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Messaggi del 18/04/2020
Post n°2789 pubblicato il 18 Aprile 2020 da blogtecaolivelli
Fonte : articolo riportato dall'Internet PANDEMIECoronavirus, era già tutto scritto Èormai da settimane l'argomento di apertura di tutti i notiziari e delle prime pagine dei giornali: il nuovo Coronavirus (2019-nCoV), il letale morbo proveniente dalla Cina autore della nuova pandemia di questo inizio di anni Venti del terzo millennio. I coronavirus sono una grande famiglia di virus che possono causare diverse infezioni, dal comune raffreddore a malattie più gravi come la sindrome respiratoria del Medio Oriente (MERS) e la sindrome respiratoria acuta grave (SARS). Il "salto" di specie Spesso questi ceppi virali si selezionano e vivono all'interno di varie specie animali, senza contaminare l'uomo. Tuttavia in alcuni casi possono comparire nuovi virus che, precedente- mente circolanti solo nel mondo animale, ad un certo momento subiscono una mutazione e diventano patogeni anche per la nostra specie. È un fenomeno ben noto (chiamato spill-over o salto di specie) e si pensa che possa essere alla base anche dell'origine di quest'ultimo coronavirus proveniente dalla Cina. Al momento la comunità scientifica sta ancora cercando di identificare con sicurezza la fonte dell'infezione: si parla di pipistrelli, di serpenti ed anche Fatto sta che sembrerebbe che i primi focolai si siano sviluppati nel grande mercato del bestiame della città di Wuhan, capoluogo e città più popolosa della provincia di Hubei, alla confluenza del Fiume Azzurro e del fiume Han (e quindi in un punto geograficamente già predisposto alla diffusione ed agli scambi). Evento previsto anni fa, seguendo i cacciatori di virus Questo fatto che oggi sta allarmando l'opinione pubblica mondiale e che viene dipinto come uno sfortunato evento eccezionale, in realtà era stato ampiamente previsto, con impressionante precisione e dovizia di particolari, sin dal 2012 dal giornalista e divulgatore scientifico David Quammen, collaboratore del National Geographic. Infatti nel suo libro "Spillover", ora pubblicato anche in italiano da Adelphi, Quammen aveva previsto tutto, compreso il fatto che la "prossima pandemia" sarebbe partita da un mercato del sud della Cina. Ma Quammen non è un indovino: è solo un abile cronista che ha indagato con straordinaria efficacia tra gli squilibri a cui abbiamo costretto il pianeta Terra, dedicandosi in particolare al lavoro, spesso oscuro, dei "cacciatori di virus". Con il fiato sospeso per capire il meccanismo di diffusione Scrive Quammen: «Non vengono da un altro pianeta e non nascono dal nulla. I responsabili della prossima pandemia sono già tra noi, sono virus che oggi colpiscono gli animali, ma che potrebbero da un momento all'altro fare un salto di specie - uno spillover in gergo tecnico - e colpire anche gli esseri umani...». Il libro è unico nel suo genere e davvero attualissimo: un misto tra un saggio sulla storia della medicina ed un reportage, è stato scritto in se i anni di lavoro nei quali l'autore ha seguito gli scienziati al lavoro nelle foreste congolesi, nelle fattorie australiane e nei mercati delle affollate città cinesi. Quammen ha intervistato centinaia di testimoni, medici e sopravvissuti, ha investigato e raccontato con stile quasi da poliziesco la corsa alla comprensione dei meccanismi delle malattie. E tra le pagine più avventurose, che tengono il lettore con il fiato sospeso come quelle di un romanzo noir, è riuscito a cogliere la preoccupante peculiarità di queste malattie. Ovvero la continua ricerca, da parte di organismi estremamente adattabili e resistenti quali sono i virus, di un nuovo equilibrio per poter sopravvivere. L'uomo come "ospite perfetto" Un nuovo efficace equilibrio tra gli squilibri causati dall'Uomo, che stermina direttamente o indirettamente intere popolazioni di virus e che di fatto li obbliga a cercare freneticamente nuove possibilità di sopravvivenza tra le alterazioni degli ecosistemi indotte dall'azione antropogenica! Ovvero il virus fa ciò che fa per necessità di sopravvivenza. E la scelta della specie umana come nuovo ospite è quasi ovvia: è un mammifero (ideale portatore), appartenente alla specie più popolosa e diffusa del Pianeta (che tra l'altro mangia altri animali di diverse specie), si muove molto e ovunque (e quindi facilita la diffusione del virus) ed è a stretto contatto con molte specie animali sia domestiche sia selvatiche, anche a causa della distruzione e trasformazione degli habitat. Insomma gli spillover o salti di specie di patogeni ci sono sempre stati e continueranno ad esserci. Non tutti diventeranno per fortuna pandemie, ma ancora una volta, la loro letalità potenziale e la loro velocità di diffusione non saranno frutto del caso. © RIPRODUZIONE RISERVATA CITAZIONE FONTE: RIVISTANATURA.COM |
Post n°2788 pubblicato il 18 Aprile 2020 da blogtecaolivelli
LA LISTA COMPLETA Ecco i nomi di tutti i versi degli animali "Non fare tutti quei versi, sembri una bestia!" Tutti prima o poi abbiamo udito un richiamo del genere, tipico di una madre impegnata a gestire il figliolo discolo (ma a volte anche qualche marito un po' troppo sbragato). Eppure gli animali non emettono generici versi, ma richiami che hanno sovente nomi precisi. Alcuni li conoscerete di sicuro, altri invece sono meno noti. Eccovi dunque, per la vostra curiosità e divertimento, un elenco leggero e spensierato di oltre 50 "versi" di animali vari. Potete usarlo anche come gioco con i vostri figli e nipoti o magari, s e siete insegnanti, portarlo a scuola: successo assicurato con i bimbi sino a 7 anni. Ecco tutti i versi
