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Messaggi del 28/04/2020
Post n°2838 pubblicato il 28 Aprile 2020 da blogtecaolivelli
Intrappolati nei ghiacci ci sono virus molto antichi e potenzialmente molto pericolosi che ora, a causa dello scioglimento, potrebbero venir liberati dalla trappola di ghiaccio che li ha tenuti isolati per migliaia di anni Da Valeria Magliani - 22 Gennaio 2020 Intrappolati nei ghiacci ci sono virus molto antichi e potenzialmente molto pericolosi che ora, a causa dello scioglimento, potrebbero venir liberati dalla trappola di ghiaccio che li ha tenuti isolati per migliaia di anni. Virus di 15.000 anni fa intrappolati nei ghiacci del Tibet A svelare questo terribile scenario è lo studio condotto da un team di ricerca internazionale, una collaborazione tra Cina e Stati Uniti. Per realizzarlo i ricercatori hanno scavato per circa 50 m nei ghiacci dell'Altopiano del Tibet, ricavando così dei campioni di ghiaccio di 15.000 anni fa. I campioni sono stati in seguito analizzati dai ricercatori e ciò che vi hanno trovato li ha lasciati senza parole. I campioni di ghiaccio nascondevano infatti ben 33 virus diversi di cui 28 sconosciuti, ovvero virus di cui non si conoscono le azioni e gli effetti. E questo era proprio lo scopo delle ricerche, cercare di capire se vi fossero eventuali agenti patogeni intrappolati nei ghiacciai. Le conseguenze di questa scoperta potrebbero infatti essere molto preoccupanti. Con l'aumento della temperatura media globale aumenta lo scioglimento dei ghiacciai. Molto presto dunque, i virus e gli agenti patogeni che erano sepolti sotto strati di ghiaccio millenario, potrebbero ora venire a contatto con l'atmosfera ed esservi rilasciati. Le conseguenze dello scioglimento dei ghiacci potrebbero essere quindi molto pericolose Come afferma Lonnie Thompson, coautore dell'articolo su bioRxiv "questa è una nuova area di ricerca per noi. Il ghiaccio ospita diversi microbi, ma i virus associati e il loro impatto sui microbiomi del ghiaccio sono ancora inesplorati". Visto il rapido aumento dello scioglimento dei ghiacci, presto potremmo trovarci faccia a faccia con questi nuovi virus, per questo i ricercatori sono molto interessati allo studio di questi virus teoricamente estinti ed rimasti nelle loro trappole di ghiaccio per millenni. Secondo Scott Rogers, professore della Bowling Green State University, questa eventualità potrebbe avere conseguenze catastrofiche. Come egli stesso afferma "potrebbero scatenarsi epidemie di patologie incurabili che potrebbe compromettere l'esistenza della vita sul pianeta. I pericoli racchiusi nel ghiaccio sono reali e, con gli aumenti dello scioglimento del ghiaccio in tutto il mondo, aumentano anche i rischi derivanti dal rilascio di microbi patogeni nell'ambiente". |
Post n°2837 pubblicato il 28 Aprile 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet Un villaggio romano riemerge dagli scavi ai piedi di Castel Penede Foto tratta da Montagnando.it La campagna di scavo sul monte sopra Nago ai piedi di Castel Penede (Trento) sta dando frutti inaspettati e sorprendenti. Dai primi scavi, infatti, sta riemergendo un vero e proprio villaggio risalente molto probabilmente alla fine del I secolo a.C. "E' una bomba archeologica quella trovata in questi giorni." Commenta Morandi, sindaco di Nago Torbole "Più si scava e più vengono fuori case, spigoli, scalinate e ora ci rendiamo conto che anche la morfologia del bosco potrebbe seguire linee precise perché cresciuto sopra un grande insediamento". Attraverso la campagna di scavo, alla quale sono impegnati gli studenti dell'Università di Trento in collaborazione con la Soprintendenza ai Beni Culturali e il Comune, si sta sondando il terreno del fitto bosco che si estende intorno al castello edificato intorno al XII secolo. "Per ora sono stati fatti 3-4 scavi in punti ben precisi e in tutti sono state trovate tracce di un villaggio con case, stradine, scalinate, muretti. Stiamo parlando, potenzialmente, di un'area grande circa un ettaro quindi potrebbe rivelarsi un insediamento davvero di assoluto interesse" - prosegue Morandi. Importanti lavori di restauro interesseranno anche