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Messaggi del 14/04/2020
Post n°2752 pubblicato il 14 Aprile 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet Telescopio James Webb potrebbe non rilevare vapore acqueo in pianeti con atmosfere troppo nuvolose 3 Aprile 2020 Spazio e astronomia, Top news Uno dei compiti più intriganti che avrà il telescopio spaziale James Webb quando sarà lanciato finalmente nello spazio sarà quello di indagare le atmosfere dei pianeti oltre il sistema solare, qualcosa che al momento non c'è ancora concesso con gli strumenti di cui disponiamo. Grazie alla sua elevata sensibilità e alla capacità di guardare all'infrarosso, il James Webb, infatti, potrà raccogliere utilissimi dati sulle atmosfere degli esopianeti come mai è stato fatto fino ad ora. Telescopio James Webb permetterà analisi delle atmosfere Il James Webb, inoltre, permetterà di esaminare con maggiore dettaglio i pianeti più piccoli e soprattutto i pianeti rocciosi, quelli simili alla Terra, oggi molto difficilmente individuabili con il classico metodo del transito a differenza dei pianeti più grandi, quelli gassosi tipo Giove. La cosa più importante che potrà fare questo telescopio sarà raccogliere i dati delle atmosfere, importantissimi per comprendere la reale possibilità di esistenza di vita. La presenza di particolari gas, come l'ossigeno, l'anidride carbonica e il metano, infatti, potrebbero essere segni di presenza di vita sulla superficie del pianeta stesso. Inoltre nella stessa atmosfera potrebbe essere individuato vapore acqueo che indicherebbe la presenza di acqua sulla superficie, altro elemento indiziario importante per la vita. Tuttavia un recente studio mostra che il vapore acqueo in quelle atmosfere caratterizzate da una copertura nuvolosa più estesa potrebbe non essere intercettabile dal telescopio. Pianeti orbitanti intorno a nane rosse "I pianeti in transito in orbita attorno alle stelle nane rosse sono obiettivi più favorevoli rispetto a quelli in orbita attorno alle stelle simili al sole perché il rapporto tra la dimensione del pianeta e la dimensione della stella è maggiore", dichiara a Universe Today Thaddeus Komacek, ricercatore dell'Università di Chicago che ha compilato lo studio. Inoltre la zona abitabile intorno ad una nana rossa è più vicino alla stella stessa e ciò significa orbite planetarie più vicine e un maggior numero di volte in cui un pianeta roccioso abitabile transiterà intorno alla stella, cosa che conseguenzialmente porterà ad un maggior numero di osservazioni. Modelli al computer Eseguendo particolari modelli al computer di pianeti orbitanti intorno a nane rosse ed esaminando l'eventuale presenza di nuvole nelle atmosfere i ricercatori hanno innanzitutto determinato che il James Webb potrebbe rilevare nella maggior parte dei casi il vapore acqueo nell'atmosfera di un esopianeta. Tuttavia, osservando le simulazioni, i ricercatori si sono accorti anche che una copertura nuvolosa troppo spessa potrebbe rendere il vapore acqueo non rilevabile: "Poiché il vapore acqueo è per lo più intrappolato al di sotto del livello della nuvola d'acqua, la forte copertura nuvolosa sui pianeti in orbita attorno alle stelle rosse nane rende incredibilmente impegnativo nel rilevare le caratteristiche dell'acqua. È importante sottolineare che si prevede che JWST sarà ancora in grado di limitare la presenza di componenti atmosferici chiave come l'anidride carbonica e il metano in solo una dozzina di transiti", spiega ancora Komacek. In sostanza il James Webb non avrebbe problemi, con nuvole o senza nuvole, a scoprire altre tipologie di gas nell'atmosfera che a loro volta potrebbero essere segni di vita potenziale ma potrebbe avere problemi a rilevare il vapore acqueo se ci sono troppo nuvole. |
