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Messaggi del 24/04/2020
Post n°2821 pubblicato il 24 Aprile 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet 02 aprile 2020Comunicato stampa Mescolanze di popolazioni: quale medicina personalizzata? Fonte: Università di PadovaIl genoma di un individuo mescolato (Admixed genome) viene separato nelle sue componenti principali (Ancestry Deconvolution, componenti blu e rosse). Le mutazioni associate al rischio di essere portatori di una data malattia o fenotipo (puntini neri) vengono studiate separatamente nelle due componenti (A e B) e il rischio genetico parziale (Partial Polygenic Score) viene calcolato utilizzando informazioni da studi di associazione (GWAS) condotti su popolazioni specifiche. I due Partial Polygenic Scores specifici per ciascuna componente genomica vengono combinati per ottenere il Polygenic Score finale. Credits: Davide Marnetto Team internazionale di ricercatori sviluppa un metodo per stimare il rischio genetico in individui con genoma composito Un nuovo studio sulla prestigiosa rivista «Nature Communications» (https://www.nature.com/articles/s41467-020-15464-w) propone un metodo per estendere la stima del rischio genetico (o polygenic scores), una recente innovazione nel campo della medicina personalizzata, ad individui che derivano dalla mescolanza di varie popolazioni umane. Lo studio, coordinato dal Prof. Luca Pagani del Dipartimento di Biologia dell'Università di Padova, è stato condotto dal Dr. Davide Marnetto e da altri ricercatori dell'Institute of Genomics dell Universitá di Tartu, Estonia. genetiche che ereditiamo dai nostri antenati, e in molte società moderne gli antenati di un dato individuo possono arrivare da vari angoli del globo. Il ruolo dell'origine (o origini) genetiche di un individuo nel rischio di sviluppare una certa malattia o nella probabilità di avere un dato tratto fenotipico è una delle domande fondamentali della genomica medica. Per ovviare a questo problema, i genetisti si concentrano spesso su popolazioni umane relativamente omogenee, per capire la connessione fra origini genetiche e rischio genetico. Ma cosa si può fare per individui che derivano dalla mescolanza di due o più popolazioni molto distanti fra loro? una modifica aggiuntiva per essere applicati ad individui con origini genetiche composite, ovvero frutto di mescolanze fra due o più popolazioni. In questo studio abbiamo cercato di combinare le conoscenze ottenute studiando varie popolazioni umane in un modello che potesse funzionare per questi individui frutto di mescolanze recenti." Spiega il Dr. Marnetto, primo autore dello studio. colleghi hanno adoperato metodi presi a prestito dai campi dell'antropologia molecolare e della genomica di popolazione. "Questa ricerca è un bell'esempio di intreccio fra il modo di pensare tipico della genetica popolazionistica ed evolutiva e degli studi di genomica medica, che sono i perni della ricerca condotta presso il nostro istituto" dice il Dr. Mait Metspalu, Direttore dell'Institute of Genomics. l'utilizzo di un approccio antropologico ed evolutivo possa incrementare le potenzialità della medicina personalizzata. Spero che il nostro studio possa aiutare ad includere e far beneficiare anche gli individui frutto di mescolanze genetiche tra popolazioni molto distanti fra loro dei vantaggi della medicina personalizzata e predittiva" conclude il Prof. Luca Pagani, coordinatore dello studio, e ricercatore principale del progetto stars unipd aspera |