il Castello di Penede, sotto le cui rovine sono comparse delle scalinate, ma anche stanze e ambienti che erano stati nascosti da precedenti crolli. Dagli scavi sono già stati recuperati dei reperti molto interessanti. Tra questi resti di pasti, monete, ceramiche, ma anche lamine di bronzo e quella che potrebbe essere la punta di un pilum (un giavellotto utilizzato dall'esercito romano). Scoperte che fanno credere agli archeologi che il sito sia stato occupato in maniera stabile nel corso dei secoli. Forse già in epoca retica e poi successivamente occupato dai romani. Ci vorrà del tempo per approfondire lo studio dell'insediamento, ma Morandi fa sapere che verranno inseriti dei pannelli informativi per rendere l'area fruibile al pubblico sin da subito e che verranno investite ulteriori risorse per prolungare l'intervento e arrivare così a fare piena luce sull'insediamento. La notizia è stata pubblicata a metà maggio su alcune testate locali e magazine online. Una notizia che volevamo condividere con voi! La redazione, Siti Archeologici d'Italia |
Post n°2836 pubblicato il 28 Aprile 2020 da blogtecaolivelli
Il "Complesso dei Niccolini" la necropoli riscoperta! Foto tratta da Arte Magazine Il Museo archeologico regionale di Lilibeo (Marsala, Trapani) ha reso noto il recupero di una necropoli paleocristiana, da lungo tempo in stato di abbandono e nascosta alla vista a causa della presenza di alti arbusti, erbacce e vegetazione spontanea. Il "complesso dei Niccolini", questo il nome dell'area ora ripulita e recuperata, è una vasta area archeologica con arcosoli e catacombe cristiane sita nei pressi del cimitero di Marsala. Anna Maria Parrinello, dirigente regionale del museo, spiega che "l'assenza di pulizia per molti anni aveva prodotto lo sviluppo incontrollato di rovi e di piante di Alianthus altissima (alte fino a 15 metri). E la fitta vegetazione aveva impedito l'accesso al sito, compromettendo lo stato di conservazione degli arcosoli cristiani, decorati con pitture ad affresco, e del pregevole pavimento musivo". La notizia, diffusa il 24/11 u.s. è stata ripresa da ANSA.it, Repubblica. it, Sky Tg24, il Giornale di Sicilia e alcune testate locali. L'area del Niccolini potrebbe essere presto aperta al pubblico. Una buona notizia che volevamo condividere! La redazione, Siti Archeologici d'Italia |
Post n°2835 pubblicato il 28 Aprile 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet San Pietro in Bevagna, uno scatto fotografico rivela al mondo i "Sarcofagi del Re" Foto di Cosimo Truno Un suggestivo scatto fotografico, realizzato dal fotografo Cosimo Truno, ha mostrato al mondo un piccolo tesoro archeologico composto da 23 sarcofagi di epoca romana risalenti al III secolo d.C., realizzati in marmo greco e utilizzati, secondo la tradizione, per raccogliere le spoglie mortali di importanti uomini dell'antica Roma, da qui l'appellativo di "sarcofagi del Re" Lo scatto, realizzato utilizzando un drone, mostra i 23 blocchi di marmo posti sul fondale delle limpide acque del Salento che caratterizzano quel tratto di costa, a pochi metri di profondità. Sempre secondo la tradizione, la storia dei sarcofagi è legata al la nave che li stava trasportando verso la capitale, la nave si sarebbe inabissata circa 1700 anni fa, a un centinaio di metri dalle attuali spiagge di San Pietro in Bevagna, poco distante dalla foce del fiume Chidro, sulla costa ionica salentina, in provincia di Taranto. Normalmente poco visibili, a causa delle mareggiate che li ricoprono di sabbia, questi straordinari reperti hanno suscitato un certo scalpore, immortalati in uno scatto oggettivamente suggestivo. La notizia e l'ormai celeberrima foto, nei giorni scorsi sono state pubblicate da molte testate locali e nazionali, suscitando attenzione e curiosità, forse complice l'estate ormai alle porte, la bellezza del mare e la forza espressiva dello scatto. Una curiosità che volevamo condividere con voi! La redazione, Siti Archeologici d'Italia |
Post n°2834 pubblicato il 28 Aprile 2020 da blogtecaolivelli