E infine se la mucca fa "muuu", la balena dovrebbe fare "baaaa"? Freddure a parte, la balena "canta" |
Post n°2787 pubblicato il 18 Aprile 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet CONSIGLI PRATICI PER VIVERE ZERO WASTED all'acciaio al vetro, le alternative alle bottiglie di plastica Ci sono tanti cambiamenti che possiamo apportare al nostro stile di vita per contribuire a ridurre il proprio impatto ambientale. Tra tutti, ce n'è uno in particolare che non richiede grandi sforzi e i cui effetti possono davvero fare la differenza: sto parlando dell'abitudine di bere acqua nelle bottiglie di plastica. Vale la pena ricordare le ragioni per cui la plastica è tra i materiali che bisogna cercare di evitare il più possibile: secondo diverse stime, ne ricicliamo solo il 30% e il resto, viste le difficoltà nello smaltirlo, finisce in fiumi, mari e oceani. In particolare, la produzione di bottiglie di plastica, tra le fasi di lavorazione, packaging e trasporto, produce sei volte il suo peso di CO2, rendendole uno dei prodotti di largo consumo più inquinanti, soprattutto se si pensa alla quantità di cui se ne fa uso ogni giorno. Le alternative Non possiamo fare a meno dell'acqua, ma possiamo dire no alle bottiglie in plastica. La prima vera alternativa alle bottiglie di plastica è la borraccia in acciaio. La maggior parte delle borracce attualmente in commercio sono fatte apposita- mente per essere trasportate ovunque, mantengono l'acqua fresca per diverse ore e sono più leggere rispetto ai più classici thermos. A casa, si possono usare bottiglie in vetro, riutilizzabili all'infinito e più gieniche rispetto alle bottiglie in plastica. Un'ottima soluzione per riempire le bottiglie - e sul lungo periodo anche la più conveniente - è l'installazione di un sistema di filtraggio dell'acqua. Anche l'acqua dei rubinetti dei comuni italiani potabile e sicura quanto quella in bottiglia, visto che il rischio di contaminazioni batteriche è praticamente nullo. Se nella vostra città l'acqua è potabile ma il gusto lascia a desiderare non dovete arrendervi: potete, ad esempio, aggiungere alle vostre bottiglie dei bastoncini in carbone attivo che, messi a bagno nell'acqua, in poche ore le donano un gusto migliore. In molti comuni e città italiane sono inoltre presenti distributori gratuiti di acqua, dove i residenti si possono recare per riempire le proprie bottiglie. I vantaggio del no alla plastica Se inizierete ad usare una borraccia in metallo vi renderete subito conto degli enormi vantaggi che ne conseguono. Portare con sé una borraccia consente di bere ogni volta che si ha sete e ricorda di bere anche quando ce ne si dimentica. In più, con una borraccia termica, l'acqua rimane fresca tutto il giorno, anche nelle giornate più calde. Bere acqua in bottiglie di plastica rimaste sotto il sole è infatti sconsigliabile, perché la plastica può contenere composti come il bisfenolo A (BPA) che viene rilasciato nell'acqua con il calore, con effetti dannosi sull'apparato endocrino. Non a caso in Europa le bottiglie d'acqua e i giocattoli per i bambini devono essere BPA-free. Portare ovunque la propria borraccia è anche un ottimo modo per risparmiare: è vero che l'acqua è relativamente economica, ma avere con sé una borraccia permette di riempirla gratuitamente ogni volta che ce n'è l'occasione. Come se non bastasse, liberarsi dalle bottiglie di plastica significa anche liberarsi della noia di trasportare pesanti bottiglie a casa e nella spazzatura una volta terminate. I medici ci dicono di bere almeno due litri di acqua al giorno, quindi almeno una bottiglia ogni giorno per 365 giorni all'anno. I conti sono presto fatti, ognuno di noi in una vita utilizza circa 30 mila bottiglie. Moltiplicate questa quantità per 7 miliardi di persone... © RIPRODUZIONE RISERVATA CITAZIONE FONTE: RIVISTANATURA.COM |
Post n°2786 pubblicato il 18 Aprile 2020 da blogtecaolivelli
ALLARME "FELINO PERICOLOSO" A MILANO Tutti a caccia di un caracal... ma era solo un caracat L'allarme felino pericoloso a Milano viaggia via social quando sulla pagina FB di Palazzo Marino, la sede della municipalità, è comparso un post che chiedeva l'aiuto dei cittadini per rintracciare una persona, vista in giro per la città con un caracal al guinzaglio. Illegale possederne uno in Italia Il caracal (Caracal caracal) è un felino di medie dimensioni, con un areale che spazia dall'Africa all'Asia, che non può essere legittimament e detenuto in Italia essendo inserito nell'elenco degli animali pericolosi per la salute e l'incolumità pubblica. Pur essendo un felino addomesticabile (nella teoria ma certo non è legale), come il serval e il ghepardo usati fin dai tempi antichi per la caccia, il felino fotografato più volte in città non era un caracal. Caracat, il felino in miniatura che costa 10mila Euro Il piccolo felino diventato le cui immagino sono diventate virali in poche ore era in realtà semplicemente un caracat, ovvero un ibrido ottenuto (in Italia è una pratica vietata in quanto ne è vietata la detenzione) incrociando un caracal maschio con una gatta abissina. Da questo incrocio si ottengono ibridi fertili che, dopo la terza generazione, possono essere venduti sulla rete in tutto il mondo, o almeno nei paesi che lo consentono. Animali destinati a ricchi acquirenti, con uno spiccato esibizionismo oppure in cerca di facili guadagni, visto che una coppia di caracat può assicurare ai padroni ingenti entrate: il prezzo di un cucciolo infatti è intorno ai 10.000 Euro. Il caracat, quindi, pur