piazza alimonda

Il federalismo invisibile

Ci sono persone che non hanno il dono della parola, e che hanno un mondo dentro da raccontare senza poterlo fare. Ce ne sono altre che hanno la favella, ma riescono a dire solo ammassi di lettere legate assieme di dubbio senso.

Oggi, mentre consumavamo il rapido pasto, a me e al ragioniere mia moglie compare in tivù maroni. Che, bullandosi, dice: «il nostro programma è l’unico dove si parla di federalismo». Ci siamo guardati: «E’ scemo», abbiamo detto.

Perché se il federalismo non lo mette la lega chi lo deve mettere? L’associazione monarchica? Ma soprattutto, se non mette quello, che diavolo potrebbe mai mettere la lega nel suo programma? Beatificazione di alberto da giussano? Riforma dell’ordine druidico? Istituzione del codice a barre sulla polenta taragna?

E poi, visto che sono anni che la lega mette il federalismo nel suo programma, e non ha mai fatto una cippa neppure quando era in maggioranza con militanti legaiuoli ministri, non sarebbe ora che iniziasse ad ammettere che del federalismo non batte una cippa a nessuno? Forse forse manco a loro?

Non sarebbe ora che dicesse a coloro che li seguono: «Brava gente, guardate, vi abbiamo sempre preso per il culo. Il federalismo potevamo farlo e non l’abbiamo fatto, perché se lo facevamo cosa mettevamo poi nel programma? Capace che ci toccava tornare a lavorare».

Non sarebbe ora che dicesse: «Guardate, alla fine della fiera degli extracomunitari ce ne sbattiamo. Diciamo quelle quattro cose che volete sentire, ma poi quando uno dei nostri, mentre fa il sindaco di un capoluogo di provincia della Lombardia, trova una colf extracomunitaria irregolare che gli guarda bene i bambini, o gliela da, o tutte e due le cose, fa qualche trucchetto per metterla in regola proprio come fanno tutti. Vabbè, poi l’hanno beccato e si è dovuto dimettere, ma che importa? I nostri imprenditori la domenica manifestano per cacciare lo straniero dal sacro suolo della padania, poi in settimana quelli stranieri li fanno lavorare in nero?»

Non sarebbe ora che dicesse: «Guardate, noi difendiamo la cristianità e quello che rappresenta, ma la domenica a messa non ci andiamo perché abbiamo altro da fare?»

Non sarebbe ora che dicesse: «Vi ricordate quando parlavamo della secessione? Dai, scherzavamo, è chiaro. C’è solo borghezio che ogni tanto tira fuori il discorso, ma lui ha dei problemi grossi. Un giorno si mette la calzamaglia nera, sale sull’armadio poi salta sul letto, distruggendone tre al giorni, al grido Sono batman, sono batman; un giorno dice di voler fare la secessione; un giorno crede di essere la dama bianca e cerca di baciare tutti i ciclisti che incontra. E’ fatto così. Ma non è pericoloso. Se sei bianco, ovviamente. Se sei nero cazzi tuoi».

Non sarebbe ora di dire: «La storia di roma ladrona… era una bella rima, faceva figo. Però tutto quello che arriva da roma ladrona ce lo infiliamo in saccoccia. E se speroni ha bisogno di un portaborse al parlamento europeo ci infiliamo il figlio del senatur… a roma ladrona si fa così, ci siamo adeguati».

Non sarebbe ora di dire: «Massì, dai, votate noi. Poi ci si trova, prendiamo l’acqua del po, stiamo insieme, si canta il va pensiero, poi beviamo un po’ di quello buono, facciamo una gara di rutti, chi vince tocca le tette a miss padania, e poi tutti a casa. E il giorno dopo voi in fabbrica, noi a roma ladrona».

No, fa decisamente più effetto dire: «Noi siamo gli unici ad avere il federalismo nel programma».