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Messaggi di Febbraio 2018

Fata Bertilla

Post n°677 pubblicato il 28 Febbraio 2018 da fataeli_2010
 

Fata Bertilla

Cari bambini, lo sapete che esistono due tipi di Fate?

Già, proprio così infatti le Fate “Trasparenti” e le Fate “di Ruolo”

Quelle Trasparenti, come dice il loro nome, si vedono e non si vedono: dipende dalla situazione; ovvero: sono normalmente invisibili ma all’occorrenza se devono intervenire, si fanno vedere e ci appaiono come ogni altra donna.

Le Fate di Ruolo, invece stanno in mezzo a noi sempre. Sembrano comuni bambine, ragazze o signore, proprio come tutte le altre: sono donne di aspetto, normalissimo però capaci di far avvenire cose molto belle e di dare tanto affetto chi vive vicino a loro.

La cosa curiosa è che quasi sempre non sanno neppure loro di essere delle Fate.

C’è ancora un’altra singolare differenza tra due categorie di Fate. Quelle Trasparenti hanno il cuore azzurro, per chi riesce a vederlo; quelle di Ruolo hanno invece il cuore rosa ( così almeno, dicono i dottori che hanno avuto l’occasione di esaminare il loro ecocolordoooler).

Questa è la situazione normale, cioè ciò che accade quando qualche Strega cattiva non ci mette la sua coda maligna.

La storia che voglio raccontarvi parla  appunto di una Fata di Ruolo:  Fata Bertilla.

Questo nome un po’ strano, poco usato al giorno d’oggi, ha però un antico e bellissimo significato: “luce splendente” o potremmo dire anche dire “raggio di Sole”.

Bertilla non sapeva di essere una Fata, cioè si credeva una normale fanciulla.

Viveva serenamente nella sua città, dove, anche il merito misterioso e magico della sua presenza, c’era molta gioia. Là tutti vivevano felici.

La città era circondata e protetta da robuste mura, che tenevano lontane le cose brutte e le cattiverie del resto del mondo. Chi usciva dalla città trovava boschi, prati e foreste molto belli da vedere, ma non era prudente restarvi dopo il calar del sole. Quel giorno Bertilla aveva voluto e andare in luogo che conosceva, con un bel prato ed una sorgente; là cocchiere aveva fermato la carrozza. La nostra amica, scesa per passeggiare un poco e cogliere qualche fiore, rimase molto sorpresa di incontravi un’altra persona. Quasi nessuno viveva all’esterno delle città, ma stranamente, là  c’era un uomo, non più giovane, seduto su un troco accanto alla pozza della sorgente. Lui l’osservava silenzioso e incuriosito. Lei, gentile come sempre, gli si avvicinò per salutarlo con il suo solito bel sorriso.

Lo straniero rispose al suo saluto e Bertilla notò che aveva un volto molto, molto triste.

Allora, spinta dal desiderio di consolarlo un po’, iniziò a conversare con lui:

  • Ciao, io Bertilla e tu?-

  • Io mi chiamo Grato e ti ringrazio per il tuo saluto cortese.-

  • Perché te ne stai qui, fuori dalla città?- continuò Bertilla- Non sai che qui

 non c’è gioia, ma solo tanta malinconia?-

-Grazie, Cara- rispose lui e aggiunse- sono qui perché in città ho vissuto tanti anni,

ma da dopo la mia malattia non conosco più nessuno, non saprei davvero dove andare.-

-Non ti Preoccupare, ti  accompagnerò io con la mia carrozza, vieni con me e vedrai che in città troverai dove stare, tanti amici e molte cose belle da fare.- L’invito era così dolce e affettuoso ( come solo le Fate sanno fare) che alla fine Grato accettò la sua offerta e si lasciò accompagnare fin nella città di Bertilla, pur non avendo molta fiducia di poter ritrovare là l’interesse  e la gioia dei tempi passati.

Ma c’era davvero tanta felicità tra le mura della città, così bastò veramente poco perché a Grato tornasse la voglia di vivere e di lavorare.