mantenendo un'indole molto attiva e una dimensione di tutto rispetto (15 kg) è soltanto uno dei gatti creati a tavolino per rispondere alla moda malata del momento: possedere repliche nell'aspetto dei felini selvatici, pur senza esserlo. Altri esempi di questa innaturale creazione sono i gatti savannah, ottenuti incrociando un maschio di serval con una gatta siamese oppure i bengala che sono ibridi creati dall'incrocio fra un gatto domestico e un gatto tigrillo sudamericano e ancora gli ashera, incrocio tra gatto selvatico africano e gattopardo asiatico, i più cari e simili a piccoli giaguari. Niente di pericoloso quindi, ma, se vogliamo, qualcosa di molto inquietante perché l'uomo si sostituisce a madre natura e alla selezione naturale creando "mostri" per nulla, comunque, adatti alla vita cittadina. La proprietaria del caracat è stata rintracciata e diffidata dal Garante dei diritti degli animali di Milano dal portare l'animale a spasso per la città. La padrona, una cittadina della Repubblica Ceca, che avrebbe dichiarato di essere in Italia per sottoporre il cucciolo a un'operazione chirurgica. Ancora da chiarire il tipo d'intervento e l'unica certezza attualmente pare essere il fatto che la signora abbia acquistato l'esemplare per farlo accoppiare, con un altro caracat femmina di cui è già in possesso. Da sempre l'uomo ama circondarsi di animali esotici, dimenticando spesso il loro benessere e le necessità che derivano dall'evoluzione di ogni specie. Per aggirare norme e divieti negli ultimi anni si è sviluppata la scorciatoia dell'ibridazione, replicando animali con un aspetto molto simile ai loro progenitori selvatici. Gli ibridi di quarta generazione (quelli successivi agli F3), perdono la loro connota- zione di felini selvatici dal punto di vista tecnico giuridico e possono quindi essere venduti senza incorrere nelle maglie della legge. Sul web si possono trovare in vendita animali di ogni genere, com'è dimostrato dal fatto che ogni tanto vengono trovati, anche in Italia, animali vietati come i due giovani puma illecitamente detenuti e quindi sequestrati recentemente in Piemonte. Per ragioni di sicurezza ma anche per tutelare gli animali molti esperti del settore ritengono che sia necessaria una maggior regolamentazione, sia sulla creazione e detenzione di questi ibridi che per ottenere un maggior controllo di quanto viene messo in vendita sulla rete. © RIPRODUZIONE RISERVATA CITAZIONE FONTE: RIVISTANATURA.COM |
Post n°2785 pubblicato il 18 Aprile 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet MA SOLO PER SCOPI EDUCATIVI Da oggi si potrà nuotare in vasca con i delfini Ascioglimento delle Camere già avvenuto è uscito in questi ultimi giorni sulla Gazzetta Ufficiale l'ultimo decreto del ministro Galletti in merito alla custodia di animali selvatici in cattività. In realtà, si tratta semplicemente della modifica di alcuni paragrafi della direttiva 1999/22/CE sufficienti però, in sostanza, a consentire una pratica finora vietata: il nuoto con i delfini dei non addetti ai lavori in ambiente controllato, cioè nei delfinari. A seguito del decreto il mondo ambientalista è insorto spingendo il ministero dell'Ambiente e della Tutela del Mare a specificare che "non si tratta di un via libera a questa attività ma una semplice deroga nell'ambito di iniziative di educazione ambientale senza scopo ludico" che, peraltro, venivano già in parte praticate. Probabilmente, però, il ministro non ha colto il senso della polemica: il problema, infatti, è proprio pensare che esista una qualche forma di educazione nell'entrare in acqua con animali detenuti, è il caso di dirlo, in pochi metri quadrati d'acqua quando in natura sono abituati a nuotare per chilometri e chilometri al giorno. Certo, in questo caso, parliamo di animali quasi tutti nati in cattività, alcuni anche di seconda o terza generazione, il cui eventuale reinserimento in natura sarebbe faccenda molto complessa (tuttavia, c'è chi l'ha tentato, talvolta con successo, ma i rischi e i costi sono altissimi), ma il concetto non cambia. In Italia le strutture che mantengono in cattività i delfini (tutti tursiopi) sono l'acquario di Genova e Oltremare di Riccione, che hanno una visione per così dire più "espositiva", appartenenti alla Costa Group, e Zoomarine di Pomezia di proprietà di una multinazionale messicana. La struttura già offriva ai visitatori, per 150 euro a testa, la possibilità di partecipare al programma "Emozione Delfini - un giorno da addestratore" con una sessione pratica direttamente in vasca (senza toccare, almeno finora, i cetacei). Il passaggio a gestione messicana non è casuale dato che proprio in Messico, uno degli ultimi paesi in cui era consentito catturare in mare i delfini per i delfinari, i parchi acquatici sono numerosi e molto redditizi e vi si praticano esperienze di nuoto e contatto con gli animali. I clienti sono soprattutto ricchi nordamericani o stranieri disposti a pagare centinaia di dollari per una foto con un "bacio" del delfino, per essere spinti sotto i piedi dai cetacei o trascinati in acqua aggrappati alle pinne pettorali. Attorno a queste strutture si è costruito un vero mondo fatto di matrimoni con i delfini, feste di vario genere, possibilità di contatto con i cetacei anche per bambini di un anno di età e poi una sorta di pet therapy con ragazzi con varie patologie, soprattutto psichiche. Su questo punto è bene ricordare che un delfino non è meno intelligente di un cane, principale animale utilizzato per questa attività, ma ha un approccio totalmente diverso con gli esseri umani, basato più sulla simpatica