Post n°2751 pubblicato il 14 Aprile 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet Materia oscura fatta di neutrini sterili? Probabilmente no secondo nuovo studio 31 Marzo 2020 Spazio e astronomia, Top newsSe la materia oscura fosse fatta di neutrini sterili, dovrebbe essere rilevabile un alone luminoso e sferico di emissione di raggi X intorno al centro della via Lattea, cosa non rilevata in questo nuovo studio (credito: Christopher Dessert, Nicholas L. Rodd, Benjamin R. Safdi, Zosia Rostomian (Berkeley Lab)) I misteriosi segnali elettromagnetici provenienti dalle galassie vicine e registrati da diversi team di astronomi non possono essere collegati alla materia oscura secondo un nuovo studio prodotto da ricercatori dell'Università del Michigan, del Lawrence Berkeley National Laboratory (Berkeley Lab) e dell'Università della California. Ad oggi fisici ed astronomi non sono ancora di cosa sia composta la materia oscura. Una delle teorie più in voga suggerisce che sia fatta da un "cugino" strettamente correlato al neutrino, denominato "neutrino sterile". Si tratta di una particella subatomica senza carica che sostanzialmente non interagisce con la materia oppure lo fa molto raramente. Questa particella viene rilasciata di solito durante le reazioni nucleari che avvengono all'interno o di stelle come il Sole. Sostanzialmente è una particella ipotetica perché mai osservata sperimental- mente. Secondo qualche scienziato, la materia oscura potrebbe essere fatta da neutrini sterili i quali potrebbero essere rilevati perché altamente instabili e perché si decompongono in normali neutrini emettendo radiazioni elettromagnetiche. Queste radiazioni elettromagnetiche, sotto forma di raggi X, potrebbero poi essere individuate scansionando le galassie. Ed è proprio per questo che una ricerca del 2014 ha infuso notevoli speranze in chi crede in questo approccio teorico: un team di astronomi scoprì una grossa emissione di raggi X proveniente da varie galassie o ammassi di galassie vicini. L'emissione sembrava abbastanza coerente con quella provocata dalla decompo- sizione di neutrini sterili. In questo nuovo studio, però, utilizzando i dati raccolti in vent'anni dal telescopio a raggi X spaziale XMM-Newton, i ricercatori dichiarano di non aver trovato prove che il neutrino sterile possa essere alla base di queste emissioni e quindi possa essere considerato alla base della stessa materia oscura. "Questo lavoro del 2014 e i lavori di follow-up hanno confermato che il segnale ha generato un notevole interesse nelle comunità di astrofisica e fisica delle particelle a causa della possibilità di sapere, per la prima volta, esattamente cos'è la materia oscura a livello microscopico", spiega Ben Safdi, assistente professore di fisica alla UM e uno degli autori dello studio. "La nostra scoperta non significa che la materia oscura non sia un neutrino sterile, ma significa che - contrariamente a quanto affermato nel 2014 - non ci sono prove sperimentali che indicano la sua esistenza". |
Post n°2750 pubblicato il 14 Aprile 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet Due migrazioni umane del neolitico provocarono inizio della scomparsa delle foreste europee 6 Aprile 2020 PaleontologiaDiffusione delle popolazioni Yamnaya Nel corso di un periodo di 8000 anni (credito: Fernando Racimo) Sono in particolare due le migrazioni umane del neolitico ad aver provocato una "rivoluzione" ambientale con le loro nuove pratiche agricole che ne seguirono secondo uno studio condotto da ricercatori delle università di Copenaghen e di Plymouth. Queste due migrazioni umane sono avvenute in Europa durante l'olocene. Si tratta di una migrazione che ha visto popolazioni dell'Anatolia migrare a nord-ovest e soprattutto di un'altra che ha visto le popolazioni Yamnaya delle steppe migrare ad ovest durante l'età del bronzo. I ricercatori hanno analizzato i cambiamenti nella vegetazione che hanno accompagnato queste due migrazioni confermando che esse hanno portato alla sostituzione di ampie fette di foreste europee con un paesaggio agricolo, una trasformazione che si può vedere ancora oggi e che è continuata nel corso del tempo, durante tutti gli ultimi 6000 anni, portando alla scomparsa di oltre la metà delle foreste europee, complice anche il sempre più pressante bisogno di legname. Nello studio, pubblicato su PNAS, viene riferito che queste due importanti migrazioni si sono