A  suo tempo era stato un esperto artigiano, un bravo tessitore. Riprese quel lavoro e gli tornarono le antiche emozioni e la serenità che aveva smarrito. Ogni volta  che gli capitava per la strada la sua benefattrice, non sapeva cosa fare per esprimerle la sua riconoscenza e la sua simpatia. Tra sé e sé si diceva:

  • Com’era bello parlare con lei, com’era bello guardarla!-

Infatti, Bertilla era una ragazza molto carina. Se Grato avesse avuto trent’anni di meno le avrebbe fatto certamente la corte, ma  la differenza d’età  esistente, si rendeva ben conto che non poteva offrirle nulla di più che un’amicizia affettuosa.

Tra sé e sé Grato si ripeteva:

  • Se fossi abbastanza ricco lo farei un vestito intessuto con fili d’oro, pieno di pietre preziose!-

Ma non era così ricco. Desideroso comunque di donarle qualcosa, preparò uno scialle fittamente ricamato: un lavoro in cui cercò di tutta la sua lunga esperienza al telaio.

Il dono piacque a Bertilla, che da allora gli portava ogni tanto qualche suo disegno, perché lui ne facesse un bel tessuto. Per Grato era una grande gioia poterle essere utile almeno in quel modo.

Purtroppo qualcosa di triste ogni tanto succedeva anche nella gioiosa città di Bertilla. Che cosa mai avvenne?

 Le persone più vicine a lei cominciarono a notare che lei stava cambiando, che era diventata più pallida e Bertilla, in effetti, si sentiva più stanca. Insistettero parecchio perché si facesse visitare da qualche bravo dottore e finalmente lei li accontentò.

Potete immaginare quale fu la meravigliosa del medico, quando scoprì che quella fanciulla aveva il cuore azzurro!

Il caso volle però che quel dottore si fosse specializzato in medicina alla Harvard FairySchool, dove l’avevano istruito della possibilità, se pur rara, di questi  casi. Tuttavia qualcosa non quadrava, infatti Bertilla non era una Fata Trasparente. Ma eventualmente una di Ruolo. Come mai allora aveva il cuore azzurro? Il medico andò a rivedersi tutti i testi in materia, poi richiamò Bertilla e le comunicò:

  • Cara ragazza, il tuo caso ora mi è chiaro. Tu dovresti avere il cuore rosa, ma per errore l’hai azzurro: questa è la causa della tua debolezza. Per poter guarire devi

Assolutamente riceverne almeno un pezzetto rosso da qualcun altro.-

-Perché, dottore- chiese- che affetto può farmi un altro cuore dentro al mio?-

- Un pezzetto di un’altra persona avrà l’effetto di trasformare il tuo da azzurro a rosa.-

-Non dovrebbe essermi difficile- disse rasserenata Bertilla- conosco tantissime persone che mi vogliono bene, troverò certamente chi me donerà una piccola parte del suo.-

-Però attenzione cara Bertilla, l’atro cuore non può essere qualsiasi, ma deve essere nato nello stesso tuo giorno. Non è invece necessario che abbia la tua stessa età.-

Bertilla si diede da fare presso tutti i suoi parenti e amici più affezionati. Tanti avrebbero desiderato darle ciò che le occorreva, ma purtroppo non avevano la giusta data di nascita. E il tempo passava. Bambini, adesso il momento di far entrare nella storia una Fata Trasparente, non vi pare?

Ecco qui. Una notte nel sogno di Grato ne apparve una. Lei l’informò delle difficoltà che Bertilla stava incontrando nella ricerca di un cuore adatto alla guarigione. L’indomani lui si recò direttamente dal medico che aveva in cura la sua benefattrice, offrendosi per intervento. Questi lo visitò e confermò che Grato poteva farle da donatore. Chiamarono Bertilla; lei ne rimase sorpresa ma felice. Così combinarono per l’intervento.

