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Un blog creato da alexisdg10 il 01/02/2005

Arrancame la vida!

la realtà, i sogni, la politica, l'amore, la rabbia e l'allegria: la mia vita

 
 

 

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"Sólo los besos son más placenteros que las palabras" 

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FERMIAMO LA GUERRA

per tutte le infanzie rubate

per i legami strappati

per i fiori recisi

per le andate senza ritorno

per tutti i “progetti-uomo” mai realizzati

per tutte le ferite dell’abbandono

per tutto il freddo

per tutta la paura

per tutto l’odio

per tutta la fame

per tutto il non amore…

 

SOLO LIBERTà...E GIUSTIZIA

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ALDA MERINI

E tutti noi costretti dentro
le ombre del vino
non abbiamo parole nè potere
per invogliare altri avventori.
Siamo osti senza domande
riceviamo tutti
solo che abbiano un cuore.
Siamo poeti fatti di vesti pesanti
e intime calure di bosco,
siamo contadini che portano
la terra a Venere
siamo usurai pieni di croci
siamo conventi che non hanno sangue
siamo una fede senza profeti
ma siamo poeti.
Soli come le bestie
buttati per ogni fango
senza una casa libera
nè un sasso per sentimento

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ricordi di scuola

Post n°306 pubblicato il 28 Ottobre 2006 da alexisdg10

Questa mattina ho incrociato per caso la mia vecchia insegnante di lettere, ai tempi del liceo, esattamente trent'anni fa. Allora avrà avuto sì e no cinquant'anni. Oggi è una vecchia mezza sciancata che, a vederla, non ha perso la sua tracotanza di donnetta ignorante e reazionaria. Non sempre gli anni servono a migliorare, se non si fa alcun percorso individuale. A dire il vero credevo fosse già morta da un pezzo: peccato. Mi sembra ieri, eppure son passati trent'anni in un secondo. Se penso alla mia generazione, ogni volta ho un tuffo al cuore. La scuola, gli insegnanti, il rigore fine a se stesso, la disciplina ad ogni costo, la poca cultura ( la cultura di pochi), il sistema che ci schiacciava come un macigno e frustrava ogni minimo tentativo di volo. La scuola di oggi è un colabrodo, certo, ma io credo che anche quella di allora non fosse poi tanto meglio. In un paese ipocrita, quello che contava era la forma, non la sostanza. Ho dei ricordi orribili dei miei anni scolastici. A distanza di trent'anni ho cancellato tutto: nozioni, fatti e avvenimenti, interi volumi, lingue morte e dati senza importanza alcuna. Solo la storia mi è rimasta. E la filosofia, per averla scelta come corso di studi all'Università. Se penso ai miei insegnanti di allora mi stupisco, oggi, di come la maggior parte di noi potesse provare tanta ossequiosa reverenza, tanto rispetto, tanta soggezzione muta di fronte a quelle mezze calzette senza nerbo nè spina dorsale. La peggiore era l'insegnante di lettere, appunto, la materia che amavo di più. Era una donnetta scialba, gretta, meschina, piccola nei suoi moti e nei suoi desideri che rendeva tutto appannato e triste al suo passaggio. Non sono mai stato uno studente docile. Ero bravo, sì, in alcune materie addirittura eccellente, ma non ero un ragazzo facile da educare e impossibile da sottomettere. Facevo parte del gruppetto dei cosiddetti agitatori, coloro che boicottavano ed organizzavano scioperi e manifestazioni ( chi di quelli della mia generazione non ricorda i cortei dove si urlava lo slogan "Almirante boia"?). Scrivevo benino, ma non ero nelle grazie dell'insegnante per via del mio atteggiamento sovversivo, come lo definiva lei. Ero circondato quasi per intero da compagni provenienti da famiglie facoltose e della classe media ( quando la classe media era davvero tale): allora i figli degli operai facevano i periti, al massimo potevano asprirare a diventare geometri, nulla più. Mio padre stesso era contrariato dal fatto che io mi fossi iscritto al Liceo Classico, che, nell'idea comune dei quri  tempi, non era un vero diploma e non avrebbe offerto sbocchi lavorativi immediati. In classe con me c'era Gianna, oggi giornalista free lance per Il Manifesto; noi due si faceva comunella e si condividevano collettivi e riunioni fiume alla FGCI, la Federazione Giovanile Comunista. Ci sembrava di avere il mondo in mano allora, e avevamo la certezza assoluta che avremmo potuto cambiarlo. Pie illusioni di adolescenti con la testa sempre fra le nuvole. L'insegnante di lettere mi odiò fin da subito. Il mio compagno di banco era un ragazzo siciliano, ( allora non avevamo i marocchini e gli immigrati del sud non erano molto popolari per certuni ) un ragazzo dolce, studioso e timido che però, talvolta, usava qualche espressione dialettale della sua terra, la qual cosa irritava inevitabilmente la professoressa che gli consegnava il tema dicendogli: " sei intelligente, ma non conosci l'italiano". Una volta che ero