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Messaggi di Aprile 2020
Post n°2837 pubblicato il 28 Aprile 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet Un villaggio romano riemerge dagli scavi ai piedi di Castel Penede Foto tratta da Montagnando.it La campagna di scavo sul monte sopra Nago ai piedi di Castel Penede (Trento) sta dando frutti inaspettati e sorprendenti. Dai primi scavi, infatti, sta riemergendo un vero e proprio villaggio risalente molto probabilmente alla fine del I secolo a.C. "E' una bomba archeologica quella trovata in questi giorni." Commenta Morandi, sindaco di Nago Torbole "Più si scava e più vengono fuori case, spigoli, scalinate e ora ci rendiamo conto che anche la morfologia del bosco potrebbe seguire linee precise perché cresciuto sopra un grande insediamento". Attraverso la campagna di scavo, alla quale sono impegnati gli studenti dell'Università di Trento in collaborazione con la Soprintendenza ai Beni Culturali e il Comune, si sta sondando il terreno del fitto bosco che si estende intorno al castello edificato intorno al XII secolo. "Per ora sono stati fatti 3-4 scavi in punti ben precisi e in tutti sono state trovate tracce di un villaggio con case, stradine, scalinate, muretti. Stiamo parlando, potenzialmente, di un'area grande circa un ettaro quindi potrebbe rivelarsi un insediamento davvero di assoluto interesse" - prosegue Morandi. Importanti lavori di restauro interesseranno anche il Castello di Penede, sotto le cui rovine sono comparse delle scalinate, ma anche stanze e ambienti che erano stati nascosti da precedenti crolli. Dagli scavi sono già stati recuperati dei reperti molto interessanti. Tra questi resti di pasti, monete, ceramiche, ma anche lamine di bronzo e quella che potrebbe essere la punta di un pilum (un giavellotto utilizzato dall'esercito romano). Scoperte che fanno credere agli archeologi che il sito sia stato occupato in maniera stabile nel corso dei secoli. Forse già in epoca retica e poi successivamente occupato dai romani. Ci vorrà del tempo per approfondire lo studio dell'insediamento, ma Morandi fa sapere che verranno inseriti dei pannelli informativi per rendere l'area fruibile al pubblico sin da subito e che verranno investite ulteriori risorse per prolungare l'intervento e arrivare così a fare piena luce sull'insediamento. La notizia è stata pubblicata a metà maggio su alcune testate locali e magazine online. Una notizia che volevamo condividere con voi! La redazione, Siti Archeologici d'Italia |
Post n°2836 pubblicato il 28 Aprile 2020 da blogtecaolivelli
Il "Complesso dei Niccolini" la necropoli riscoperta! Foto tratta da Arte Magazine Il Museo archeologico regionale di Lilibeo (Marsala, Trapani) ha reso noto il recupero di una necropoli paleocristiana, da lungo tempo in stato di abbandono e nascosta alla vista a causa della presenza di alti arbusti, erbacce e vegetazione spontanea. Il "complesso dei Niccolini", questo il nome dell'area ora ripulita e recuperata, è una vasta area archeologica con arcosoli e catacombe cristiane sita nei pressi del cimitero di Marsala. Anna Maria Parrinello, dirigente regionale del museo, spiega che "l'assenza di pulizia per molti anni aveva prodotto lo sviluppo incontrollato di rovi e di piante di Alianthus altissima (alte fino a 15 metri). E la fitta vegetazione aveva impedito l'accesso al sito, compromettendo lo stato di conservazione degli arcosoli cristiani, decorati con pitture ad affresco, e del pregevole pavimento musivo". La notizia, diffusa il 24/11 u.s. è stata ripresa da ANSA.it, Repubblica. it, Sky Tg24, il Giornale di Sicilia e alcune testate locali. L'area del Niccolini potrebbe essere presto aperta al pubblico. Una buona notizia che volevamo condividere! La redazione, Siti Archeologici d'Italia |