che sull'empatia, sulla curiosità piuttosto che sul compiacimento, com'è invece per Fido. In Italia, per fortuna, non si mai arrivati a tali livelli e strutture volte al puro divertimento, come Gardaland, hanno rinunciato ai delfini tempo fa mentre quelle non idonee sono state chiuse (come Rimini). Ma pur senza mettere in dubbio l'amore e la professionalità delle persone che operano nelle strutture rimaste con questi animali incredibili il problema è quanto il loro benessere possa essere reale tra le mura di poche vasche (per legge devono essere più d'una). Essendo animali altamente sensibili, intelligenti e curiosi hanno bisogno di continui stimoli (provate a lanciare e riprendere ripetutamente un mazzo di chiavi davanti al vetro di una vasca e immediatamente i delfini accorreranno eccitati per la novità producendo abbondanti bolle dallo sfiatatoi, come a chiederti cosa fai, e rispondendo al gioco tentando di prenderlo con la bocca), di esplorare, scoprire interagire con i propri simili e difficilmente qualche palla e un cerchio potranno essere sufficienti sostituti. Negli anni diversi addestratori hanno fatto dietrofront a cominciare dall'americano Ric O'Barry, che ha poi partecipato all'imperdibile documentario The Cove (sull'orrore della cattura-massacro di delfini di varie specie da parte dei giapponesi a Taiji), fino allo spagnolo Albert Lopez che ha lavorato anche a Genova e Oltremare di cui è stato responsabile addestratore. Confessandosi con la stampa Lopez ha ammesso che per quanto l'equipe si adoperi per rendere la vita dei delfini dei delfinari migliore stress, solitudine e sofferenza ai forti suoni sono inevitabili. Non a caso in tutto il mondo non sono mancati piccoli incidenti in cui i delfini, spaventati o stressati, hanno avuto segni di aggressività verso le persone in acqua, ma probabilmente anche questo fa parte, per il ministro, del presunto percorso educativo. Infine, se vogliamo parlare di tutela dei cetacei, gli esperti hanno dimostrato che non ci sono benefici per questi animali anche in considerazione del fatto che le specie più usate come i tursiopi al momento non sono in pericolo di estinzione - pur subendo il deupauperamento ittico dei mari e l'inquinamento. Al contrario, i delfinari giustificano e sostengono la crudele caccia ai delfini a Taiji che ogni anno porta alla distruzione di branchi e famiglie, fino a quel momento legatissimi, e alla morte di moltissimi individui. Come può esserci educazione in tutto questo? © RIPRODUZIONE RISERVATA FONTE: RIVISTANATURA.COM |
Post n°2784 pubblicato il 18 Aprile 2020 da blogtecaolivelli
Riflessioni di Blogteca Di seguito viene riportato un articolo sulla possibile fruizione alimentare di locuste, definita una importante fonte di proteine. Certo che la sovrappopolazione del pianeta nei paesi del terzo e del quarto mondo, la diminuzione preoccupante delle risorse di prima necessità, e in tal caso ci si riferisce alla mancanza di risorse alimentari, portano alla ricerca di altre soluzioni a problemi che si prospettano estremi e sicuramente molto complessi, che richiedono soluzioni complesse ed articolate. Non è la prima volta che si sente parlare di consumo alimentare di locuste e scorpioni, anzi, all'EXPO' di Milano del 2015,tali risorse facevano bella mostra di sè negli stand dei paesi africani che parteciparono all'evento. Da allora sono passati cinque anni e oggi, nel 2020, siamo tutti bloccati dal lockdown a causa del COVID19, un virus trasmesso all'uomo dai pipistrelli nonchè dai serpenti, venduti vivi nei mercati cinesi per il consumo alimentare, che sta facendo migliaia di morti e ancora non abbiamo imparato la lezione e cioè che noialtri europei occidentali siamo abituati alle nostre tradizioni gastronomiche da secoli, che sono scritti nel nostro DNA collettivo.Non viene in mente a nessuno che consumare risorse alimentari cui i popoli europei non sono abituati, significa passare di pandemia in pandemia in un seguito mai più finito, che rischia di durare secoli, prima di abituarsi "all'ordine nuovo" e prima che questo sia riscritto nel DNA collettivo ci vorranno secoli se non millenni, e proprio nel mondo globale, in cui si stanno verificando le emigrazioni e le fusioni storiche e preistoriche millenarie, sotto una nuova etichetta. |
Post n°2783 pubblicato il 18 Aprile 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riporato dall'Internet DA FLAGELLO A RISORSACavallette: la soluzione è nel piatto Iventi del deserto portano ancora oggi con sé "nuvole" di miliardi di insaziabili locuste che distruggono ettari di raccolto in poco tempo; all'arrivo degli ortotteri, le coltivazioni subiscono violente devastazioni capaci di portare alla fame interi villaggi e comunità umane in tutto il mondo, dalla Penisola Arabica all'India, dalla Bolivia all'Argentina, dal Madagascar alla Russia. Insetti insaziabili Le specie che arrecano i maggiori danni alle coltivazioni sono la locusta del deserto (Schistocerca gregaria), la Schistocerca cancellata, che colpisce in sud America, e la Locusta migratoria. Le locuste sono così dannose perché polifaghe, si nutrono cioè di differenti specie vegetali, ne mangiano non solo le foglie ma anche i frutti, i germogli e i semi, radendo al suolo intere piantagioni; tra le coltivazioni maggiormente colpite troviamo quelle più importanti per la salute dell'uomo: il mais, il riso, l'orzo, il sorgo, la canna da zucchero, il cotone, la palma da dattero, il banano, le distese di erba, il grano, solo per citarne alcune. Una fonte importante di proteine Molti studiosi sono al lavoro per individuare, e