Riapre il Tuscolo, il parco archeologico nel cuore dei Castelli Romani Tratto da Artemagazine.it Dopo quasi un anno di chiusura riapre al pubblico il Parco del Tuscolo. Nel fine settimana del 13 e 14 aprile è fitto il programma di attività alla scoperta del parco tra cui visite guidate, laboratori e un concerto. Tusculum può considerarsi il cuore antico dei Catelli Romani. L'antica città, secondo la leggenda fu fondata da Telegono, figlio di Ulisse e della Maga Circe intorno al XV secolo a.C. Si oppose a lungo alla potenza romana ma poi fu sconfitta da Roma nel 496 a.C. Divenne residenza estiva di imperatori e senatori, fiorente centro e la sua fama si mantenne fino al Medioevo quando fu definitiva distrutta nel 1191. Da allora tante vicende hanno toccato il territorio di Tusculum che finì nell'oblio fino a quando la Comunità Montana Castelli Romani acquisì il parco. Dagli anni Novanta sono state condotte numerose campagne di scavo e oggi molte e preziose sono le rovine della città che sono state portate alla luce. Il percorso di visita del Parco - zona di riserva integrale - si snoda attraverso i resti del centro urbano: troviamo il Foro, i resti del tempio di Mercurio e della Basilica, l'area dei tempietti, la Fontana Arcaica e il teatro risalente al 75 a. C., simbolo del Parco, con cavea semicircolare. Seguendo i basolati della Via dei Sepolcri, sono visibili i resti dell'edifico termale scavato recentemente e del Santuario extraurbano. Buona festa di riapertura, dunque, a chi vorrà partecipare a questa bellissima iniziativa! Per informazioni e orari: www.tuscoloparcoarcheologicoculturale.it (Parco Archeologico Culturale di Tuscolo, Strada Provinciale 73b, Monte Porzio Catone). Una news che volevamo condividere con Voi! La redazione, Siti Archeologici d'Italia |
Post n°2833 pubblicato il 28 Aprile 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet Angelitos, la terribile violenza del Guatemala Le 'maras' padrone del territorio, la triste storia di un bimbo- Francesco De FilippoTRIESTE26 aprile 2020 (ANSA) - TRIESTE, 26 APR - MARTINA DEI CAS, 'ANGELITOS' (Prospettivaeditrice; pag.147; Euro 12) Martina Dei Cas è riuscita nell'intento: pubblicare "Angelitos" per far rimbalzare al di qua dell'Oceano Atlantico una vicenda di "ordinaria" violenza che altrimenti sarebbe stata dimenticata dopo che qualche articolo di giornale fosse scolorito e si fosse estinta l'eco di una delle poche commemorazioni. Una storia come tante in Guatemala quella di Angelito Escalante Pérez, 12 anni, sequestrato da una 'mara' di coetanei per arruolarlo, contro la sua volontà, nella banda. Il rito d'iniziazione consiste nello sparare a all'autista di un autobus carico di persone che procede nella loro direzione. Angelito si rifiuta e allora viene buttato giù da un ponte. Morirà dopo giorni di agonia in ospedale. Una storia quasi banale nella sua semplicità: o fai ciò che ti diciamo oppure la pagherai cara; i rapporti nel Centro America sono sbrigativi e chiari. E' la logica del 'mata o mueres', uccidi o muori. Angelito sognava di fare l'architetto e invece è finito per volare giù dal ponte più alto del Guatemala, il Belice, 125 metri. Non era morto subito, la sua caduta fu attutita da erbe e piante del pericolosissimo Barrio Jesus de la Buena Esperanza dove lo trovò suo padre, Luis, molte ore dopo, troppo tardi per salvarlo. Resistette due settimane in coma all'ospedale San Juan de Dios, poi il 4 luglio spirò. Città del Guatemala è così: povertà, disoccupazione, ignoranza, e poi vernici o solventi industriali sniffati dai ragazzini per bloccare la fame o scongiurare la paura. Senza immaginare le conseguenze devastanti sul sistema nervoso e su quello respiratorio. Infine sincretismi religiosi incompleti, tra riti propiziatori delle divinità maya venerate dai indigeni e santi cattolici di ogni fatta che i criminali delle maras, insieme con il nome della banda di appartenenza, la Barrio 18 o l'antagonista Mara Salvatrucha, si tatuano su qualunque parte del corpo, perfino gengive e palpebre.. Una violenza senza volto né ragione: la mara cui appartenevano i ragazzini probabilmente era la Barrio 18. Un nome noto anche in Italia. Forse erano gli stessi giovani assassini di Angelito quelli che qualche mese dopo, alla fermata della metropolitana di Milano