più incazzato del solito le risposi. " perchè non glielo insegna lei, visto che è qui per questo?" Da allora fu guerra. Ma la cosa che non le perdono è il modo in cui trattava mia madre alle riunioni con i genitori. Mia madre, come tutte le donne semplici di quella generazione, aveva un rispetto quasi servile e del tutto immotivato per il corpo insegnante: lei, che non aveva studiato, vedeva quelle marionette ( perchè molti di loro erano tali) come esseri superiori e quindi inavvicinabili. Prima delle riunioni trimestrali andava dalla parrucchiera per farsi i capelli e tirava fuori il vestito buono dall'armadio che sapeva di naftalina. Nelle sue scarpe lise e in quel vestito che non sapeva portare era goffa e imbarazzata come un'adolescente cresciuta troppo in fretta. Una volta le uscì di bocca, senza volere, che l'insegnante di lettere le aveva detto che ero bravino per essere cresciuto in una famiglia così umile. Non riuscendo a sconfiggere me, se la prendeva con mia madre. In vista delle riunione successiva feci un casino tale che chiesi e ottenni dal preside il permesso di essere presente all'incontro, visto che si parlava di me. Me ne stavo vicino a mia madre, quasi appiccicato a lei , come per difenderla, senza dire nulla e fissavo con i miei occhi neri la professoressa, pronto a balzarle al collo appena avesse osato toccare mia madre, la nostra povertà evidente e le nostre modestissime origini. Avevo 17 anni. Sentivo il suo odio, ma ero sicuro che lei potesse toccare il mio che era altrettanto potente, se non di più. Sapevo che la irritavano i miei capelli incolti, la mia faccia scura, i miei occhi di brace, sapevo che non c'era la più piccola cosa in me che le piacesse, ma sapevo altrettanto bene che io ero giovane e intelligente e sveglio. Sapevo altrettanto bene che lei era gretta, meschina e sola e che, alla fine della lezioni ( le stesse che ripeteva da trent'anni con voce fiacca e monocorde) sarebbe tornata in una casa dove nessuno la stava aspettando, nell'attesa fremente e disperata che un qualunque San Giorgio affondasse la propria lancia nella sua vagina rinsecchita e chiusa, legata lei a stereotipi usati e triti, ridicoli e meschini, che ne facevano una donniciola da due soldi. Ricordo anche un professore del ginnasio, magro e allampanato, buono e colto, che amava noi e il suo mestiere. Ricordo Lucia, l'insegnante di latino, morta di cancro a nemmeno 40 anni, che prima di laurearsi aveva lavorato alla Fiat; una compagna leale, garbata e dolcissima. Si fece seppellire nel suo abito da sposa perchè, diceva, suo marito era la cosa più bella che le fosse capitata nella vita e affinchè lui non avesse avuto il rimorso e la pena di doversi disfare del vestito. Ma queste sono eccezioni. Ricordo un mucchio di idiozie e di cose inutili. Rìcordo che ci venivano imparitite nozioni senza offrirci spiegazione alcuna, ricordo che nulla veniva sviscerato nel profondo e che tutto si limitava alla superficie. Ricordo perfettamente che spero, promitto e iuro reggono l'infinito futuro, che accipites e vates fanno eccezione alla regola dell'ablativo, ricordo tutti gli horribile visu e gli horribile dictu ecc ecc. Chissà come mai sono proprio queste stupidaggini a rimanare impresse in maniera indelebile nella memoria, mentre il resto se ne va con gli anni? Ricordo una cretina in classe con me il cui padre insegnava qualcosa all'università e che prendeva sempre il massimo dei voti nelle ricerche altrettanto cretine ed inutili che regolarmente ci assegnavano. Ricordo che una volta dissi all'insegnante che lodava la capacità della compagna che per lei era molto più facile giacchè non doveva fare altro che chiedere al padre e scopiazzare. Fu scandolo. Ricordo una mia ricerca su Cuba, mentre tutti gli altri, tranne la mia amica Gianna, ovvio, scelsero paesi come gli Stati Uniti, l'Inghilterra, la Francia. Marina S. scelse persino le Hawaii, riscuotendo un notevole successo. Forse era un'anticipazione delle veline moderne, Marina S., chi lo può dire? Oggi guardo i quaderni di mia nipote che fa la prima elementare e apprendo con sollievo che la a, finalmente, è la a di amore e non di aiuola, che la r è la r di rosa e non di rinoceronte, che la s è la s di sole e non di soqquadro e che nessuno le ficca in testa cazzate indelebili come Guglielmo e Gugliemina, che sono gli unici due nomi propri a volere la gl, che la mamma è la regina della casa e che il papà è tanto impegnato nel lavoro, ma  che lo fa per costruirci un futuro sicuro e anche se non è mai presente ti ama tanto. " Io ho un padre spagnolo, lo sai? ha detto Lia alla maestra il primo giorno di scuola." "solo che non vive mica con noi. La mamma non lo ha voluto come marito, ma io sono nata lo stesso!" le ha detto. E la maestra ha risposto " E io sono felice che tu ci sia!". La scuola dei miei tempi, al confronto, sembra Medio Evo!