quindi ostacolare, i meccanismi con cui le cavallette si uniscono in sciami, per prevederne le migrazioni - che seguono l'andamento delle piogge e dei mutamenti climatici - oppure per trovare sostanze naturali sostitutive dei pesticidi per debellarle. Tuttavia, in molti paesi africani e asiatici le cavallette costituiscono anche una risorsa dalla notte dei tempi. I pastori e i contadini hanno saputo convivere con la calamità naturale nel modo più semplice, cioè cibandosene nei periodi di carestia. Dal Rwanda allo Yemen, dal Nepal Indonesia ma anche in Messico e in Thailandia vengono servite locuste, cavallette e grilli in tutte le salse, buone come le patatine fritte, dicono, preparate come spiedini o arrostite o trifolate, in tortillas piccanti, in padella o alla piastra. Gli insetti, in particolare locuste e grilli, hanno un contenuto proteico importante, paragonabile a quello della carne. Gli studiosi stanno concentrando gli sforzi delle loro ricerche nella valutazione degli elementi nutritivi presenti nelle varie specie per capire se l'organismo umano sia in grado di assimilare bene le proteine e il ferro che contengono. Dunque, cibo abbondante e proteico, ricco di fibre, colesterolo buono , vitamine e minerali...chissà che la soluzione al flagello non sia proprio da ricercare nel piatto. © RIPRODUZIONE RISERVATA FONTE: RIVISTANATURA.COM |
Post n°2782 pubblicato il 18 Aprile 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet IN VIETNAM Vittoria per gli orsi della luna: chiuse le fattorie della bile Potranno essere finalmente liberati gli oltre 1000 orsi della luna (Ursus thibetanus) ancora detenuti nelle terribili fattorie della bile vietnamite, veri e propri luoghi di tortura dove si estrae la bile agli animali, da vivi, a scopi medici. Già dichiarate illegali dal 1992, ma rimaste funzionanti per via di un espediente, queste "aziende agricole" detengono gli orsi in piccolissime gabbie drogandoli e tenendoli costantemente collegati a una cannula che risucchia l'ambito liquido dalla cistifellea. In alternativa, viene praticato chirurgicamente un foro nell'addome dell'animale che resta sempre aperto sgocciolando bile "liberamente". Così come per ossa di tigre e corni di rinoceronti, la bile degli orsi è considerata dalla medicina tradizionale cinese un toccasana per molti disturbi, dalla febbre ai problemi di fegato fino alle piaghe agli occhi. Un rimedio che ha portato la specie sull'orlo dell'estinzione anche perché fino agli anni '80 gli animali venivano uccisi. Grazie all'intervento dell'associazione Animals Asia che da anni si batte contro questa barbara pratica, il governo vietnamita, dopo l'accordo del 2015 che vieta, entro il 2020, la prescrizione di medicinali a base di bile di orso, ha fatto un altro passo avanti firmando un protocollo d'intesa per il trasferimento effettivo degli orsi ancora prigionieri in nuovi santuari dell'associazione. Fattorie ancora aperte in Cina e in Corea Ma è solo una piccola vittoria considerando che in Cina e Corea del sud questa pratica è ancora legale e molto diffusa, prassi a cui si aggiunge il bracconaggio su orsi liberi (la bile su orsi selvatici è considerata più efficace). In Cina in particolare, si parla di circa 10 mila orsi della luna attualmente costretti nelle fattorie della bile. Qui, a causa della mancata possibilità di movimento, delle infezioni e di malattie il tasso di mortalità e di sofferenza è altissimo così come i casi di ferite autoindotte che costringono gli allevatori a esportare agli animali denti e unghie. Nel 2000 Animals Asia ha ottenuto la liberazione di 500 orsi della luna cinesi, ma la strada è ancora lunga. © RIPRODUZIONE RISERVATA FONTE: RIVISTANATURA.COM |
Post n°2781 pubblicato il 18 Aprile 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet Spugne da cucina come le feci e lavarle non serve Più che pulire, le spugnette da cucina sporcano le stoviglie e le superfici con cui entrano in contatto. E lo fanno diffondendo i miliardi di batteri di cui pullulano, complici anche i fattori favorevoli al proliferare dei micro organismi: caldo, umidità e materiale organico. Questo è quanto emerge da uno studio condotto dai ricercatori dell'università tedesca di Furtwangen. Secondo le analisi, peggio delle spugne da cucina - in quanto a batteri - ci sarebbero solo le feci. Miliardi di batteri «Abbiamo rilevato la stessa densità di batteri che si registra nelle feci umane - ha detto il professor Markus Egert, autore dello studio. Non c'è altro posto al mondo che sia tanto sporco e contaminato». A leggere i numeri, ci sarebbe da gettare immediatamente le spugnette: un centimetro cubo ospita ben 82 miliardi di batteri, appartenenti a 362 specie differenti. Tra questi c'è anche Moraxella osloensis, il batterio responsabile dell'odore sgradevole e che - nelle le persone immunodepresse - potrebbe causare infezioni. Anche lavarle non serve La soluzione, dunque, è lavare le spugne in lavatrice, oppure metterle nel microonde per uccidere i batteri? No, secondo i ricercatori. Perché questo servirebbe ad eliminare solo i batteri più deboli, ma non attaccherebbe quelli più pericolosi e più aggressivi. «La conclusione è che solo cambiare settimanalmente le spugnette riesce ad evitare la contaminazione di alimenti e superfici - ha concluso il ricercatore -. In alternativa, si può utilizzare la spugna della cucina per pulire ambienti meno sensibili dal punto di vista dei batteri come, ad esempio, il bagno». © RIPRODUZIONE RISERVATA |
