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Messaggi del 23/01/2018

Il re porcaro

Post n°665 pubblicato il 23 Gennaio 2018 da fataeli_2010
 

Il re porcaro

Un Re di nome Alberto aveva tre figlie belle come il sole.  Si chiamavano Chiaretta, Doralice e Lionella. Avvenne che il Re, rimasto vedovo, riprese moglie e cominciò

per le fanciulle una triste esistenza. La matrigna si chiamava Selene; gelosa

dell’affetto immenso che il Re aveva per le figlie, si consigliò con una fattucchiera.

“Vorrei una fattura che le facesse odiare dal padre, per sempre”. La strega meditò a lungo, poi le disse di portare tre capelli delle tre principesse.

La matrigna ritornò a palazzo e la mattina seguente entrò sorridendo nelle stanze delle tre principesse, mentre le damigelle ne pettinavano le chiome fluenti. “Voglio insegnarvi un’ acconciatura di mia invenzione”, disse e, pettinando le tre figliastre, entrò in possesso di tre loro capelli.

Poi ritornò dalla strega. La strega pose in un lambicco i tre capelli dorati e tre setole di scrofa, vi unì il succo di certe erbe misteriose e ne distillò poche gocce verdastre che raccolse in una boccetta. “ Eccovi, Maestà. Le verserete nel bicchiere del Re. È la fattura

dello scambio”.

Alla mensa regale, la regina versò furtivamente nel calice del Re il filtro fatato e attese.

Aveva appena bevuto che il Re stralunò gli occhi si alzò accennando verso le figlie:

“Chi ha tre scrofe al posto delle mie figliole? E alzatosi furioso cominciò  a spingere e a inseguirle fino al porcile dove le richiuse. Dal porcile prese, invece, le tre scrofe  chiamandole coi nomi delle figlie; poi condusse a palazzo e le fece sedere a mensa, sui seggi delle tre principesse: “Povere figlie mie, chi vi l’onta di chiudervi là dentro?”. E le baciava amorosamente. Tutta la Corte era stupita, ma non disse niente per paura della reazione del sovrano.

Chiaretta, Lionella, Doralice passavano i loro giorni nel portile fino al giorno in cui dovettero essere fatte salame. Ma i due macellai si impietosirono a sentirle piangere e le

liberarono ai confini del regno. Rimaste sole e povere, in paese straniero, le tre principesse trovarono una modesta casetta in cui vivere.

Picchiava spesso alla loro porta un vecchio mendicante e sempre le sorelle gli donavano una scodella di minestra. “Grazie, figliole! Che mani da principesse!” Siamo principesse

risposero loro e gli confidarono la loro storia.

“Povere figliole!” Il Re vostro padre ha bevuto la fattura dello scambio!”. Così dicendo trasse fuori dalla bisaccia un libricino di pergamena sgualcito e comincio a sfogliarlo attentamente. “ Contro la fattura dello scambio c’è l’acqua che balla, che suona, che canta;  ma non si sa dove sia….”

Una sera Lionella disse: “sorelle mie, io sono primogenita. Partirò alla ricerca dell’acqua miracolosa!” Passarono i giorni, le settimane, i mesi Lionella non ritornava. Allora Doralice disse a Chiaretta. “Sorella mia, sono la secondogenita. Patirò domani. All’alba

abbracciò la sorella e partì. Chiaretta restò sola nella piccola casa deserta. Passò il tempo e Chiaretta decise di partire.

Cammina, cammina, cammina…. Un giorno, passando sotto degli alberi, gli piombò in testa una lucertola con due code: “Son prigioniera…liberami e ricompenserò!” la supplicò. Chiaretta liberò le zampine dall’intrico dei legami sottili. La lucertola le diede una delle sue due code. “Ad ogni domanda ti risponderà”. Chiaretta contemplò a lungo il moncherino che s’agitava. “Coda, codina, sai dirmi dov’è l’acqua che suona, che balla, che canta?” E la coda girò nella palma della mano e si tese verso un punto dell’orizzonte come  l’ago di una bussola. Chiaretta prese quella direzione.

Cammina, cammina, cammina, giunse in un paese lontano e arrivò ad un castello fatato, dove trovò l’acqua misteriosa. Tutto intorno, a perdita d’occhio, statue di marmo.

Chiaretta fece per avvicinarsi all’acqua, ma la codina parlò: “ Non toccare l’acqua fatata! Chi la tocca resta marmo!”. Allora Chiaretta appese l’ampolla ad un filo, la calò e l’estrasse ricolma; poi la chiuse e la mise in tasca. Pensava al ritorno quando riconobbe in due statue le sorelle. Disperata, chiese aiuto alla codina, che la esaudì immediatamente. Tornarono a casa camuffate da viandanti, si fecero  accogliere dal

Re offrendogli l’acqua miracolosa. L’acqua fatata un inchino e cominciò a salire i gradini del trono danzando e cantando una canzone che narrava di tre principesse perseguitate dalla matrigna e di un Re impazzito per un filtro malvagio. La matrigna fece per ghermire l’acqua ma, non appena la toccò, restò di marmo. Al re Alberto  come cadesse dagli occhi una  benda; vide le tre bestie sedute sui seggi delle figlie, capì e cominciò ad abbracciare le tre figlie che si erano scoperte il viso.

E la matrigna di marmo, col volto furente e le mani protese, fu collocata su un piedistallo nell’atrio del palazzo, e vi restò.

Autore: Giudo Gozzano

(dal Web)

 

 

 

 
 
 

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