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ALDA MERINI
E tutti noi costretti dentro
le ombre del vino
non abbiamo parole nè potere
per invogliare altri avventori.
Siamo osti senza domande
riceviamo tutti
solo che abbiano un cuore.
Siamo poeti fatti di vesti pesanti
e intime calure di bosco,
siamo contadini che portano
la terra a Venere
siamo usurai pieni di croci
siamo conventi che non hanno sangue
siamo una fede senza profeti
ma siamo poeti.
Soli come le bestie
buttati per ogni fango
senza una casa libera
nè un sasso per sentimento
CHI PUÒ SCRIVERE SUL BLOG
« Messaggio #677 | Messaggio #679 » |
Post n°678 pubblicato il 08 Luglio 2008 da alexisdg10
C’è stato un periodo della mia vita in cui collezionavo cartoline. Mi sarebbe tanto piaciuto viaggiare, ma non potendomelo permettere, lo facevo con la fantasia. Le cartoline assolvevano egregiamente allo scopo. Essendo le persone che frequentavo per la maggior parte spiantate come me, va da sé che di cartoline ne ricevevo pochissime. Fui costretto quindi ad organizzarmi in un altro modo. La famiglia dove lavorava mia madre ( la contessa Tumistufi, come la chiamavo io ) aveva una vita sociale molto intensa, un discreto numero di amici giramondo, odiava le cartoline pur ricevendone tantissime e fu pertanto ben lieta di potersene disfare regalandole al sottoscritto. Per tanti anni le ho conservate in una scatola nel salotto di mia madre, insieme ad alcune fotografie antiche. Ogni tanto le guardavo quando andavo da lei. La maggior parte dei posti ritratti da quelle cartoline li avevo ormai conosciuti di persona, per cui non c’era motivo che perdessi tempo con quelle cose. E tuttavia le guardavo ogni tanto. Le guardavo per tenere sempre a mente quanto potesse essere laida, cattiva e stupida una certa borghesia. Ricordo una cartolina in particolare, un paesaggio del Marocco, un posto verdissimo, a dispetto di tutto quello che potevo sapere su quel paese, scritta con quella calligrafia enorme, propria di coloro che si muovono per il mondo come se il mondo appartenesse loro,una calligrafia fastidiosa, senza incertezze, priva di qualunque esitazione, scritta dalla mano di chi sa con certezza assoluta che il suo posto è stato deciso nei secoli dei secoli, ed è un posto di riguardo, al di là di ogni cultura ( la cultura e l’intelligenza non hanno potere alcuno di fronte alla furberia e alla volgarità conferita dal denaro e dall’abuso ), al di là di ogni merito, oltre ogni immaginazione. Perché la cartolina conteneva una serie di frasi stupidissime in rima baciata, una poesiola banale e sciocca, in fondo, degna della cretineria di quell’isola di nani, che però mi rimase impressa per sempre. E mi ci vollero settimane per capirne il senso, per capire di che cosa si trattasse, per capire che i signori erano nient’altro che golfisti oziosi che rincorrevano il sole per i quattro angoli del mondo, carichi dei vizi e dei tic tipici della loro classe ( una classe di nani sgraziati e deformi ) e tolti dalla loro isola di cartone i re non sarebbero stati né tanto alti né tanto biondi né tanto belli ( il riattratto ad olio della contessa Tumistufi nel salone della villa dove una volta fui invitato a fare merenda col figlio del giardiniere, il suo abito d’organza, la sua chioma lucida e sfolgorante, le sue mani da nullafacente, un frustino appoggiato in grembo, lo sguardo fiero e un setter mollemente accucciato ai suoi piedi ),né avrebbero avuto il minimo valore le sentenze estetiche e morali, quel mondo piccolo e ristretto nel quale, per errore, mi ero imbattuto e che mi schiacciava come un macigno, né le loro case sarebbero state tanto grandi e luminose, né i loro abiti così di classe, se non si fosse dato il caso che loro erano i vincitori e noi i vinti, in un circolo disperato e senza fine, in una catena antica quanto il tempo. E proprio quando pensavo ancora che quello dovesse per forza essere l’ordine precostituito delle cose, quando ancora mi dibattevo per sfuggire all’olimpica luce di quella classe senza cuore né coscienza ( una classe fatta di signori in doppiopetto grigio e maglioni di chachemere, uomini che dissertavano sulle cose del mondo come se le avessero appena loro stessi create, una classe fatta di donnette altere e senza storia che si dilettavano di poesia, pittura e narrativa, con quell’aria da gatta morta e in quanto tali assai pericolose, donne convinte del loro intrinseco valore, supportate da un circolo di amiche altrettanto mefitiche e sciocchine, così banali, in fondo, come la loro stessa vita, amiche che firmavano petizioni e appelli per i miserrimi del mondo, ma che si sarebbero ben guardate dal pensare al bene di chi stava ad un passo da loro, così stupide, in fondo, nella loro cretineria gratuita che non potevo nemmeno odiarle tanto erano piccole e meschine ), quando ancora pensavo a tutto questo, a come sfuggire