITALIANA

"Bisogna sempre tener presente questi due principi: primo, agire unicamente secondo ciò che ti suggerisce il bene dell'umanità; secondo, cambiar parere se trovi qualcuno capace di correggerti, rimuovendoti da una certa opinione. Questo nuovo parere, comunque, deve sempre avere una ragione, come la giustizia o l'interesse comune, ed esclusivamente tali devono essere i motivi che determinano la tua scelta, non il fatto che ti sia parsa più piacevole o tale da procurarti maggior gloria."
Tratto dai "Ricordi dell'imperatore Marco Aurelio (121-180 D.C.)

 

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CAPORETTO: La leggenda nera ...

Post n°60 pubblicato il 24 Ottobre 2007 da svitol5
 
Foto di svitol5

Il 24 Ottobre di 90 anni fa si concluse una battaglia che segnò profondamente la storia dell’allora ancora giovane Esercito italiano. La Grande Guerra fu vinta comunque un anno dopo ma Caporetto rimase per decenni come un’onta di vergogna stampata in modo indelebile su tutta una nazione.

Parliamo di Caporetto e dello sfondamento delle truppe Austro – Tedesche del 1917 che provocò una delle più gravi sconfitte militari italiane. La retorica storica che abbiamo subito su tutti i testi scolastici ha sempre parlato di vergogna nazionale, sfacelo degli eserciti, inadeguatezza dei generali, capitolazioni di massa: in pratica una discesa agli inferi seguita poi dalla resurrezione patriottica sul Piave che “mormorava”.

Eppure non è stato così: la rappresentazione della “vigliaccheria italiana” non corrispondeva alla realtà. Ho letto con molto interesse la recensione del libro “I nemici di Rommel” dello storico Paolo Gaspari che raccoglie innumerevoli testimonianze di ufficiali italiani fatti prigionieri che ribaltano completamente gli stereotipi che ci siamo costruiti intorno a questa battaglia.

In pratica quindi a cosa si deve attribuire questa sconfitta? Semplicemente all’esito scontato di una inferiorità tattica, di addestramento e di armamento. L’esercito tedesco aveva in dotazione delle mitragliatrici moderne in grado avere una potenza di fuoco impensata per quei tempi oltre ad una elevata capacità di comunicazione tra i reparti.

Ma la vera arma vincente fu la tattica: in pratica, dato che gli austro-tedeschi, avendo truppe meno numerose, sfruttavano la guerriglia velocissima di reparti poco numerosi ma estremamente efficaci nel colpire e poi dileguarsi. Gli italiani abituati alla guerra di posizione statica rimasero sconcertati di fronte a quella tattica estremamente moderna del “mordi e fuggi”. L’effetto di questa tattica fu micidiale sia per le perdite elevatissime provocate dalle mitragliatrici, ma forse soprattutto per la sorpresa e la paura conseguente delle truppe italiane di fronte a questa massa di fuoco e velocità del nemico. I racconti di questi ufficiali dovevano anche servire per costruire una memoria difensiva verso le commissioni di inchiesta che si tennero per cercare di capire le cause della disfatta.

Invece vennero fuori le verità interessate e propagandistiche degli storici austriaci e tedeschi che esaltavano la resistenza fiacca degli italiani insieme allo sventolio di massa dei drappi bianchi. Ma soprattutto la rimozione dei governanti italiani in quanto non si poteva tollerare una sconfitta così pesante ed allora, quale miglior appiglio di prendersela con le migliaia di soldati ed ufficiali vigliacchi che avrebbero fatto passare il nemico? Ci fu anche un falso telegramma in cui Cadorna avrebbe denunciato “l’ignobile tradimento di alcuni reparti della Seconda Armata” che rimase un falso storico totale. Successivamente tale disfatta fu portata sul tavolo dei trattati di Versailles in modo da sottovalutare la vittoria ottenuta successivamente. Anche il fascismo ne approfittò per propri fini politici in quanto a restauratore dell’antica potenza militare italica decaduta dopo Caporetto. Secondo numerosi storici moderni questa leggenda nera è stata costruita ad arte come un grande bluff mediatico usato per screditare i soldati e l’Italia di quel tempo.

Dopo 90 anni sarebbe quindi il caso perlomeno di restituire l’onore storico e militare a tutti quei caduti in quanto quella storia fa parte del nostro essere nazione e popolo ed un simbolo non è mai negativo.

Da bambino ho ancora il ricordo delle parole di mio nonno (Cavaliere di Vittorio Veneto) che mi raccontava la sua guerra vissuta: le trincee, gli assalti alla baionetta, la fame, le sofferenze e le atrocità di quella che tuttavia fu una guerra vinta ma con il sacrificio di centinaia di migliaia di soldati. Fu la prima guerra in cui giovanissimi di tutte le parti d’Italia si incontrarono per combattere. Un evento tanto terribile quanto carico di umanità per il crogiolo di dialetti, usi e costumi differenti.

Un paio di anni, in occasione di una vacanza, fa ho portato la mia famiglia a visitare il Sacrario Militare di Redipuglia in cui giacciono le salme di 100.000 soldati della III armata caduti nella I Guerra Mondiale. E’ stato un momento molto emozionante anche e soprattutto per i miei figli, pieno di sentimenti di rispetto e commozione verso tutti quei morti, in gran parte ignoti, per una guerra di cui magari nemmeno conoscevano le cause e per una Patria appena conosciuta.

Concludo con una piccola provocazione: sarebbe il caso che qualcuno dei separatisti nordici nostrani (vedi Lega Padania Libera) facesse visita a quel monumento e leggesse le lettere dei soldati al fronte. Non dico che cambierebbe idea ma forse avrebbe un minimo di rispetto in più verso la nostra Bandiera.

Un saluto a tutti

Vito

 
 
 
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Un blog di: svitol5
Data di creazione: 18/05/2007
 

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Sant'Ambrogio - padre della Chiesa (339 - 397 d.C.)

 

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