differenziate in maniera netta dalle altre sia per quanto riguarda la loro diffusione sia per le implicazioni ambientali che hanno prodotto. In particolare i ricercatori hanno mostrato che ci fu un declino generale della foresta di latifoglie in Europa contemporaneamente ad un aumento dei territori dedicati ai pascoli. Ciò avvenne contemporaneamente al declino delle popolazioni cacciatrici e raccoglitrici. Inoltre gli stessi ricercatori mostrano, nello studio, che questi cambiamenti dei suoli portarono anche a variazioni dei modelli climatici nel corso di questo periodo. "Il movimento delle popolazioni delle steppe che si è verificato nell'età del bronzo ha avuto un impatto particolarmente forte sulla vegetazione europea. Mentre queste popolazioni si stavano spostando verso ovest, vediamo un aumento della quantità di pascoli e diminuzione delle ampie foreste in tutto il continente. Ora possiamo anche confrontare i movimenti dei geni con la diffusione di contenitori culturali. Nel caso della rivoluzione dell'agricoltura neolitica, ad esempio, i due in particolare si individuano bene, sia nello spazio che nel tempo", dichiara Fernando Racimo, professore associato dell'Università di Copenaghen nonché autore principale della ricerca. |
Post n°2749 pubblicato il 14 Aprile 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet Nuovo nervo sensoriale che collega cervello a intestino scoperto da scienziati Strana simbiosi tra vermi e batteri scoperta sui fondali marini al largo del Costarica 7 Aprile 2020 MicrobiologiaI ricercatori hanno trovato vermi consumatori "di terza mano" di metano sui fondali marini al largo del Costarica (credito: Alvin/WHOI) Una strana "simbiosi" tra vermi e batteri sul fondo del mare è stata scoperta da un team di ricercatori del Caltech e dell'Occidental College , una scoperta che mostra quanti misteri circondino ancora gli habitat sottomarini degli abissi. I ricercatori hanno scoperto che i batteri della famiglia dei metilococchi (Methylococcaceae), batteri che riescono ad ottenere la propria energia dal metano (sono metanotrofi), si servono dei particolari organi respiratori di vermi Laminatubus e Bispira che vivono sul fondo del mare. I vermi, lunghi pochi centimetri, si trovano infatti in gran numero nei pressi delle infiltrazioni di metano negli abissi marini, vere e propria "prese d'aria" sui fondali dove idrocarburi come il metano trasudano letteralmente all'interno dell'oceano. I vermi vivono presso queste prese d'aria perché si nutrono degli stessi batteri che a loro volta utilizzano i vermi come "autostoppisti". "Questi vermi sono stati a lungo associati alle infiltrazioni, ma tutti presumevano che si nutrissero filtrando i batteri. Invece, scopriamo che stanno collaborando con un microbo per utilizzare l'energia chimica per nutrirsi in un modo che non avevamo considerato", spiega Victoria Orphan, professoressa di scienze ambientali e geobiologia nonché autrice dello studio che è poi apparso su Science Advances. Tramite particolari sottomarini robotici, i ricercatori hanno prelevato campioni nei pressi delle prese d'aria di metano da acque profonde fino a 1800 metri. Gli scienziati hanno poi analizzato i tessuti dei vermi interessandosi soprat- tutto agli isotopi di carbonio che avevano consumato notando che i loro corpi mostravano un rapporto basso tra carbonio-13 e carbonio-12, indizio del fatto che il carbonio proveniva dal metano. E dato che vermi non sono in grado di elaborare e digerire direttamente metano, i ricercatori hanno pensato che, per ottenere il carbonio, ingerissero i batteri metanotrofi. "Il fatto che abbiamo trovato questo specifico isotopo di carbonio in tutti i corpi dei vermi e non solo nei loro pennacchi respiratori indica che stanno consumando carbonio di metano da questi batteri", spiega ancora la Orphan. |