La notte prima della data stabilita la Fata Trasparente ricomparve in sogno a Grato, un po’ preoccupata per ciò che doveva dirgli:

-Ciao Grato, il medico non ti ha informato, perché forse non lo sa, ma alla tua età il tuo cuore corre il rischio di non superare la perdita di un suo pezzetto…-

-Io desidero farlo lo stesso- fu la risposta immediata di Grato- non ci sono altre persone adatte!”-

La Fata Trasparente non poté che prendere atto di tale decisione. Le cose andarono come la Fata temeva, ma al contrario Grato ne fu contentissimo. Infatti, Bertilla poté guarire completamente e lui fu ancora felice di prima,  perché non c’è più bella che essere nel cuore di qualcuno a cui si vuole bene….e restarvi per sempre!

Autore: Giorgio Altichieri

(dal Web)

 

 

 
 
 

Come una vera principessa!

Post n°676 pubblicato il 25 Febbraio 2018 da fataeli_2010
 

Come una vera principessa!

In un regno piccolo piccolo vivevano gnomi, fate e folletti. E vivono ancora:

chi li ha visti dice che sono alti una spanna, si nascondono facilmente nei

boschi e passano il loro tempo allegramente, danzando  e giocando tra i fiori.

La storia che ti racconto è accaduta veramente e, se hai pazienza, te lo dimostrerò.

Un giorno il piccolo regno si svegliò in subbuglio. La figlia della regina delle fate stava male: aveva dei terribili mal di pancia e il viso si era coperto di piccolissimi punti rossi. La sovrana le aveva provate tutte, ma Maia, sua figlia, non guariva.

In preda alla disperazione, la giovane principessa si lamentava: non poteva più partecipare ai balli…. E lei amava tantissimo danzare, non riusciva più a prendere parte ai banchetti reali….e lei aveva sempre fatto grande onore ai piatti degli chef e, soprattutto, non sembrava più neanche una principessa, ora che era così a puntini!

“Voglio guarire! Non voglio questi punti rossi!”, urlava continuamente Maia.

E un giorno, un triste giorno, decise: “ Non uscirò più dal castello finché non saranno passati!”

Trascorsero le settimane, i mesi, gli anni e nessuno più vide la figlia della regina delle fate. Il vento e gli uccelli portarono la notizia in tutto il piccolo mondo, che divenne sempre più triste.

Venutolo a sapere, dal suo castello in cima alla montagna, il re degli gnomi inviò alla regina il proprio medico personale, il dottor Piccomini. Lo scienziato partì

per lungo viaggio: attraversò sette mari, dieci montagne, nove colline e, alla fine,

giunse al castello della regina delle fate. Esaminò la principessa e sentenziò subito: “ Se fate quello che vi dico, Maestà, vostra figlia guarirà molto presto. Basterà che segua una dieta speciale; in poco tempo non avrà più dolori e il suo bel tornerà a risplendere di bellezza come già in passato. Anzi, di più”.

Il dottore estrasse una piuma, la intinse in un inchiostro invisibile ed incominciò a scrivere su un foglio piccolissimo. Man mano che scriveva il foglio si allungava e, quando finalmente ebbe finito, dalla stanza della principessa il pezzettino di carta era arrivato fino al salone da ballo.

Dopodiché scese nelle cucine del castello e parlò agli chef di corte. Subito la principessa iniziò una dieta speciale e, sebbene lentamente, migliorò fino alla guarigione.

Senza più dolori, né puntini, però, Maia non era felice. “Mangiare diverso dagli altri non fa per una principessa, non fa di me una persona speciale, ma solo una malata!” si lamentava.

La regina delle fate, non sapendo cosa fare, interpellò nuovamente il medico, il quale parlò a lungo e in gran segreto alla sovrana. Nessuno seppe mai si dissero.

Il giorno dopo, la Regina annunciò che aveva deciso di organizzare una grande festa, alla quale invitò tutto il regno. La principessa Maia, sebbene riluttante, si mise l’abito meraviglioso che la regina le fece per l’occasione e si recò alla festa bella più che mai. Ma era triste…..e si vedeva. Uno squillo di trombe annunciò l’inizio del banchetto e gli invitati cominciarono a mangiare. Anche Maia fu servita: per lei continuarono ad entrare portate ricchissime, cibi preparati con arte e dal profumo paradisiaco per molto, molto tempo. Non si erano mai visti piatti simili. E non finivano più……gli invitati erano esterrefatti e il mormorio si sparse presto per tutta la sala: “Che pranzo regale”, “Mai visto roba del genere…”,

“Senti che profumo!” “Maia mangia veramente da regina!”

