GENOVA, LUGLIO 2001
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Premesso che di questa cosa ho sentito il minimo sindacale, perché più di tanto da sentire non c’era (è come se ti presentassero nel piatto una torta fatta di cacca: non è che devi mangiarla tutta per capire che fa schifo: ti basta, e avanza, la prima cucchiaiata). Però questa storia, quella del ragazzo ammazzato a sprangate per furto di gallette, qualche pensiero te lo fa venire.
Per esempio (dicono i giornalisti che hanno fatto i servizi): “Erano fuori dal bar, e quando hanno visto i ragazzi correre temevano che avessero rubato l’incasso che era sul bancone”. Ecco, ma allora spiegami anche che cazzo ci fai, tu barista, fuori dal bar col bar aperto, e poi spiegami anche perché cazzo lasci l’incasso sul bancone. Così, su due piedi, puzza di balla inventata al momento…
Per esempio (dice la moglie del barista padre e madre del barista figlio): “Non siamo razzisti. Lavoriamo sempre con gli extracomunitari”. Ma bella gioia, a parte il fatto che i soldi non hanno colore – razza – religione; a parte il fatto che il mondo è pieno di preti pedofili che lavorano con i bambini, di morigerati difensori della fede e della famiglia che vanno a mignotte, di legaioli accaniti che se la prendono con gli extracomunitari irregolari e poi li fanno lavorare in nero nei loro capannoni; non sembra quasi ovvio che uno che apre un’attività lo faccia per servire quelli che ci entrano? Oppure bisogna fare un salto indietro di qualche anno, così anche Alemanno è contento, e mettere dei bei cartelli tipo: «Qui non si servono ebrei e tifosi dell’Atalanta», «In questo esercizio non si servono zaingari, bielorussi e fan di D’Alessio»?
Per esempio (dicono i due pregiudicati italiani titolari del bar): «Non siamo razzisti. Avremmo reagito con tutti allo stesso modo». Al di là del fatto che qualunque normodotato abitualmente dà dello «sporco negro» o «negro di merda» (non mi ricordo più) a chiunque gli capiti nei pressi (è una cosa normalissima), a me inquieta un tantinello che due baristi si tengano una spranga tra il latte per macchiare i caffè e i cornetti pronti a rompere le corna a chiunque, a prescindere dal colore e della razza (vedi che non sono razzisti?)
Per esempio (dicono i legaiuoli: «Non strumentalizziamo la vicenda»): cosa c’è mai da strumentalizzare? E’ normale che si ammazzi la gente a sprangate al grido negro di merda. Che si deve strumentalizzare? E poi, i legaiuoli, non se lo ricordano quando dicevano: «Nessuno si può permettere di toccare un padano?». Sto ragazzo era italiano, abitava a Milano: ergo non era forse un padano? E allora, cari legaiuoli, prendere il cappio e andare fuori dal carcere a reclamare giustizia. Due che uccidono un padano a sprangate devono avere la giusta punizione.
UNA QUESTIONE DI MANI
nelle condizioni di avere
bisogno di una mano.
In genere qualcuno c'è.
Io ne ho avuto bisogno.
Le mani ci sono state.
Adesso le mie,
assieme a quelle
di tanti altri,
sono nel
"Blog for Africa".
Lo trovate qui accanto,
a sinistra.
In attesa di altre mani....
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