Post n°2820 pubblicato il 24 Aprile 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articlo riportato dall'Internet 03 aprile 2020 L'antica convivenza degli ominidi africani Frammento di cranio di H. erectus (©Andy Herries, Jesse Martin and Renaud Joannes-Boyau) Australopithecus, Paranthropus e un Homo erectus arcaico erano presenti contemporaneamente nella stessa zona dell'attuale Sudafrica due milioni di anni fa. E' quanto emerge da una nuova analisi dei reperti del sito sudafricano di Drimolen, che mostra anche la selezione operata dai cambiamenti climatici Circa 2 milioni di anni fa, tre generi di ominidi - Australopithecus, Paranthropus e un Homo erectus arcaico - hanno vissuto contemporaneamente nella stessa zona dell'attuale Sudafrica. Lo rivela una nuova analisi della stratigrafia del sito di Drimolen, un ricco giacimento fossilifero, scoperto nel 1993, famoso per il ritrovamento di numerosi frammenti di scheletri di ominidi diversi. una combinazione di sofisticate tecniche di datazione per studiare la cronologia della cava principale di Drimolen, stabilendo in particolare l'età di due frammenti di crani fossili recentemente recuperati nel sito, risalenti a 2,04-1,95 milioni di anni fa. Il primo, indicato dalla sigla DNH 152, rappresenta il più antico esemplare noto di Parantropus robustus, mentre il secondo, indicato come DNH 134, è il più antico fossile di cranio con chiare affinità con Homo erectus. in Sudafrica e retrodatano di almeno 100.000 anni la prima apparizione del più antico H. erectus nella regione, un risultato che ha conseguenze importanti anche per l'evoluzione degli esseri umani moderni. specie fosse da collocare nell'Africa orientale" ha spiegato Stephanie Baker, dell'Università di Johannesburg, coautrice dello studio. "Ma DNH 134 mostra che Homo erectus, uno dei nostri diretti antenati, forse proviene invece dall'Africa del sud: ciò significherebbe che in seguito si sono spostati verso nord in Africa orientale; da lì hanno poi attraversato il Nord Africa per popolare il resto del mondo". dal confronto con altre prove i ricercatori hanno concluso che il sito riflette un periodo di transizione dell'Africa meridionale dominato da una notevole variabilità climatica, che ha portato a una sempre maggiore aridità. Questo ambiente era caratterizzato da specie autoctone, come l'australopiteco, che però era già in via di estinzione, quando nuovi generi ominidi come Homo e Parantropus sono comparsi nella zona. E proprio i cambiamenti climatici hanno probabilmente avuto un ruolo importante nel determinare il vantaggio adattativo di H. erectus. ed erano abituati a quelli, ma a un certo punto il clima si è fatto più freddo e secco", ha concluso Baker. "Gradualmente, le aree coperte da foreste si sono ridotte e sono state sostituite dalle praterie e dalla savana africana che si vede tutt'ora. In definitiva, H. erectus, più mobile e sociale degli altri ominidi, ha saputo adattarsi meglio a questo clima più fresco". (red) |
Post n°2819 pubblicato il 24 Aprile 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet 27 novembre 2018 I tanti incroci di Neanderthal e Homo sapiens Ricostruzioni di un uomo di Cro-Magnon (a sinistra) e di un uomo di Neanderthal (© P PLAILLY/E DAYNES/SPL/AGF) È assai improbabile che un unico incrocio tra Neanderthal ed esseri umani possa aver dato origine all'attuale distribuzione dei frammenti genetici neanderthaliani nel nostro DNA. Lo afferma una nuova analisi che supporta l'ipotesi di molteplici contatti e incroci avvenuti in epoche diverse Meno di 100.000 anni fa, Homo sapiens viveva quasi esclusivamente nel continente africano. I nostri antichi cugini - cioè le altre specie di Homo, come i Neanderthal e i Denisova - erano invece già sparpagliati nel continente euroasiatico, rispettivamente a occidente e a oriente. Poi però è cambiato tutto. I nostri antenati sono emigrati dall'Africa verso nord e si sono incrociati non una ma più volte con i neanderthaliani. Evolution" a firma di Fernando Villanea e Joshua Schraiber della Temple University a Philadelphia, negli Stati Uniti. Il risultato potrebbe chiudere in modo definitivo un dibattito che dura da anni e che riguarda il possibile numero d'incontri tra le due specie di Homo, cioè sapiens e neanderthalensis. per cento del genoma delle persone che non sono di origine africana deriva dai Neanderthal e dai Denisova. Ma l'ipotesi più semplice per spiegarlo, cioè che il mescolamento genetico sia avvenuto come conseguenza di un unico incontro, era già stata criticata perché nelle popolazioni asiatiche la percentuale del DNA derivato dai Neanderthal è del 12-20 per cento più alta rispetto agli europei. E questo secondo dato faceva ipotizzare altri contatti