Post n°2835 pubblicato il 28 Aprile 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet San Pietro in Bevagna, uno scatto fotografico rivela al mondo i "Sarcofagi del Re" Foto di Cosimo Truno Un suggestivo scatto fotografico, realizzato dal fotografo Cosimo Truno, ha mostrato al mondo un piccolo tesoro archeologico composto da 23 sarcofagi di epoca romana risalenti al III secolo d.C., realizzati in marmo greco e utilizzati, secondo la tradizione, per raccogliere le spoglie mortali di importanti uomini dell'antica Roma, da qui l'appellativo di "sarcofagi del Re" Lo scatto, realizzato utilizzando un drone, mostra i 23 blocchi di marmo posti sul fondale delle limpide acque del Salento che caratterizzano quel tratto di costa, a pochi metri di profondità. Sempre secondo la tradizione, la storia dei sarcofagi è legata al la nave che li stava trasportando verso la capitale, la nave si sarebbe inabissata circa 1700 anni fa, a un centinaio di metri dalle attuali spiagge di San Pietro in Bevagna, poco distante dalla foce del fiume Chidro, sulla costa ionica salentina, in provincia di Taranto. Normalmente poco visibili, a causa delle mareggiate che li ricoprono di sabbia, questi straordinari reperti hanno suscitato un certo scalpore, immortalati in uno scatto oggettivamente suggestivo. La notizia e l'ormai celeberrima foto, nei giorni scorsi sono state pubblicate da molte testate locali e nazionali, suscitando attenzione e curiosità, forse complice l'estate ormai alle porte, la bellezza del mare e la forza espressiva dello scatto. Una curiosità che volevamo condividere con voi! La redazione, Siti Archeologici d'Italia |
Post n°2834 pubblicato il 28 Aprile 2020 da blogtecaolivelli
Riapre il Tuscolo, il parco archeologico nel cuore dei Castelli Romani Tratto da Artemagazine.it Dopo quasi un anno di chiusura riapre al pubblico il Parco del Tuscolo. Nel fine settimana del 13 e 14 aprile è fitto il programma di attività alla scoperta del parco tra cui visite guidate, laboratori e un concerto. Tusculum può considerarsi il cuore antico dei Catelli Romani. L'antica città, secondo la leggenda fu fondata da Telegono, figlio di Ulisse e della Maga Circe intorno al XV secolo a.C. Si oppose a lungo alla potenza romana ma poi fu sconfitta da Roma nel 496 a.C. Divenne residenza estiva di imperatori e senatori, fiorente centro e la sua fama si mantenne fino al Medioevo quando fu definitiva distrutta nel 1191. Da allora tante vicende hanno toccato il territorio di Tusculum che finì nell'oblio fino a quando la Comunità Montana Castelli Romani acquisì il parco. Dagli anni Novanta sono state condotte numerose campagne di scavo e oggi molte e preziose sono le rovine della città che sono state portate alla luce. Il percorso di visita del Parco - zona di riserva integrale - si snoda attraverso i resti del centro urbano: troviamo il Foro, i resti del tempio di Mercurio e della Basilica, l'area dei tempietti, la Fontana Arcaica e il teatro risalente al 75 a. C., simbolo del Parco, con cavea semicircolare. Seguendo i basolati della Via dei Sepolcri, sono visibili i resti dell'edifico termale scavato recentemente e del Santuario extraurbano. Buona festa di riapertura, dunque, a chi vorrà partecipare a questa bellissima iniziativa! Per informazioni e orari: www.tuscoloparcoarcheologicoculturale.it (Parco Archeologico Culturale di Tuscolo, Strada Provinciale 73b, Monte Porzio Catone). Una news che volevamo condividere con Voi! La redazione, Siti Archeologici d'Italia |
Post n°2833 pubblicato il 28 Aprile 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet Angelitos, la terribile violenza del Guatemala Le 'maras' padrone del territorio, la triste storia di un bimbo
Francesco De FilippoTRIESTE26 aprile 2020 (ANSA) - TRIESTE, 26 APR - MARTINA DEI CAS, 'ANGELITOS' (Prospettivaeditrice; pag.147; Euro 12) Martina Dei Cas è riuscita nell'intento: pubblicare "Angelitos" per far rimbalzare al di qua dell'Oceano Atlantico una vicenda di "ordinaria" violenza che altrimenti sarebbe stata dimenticata dopo che qualche articolo di giornale fosse scolorito e si fosse estinta l'eco di una delle poche commemorazioni. Una storia come tante in Guatemala quella di Angelito Escalante Pérez, 12 anni, sequestrato da una 'mara' di coetanei per arruolarlo, contro la sua volontà, nella banda. Il rito d'iniziazione consiste nello sparare a all'autista di un autobus carico di persone che procede nella loro direzione. Angelito si rifiuta e allora viene buttato giù da un ponte. Morirà dopo giorni di agonia in