Post n°2780 pubblicato il 18 Aprile 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet PICCOLE STORIE DI GRANDI NATURALISTI La misteriosa morte di Dian Fossey, primatologa che studiò i gorilla La sera del 26 dicembre 1985, al centro di ricerca di Karisoke in Ruanda, uno sconosciuto si aprì un varco tra le assi della capanna più grande e assalì a colpi di machete Dian Fossey, ponendo così brutalmente fine alla sua vita. Aveva solo 53 anni. Le indagini portate avanti dal governo ruandese sulla morte della scienziata americana condussero all'accusa di omicidio nei confronti del suo assistente, il giovane connazionale Wayne McGuire, che però riuscì a rifugiarsi negli Stati Uniti, evitando così la cattura. Ma la condanna del ragazzo non convinse mai davvero nessuno: nei suoi ultimi anni Dian Fossey, a causa di un carattere spigoloso e della guerra senza esclusione di colpi che mandava avanti ormai da tempo nei confronti dei bracconieri, si era fatta numerosi nemici. Attualmente, pur restando un delitto senza colpevole, la convinzione più diffusa è che l'uccisione della primatologa sia stata organizzata dai bracconieri locali. L'eredità di Dian Fossey Ma, a parte la tristissima fine, qual è l'eredità che Dian Fossey ha lasciato ai posteri? Di sicuro la sua esperienza quasi ventennale tra le fredde foreste ai piedi dei vulcani Virunga ha consegnato alla storia della scienza il più lungo e dettagliato studio sul gorilla di montagna, una varietà a grave rischio di estinzione. Varietà minacciata anche dai conflitti degli uomini, a cui hanno fatto da sfondo per decenni le martoriate terre di Congo, Uganda e Ruanda, territorio naturale di questi animali. L'esperienza di Dian Fossey si è tradotta anche in "Gorilla nella nebbia", un approfondito, appassionato ma al tempo stesso distaccato e rigoroso testo scientifico sui gorilla, da cui è stato liberamente tratto un omonimo film di grande successo, interpretato da Sigourney Weaver. E poi ha insegnato a scienziati e conservazionisti a combattere il bracconaggio su tutti i fronti, senza timori o esclusione di colpi; ha regalato alla storia, insieme ai contributi di Jane Goodall e Birutė Galdikas, l'epopea delle "Trimates", le tre scienziate inviate da Louis Leakey a studiare le grandi scimmie antropomorfe nei loro territori naturali; ma, più di ogni altra cosa, ha restituito al gorilla l'immagine che realmente gli si addice, quella di un animale pacifico, intelligente, empatico: lontano anni luce da quella bestia feroce e pericolosa, troppo a lungo parte dell'immaginario collettivo a causa di film e libri d'avventura. © RIPRODUZIONE RISERVATA CITAZIONE FONTE: RIVISTANATURA.COM |
Post n°2779 pubblicato il 18 Aprile 2020 da blogtecaolivelli
Fonte:articolo riportato dall'Internet IL DISEGNO DEL MONDO DEL GENIO DI VINCI Leonardo e la natura, un rapporto da indagare Leonardo da Vinci Due studi di granchio (1478-1482 circa) penna e inchiostro bruno Wallraf-Richartz-Museum & Fondation Corboud, Colonia Palazzo Reale a Milano ha aperto le porte per la più grande mostra mai realizzata in Italia dedicata a Leonardo: "Leonardo da Vinci 1452-1519. Il disegno del mondo". Curata da Pietro Marani e Maria Teresa Florio, la rassegna resterà aperta fino al 19 luglio (mostraleonardodavinci.it). Raccoglie oltre duecento opere provenienti da musei e istituzioni di tutto il mondo, tra cui Louvre, Royal Collection di Windsor, National Gallery Art di Washington, Pinacoteca Ambrosiana, Musei Vaticani. Di Leonardo si è scritto e detto molto. Spesso gli sono state attribuite anche invenzioni che in realtà non gli appartengono e altrettanto di frequente la sua figura è stata riletta in chiavi originali ma non sempre aderenti al vero. Qualcuno ogni tanto ha messo in luce la sua sensibilità verso la natura, e questo invece è un dato di fatto. Magari è un azzardo affermare che con lui è nata l'ecologia (è stato detto anche questo), ma certamente la sua genialità si è espressa anche in questo campo. Fu il primo scienziato che studiò la natura non per dominarla, ma semplicemente per comprenderla. Leonardo ebbe un profondo rispetto per tutte le forme di vita e manifestò sempre un enorme interesse, quasi una venerazione, per la complessità e la varietà della biosfera. Non smise mai di pensare che l'ingegnosità della natura fosse superiore al disegno umano e comprese che sarebbe stato saggio rispettarla e imparare da essa. Nei suoi lavori rappresentò spesso piante nel loro habitat e molti disegni testimoniano quanto fossero avanzati i suoi studi botanici, quando la botanica era ancora in una fase puramente descrittiva ed era considerata perlopiù accessoria alle arti medicamentose. La Sala delle Asse al Castello Sforzesco di Milano offre uno straordinario esempio di questa sua sensibilità. Ma anche celebri dipinti, come la Vergine delle Rocce, rivelano la sua straordinaria capacità di restituirci una traduzione scientifica dell'immagine visiva, che in Leonardo non è solo un'impressione della realtà, ma una sua accurata documentazione. In mostra a Milano ci sono altri efficaci esempi: due studi di granchio, studi per un orso incedente, paesaggi, studi sul movimento del cavallo, studi sul corso e sui gorghi dell'acqua e i meravigliosi diluvi. C'è poi un altro aspetto importante: Leonardo da Vinci è stato pittore, scienziato e ingegnere, uomo di ingegno e talento universale. Questa sua capacità di dedicarsi contemporaneamente a più studi e di leggere la complessità e la profondità dei fenomeni naturali restituisce agli occhi di un moderno osservatore la figura di un uomo che aveva già elaborato un approccio olistico. In tal senso forse non è poi così azzardato affermare che la sua piena sintesi di arte e scienza era già intrisa di consapevolezza ecologica. © RIPRODUZIONE RISERVATA RIPRODUZIONE CONSENTITA CON LINK A ORIGINALE E CITAZIONE FONTE: RIVISTANATURA.COm |