Post n°2748 pubblicato il 14 Aprile 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet Monaci buddisti thailandesi producono mascherine con plastica riciclata Monaci buddisti thailandesi producono mascherine in plastica riciclata all'interno dei propri templi. Lo rileva un nuovo comunicato della AFP che descrive l'iniziativa messa in atto da un gruppo di monaci di un tempio nei pressi di Bangkok che vogliono così impiegare il proprio tempo in qualcosa di utile onde contenere la diffusione della malattia nel paese, diffusione che anche in Thailandia sta cominciando farsi sentire con numeri pesanti. Il tempio è quello di Chak Daeng, un tempio già conosciuto perché il monaco responsabile aveva messo in atto nei mesi e negli anni scorsi un'iniziativa per allocare all'interno degli spazi del tempio stesso 15 tonnellate di bottiglie di plastica che riceve in media ogni mese per non invadere l'ambiente con questo materiale. I monaci riciclavano questa plastica producendo le classiche vesti che indossano. Ora i monaci, con l'aiuto di alcuni volontari, hanno deciso di estrarre le fibre sintetiche di queste bottiglie di plastica per produrre, insieme al cotone, delle mascherine antivirus, riconvertendo dunque la produzione in qualcosa di forse più utile in questo periodo. |
Post n°2747 pubblicato il 14 Aprile 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet HOMETERRAGEOLOGIA E STORIA DELLA TERRA Nuove scoperte sull'aumento dell'ossigeno terrestre di 2 miliardi di anni fa 29 Marzo 2020 Geologia e storia della TerraI ricercatori hanno analizzato la shungite, una roccia sedimentaria vecchia 2 miliardi di anni affiorata nella Russia nordoccidentale (credito: K. Paiste) Analizzando la shungite, una roccia sedimentaria presente in Russia e depositatasi circa 2 miliardi di anni fa, un team di ricercatori guidato da Kurt Konhauser all'Università di Alberta e dal professor Kalle Kirsimäe dell'Università di Tartu, ha potuto individuare i livelli di ossigeno presenti sulla superficie terrestre in quel momento. I ricercatori hanno infatti trovato in queste antiche rocce alti livelli di molibdeno, uranio e renio, metalli che sono comuni negli oceani e nei sedimenti terrestri solo quando l'ossigeno intorno è molto abbondante. Le teorie principali ci dicono che i livelli di ossigeno nell'atmosfera terrestre aumentarono in maniera sostanziale circa 2,4 milioni di anni fa, un periodo conosciuto anche come Grande Evento Ossidativo (Great Oxidation Event, GOE). Questo vento fu accompagnato da un altrettanto forte spostamento dei rapporti isotopici del carbonio nelle rocce sedimentarie. Ciò sarebbe dettato dai rapporti isotopici del carbonio dell'epoca che rivelano quantità enormi di plancton nei sedimenti oceanici, quantità che suggeriscono una generazione di ossigeno in eccesso. A questo picco seguì un periodo in cui l'ossigeno diminuì e rimase molto basso per circa un miliardo di anni, un periodo conosciuto anche come "Medioevo" della Terra. Le nuove scoperte relative a questo studio in sostanza contraddicono questa visione: "Abbiamo prove evidenti che i livelli di ossigeno atmosferico sono aumentati ulteriormente dopo la fine dell'anomalia dell'isotopo del carbonio. Ciò costringerà la comunità scientifica della Terra a ripensare ciò che ha guidato i cicli del carbonio e dell'ossigeno sulla Terra primordiale", spiega Mänd. Si tratta di scoperte importanti perché potrebbero aiutare a comprendere meglio l'evoluzione della vita, in particolare quella degli eucarioti, i precursori della vita complessa odierna, che si svilupparono proprio durante il "Medioevo" terrestre. I nuovi dati mostrano che il tempo affinché si evolvesse la vita complessa sulla Terra in realtà è stato più lungo di quanto calcolato in precedenza. |