ospedale. Una storia quasi banale nella sua semplicità: o fai ciò che ti diciamo oppure la pagherai cara; i rapporti nel Centro America sono sbrigativi e chiari. E' la logica del 'mata o mueres', uccidi o muori. Angelito sognava di fare l'architetto e invece è finito per volare giù dal ponte più alto del Guatemala, il Belice, 125 metri. Non era morto subito, la sua caduta fu attutita da erbe e piante del pericolosissimo Barrio Jesus de la Buena Esperanza dove lo trovò suo padre, Luis, molte ore dopo, troppo tardi per salvarlo. Resistette due settimane in coma all'ospedale San Juan de Dios, poi il 4 luglio spirò. Città del Guatemala è così: povertà, disoccupazione, ignoranza, e poi vernici o solventi industriali sniffati dai ragazzini per bloccare la fame o scongiurare la paura. Senza immaginare le conseguenze devastanti sul sistema nervoso e su quello respiratorio. Infine sincretismi religiosi incompleti, tra riti propiziatori delle divinità maya venerate dai indigeni e santi cattolici di ogni fatta che i criminali delle maras, insieme con il nome della banda di appartenenza, la Barrio 18 o l'antagonista Mara Salvatrucha, si tatuano su qualunque parte del corpo, perfino gengive e palpebre.. Una violenza senza volto né ragione: la mara cui appartenevano i ragazzini probabilmente era la Barrio 18. Un nome noto anche in Italia. Forse erano gli stessi giovani assassini di Angelito quelli che qualche mese dopo, alla fermata della metropolitana di Milano Rho, quasi mozzarono un braccio con un machete a un ferroviere che aveva chiesto loro di mostrare i biglietti. Devastato dalle dittature, il Centro America sembra avere regole simboliche e il Guatemala è il Paese che ha conosciuto forse il più longevo dei despota, Efraìn Rìos Montt: trenta anni di massacri. Nel 2017, quando Martina Dei Cas, il regista Luca Sartori e il fotografo Francesco Melchionda preparavano i bagagli per realizzare un servizio sulla storia di Angelito, apprendono che i principali interlocutori delle interviste che intendevano fare - il procuratore per l'infanzia e l'adolescenza Harod Augusto Flores Valenzuela e il difensore civico nazionale per i diritti umani di bambini e adolescenti Gloria Patricia Castro Gutierrez, gli stessi che avrebbero dovuto indagare sulla morte del piccolo - erano stati rinviati a giudizio per omicidio colposo, maltrattamento di minori e inottemperanza dei propri doveri d'ufficio. L'inchiesta era stata aperta in seguito al rogo di una casa-famiglia, la Hogar Seguro Virgen de la Asuncion di San José Pinula dove l'8 marzo 2017 erano morte 41 tra bambine e ragazze, chiuse a chiave nelle loro stanze. Non un incendio spontaneo: qualcuno lo aveva appiccato perché le piccole non denunciassero gli abusi subiti dagli assistenti sociali, quelli che avrebbero dovuto prendersi cura di loro. Per la morte di Angelito, invece, non fu mai indagato nessuno. Suo padre Luis fu invitato perfino a una cerimonia dal Presidente della Repubblica, Jimmy Morales, ma questo non cambiò l'iter giudiziario del caso. Anzi. Nell'estate 2018 Luis Escalante dopo varie minacce lasciò la pericolosissima Zona 6 per tornare in Nicaragua - Paese d'origine della famiglia - dove già l'anno prima si erano rifugiati la moglie Claribel Pérez e i figli per scampare alla morte. E' per queste ragioni che il libro ha patrocinio di Amnesty International Italia e del Centro per la Cooperazione Internazionale di Trento. E vuole essere un sasso lanciato in uno stagno: secondo dati del 2016 del ministero dell'istruzione guatemalteco, nella capitale un bambino su due ha paura di andare a scuola temendo di essere arruolato a forza dalla mara. Un Paese che ha la povertà nel dna: racconta il credo religioso che Dio aveva finito la carne proprio prima di impastare il corpo dei popoli indigeni, dunque utilizzò mais. Fu per questo disagio sociale primitivo che il biochimico guatemalteco Ricardo Bressani nel 1959 inventò la incaparina, una miscela di farina di soia e mais, vitamine e minerali, utilizzata come integratore alimentare per combattere la malnutrizione tra la popolazione centroamericana. (ANSA). |
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