Post n°2778 pubblicato il 18 Aprile 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articoloriportato dall'Internet QUANDO LA NATURA INCONTRA LA LETTERATURA Campbell e la sacralità della Natura Il tentativo di entrare in armonia con quella grande sinfonia che è il mondo. Questa è la risposta di Joseph Campbell, ad una domanda di Bill Moyers («Quindi quest'unica grande storia consiste nella nostra ricerca di un ruolo nella rappresentazione?»). Alla fine di tutto il nostro cercare, dei nostri numerosi percorsi, delle nostre domande dovremmo avere almeno il tentativo di introdurci in questo mondo meraviglioso in cui viviamo, che è una grande sinfonia vivente, naturale, vera. E non bisogna assolutamente aver vinto il premio Nobel per approcciarsi a questo tentativo primario; per iniziare è sufficiente guardarsi dentro, alzare gli occhi e camminare. Ci si accorgerà vivendo che nei secoli, anzi, nei millenni, molti esseri umani hanno sviluppato un linguaggio ottimale per trasmettere valori, ideali, conoscenze, misteri, tutto lo scibile umano, conscio e inconscio: il mito. Solo racconti? Solo favole per la buona notte? Solo brevi proemi di alcuni poemi epici che oramai non si leggono quasi più? Assolutamente no. Campbell sapeva bene che il mito non è solo una "storiella", altrimenti non vi avrebbe dedicato la sua intera esistenza. Il mito può avere certamente diverse funzioni, e tra queste Campbell ne ricorda una importante: Santificare il paesaggio è una delle funzioni fondamentali della mitologia. Ma perché chi si trova a guidare i nostri Paesi non legge di più determinati testi? Eppure sembra basti poco. Siamo in un epoca in cui il paesaggio di certo è poco tutelato; se poi pensiamo alla nostra penisola, un amaro sorriso è la prima reazione spontanea. La domanda è una: noi vediamo il paesaggio come un potenziale guadagno, un sicuro profitto tradotto in banconote oppure esso è qualcosa di sacro che offre all'uomo infinite opportunità e risorse per imparare a vivere rispettando una grande sinfonia naturale? Dunque, santificare il paesaggio dovrebbe diventare una priorità governativa, oltre ad essere una funzione vitale della mitologia. È probabile che ciò sia lontano dalla realtà, ma solo finché l'uomo non cambierà il proprio modo di essere in rapporto al mondo che lo circonda, tutto il mondo. Avere una sensazione di sacro per la natura che ci circonda non è scaramanzia, bigottismo o perdita di tempo. Significa comprendere a fondo quello in cui siamo, fortunatamente, immersi. Ecco perché Campbell insiste sulla sacralità: Credo sia stato Cicerone a dire che, quando entriamo in un grande bosco avvertiamo la presenza di una divinità. Ci sono boschi sacri ovunque. [...] Credo che questa sensazione della presenza della creazione sia un sentimento fondamentale dell'uomo. Joseph Campbell, (1904-1987), studiò letteratura alla Columbia University, sanscrito e filosofia a Parigi e Monaco; è stato uno dei più grandi studiosi di mitologia comparata. Tra le sue opere, L'eroe dai mille volti, Miti di luce. Le citazioni di questo articolo sono invece tratte da Il potere del mito (intervista di Bill Moyers a J. Campbell). © RIPRODUZIONE RISERVATA FONTE: RIVISTANATURA.COM |
Post n°2777 pubblicato il 18 Aprile 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet QUANDO LA NATURA INCONTRA LA LETTERATURA Whitman, dai libri alla natura e dalla natura ai libri 174giugno 1880 Per veramente penetrare un grande quadro, o libro, o brano di musica, architettura o scenario sublime - o anche per la prima volta la normale luce del sole, o il paesaggio, o persino il mistero dell'individualità, tra tutti il più curioso - sopravvengono nella vita di un uomo cinque fortunati minuti, inseriti in un concorso fortuito di circostanze, che portano a culminazione in un breve lampo anni di letture e viaggi e pensamenti. Questo caso me l'ha offerto oggi verso le due del pomeriggio, il Niagara, con la sua superba severità del suo movimento, dei colori, e della mole maestosa, in una breve, indescrivibile visione. Walt Whitman, Giorni rappresentativi È sempre tempo per osservare la Natura, è sempre la stagione giusta per mettersi in cammino. Durante l'estate, probabilmente, grazie alle vacanze, si potrebbe avere un'occasione in più. Eppure non possiamo sapere quando verranno, nella vita di ciascuno, cinque fortunati minuti, inseriti in un concorso fortuito di circostanze, che ci potranno rivelare, tramite una visione, la comprensione di molti nostri studi, di parecchie letture, di altrettanti viaggi e misteri. Non potremmo nemmeno sapere fino a quale punto dovremmo considerare fortuito il concorso di circostanze che ci potrebbe portare ad una simile verità. Del resto, non è sempre il caso. E spesso non basta aver studiato sempre e molto; occorre uscire, camminare, immergersi, toccare, sentire. Allora si avranno più possibilità di poter cogliere l'arte, la poesia, la scienza, i romanzi e, perché no?, la vita e la morte. Ma, dato che spesso la vita stessa è un ciclo, è necessario avere una certa sensibilità predisposta per poter avvicinarsi al mondo; sensibilità che tramite la letteratura, l'arte, la musica si può alimentare. Ed ecco un ciclo: dalla Natura si arriva ai libri, ma dai libri ci si predispone alla Natura. In effetti, anche Whitman, in un altro passo del suo diario autobiografico, Giorni rappresentativi, ammirando la costa marina, riconosce questo fatto tangibile. Quella distesa di onde e di rena bianco-grigia, salata, monotona, ottusa - un'assenza così totale d'arte, libri, conversazioni, eleganza - così indescrivibilmente rasserenante persino in questa giornata d'inverno - austera, ma con un che di delicato, così spirituale - capace di smuovere impalpabili abissi di emozione, più sottili di qualsiasi poesia, pittura o musica ch'io abbia mai letto, visto o udito. (Ma a esser sinceri, non sarà proprio perché ho letto quelle poesie e ascoltato quella musica?). Un augurio per tutti ad avere ogni giorno cinque minuti simili... © RIPRODUZIONE RISERVATA CITAZIONE FONTE: RIVISTANATURA.COM |