Foto: Henri Cartier-Bresson

http://www.youtube.com/watch?v=__cZnX1PV3k

Dopo, molti anni dopo, avrei incontrato Davide. Chissà che cosa direbbe la mia insegnante di lettere se sapesse che vivo con uomo e che lo amo da morire?

Commenti al Post:
AllieMcB
AllieMcB il 28/10/06 alle 20:48 via WEB
Non avrebbe neanche abbastanza parole per dirti che se ami una persona devi essere davvero felice. Un bacio, Ally
 
d_dap
d_dap il 29/10/06 alle 00:12 via WEB
oddio forse le viene un ictus ;o) al contrario di te ho avuto la fortuna di avere una prof di lettere giovane paziente e soprattutto indifferente al fatto che in classe ci fossero figlie di facoltosi avvocati o di operai alla innocenti... noi tutte eravamo le sue alunne e basta! vabbè c'era il prof di ragioneria che se parlavamo ci tirava dietro il cancellino sporco di gesso ...ma ci si faceva su una bella risata e buonanotte al secchio...;o)) e peccando di monotonia ripeto ancora bello leggerti ;o)
 
pelino55
pelino55 il 29/10/06 alle 07:39 via WEB
la mia storia scolastica assomiglia molto a quella che tu hai raccontato così bene. Mi piace pensare che chi insegna adesso a tua nipote sia cresciuto, odiandola, in quella scuola che descrivi. E poi, adesso, gli insegnanti sono tutti comunisti. (B. dixit.) Ciao
 
lallamai
lallamai il 29/10/06 alle 17:47 via WEB
Ho deciso: da oggi ti faccio una corte spietata!!! Ps Sono sicura: Davide mi capirà... :-)
 
mind_storm
mind_storm il 29/10/06 alle 19:49 via WEB
30 anni fa era diverso ma non sono sicuro che oggi sia molto meglio... prima c'era la scusa che mancavano i mezzi e l'apertura mentale... ora certa ignoranza non è giustificabile come prima... eppure è ancora tanta...
 
