GENOVA, LUGLIO 2001
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Wargames
Post n°104 pubblicato il 14 Luglio 2006 da lubely
Bisogna accorciare i tempi degli interventi, perché la nostra non sarà una tragedia, ma anche noi abbiamo fame L'EX - 11 giugno 2002 al vertice mondiale della Fao a Roma, interrompendo il presidente del Togo, Gnassingbè Eyadèma che sta spiegando la tragedia del Malawi, dove 13 milioni di persone stanno morendo di fame Mezzogiorno in punto. Fermi sulla nostra bicicletta. Io ai pedali, lei assicurata al seggiolino. Fermi. Io a pensare, lei a salutare quelli che passano con le manine. E mentre guardo la sua testolina bionda mi viene in mente Wargames. Il film. Non subito, dopo una serie velocissima di flash e di pensieri. Parto da questa considerazione: vivo in un paesone della provincia di Torino che avrà tutti i difetti di questo mondo (e li ha), ma almeno, quando esci di casa, hai ottime possibilità di non saltare in aria per una bomba o una mina. Ma se invece di essere qui ero in Iraq, in Afganistan, in Libano, in Israele. Se una bomba poco intelligente, un marine esaltato, un'autobomba farcita di tritolo mi porta via questa bambina che io e sua madre abbiamo fortemente voluto e trovato, che faccio? La ragione mi direbbe una cosa, ma in quel caso vincerebbe il cuore. E il cuore mi porterebbe a fare assaggiare anche all'altra parte cosa vuol dire un innocente che muore, un figlio, un marito, una moglie, un padre, una madre che non tornano a casa. Creando così altri figli, padri, madri, mariti e moglie vogliosi di lavare il dolore con il sangue. Perché un morto ammazzato di oggi è solo il biglietto da visita di due cadaveri domani. E qui arriva Wargames. Chi ha visto il film sa che, ad un certo punto, il mega computer attivato per sbaglio e che sta scatenando la terza guerra mondiale inizia a giocare a tris da solo. E si rende conto che non può vincere. Capisce che dal tris, come dalla guerra non si esce vincitori. Lui l'ha capito. Altri no. E il gioco continua. Tanto a pagare sono sempre gli altri. "Perché ad andare in tricea sono gli uomini normali, non i capi di stato o i generali", cantava Bertoli. E a questo punto già sento la voce del saputello di turno che mi chiede: "E allora, visto che la guerra ti sta tanto sulle balle, dimmi tu come faresti a sconfiggere il terrorismo". Come farei? Non lo so come farei. Non lo so perché questa guerra non l'ho voluta io, non l'ho iniziata io. Perché non sono stato io ad aver oppresso altre genti. Non le ho prese per fame. Non sono stato io a fare la voce grossa dove c'era il petrolio, e lasciare che dove non c'era la gente si massacrasse come riteneva più opportuno. Non sono stato io a vendere le armi ad un mio amico perché ammazzasse uno che mi stava antipatico, salvo poi farmi sparare addosso quando è stato quell'amico a diventarmi antipatico. Non è la mia bandiera che viene bruciata ai quattro angoli del mondo. Non sono io a credere che le cose si possano risolvere con un colpo di pistola in mezzo agli occhi. Non sono io ad aver messo il naso nella vita degli altri paesi. Io non ho fatto nulla di tutto questo. Se me lo aveste chiesto prima ve lo avrei detto cosa bisognava fare. Avete voluto fare con la vostra testa? Bene. Ma ora non chiedete a me come venirne fuori. Limitateti a capire che ammazzare non è una soluzione, se avete abbastanza materia grigia da attivare. E sento lo stesso saputello farmi la domanda che si fa sempre in questi casi. La domanda più stupida che esista. "Ah, sei contro la violenza? Ma bravo. Ma se uno ti minaccia, te e la tua famiglia, lo convinci con la filosofia e con i fiori a lasciarti stare?". Coglione. Se uno mi minaccia gli tiro un cazzotto in faccia. Ma lo tiro a lui. Non a suo figlio, a sua madre. Non ai suoi vicini di casa, ai suoi concittadini. Non ai bambini che attraversano la strada, non ai ragazzini che giocano a pallone. Lo tiro a lui. Così come ora lo tirerei a te. Che non capisci più la differenza tra un telegiornale, un film e un videogioco. Che i morti sono solo numeri che ingrassano una statistica. A te che "il sacro dovere dell'Italia" prima di tutto. Che sacro dovere? Che ruolo strategico? Contibuire a spopolare le scuole di un qualche paese è un sacro dovere. Vergognatevi saputelli. Di tutte le parti. Vergognatevi. E quando la lama del dolore per una persona che scompare busserà alla vostra porta, saperete cosa provano, da anni interi popoli. Ma per voi sarà troppo tardi per fare qualcosa. |
UNA QUESTIONE DI MANI
Capita di trovarsi
nelle condizioni di avere
bisogno di una mano.
In genere qualcuno c'è.
Io ne ho avuto bisogno.
Le mani ci sono state.
Adesso le mie,
assieme a quelle
di tanti altri,
sono nel
"Blog for Africa".
Lo trovate qui accanto,
a sinistra.
nelle condizioni di avere
bisogno di una mano.
In genere qualcuno c'è.
Io ne ho avuto bisogno.
Le mani ci sono state.
Adesso le mie,
assieme a quelle
di tanti altri,
sono nel
"Blog for Africa".
Lo trovate qui accanto,
a sinistra.
Sono lì.
In attesa di altre mani....
In attesa di altre mani....
Inviato da: pippo34
il 27/01/2020 alle 11:45
Inviato da: dondolino61
il 27/01/2020 alle 11:45
Inviato da: franca
il 27/01/2020 alle 11:44
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il 27/01/2020 alle 11:44
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il 27/01/2020 alle 11:43