Rho, quasi mozzarono un braccio con un machete a un ferroviere che aveva chiesto loro di mostrare i biglietti. Devastato dalle dittature, il Centro America sembra avere regole simboliche e il Guatemala è il Paese che ha conosciuto forse il più longevo dei despota, Efraìn Rìos Montt: trenta anni di massacri. Nel 2017, quando Martina Dei Cas, il regista Luca Sartori e il fotografo Francesco Melchionda preparavano i bagagli per realizzare un servizio sulla storia di Angelito, apprendono che i principali interlocutori delle interviste che intendevano fare - il procuratore per l'infanzia e l'adolescenza Harod Augusto Flores Valenzuela e il difensore civico nazionale per i diritti umani di bambini e adolescenti Gloria Patricia Castro Gutierrez, gli stessi che avrebbero dovuto indagare sulla morte del piccolo - erano stati rinviati a giudizio per omicidio colposo, maltrattamento di minori e inottemperanza dei propri doveri d'ufficio. L'inchiesta era stata aperta in seguito al rogo di una casa-famiglia, la Hogar Seguro Virgen de la Asuncion di San José Pinula dove l'8 marzo 2017 erano morte 41 tra bambine e ragazze, chiuse a chiave nelle loro stanze. Non un incendio spontaneo: qualcuno lo aveva appiccato perché le piccole non denunciassero gli abusi subiti dagli assistenti sociali, quelli che avrebbero dovuto prendersi cura di loro. Per la morte di Angelito, invece, non fu mai indagato nessuno. Suo padre Luis fu invitato perfino a una cerimonia dal Presidente della Repubblica, Jimmy Morales, ma questo non cambiò l'iter giudiziario del caso. Anzi. Nell'estate 2018 Luis Escalante dopo varie minacce lasciò la pericolosissima Zona 6 per tornare in Nicaragua - Paese d'origine della famiglia - dove già l'anno prima si erano rifugiati la moglie Claribel Pérez e i figli per scampare alla morte. E' per queste ragioni che il libro ha patrocinio di Amnesty International Italia e del Centro per la Cooperazione Internazionale di Trento. E vuole essere un sasso lanciato in uno stagno: secondo dati del 2016 del ministero dell'istruzione guatemalteco, nella capitale un bambino su due ha paura di andare a scuola temendo di essere arruolato a forza dalla mara. Un Paese che ha la povertà nel dna: racconta il credo religioso che Dio aveva finito la carne proprio prima di impastare il corpo dei popoli indigeni, dunque utilizzò mais. Fu per questo disagio sociale primitivo che il biochimico guatemalteco Ricardo Bressani nel 1959 inventò la incaparina, una miscela di farina di soia e mais, vitamine e minerali, utilizzata come integratore alimentare per combattere la malnutrizione tra la popolazione centroamericana. (ANSA). |
Post n°2832 pubblicato il 28 Aprile 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet 25 marzo 2020 E' un piccolo verme l'antenato di tutti gli animali Illustrazione di Ikaria wariootia (©Sohail Wasif/UCR) I sedimenti di un sito australiano risalenti a più di 550 milioni di anni fa portano i segni fossili della presenza di un verme lungo pochi millimetri che potrebbe essere il capostipite di tutti gli animali a simmetria bilaterale, dagli insetti agli organismi superiori, compresi gli esseri umani. Un corpo cilindrico, con due estremità collegate tra loro da un tubo digerente. È una semplice organizzazione anatomica di base, mantenuta dalla gran parte degli animali attuali, dagli insetti agli organismi superiori, compresi gli esseri umani. Ed è anche quella di un piccolo verme chiamato Ikaria wariootia, vissuto più di 550 milioni di anni fa, che si candida a essere il capostipite filogenetico di tutti gli animali a simmetria bilaterale, o bilateriani. Lo affermano Scott Evans e colleghi dell'Università della California a Riverside in un articolo su "Proceedings of the National Academy of Sciences". primordiale della vita animale. avevano né bocca né intestino, e non hanno perciò un rapporto di parentela diretta con gli animali attuali. L'idea è che in qualche epoca, distante da noi centinaia di milioni di anni, sia emerso l'antenato di tutti i bilateriani: un piccolo e semplice organismo simile a un verme, dotato di organi sensoriali rudimentali, le cui tracce fossili si pensava sarebbero state quasi