La principessa non credeva alle proprie orecchie e pian piano cominciò a sorridere, felice di essere così speciale, felice di essere una vera principessa!

Ecco perché se una bambina mangia cibo speciale, si dice “Mangia come una vera principessa!”

Autore: Cristina Casagrande

(dal Web)

 
 
 

Il buon piccolo Enrico

Post n°675 pubblicato il 23 Febbraio 2018 da fataeli_2010
 

Il buon piccolo Enrico

Il piccolo Enrico camminò risolutamente verso la montagna che era più

Lontana di quando sembrasse; invece di arrivarci in mezz’ora, come pensava

 Camminò tutto il giorno di giungere ai suoi piedi. A circa due terzi del cammino

 Vide un Corvo che aveva la zampina incastrata in una trappola tesagli da un bambino cattivo. Il povero Corvo cercava inutilmente di liberarsi di quella trappola che lo faceva soffrire terribilmente. Enrico corse verso di lui, tagliò la corda che imprigionava la sua zampa e lo liberò. Il corvo volò via ad ali spiegate e gli disse:

grazie mille, mio coraggioso Enrico, ti restituirò il favore!

Enrico fu molto sorpreso di sentir parlare un Corvo, tuttavia continuò per la propria strada.

Un po’ di tempo dopo, mentre si riposava dietro un folto cespuglio e mangiava un pezzo del suo panino, vide un Gallo inseguito da una volpe. Il Gallo, che stava per essere catturato nonostante gli enormi sforzi per sfuggire all’astuto animale, passò vicino a Enrico il quale lo afferrò abilmente e lo nascose sotto i suoi vestiti senza che la volpe potesse vederlo. La volpe continuò a correre pensando che il Gallo fosse volato più lontano. Enrico non si mosse fin quando la volpe non scomparve dalla sua visita. Allora lasciò il Gallo che gli disse a bassa voce:

grazie mille, mio coraggioso Enrico, ti restituirò il favore.

Enrico oramai era riposato, quindi si alzò e continuo a camminare. Quando ebbe fatto buona parte del cammino vide una povera Rana che stava per essere divorata da un Serpente.

La Rana tremava e non si muoveva, paralizzata dalla paura; il Serpente avanzava rapidamente verso di lei con la bocca spalancata.

Enrico prese una grossa pietra e la lanciò abilmente tra le fauci del Serpente, proprio nel momento in cui questo stava per divorare la Rana, che la pietra entrò nella gola del serpente e lo soffocò.

La Rana si allontanò saltando e esclamò:

Grazie mille, mio coraggioso Enrico, ti restituirò il favore!

Enrico, che aveva già sentito parlare il Corvo e il Gallo, non si stupì nel sentir parlare la Rana e continuò per la sua strada.

Poco dopo giunse ai piedi della montagna, ma vide che c’era un fiume largo e profondo che scorreva innanzi a lui, talmente largo che si vedeva malapena l’altra sponda.

Enrico si fermò alquanto perplesso “Forse,- si disse- troverò un ponte, o un guado o un battello”. Si mise quindi a costeggiare il fiume che girava tutto intorno alla montagna,

ma era largo e profondo ovunque e non c’era nessun ponte o battello. Il povero Enrico si sedette piangendo in riva al fiume.

“Fata Benevola, venite in mio aiuto!- esclamò mi serve sapere che in cima alla montagna

c’è una pianta che salverà la mia povera mamma se non posso arrivarci?”.

In quel momento il Gallo, che lui aveva protetto contro la volpe, apparve sulla

riva e gli disse:

La fata Benevola non può fare niente per te; questa montagna è fuori dalla sua

potenza. Ma tu mi hai salvato la vita e voglio testimoniarti la mia riconoscenza.

 Sali sulla mia schiena, Enrico, e, parola di Gallo, ti condurrò sull’altra sponda.