Post n°2776 pubblicato il 18 Aprile 2020 da blogtecaolivelli
QUANDO LA NATURA INCONTRA LA LETTERATURA Carl Gustav Jung e l'eccezionale intelligenza della Natura In un libro di James Hillman, Puer aeternus, tra le numerose citazioni di Carl Gustav Jung, ve n'è una molto interessante che può offrire spunti di riflessione e che conferma quanto possiamo imparare dagli animali; implica quanto la Natura sia straordinaria e vada difesa, vissuta da tutti noi. Non aggiungerò altro, la parola ai testi. «Zarathustra è un archetipo e dunque possiede la qualità divina, la quale poggia sempre sull'animale. Per questo gli dèi sono simboleggiati da animali; perfino lo Spirito Santo è un uccello, tutti gli dèi dell'antichità come quelli dei popoli primitivi sono contemporaneamente animali. In realtà il Vecchio Saggio è una grossa scimmia, il che spiega lo strano fascino che esercita. Come tutti gli animali e le piante, la scimmia possiede istintivamente la saggezza della natura, ma la saggezza è rappresentata da una creatura che non è cosciente di sé, e quindi non può propriamente dirsi saggezza. Per esempio, la lucciola rappresenta il segreto di produrre luce senza calore; l'uomo non è in grado di produrre il 98 per cento di luce senza dispendio di calore, mentre la lucciola sì, conosce il segreto. Se si potesse trasformare la lucciola in una creatura consapevole del fatto di possedere un segreto simile, ecco che avremmo un uomo di intelligenza e sapienza molto superiori alle nostre; sarebbe probabilmente un grande scienziato o un grande inventore, capace di trasformare tutta la nostra tecnologia. Sicché il Vecchio Saggio, nel nostro caso Zarathustra, è la coscienza della saggezza della scimmia; è la saggezza della natura, che è poi la natura stessa, e se la natura avesse coscienza di sé, sarebbe un essere superiore di sapienza e intelligenza eccezionali».
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Post n°2775 pubblicato il 18 Aprile 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet QUANDO LA NATURA INCONTRA LA LETTERATURA Calvino e la rivoluzione interiore
Ecco una riflessione che Calvino scrive in Palomar, mentre il protagonista osserva il cielo stellato. Questa osservazione delle stelle trasmette un sapere instabile e contraddittorio, - pensa Palomar, - tutto il contrario di quello che sapevano trarne gli antichi. Sarà perché il suo rapporto col cielo è intermittente e concitato, anziché una serena abitudine? Se lui si obbligasse a contemplare le costellazioni notte per notte e anno per anno, e a seguirne i corsi e i ricorsi lungo i curvi binari della volta oscura, forse alla fine conquisterebbe anche lui la nozione d'un tempo continuo e immutabile, separato dal tempo labile e frammentario degli accadimenti terrestri. Ma basterebbe l'attenzione alle rivoluzioni celesti a marcare in lui questa impronta? o non occorrerebbe soprattutto una rivoluzione interiore, quale egli può supporre solo in teoria, senza riuscirne a immaginare gli effetti sensibili sulle sue emozioni e sui ritmi della mente? I. Calvino, Palomar E non può essere anche questo uno tra gli innumerevoli fini della Natura? Suscitare in noi una rivoluzione interiore attraverso la sua contemplazione. © RIPRODUZIONE RISERVATA RIPRODUZIONE CONSENTITA CON LINK A ORIGINALE E CITAZIONE FONTE: RIVISTANATURA.COM |
Post n°2774 pubblicato il 18 Aprile 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet QUANDO LA NATURA INCONTRA LA LETTERATURA Giovanni Pascoli e il conforto della foresta Nella macchia Giovanni Pascoli, da Myricae All'atmosfera cupa, sola e fosca dell'animo del poeta, il quale si percepisce invisibile, privo di sostanza, si contrappone la vivacità della foresta. Con i suoi alberi e i suoi animali questo luogo salva l'uomo dal suo sentirsi abbandonato. Il canto è essenziale e una capinera non si risparmia, offrendo un appiglio fondamentale per il poeta: la Natura lo vede. Non solo, ma lo accoglie così com'è, con le sue fragilità, le sue incertezze, le sue solitudini e da qui lo riporta in piedi, coinvolgendolo nella creazione, mostrandogli che oltre le sofferenze c'è un altro approdo: tra foglie marcite / spuntava l'azzurra vïola. Ma un primo passo, fondamentale, è stato compiuto dal poeta stesso; senza questa sua iniziativa probabilmente l'incontro con la Natura sarebbe giunto tardi, troppo tardi forse, senza escludere che magari non sarebbe avvenuto del tutto. Il poeta ha errato. Errai. Questo verbo è posto molto in evidenza, tramite l'anafora. Per tre volte si scrive che l'uomo ha camminato a lungo. Errare non significa solo spostarsi, ma intende un camminare, girovagare (fosse anche senza meta); eppure, senza questo errare, il poeta non avrebbe ritrovato se stesso. Come scrisse Khalil Gibran, solo chi «smarrisce la propria via migliaia di volte troverà la strada di casa». © RIPRODUZIONE RISERVATA CITAZIONE FONTE: RIVISTANATURA.COM |
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