impossibili da rilevare. di Nilpena, in Australia meridionale. È qui infatti che si trovano i depositi del periodo Ediacarano (635-542 milioni di anni fa), in cui sono presenti numerose strutture interpretate come le tane scavate da misteriosi piccoli organismi. Lì i ricercatori hanno notato minuscole impronte ovali vicino alle tane. Usando uno scanner laser tridimensionale, hanno evidenziato una forma regolare, compatibile con un animale dal corpo cilindrico, lungo 2-7 millimetri e largo 1-2,5 millimetri, con testa e coda distinte. l'organismo si nutriva di materia organica sepolta: Ikaria probabilmente aveva una bocca, un intestino e un ano. Inoltre, le tane mostrano caratteristici segni a forma di "V", che indicherebbero che l'animaletto si muoveva con una locomozione peristaltica, cioè contraendo ritmicamente i muscoli in tutto il corpo. Ikaria era un organismo complesso rispetto ad altri fossili dello stesso periodo. Si muoveva scavando attraverso sottili strati di sabbia ben ossigenata sul fondo dell'oceano alla ricerca di materia organica, il che indicherebbe rudimentali capacità sensoriali. (red) |
Post n°2831 pubblicato il 28 Aprile 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet. 03 dicembre 2019Comunicato stampa Sequenziato da ricercatori dell'università di Padova il genoma del pesce ghiacciolo unico vertebrato capace di vivere senza emoglobina Università di PadovaChionodraco hamatus rischio milioni di anni di evoluzione Come si può vivere senza emoglobina in un ambiente ostile come quello dell'oceano antartico con temperature costantemente sotto zero? sequenziando il genoma del pesce ghiacciolo o "icefish" - l'unico vertebrato privo del principale trasportatore di ossigeno, l'emoglobina. - Communications Biology». Il lavoro analizza sia il genoma che il trascrittoma muscolare (l'insieme di tutti i geni espressi nel muscolo) del pesce ghiacciolo Chionodraco myersi confrontandolo con altri pesci provvisti invece di emoglobina che vivono sia in aree temperate che nello stesso Oceano Antartico. senza emoglobina in un ambiente così estremo sono molteplici - spiega il prof. Tomaso Patarnello, Dipartimento di Biomedicina comparata e Alimentazione dell'Università di Padova e responsabile della ricerca -. In milioni di anni di evoluzione nell'Oceano Meridionale, con temperature costantemente sotto gli 0°C, i pesci ghiacciolo hanno sviluppato un sistema circolatorio provvisto di una rete di vasi sanguigni molto più ramificata e con diametro dei vasi maggiore delle specie a sangue rosso, cioè con emoglobina. Queste modificazioni, come pure la maggiore dimensione del cuore, sono adattamenti peculiari dei pesci ghiacciolo per poter trasportare - in assenza di emoglobina - l'ossigeno disciolto nel sangue in modo più efficiente.» energetica della cellula) - dice il prof. Luca Bargelloni, primo autore dell'articolo -. In questi pesci i mitocondri sono di gran lunga più numerosi e più grandi rispetto a qualsiasi specie presa a confronto». del genoma di questo pesce che nel corso della sua evoluzione sembra aver duplicato proprio i geni che riguardano le funzioni mitocondriali chiave per sopravvivere alle condizioni dell'Oceano Antartico. un ambiente così estremo ha richiesto molti milioni di anni ed è ormai irreversibile. I pesci ghiacciolo e le altre specie di pesci antartici tollerano variazioni di temperatura di pochissimi gradi. Se esposte a temperature anche di poco superiori allo zero, muoiono. Il riscaldamento globale sta interessando con una rapidità impressionante ed in modo significativo molte aree dell'Antartide. Rischiamo di spazzare via in pochi decenni milioni di anni di evoluzione» commenta il Prof. Patarnello. |