Enrico non esitò, si lanciò sulla schiena del Gallo aspettandosi di cadere in acqua.

Ma non si bagnò affatto in quando il Gallo fu così abile a prenderlo sul suo dorso

che il bambino si trovò seduto così saldamente come se fosse stato in sella ad un

 cavallo.

Si attaccò energicamente alla cresta del Gallo che cominciò la traversata; il fiume era talmente largo che volarono per ventuno giorni prima di arrivare sull’altra riva e durante questi ventuno giorni Enrico non ebbe né fame, né sete, né sonno.

Quando arrivarono Enrico ringraziò cortesemente il Gallo che drizzò graziosamente

le sue piume e scomparve.

Un istante dopo Enrico si voltò, anche il fiume era scomparso.

“È senza dubbio il genio della montagna che vuole impedirmi di arrivare-

Disse Enrico- ma con l’aiuto della Fata Benevola ecco che mi avvicino alla cima.”

Autore: Fulvia Cascella

(dal Web)

 

 

 
 
 

La Fata Sorda

Post n°674 pubblicato il 21 Febbraio 2018 da fataeli_2010
 

La Fata Sorda

C’era una volta una fata, vestita di color cielo e danzava di notte sotto

 le stelle. Era un essere speciale, era sorda.

Nei suoi giorni più tristi si posava vicino ad un maestoso albero d’ulivo e piangeva. Pensava al canto degli uccelli che non avrebbe mai sentito, alle canterine voci dei bambini che giocavano nei boschi e alla musica che avrebbe accompagnato le sue danze al chiarore della luna. Piangeva e piangeva, e quel

Giorno pianse talmente tanto che le sue lacrime inondarono l’albero, quell’amico albero, quell’amico albero che ed un tratto trasformò parte del suo tronco in un grande, grandissimo orecchio.

È fu da lì che la piccola fata sorda udì per la prima volta il mondo. Insomma scoprì che l’albero amico la fece rinascere!!!

Ogni volta che la fata sceglieva il suono al silenzio, quel silenzio che spesso invano noi tutti cerchiamo, se ne al silenzio, quel silenzio che spesso invano noi tutti cerchiamo, se ne andava lì, tra le braccia dell’ulivo, e orecchio su orecchio la fata immaginava storie, facce, e le parole prendevano forma e suoi suoni divenivano melodie. Si poteva udire anche il mare e il cielo.

Il tempo passava e la fata era diventata nonnina tutta bianca e l’albero un saggio e vecchio rifugio dei folletti e delle fate del  bosco.

Venivano da tutto il mondo per ammirare questo grande orecchio scolpito nel legno.

L’albero non si fece influenzare dalla mondanità, come spesso accade, e continuò nel suo magico intento di prestare il suo orecchio ai sordi e soprattutto, questo detto proprio da lui.  A chi nonostante avesse le orecchie funzionanti, non voleva proprio sentire. Si riferiva cioè agli indifferenti, a coloro che non ascoltavano le urla e le grida di dolore, le voci, i suoni, i richiami e anche le risate provenienti da tutto il mondo.

I giorni trascorrevano sereni, la fata era diventata la custode fidata dell’albero, e in attesa della sua dolce fine, pensava che se non fosse stata mai sorda non avrebbe mai conosciuto la felicità.

Autore: Roberta Seclì

(dal Web)

 
 
 

Carnevale

Post n°672 pubblicato il 11 Febbraio 2018 da fataeli_2010
 

Carnevale

Pantalone indossava un calzone

fatto di pelle di leone.

Un clown ciccione

si mette la maschera da buffone

e spruzza acqua da un fiorellone.

La fatina farfallina

andò della Regina furbettina

e si mangiarono una merendina

preparata da Colombina.

Un brutto Mago

cadde in un lago

e si punse un ago:

si fece male al pollicione

del piedone

e andò a curarsi

dal dottor Balazone!

Tratto dal sito: filastrocche.it

Autori: Andrea, Aurora e Anna Maria della classe 3 a scuola Primaria

San. Giovanni Lido- Alghero (ss)

(dal Web)

 
 
 

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