Post n°2746 pubblicato il 14 Aprile 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet Per la maturità esame online orale, niente prova di terza mediaIl Consiglio dei ministri approva il decreto con le misure per la scuola, se non si rientra entro il 18/5 FOTOStudentesse all'ingresso di una scuola media - RIPRODUZIONE RISERVATA+ CLICCA PER INGRANDIRERedazione ANSA07 aprile 202012:11NEWS Un'unica prova orale telematica per i quasi 500 mila maturandi e niente esame di terza media ma solo una valutazione del consiglio di classe che tenga conto anche di un elaborato del candidato. Gli scrutini, comunque, saranno 'a distanza' e per tutti gli studenti degli anni intermedi è prevista la promozione all'anno successivo. E' questo lo scenario che si profila qualora non si tornerà in classe entro il 18 maggio, come previsto dal decreto sulla scuola approvato dal Consiglio dei ministri che verrà poi applicato grazie ad una o più ordinanze che devono essere emanate dal ministero dell'Istruzione. In caso si rientri in classe per metà maggio, la maturità - quest'anno ad esaminare i ragazzi saranno commissioni interne con un presidente esterno - sarà composta da una prova nazionale di italiano gestita dal ministero dell'Istruzione e da una seconda prova preparata dalla commissione interna, oltre all'orale; le competenze acquisite nei percorsi per le competenze trasversali e l'orientamento costituiscono parte del colloquio. I candidati esterni svolgeranno le prove tradizionali alla fine dell'emergenza Covid. Tutti gli alunni dell'ultimo anno saranno ammessi agli esami; quelli delle classi intermedie saranno promossi, ma gli eventuali debiti andranno recuperati nel prossimo anno scolastico. La ministra Lucia Azzolina ha spiegato il provvedimento: "Abbiamo pensato due possibili opzioni che permetteranno di fare gli esami secondo i reali apprendimenti anche grazie al lavoro sulla didattica a distanza. Abbiamo messo in sicurezza l'anno scolastico. Non si può però assolutamente parlare di sei politico: sono categorie vetuste, la valutazione guarda alla crescita e maturazione dello studente, che è messo al centro. Se ci saranno apprendimenti da recuperare, li recupereranno a settembre". La scuola potrà riprendere a settembre prima di quanto stabilito oggi dal calendario scolastico, salvo intese in Conferenza Stato-Regioni, anche per consentire il recupero degli apprendimenti. Restano valide le graduatorie di istituto attualmente vigenti e di questo Azzolina ha chiesto scusa ai precari: "Non riusciamo ad aggiornare le graduatorie di istituto e questo è dovuto a procedure vetuste: non riusciamo a portare avanti le domande cartacee. Chiedo scusa io a tutti i precari, li aggiorneremo l'anno prossimo con procedura digitalizzata". Validi resteranno anche i libri adottati quest'anno lo saranno anche per il prossimo. Fino a fine anno scolastico, inoltre, sono sospesi i viaggi d'istruzione, le iniziative di scambio o gemellaggio, le visite guidate e le uscite didattiche. Il Consiglio superiore della Pubblica Istruzione avrà - in questo periodo di emergenza - 7 giorni per dare i propri pareri mentre la ministra dell'Istruzione, Lucia Azzolina potrà bandire i concorsi per la scuola; tuttavia lo svolgimento delle procedure concorsuali per l'accesso al pubblico impiego è sospeso per 60 giorni. Il decreto prevede che se si protrarrà l'emergenza il ministro dell'Università può prevedere che tirocini e abilitazioni alle professioni di odontoiatra, farmacista, veterinario, tecnologo alimentare, dottore commercialista ed esperto contabile, nonché delle prove per l'abilitazione all'esercizio della revisione legale, possano svolgersi con modalità a distanza. E' valido il semestre di tirocinio professionale per il praticante che, a causa della sospensione dell'attività giudiziaria nei tribunali, non abbia assistito al numero minimo di udienze previste. Sempre oggi il Consiglio dei ministri ha dato il via libera alle assunzioni per recuperare parte dei posti liberati nell'estate del 2019 da quota 100: si tratta di 4500 prof. E se in autunno dovessero esserci ancora pericoli legati al Covid, la ministra Azzolina ha spiegato che si sta lavorando ad un piano per una ripresa delle scuole, a settembre, con un maggiore distanziamento in classe. Soddisfatti gli studenti. "Ora bisogna garantire a tutti di poter recuperare le insufficienze a settembre", dice l'Uds. Critica l'opposizione. "L'esame di maturità deve essere svolto in modo serio e inequivocabile, la presenza degli studenti nella prova orale è indispensabile. Fratelli d'Italia è contraria anche all'abolizione dell'esame di terza media che potrebbe benissimo essere posticipato a fine agosto", dicono i deputati Paola Frassinetti ed Ella Bucalo. Anche la Gilda esprime "perplessità sul merito e il metodo". "Il prossimo anno scolastico siano sono confermati gli organici attuali. L'anno prossimo ci sarà bisogno di distanziare. Ogni posto in meno produce a cascata lo spostamento di almeno altri due prof", chiede Pino Turi della Uil Scuola. Save The Children invita a "raggiungere subito centinaia di migliaia di ragazzi disconnessi a rischio deficit apprendimento e motivazione allo studio". RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright ANSACONDIVIDI |