Post n°2830 pubblicato il 28 Aprile 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet Il Sud che fa "girare" l'economia. Tante imprese siciliane tra le più virtuose Andrea Di Piazza quel modello economico che dovrebbe soppiantare la poco sostenibile "economia lineare" (prendi-produci-getta) con un sistema in grado di ripensare l'intero ciclo di vita dei prodotti e dei relativi processi, minimizzando gli impatti sull'ambiente. Non sono solo chiacchiere, come dimostrano le politiche messe in atto dall'Unione Europea ma anche dal nostro Paese, ma soprattutto come documentato dalle numerose realtà sparse su tutto il territorio nazionale che orientano il proprio business seguendo politiche di circolarità. Con l'obiettivo di mappare tutte le aziende esistenti in Italia che siano promotrici della circolarità delle risorse, il Consorzio ECODOM e il Centro di Documentazione sui Conflitti Ambientali (CDCA) hanno creato il primo Atlante Italiano dell'Economia Circolare: una piattaforma web interattiva che censisce e racconta le esperienze delle realtà economiche e associative impegnate ad applicare i principi dell'economia circolare. Strumento di sensibilizzazione, informazione e documentazione è aggiornabile continuamente, compilando un'apposita scheda che viene validata dal Comitato Tecnico Scientifico (tra cui vi sono, oltre i due enti sopramenzionati, la Fondazione Ecosistemi ed il Consorzio del Politecnico di Milano Poliedra). Vediamo adesso quali sono le esperienze segnalate nella regione più a sud d'Italia: la Sicilia. Trapani Dal 2008, con sede in provincia di Trapani, la Calcestruzzi Ericina Libera Società Cooperativa produce e vende aggregati riciclati attraverso l'utilizzo dell'impianto di riciclaggio denominato "Recupero Omogeneizzato Scarti Edilizia" (R.O.S.E.). Si tratta di aggregati di natura inerte (sabbie e pietrisco) generalmente destinati ad opere di ingegneria civile come la realizzazione di sottofondi stradali, del corpo di rilevati stradali e ferroviari, di riempimenti e colmate o ancora di strati fondazione e confezionamento di calcestruzzi. Dall'attività di recupero, inoltre, la Cooperativa ottiene diversi sottoprodotti che rivende sul mercato. Palermo Al Revés è una cosiddetta "sartoria sociale" che sin dal luglio 2012 fonda la sua mission sull'inclusione socio-lavorativa e sul supporto socio-relazionale di persone svantaggiate. La sartoria è un laboratorio tessile che sfrutta capi destinati a diventare scarto o eccedenza, dopo loro opportuna igienizzazione, per dare vita a nuove creazioni. Si organizzano anche corsi di cucito per imparare a recuperare vecchi abiti con le proprie mani. Gli abiti ricevuti che non possono essere lavorati, inoltre, vengono donati ad organizzazioni che si occupano dell'assistenza di persone svantaggiate. Emmaus Palermo recupera a domicilio arredamento, oggettistica, vestiti e libri di cui i palermitani vogliono disfarsi. La merce viene rivalorizzata, ripulita e rivenduta a prezzi popolari all'interno di un famoso mercatino; il guadagno che ne deriva viene reinvestito in attività di accoglienza ed in azioni di solidarietà. Emmaus si dedica inoltre a numerose iniziative di educazione nel campo della giustizia ambientale e della povertà educativa. Catania Specializzata nella realizzazione di strutture in legno ed in particolare con sistema "xlam" o telaio, secondo i canoni cardine della bioedilizia, la ditta Prefabbricati di Martelli Salvatore & C. S.a.s. opera cercando di ridurre gli impatti ambientali su tutto il ciclo di vita del prodotto: dall'approvvigiona- mento delle materie prima, alla fase costruttiva fino all'utilizzo dell'edificio ed al suo smantellamento. La ditta, inoltre, utilizza solo legno proveniente da foreste gestite in maniera sostenibile e certificate PEFC o FSC, utilizza fonti rinnovabili per l'approvvigionamento energetico e controlla le emissioni di polveri. A Valverde, alle falde dell'Etna, si trova la TS Asfalti srl, realtà che opera da oltre 30 anni nel campo delle costruzioni e manutenzioni stradali. La ditta ricicla l'asfalto direttamente sul luogo della lavorazione, consentendo la riduzione del materiale di scarto e un ridotto approvvigionamento di materia prima. Il recupero del fresato è dunque la politica di circolarità più importante di questa realtà catanese che ha acquisito in esclusiva nazionale un macchinario per il riciclaggio "in situ" del manto stradale. Orange Fiber è un'azienda innovativa che utilizza gli scarti della lavorazione industriale degli agrumi (il pastazzo) per realizzare un bio-tessuto impiegato nella produzione di vestiti e capi di abbigliamento. È probabilmente