sharie
sharie il 29/10/06 alle 20:35 via WEB
Sai cosa c'e' di assurdo? Ritrovo nelle tue parole le parole dei miei genitori, che appartengono alla tua generazione. Anche loro figli di operai iscritti al Liceo Classico, l'unico, all'epoca, tra quelli della Città che accogliesse il proletariato. Mio padre era particolarmente bravo in greco. E amava scrivere. Prendeva sempre 6 in italiano perche' era ateo. Perche' era un po' sovversivo. E la gente lo guardava storto perche' era anarchico. Mia madre ha sempre avuto un trattamento diverso, forse perche' era "femmina". La pasionaria, la chiama il prof di lettere. Il mio liceo e' stato vuoto. Io che non sono cresciuta legata ai soldi e alle cose materiali, mi sono scontrata con un mondo in cui il pensiero più importante e' appaiare la collana agli occhiali da sole e alla borsetta. Erano così le mie compagne (oggi sempre meno "maschi" si iscrivono al classico), ma peggio ancora, erano così i miei insegnati. Mi sentivo un pesce fuor d'acqua.
 
bimbadepoca
bimbadepoca il 29/10/06 alle 22:41 via WEB
E pensa se sapesse che scrivi in un blog e che sei adorato da decine e decine di entusiastici lettori :-))
 
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PER I VOSTRI VIAGGI CONSAPEVOLI

 Non dorme nessuno nel cielo. Nessuno, nessuno.
Non dorme nessuno.
I bambini della luna fiutano e aggirano le loro capanne.
Verranno le iguane vive a mordere gli uomini che non sognano
e colui che fugge col cuore spezzato troverà alle cantonate
l'incredibile coccodrillo tranquillo sotto la tenera protesta degli astri. 
Non dorme nessuno nel mondo. Nessuno, nessuno.
Non dorme nessuno.
C'è un morto nel cimitero più lontano
che si lamenta da tre anni
perché ha un paesaggio secco nel ginocchio;
e il fanciullo che hanno seppellito stamane piangeva tanto
che fu necessario chiamare i cani per farlo tacere 
Non è sogno la vita. All'erta! All'erta! All'erta!
Precipitiamo dalle scale per mangiare la terra bagnata
o saliamo al margine della neve con il coro delle dalie morte.
Ma non c'è oblio né sonno:
carne viva. I baci legano le bocche
in un groviglio di vene recenti
e, a chi gli duole, il suo dolore gli dorrà senza tregua
e, chi teme la morte, se la porterà sulle spalle. 
 Un giorno
i cavalli vivranno nelle taverne
e le formiche infuriate
aggrediranno i cieli gialli che si rifugiano negli occhi delle vacche. 
Un altro giorno
vedremo la resurrezione delle farfalle dissecate
e andando in un paesaggio di spugne grigie e di navi mute
vedremo brillare il nostro anello e scaturire farfalle dalla nostra lingua.
All'erta! All'erta! All'erta!
Quelli macchiati ancora di fanghiglia e acquazzone,
quel ragazzo che piange perché non sa l'invenzione del ponte
o quel morto cui rimane soltanto la testa e una scarpa,
bisogna portarli al muro dove stanno in attesa iguane e serpenti,
dove aspetta la dentatura dell'orso,
dove aspetta la mano mummificata del bambino
e la pelle del cammello s'arriccia con un violento brivido azzurro. 
Non dorme nessuno nel cielo. Nessuno, nessuno.
Non dorme nessuno.
Ma se qualcuno chiude gli occhi,
frustatelo, figli miei, frustatelo!
Permanga un panorama di occhi aperti
e amare piaghe accese.
Non dorme nessuno nel mondo. Nessuno, nessuno.
Ve l'ho detto.
Non dorme nessuno.
Ma se qualcuno nella notte ha troppo musco alle tempie,
aprite le botole affinché veda sotto la luna
i bicchieri falsi, il veleno e il teschio dei teatri.

Federico Garcia Lorca

 sul comodino ( ma anche per terra e sotto il letto)

 

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