Post n°2745 pubblicato il 14 Aprile 2020 da blogtecaolivelli
Cosa c'era prima del Big Bang? Un tempo prima dell'inizio del tempo, un universo invisibile di fianco al nostro... Possiamo sapere che cosa c'era prima del Big Bang? Il Big Bang dovrebbe avere prodotto uguali quantità di materia e di antimateria. Dov'è finita l'antimateria? C'è chi dice che si è (quasi tutta) annichilita con (quasi tutta) la materia, lasciandoci in eredità questo Universo. Secondo un'altra (bizzarra) idea sarebbe invece finita quasi tutta in un "universo specchio", dove il tempo e tutto il resto vanno al contrario, più o meno così: !osseccus àig è ottut osrevinU otseuq ni | Fino a poco tempo fa la scienza si limitava a descrivere cos'è accaduto dopo il Big Bang, l'immane evento che 13,7 miliardi di anni fa circa diede origine all'intero Universo. La convinzione più diffusa tra gli studiosi è che, in assenza del tempo (nato appunto con il Big Bang), non abbia senso chiedersi che cosa ci fosse prima. Alcune teorie, però, oggi sostengono che prima del nostro ci siano stati molti altri big bang, e che ci sono molti altri universi. Chissà, forse ognuno con una sua realtà fisica: quello dove esiste la materia, ma non la vita, o quello dove neanche la materia esiste e tutto è radiazione. L'idea dei "multiversi", che riscuote un discreto successo tra i cosmologi, rimane comunque il frutto di una speculazione e non ha riscontri possibili, almeno allo stato attuale delle nostre conoscenze. 24 MARZO 2020 |
Post n°2744 pubblicato il 14 Aprile 2020 da blogtecaolivelli
Fonte:articolo riportato dall'Internet HOMETERRAGEOLOGIA E STORIA DELLA TERRA Acqua comparsa sulla Terra più tardi di quanto pensato: vita formatasi subito? 12 Marzo 2020 Geologia e storia della Terra, Top news La maggior dell'acqua che ha formato gli oceani della Terra nonché degli elementi essenziali per la vita, come carbonio e azoto, sono comparsi quando la formazione del pianeta era quasi completa, dunque molto più tardi di quanto teorizzato in precedenza. È quanto suggerisce un nuovo studio apparso su Nature che dunque entra in contrasto con passate indagini geologiche e studi secondo i quali questi elementi, essenziali per l'acqua, e dunque anche per la vita, si trovavano già sul pianeta all'inizio della formazione. Fischer-Gödde spiega il metodo di studio: i ricercatori hanno analizzato alcune tra le rocce più antiche del mantello tra quelle rimaste conservate, analisi che permettono di scrutare la storia più antica della Terra: "Abbiamo confrontato la composizione del più antico, circa 3,8 miliardi di anni fa, delle rocce del mantello dell'Egeo Archeano con la composizione degli asteroidi da cui si sono formati e con la composizione del mantello terrestre oggi." I ricercatori hanno analizzato in particolare l'abbondanza degli isotopi di un metallo appartenente al gruppo del platino denominato rutenio nel mantello terrestre del periodo dell'archeano. Questo raro metallo può essere considerato come l'indicatore della fase di crescita tardiva della Terra come spiega Mario Fischer-Gödde dell'Istituto di geologia e mineralogia dell'Università di Colonia: "I metalli del [gruppo del] platino come il rutenio hanno una tendenza estremamente elevata a combinarsi con il ferro. Pertanto, quando si è formata la Terra, il rutenio deve essere stato completamente scaricato nel nucleo metallico della Terra". Le conclusioni di questo studio dunque rafforzano una teoria secondo la quale l'acqua sulla Terra è arrivata tramite gli impatti, numerosi nei primi periodi dopo la