uno degli esempi più brillanti e riusciti di economia circolare non solo a livello regionale, ma anche nazionale. Nel 2017 per l'azienda si sono inoltre spalancate le porte del fashion-system con la presentazione della "Orange Fiber Capsule Collection" di Salvatore Ferragamo, la prima collezione di moda realizzata con tessuti ricavati dai sottoprodotti della lavorazione industriale delle arance siciliane, impreziosita dalle stampe di Mario Trimarchi, architetto e designer vicintore del Compasso d'Oro 2016. A Catania si trova inoltre la Fabbrica Interculturale Ecosostenibile del Riuso (Fieri), dove vengono portati oggetti, vestiti e mobili non più utilizzati con lo scopo di essere reimmessi in circolo. Così, biciclette arrugginite diventano tavolini o panche, vecchi cerchioni diventano portabicchieri per banconi da bar e via dicendo; tutti oggetti che vengono commercializzati all'interno di circuiti di vendita di economia alternativa e distribuiti grazie alla creazione di un marchio autoprodotto che identifica e sponsorizza l'impresa e la logica di ogni progetto. La Cooperativa Guglielmino offre soluzioni ecocompatibili per l'edilizia, come per esempio intonaci e battuto di cocciopesto, intonaci di terra cruda, tadelakt, calce canapulo e pittura a calce. Tutto il cocciopesto delle malte in calce proviene dagli scarti di lavorazione del cotto fatto a mano e industriali, mentre tutti gli inerti vengono recuperati da svariate cave siciliane: quando si dice chiudere il cerchio. Il canapulo, inoltre, è ottenuto come sottoprodotto della canapa industriale, coltivata da società agricole siciliane. Si può parlare in questo caso anche di simbiosi industriale. Ragusa Mosaici, incisioni, bassorilievi e gioielli, la Società Cooperativa PietrAngolare si trova a Comiso, all'interno della Mondial Granit S.p.A., che mette a disposizione i propri macchinari. Qui si lavora "lo scarto della pietra" della ditta ospitante, che altrimenti sarebbe inviato a smaltimento, per realizzare nuove opere da vendere al mercato locale o commissionate su richiesta da specifici clienti. La Cooperativa inoltre adotta una politica fortemente inclusiva, offrendo percorsi di crescita lavorativa e formazione professionale a soggetti diversamente abili e alle loro famiglie. © RIPRODUZIONE RISERVATA ORIGINALE E CITAZIONE FONTE: RIVISTANATURA.COM |
Post n°2829 pubblicato il 28 Aprile 2020 da blogtecaolivelli
F0nte: articolo riportato dall'Internet IN SICILIA Adottare un capra girgentana per salvarla dall'estinzione
Le origini dell'arrivo della capra girgentana in Sicilia risalgono alla colonizzazione greca dell'isola. Questo animale, oggi, rappresenta un eccezionale esempio di biodiversità del territorio che, però, rischia di andare perduto. Quindi, l'associazione per la tutela di questo animale unico ha lanciato una campagna di adozioni a distanza, al fine di salvare gli ultimi 1200 individui rimasti. Il progetto Gli animali adottati sono già una sessantina. Le richieste sono arrivate anche da Belgio e Germania. Poche, invece, le domande di adozione giunte proprio dalla Sicilia, terra di questo magnifico animale. Adottare a distanza una capra girgentana costa 50€. Oltre all'attestato e alla foto dell'animale, l'adottante riceverà anche una caciotta prodotta proprio con il suo latte. Ma non solo: si potranno ricevere - a scelta - anche mezzo chilo di mandorle, due bottiglie di Nero d'Avola, miele e antichi grani. Insomma, un progetto non solo per salvare una specie a rischio, ma per tutelare un intero territorio. Simbolo di abbondanza e ricchezza La capra, nel mondo antico, rappresentava l'abbondanza. Secondo la leggenda, Giove fu nutrito proprio da una capra, Amaltea. Il corno spiralato della capra girgentana era immaginato come un contenitore di ricchezza, prolificità, abbondanza. Il late della capra girgentana - come quello d'asina - è quello che si avvicina maggiormente alla composizione del latte umano e dalla sua lavorazione si ottengono ottimi formaggi dal sapore unico. © RIPRODUZIONE RISERVATA CITAZIONE FONTE: RIVISTANATURA.COM |