che, nel corso della storia remota delle due specie, avrebbero potuto aumentare gli incroci genetici. Per fornire una solida base sperimentale all'ipotesi di più incontri, Villanea e Schraiber hanno analizzato le banche dati più complete sulla distribuzione dei geni neanderthaliani nel DNA di soggetti asiatici ed europei. Usando diversi modelli teorici e ricorrendo anche alla tecnica di apprendimento automatico nota come deep learning, gli autori hanno concluso che il modello di un singolo evento d'incrocio non è il più adatto a spiegare i dati empirici. Quindi bisogna dedurre che gli incroci sono stati più di uno. evoluzionistica di Lipsia, in Germania, in un articolo di commento pubblicato sullo stesso numero di "Nature Ecology & Evolution", lo scenario degli episodi multipli d'incrocio tra esseri umani e neanderthaliani è in accordo con un modello emergente di interazioni frequenti e complesse tra i diversi gruppi di ominidi. Recentemente, infatti, sono state scoperte prove dirette di un incrocio tra Neanderthal e Denisova, ed era già noto che gli stessi Denisova si fossero incrociati sia con Homo sapiens sia con altri ominidi. lasciata dai Denisova ha due componenti distinte, invece nel caso dell'impronta neanderthaliana non si osservano componenti distinte e chiaramente riconoscibili. continente euroasiatico, la popolazione dei Neanderthal era molto omogenea, come confermato sperimentalmente dalla limitata variabilità degli antichi DNA neanderthaliani prelevati in Europa occidentale e in Siberia. L'alternativa è che i primi incontri siano avvenuti in una regione geograficamente ristretta, e che altri siano seguiti in epoca successiva, quando le popolazioni di H. sapiens europei e asiatici già si erano separate. (red) |
Post n°2818 pubblicato il 24 Aprile 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet Hubble e il cannone di palle di plasma Sfere di fuoco: il telescopio della Nasa ha osservato il bombardamento in diretta attorno a una stella morente, complice un'altra stella ancora non osservata. Un'illustrazione che mostra le bolle di plasma lanciate nello Spazio: si parte da due stelle binarie (1); la più piccola orbita attorno alla gigante rossa sottraendo parte del suo materiale (2); la compagna forma un disco di accrescimento (3) dal quale vengono emesse le sfere infuocate (4). | NASA, ESA, AND A. FEILD (STSCI) Il telescopio della Nasa Hubble ha individuato una serie di bolle di plasma grandi due volte il pianeta Marte provenire dalle vicinanze di una stella morente, a una velocità tale che potrebbero percorrere la distanza Terra-Luna in 30 minuti. DA DOVE VIENE? Il bombardamento avviene intorno alla stella V Hydrae , a 1.200 anni luce da noi, ogni 8,5 anni e da almeno 400 anni. Ma l'astro in questione, una gigante rossa, non può essere la fonte delle "palle di fuoco". Le giganti rosse sono stelle in fin di vita che stanno esaurendo il loro combustibile nucleare. V Hydrae ne ha già bruciato metà ed è improbabile che quello che le rimane sia sufficiente a produrre queste sfere infuocate di 9.400 °C di temperatura, quasi due volte più calde della superficie del Sole. CECCHINO NASCOSTO L'ipotesi principale descritta in uno studio pubblicato su The Astrophysical Journal è che le palle di fuoco vengano scagliate da una compagna non vista di V Hydrae, una stella che orbita intorno alla principale ogni 8,5 anni. Quando transita negli strati più esterni di V Hydrae, ingloba il materiale eiettato dalla compagna. Il materiale si accumula in un disco di accrescimento attorno alla "ladruncola", e da questo disco si liberano poi le sfere di plasma. IPOTESI CONVINCENTE. Questo modello, con la presenza di un'altra stella nascosta e quindi di sistemi binari, spiegherebbe anche come si formano le complesse strutture incandescenti delle nebulose planetarie, che spesso di vedono attorno alle stelle morenti. Le giganti rosse non hanno un disco di accrescimento, ma le loro stelle compagne potrebbero averlo. Questo involucro di materiale darebbe origine al guscio di gas tipico delle nebulose planetarie. |
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