formazione della Terra, di asteroidi e comete, come spiega Carsten Münker, ricercatore dell'Università di Colonia partecipato allo studio: "Il fatto che stiamo ancora trovando tracce di metalli rari del platino nel mantello terrestre significa che possiamo supporre che siano stati aggiunti solo dopo che la formazione del nucleo è stata completata e che furono certamente il risultato di successive collisioni della Terra con asteroidi o planetesimi più piccoli". E dato che è stato dimostrato, da altri studi, che la vita sulla Terra è antichis- sima e che le prime forme di vita sono apparse non molto tempo dopo la formazione del pianeta, ne conviene che la vita sulla Terra è iniziata in maniera sorprendentemente rapida, praticamente nel giro di poche centinaia di milioni di anni a seguito della formazione dei primi oceani. Si tratta di conclusioni che, tra le altre cose, infondono una speranza ben maggiore di trovare la vita su altri pianeti: se la vita è iniziata qui sulla Terra in maniera così rapida, allora forse quelle reazioni casuali che l'hanno originata potrebbero non essere così rare come congetturato in precedenza. |
Post n°2743 pubblicato il 14 Aprile 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet Le prime stelle dopo il Big Bang La scoperta di quelle che forse sono stelle primordiali è come un viaggio nel tempo, in un passato talmente remoto che la Tavola Periodica contava solo tre elementi. Illustrazione - Le prime stelle dopo il Big Bang. | Un team di astronomi guidato da Eros Vanzella e Massimo Meneghetti, dell'Inaf di Bologna, ha individuato una dozzina di sorgenti di radiazioni elettromagnetiche che potrebbero appartenere alla ricercatissima (e finora mai trovata) Popolazione III, ossia la prima generazione di stelle nella storia dell'Universo, quelle composte essenzialmente da elementi primordiali. Lo studio è disponibile su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society. Le Pop III sono stelle illibate (si dice proprio così), mai sfiorate da alcun elemento che non sia fra i pochi presenti nella Tavola Periodica primordiale, quella forgiata direttamente dal Big Bang, una tavola periodica di soli tre elementi: idrogeno, elio e una spolverata di litio. Ora un team di astrofisici, esplorando il cosmo con il Very Large Telescope (VLT) dell'ESO in direzione della costellazione di Eridano, potrebbe essersi imbattuto proprio in alcune Pop III: un complesso di una dozzina di stelle massicce. Un colpo di fortuna reso possibile da uno "strumento straordinario", una lente gravitazionale di potenza inaudita - l'ammasso di galassie MACS J0416 - senza la quale quelle stelle non sarebbero rilevabili perché, pur se enormi e caldissime, sono talmente lontane da emettere una luce che giunge a noi 400 miliardi di volte più fioca di quella della stella più debole che si possa osservare a occhio nudo. Approfondimenti: che cos'è e come funziona una lente gravitazionale. | «Una lente gravitazionale come MACS J0416», spiega Meneghetti, «è in grado di distorcere ciò che le sta dietro in un modo formidabile, ingrandendo - o amplificando, sarebbe meglio dire - anche sorgenti molto piccole. Dietro agli oggetti che fanno da lente ci sono regioni di Spazio, definite linee critiche, in cui l'amplificazione diventa enorme, e non abbiamo dubbi sul fatto che le sorgenti in questione, quelle che riteniamo essere le Pop III, si trovino proprio sopra alla linea critica di MACS J0416: la radiazione elettromagnetica che abiamo rilevato è almeno 40 volte più intensa di quella che potremmo captare in assenza dell'ammasso che fa da lente.» Una volta inquadrata quella remota regione di Universo alle spalle di MACS J0416, Vanzella e colleghi hanno avviato una serie di "operazioni di routine" per decifrarne la composizione chimica, usando lo strumento MUSE (Multi Unit Spectroscopic Explorer) del VLT. In estrema sintesi, è come fare l'appello degli elementi chimici presenti nella radiazione elettromagnetica rilevata, partendo dalla prima casella della Tavola Periodica, l'idrogeno, come si fa sempre. Ma questa volta la risposta è stata diversa.