Post n°2828 pubblicato il 28 Aprile 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet Riciclo degli imballaggi in acciaio, Italia modello europeo Dal 1997 - anno della nascita del consorzio RICREA - in Italia sono state avviate al riciclo 5,6 milioni di tonnellate di imballaggi in acciaio. Per fare dei paragoni, corrisponde al quantitativo necessario a realizzare i 50.700 vagoni di un treno lungo da Roma a Parigi o 56.300 km di binari, che equivalgono a più del doppio della rete ferroviaria italiana. Non solo. Dal 2005 ad oggi, grazie al riciclo degli imballaggi in acciaio sono stati risparmiati 350 milioni di Euro di materia prima e evitata l'emissione di gas serra per un totale di 4 milioni di tonnellate. Sono alcuni dei dati contenuti nel Green Economy Report "Dall'acciaio all'acciaio: una perfetta storia di economia circolare" realizzato dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile e presentati ieri a Milano in un incontro che è stata anche l'occasione per festeggiare il ventennale di RICREA, il Consorzio Nazionale per il Recupero e il Riciclo degli Imballaggi in Acciaio. Un'eccellenza europea Con la raccolta e il riciclo di scatole, barattoli, bombolette aerosol, latte, fusti e secchielli, tappi e coperchi l'Italia è protagonista in Europa di un modello virtuoso che non crea rifiuti e risparmia energia, con importanti benefici ambientali e socio-economici. «In 20 anni di attività abbiamo fatto molta strada, e con RICREA in Italia è cresciuto il tasso di avvio a riciclo degli imballaggi in acciaio - ha spiegato Domenico Rinaldini, Presidente RICREA -. Già dal 2002 abbiamo superato l'obiettivo del 50% dell'immesso al consumo fissato dalla direttiva europea per il 2008, e dal 2009 ci siamo attestati su valori superiori al 70%, fino a raggiungere lo scorso anno quota 77,5%. A livello europeo siamo un'eccellenza, e guardiamo al futuro ponendoci nuovi obiettivi, accettando fino in fondo la sfida della Circular Economy". Grande soddisfazione è stata espressa anche da Giorgio Quagliuolo, Presidente di CONAI. «Anche grazie all'attività di RICREA, siamo passati in 20 anni dall'avvio a riciclo di 190mila tonnellate di rifiuti di imballaggio a oltre 4 milioni, con un tasso di riciclo che ha toccato nel 2016 il 67,1%. Numeri particolarmente significativi, che hanno reso l'Italia una vera e propria best practice europea». Il consorzio Ricrea Il Consorzio RICREA è un'organizzazione senza scopo di lucro che sotto la supervisione e l'indirizzo di CONAI favorisce la raccolta, il riuso e l'avvio a riciclo di tutti i rifiuti di imballaggio in acciaio, collaborando con tutti gli attori della filiera: dai cittadini ai Comuni, alle piatta- forme di selezione, per arrivare agli operatori del rottame e infine alle acciaierie e fonderie. Oggi RICREA conta 281 consorziati e incentiva la crescita della raccolta differenziata attivando delle Convenzioni attraverso le quali chi aderisce, sulla base della qualità dei rifiuti di imballaggio in acciaio raccolti, riceve un corrispettivo economico.
5.621 Comuni coinvolti, il 70% dei Comuni italiani. La quota della popolazione servita nel 2016 è stata l'80%. Migliorata sensibilmente dal 2000 la copertura territoriale, in particolare al Sud: le convenzioni nel 2000 coprivano il 25% dei residenti nelle regioni meridionali, mentre nel 2016 la copertura è arrivata al 72%. Guardando al 2030 «Negli ultimi 20 anni, con la nascita del sistema CONAI, l'introduzione del contributo ambientale e la garanzia del ritiro dei rifiuti di imballaggio raccolti in maniera differenziata, la gestione dei rifiuti urbani in Italia è profondamente cambiata, con l'80% dei rifiuti urbani che prima del 1997 finivano in discarica, contro l'attuale 26%» ha spiegato Edo Ronchi, Presidente della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile». Tuttavia, per raggiungere gli obiettivi europei di riciclo fissati per il 2030 occorrà fare di più, aumentando la parte riutilizzabile e riutilizzata degli imballaggi, migliorando ulteriormente la qualità delle raccolte e dei pretrattamenti, al fine di ridurre gli scarti e aumentare il riciclo effettivo nelle acciaierie. © RIPRODUZIONE RISERVATA E CITAZIONE FONTE: RIVISTANATURA.COM |
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