all’ingiustizia e a tutto quel potere, ecco che arrivò Davide. Sì, allora arrivò Davide. Perché il mio Davide veniva da lontano, non apparteneva a quell’isola di nani e nemeno alla razza proterva dei servi, non volle inchinarsi mai davanti a quella combriccola di cartapesta. Davide guardava dritto con i suoi occhi chiari gli occhi della gente di quella risma e se la rideva. Rideva nemmeno con scherno, rideva, credo, quasi con pena, impegnato, lui, in una lotta immensa e vera. Lui, noi, non faceva parte della razza degli eletti, ma era libero, forte e solidale con tutti. Davide non perse nemmeno tempo a guardare la contessa, una volta che la incontrammo già avanti con gli anni, malata e zoppicante, ma ancora capace di gettare sguardi di ghiaccio e di ferire il mondo che le si parava davanti. Lui si presentò e rise, come se le stesse dicendo “ che splendida vita sprecata!” E fu a partire da quel momento che capii che il mondo è sì per certi versi ingiusto, immutabile e triste, ma che solo la solidarietà e l’amore sono più forti di tutto il resto, più forti di tutto il male, più forti dei fantasmi del passato, più forti di tanti e tanti anni passati a combattere contro la fame e la paura, tanti e tanti anni trascosi a combattere contro i mulini a vento.Più forti di tutto. Oltre ogni confine. Fabrizio De Andrè |
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Questo blog è nato come luogo di svago, come luogo di scambio di opinioni e di idee, come luogo di confronto, un posto dove ascoltare un pò di musica e leggere qualcosa . Magari, a volte, qualcosa di stimolante e persino d' interessante.
E non necessariamente perchè lo scrivo io.
Un luogo dove poter interagire liberamente. Tutti possono entrare, leggere e commentare purchè si esprima un 'opinione senza offendere chi la pensa diversamente. La libertà di ognuno di noi cessa nel momento in cui lede quella di un altro. La maggior parte delle foto e degli scritti in questo blog sono miei, ma alcuni sono anche tratti dal web. Dove possibile sono citati gli autori e le fonti. Se per disattenzione o perchè non disponibili, accadesse che in qualche modo qualcuno di sentisse leso, può tranquillamente scrivermi e la foto o il post verranno rimossi. In questo blog è lecito parlare di tutto. Ed è lecito dissentire. Come è pure lecito e auspicabile costruire. Il dissenso è legittimo quando è finalizzato alla costruzione e non alla mera distruzione fine a se stessa. Nessun commento sarà mai rimosso o censurato.
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PER I VOSTRI VIAGGI CONSAPEVOLI
Non dorme nessuno nel cielo. Nessuno, nessuno.
Non dorme nessuno.
I bambini della luna fiutano e aggirano le loro capanne.
Verranno le iguane vive a mordere gli uomini che non sognano
e colui che fugge col cuore spezzato troverà alle cantonate
l'incredibile coccodrillo tranquillo sotto la tenera protesta degli astri.
Non dorme nessuno nel mondo. Nessuno, nessuno.
Non dorme nessuno.
C'è un morto nel cimitero più lontano
che si lamenta da tre anni
perché ha un paesaggio secco nel ginocchio;
e il fanciullo che hanno seppellito stamane piangeva tanto
che fu necessario chiamare i cani per farlo tacere
Non è sogno la vita. All'erta! All'erta! All'erta!
Precipitiamo dalle scale per mangiare la terra bagnata
o saliamo al margine della neve con il coro delle dalie morte.
Ma non c'è oblio né sonno:
carne viva. I baci legano le bocche
in un groviglio di vene recenti
e, a chi gli duole, il suo dolore gli dorrà senza tregua
e, chi teme la morte, se la porterà sulle spalle.
Un giorno
i cavalli vivranno nelle taverne
e le formiche infuriate
aggrediranno i cieli gialli che si rifugiano negli occhi delle vacche.
Un altro giorno
vedremo la resurrezione delle farfalle dissecate
e andando in un paesaggio di spugne grigie e di navi mute
vedremo brillare il nostro anello e scaturire farfalle dalla nostra lingua.
All'erta! All'erta! All'erta!
Quelli macchiati ancora di fanghiglia e acquazzone,
quel ragazzo che piange perché non sa l'invenzione del ponte
o quel morto cui rimane soltanto la testa e una scarpa,
bisogna portarli al muro dove stanno in attesa iguane e serpenti,
dove aspetta la dentatura dell'orso,
dove aspetta la mano mummificata del bambino
e la pelle del cammello s'arriccia con un violento brivido azzurro.
Non dorme nessuno nel cielo. Nessuno, nessuno.
Non dorme nessuno.
Ma se qualcuno chiude gli occhi,
frustatelo, figli miei, frustatelo!
Permanga un panorama di occhi aperti
e amare piaghe accese.
Non dorme nessuno nel mondo. Nessuno, nessuno.
Ve l'ho detto.
Non dorme nessuno.
Ma se qualcuno nella notte ha troppo musco alle tempie,
aprite le botole affinché veda sotto la luna
i bicchieri falsi, il veleno e il teschio dei teatri.
Federico Garcia Lorca
sul comodino ( ma anche per terra e sotto il letto)
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