L'IPOTESI Si pensa che siano esistite stelle di Popolazione III, considerate oggi estinte, per giustificare la presenza di metalli nelle stelle della generazione successiva, di Popolazione II: le prime, nate dal Big Bang e formate solo da idrogeno ed elio, al termine della loro esistenza avrebbero disperso nello Spazio i metalli da esse prodotti, per nucleosintesi, nelle ultime fasi della loro evoluzione «Abbiamo misurato una fortissima emissione dell'idrogeno», spiega Vanzella, «compatibile solo con stelle speciali, quelle di prima generazione - predette, ma finora mai trovate. Stelle con una massa mille volte quella del Sole e almeno venti volte più calde, che hanno dato il via alla costruzione della Tavola Periodica degli Elementi così come la conosciamo oggi.» Se sono per davvero stelle illibate, poterle studiare attraverso le loro emissioni sarà come assistere ai primi passi della formazione dell'Universo così com'è oggi. «Se non ci riusciremo col VLT, per la conferma definitiva che siano proprio stelle di Popolazione III bisognerà attendere il 2025, quando sarà finalmente operativo il futuro pezzo forte dell'European Southern Observatory, 24 MARZO 2020 |
Post n°2742 pubblicato il 14 Aprile 2020 da blogtecaolivelli
Altro che spettacolo: la cometa Atlas si sta sbriciolando? Con la sua luminosità aveva suscitato l'entusiasmo (e le aspettative) degli astronomi. Ma ora la cometa Atlas sembra avviata verso un destino più... anonimo. O verso un gran finale? Un'immagine della cometa ATLAS C/2019 Y4. | GERALD RHEMANN / WIKIMEDIA CC 3.0 Due astronomi, Quanzhi Ye dell'Università del Maryland e Qicheng Zhang di Caltech, hanno scattato nuove immagini della cometa ATLAS C/2019 Y4 - la cometa che nelle ultime settimane aveva entusiasmato astronomi e astofili, che promet- teva di diventare sempre più luminosa da qui a fine maggio 2020 - dove si nota che il nucleo sembra allungarsi, «come ci si aspet- terebbe nel caso in cui il nucleo si stesse spezzando» Due immagini da cui si può osservare l'allungamento del nucleo della cometa Atlas a distanza di alcuni giorni. | NINGBO EDUCATION XINJIANG TELESCOPE DUE INDIZI. Un altro elemento fa sospettare che sia in atto la frantumazione della cometa. In questo momento infatti, sembra che il nucleo di ATLAS C/2019 Y4 si stia spostando in una direzione opposta a quella che avrebbe se la cometa fosse soggetta alla sola azione della gravità del Sole: molte comete sperimentano in realtà una simile situazione, ma nel caso della cometa ATLAS tali forze si sono attivate molto bruscamente e in maniera violenta. Ciò supporta l'ipotesi che il piccolo nucleo sia sottoposto ad un fortis- simo degassamento che precede la frantumazione. In molti avevano sperato di scorgere la cometa ATLAS nel cielo a occhio nudo, con lo splendore quasi pari a quello di Venere, in queste sere primaverili. Ma gli ultimi dati sulla fanno dunque pensare che molto difficilmente questo sarà possibile... Eppure già a metà marzo, a dire il vero, quando la cometa appariva di giorno in giorno più luminosa, Karl Battams del Naval Research Lab di Washington DC aveva commentato: «Non sarei sorpreso di vedere la cometa ATLAS svanire rapidamente e forse anche disintegrarsi prima di arrivare al Sole. Spero vivamente di sbagliarmi, ma una cometa simile, la Elenin, si comportò allo stesso modo alcuni anni oro sono». Anche quella cometa aveva suscitato molte aspettative, ma poi, quasi, vaporizzò. COME FINIRÀ? La cometa ATLAS è condannata alla morte? Non necessariamente, in quanto il comportamento delle comete varia da caso a caso ed è difficile avanzare previsioni certe. E in ogni caso non è detto che i destino della ATLAS non susciti ulteriore interesse: «C'è infatti la possibilità», dice Battams, «che la cometa si prenda una pausa prima di un'altra esplosione, quella definitiva». Non rimane dunque che seguire passo passo la sua evoluzione. |
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