piazza alimonda

Che fantastica storia è la vita

Nessun riferimento, se non il titolo, all’omonima canzone di Venditti (che, detto tra noi, mi procura lo stesso effetto di una grattugia da parmigiano passata sui marroni dopo aver fatto una doccia con l’acqua fredda). Però, in fondo, se ci pensi è vero. E’ vero che le cose che ti capitano, a te o attorno a te, siano fantastiche. Fantastiche non perché belle o meravigliose, ma perché, se ci pensi, sono la combinazione di miliardi di tasselli più o meno grandi che si combinano tra loro. Se uno solo si fosse disposto in modo diverso, diverso sarebbe il risultato.

Faccio un esempio. Anni fa, era il 31 marzo, era morto il fotografo del giornale per il quale lavoravo all’epoca. Si occupava anche di moda, andava in una discoteca, portando in macchina due ragazzi ed una ragazza che dovevano sfilare. Erano in autostrada. Sulla corsia opposta, dall’altra parte, veniva un camion che è uscito di strada, si è impennato sul guard rail e gli è planato addosso, seccandoli tutti e quattro. Preciso. Come capita solo nei film (il vero dramma era stato quello del direttore del giornale che, il giorno dopo, appresa la notizia, cercava di comunicarcelo, ricevendo come risposta una serie di «Guarda che lo so che è il primo aprile: è proprio uno scherzo del cazzo», click). Fumi una sigaretta in più prima di partire, e arrivi in quel punto con qualche secondo di ritardo e freni. O ne fumi una in meno e ti lasci il camion alle spalle. Un semaforo giallo al quale ti fermi o non ti fermi, e i logaritmi delle cose cambiano. Lo so, c’è poco di meraviglioso nel fatto che quattro muoiano in quel modo. Ma lo è la combinazione dei tasselli.

Altro esempio. Il 23 agosto 1989 era il mio secondo giorno di naja. Nella camerata dove stavo eravamo in tre della zona di Torino. Quel giorno si parlava (non solo noi tre, tutti) dei massimi sistemi della vita. Cioè di donne. Uno dei sabaudi, tal Gianluca, raccontava che non vedeva l’ora che arrivasse sabato per telefonare ad una che conosceva per…. vabbè, chiaro il concetto, no? E raccontava con grande tatto e cavalleria le di lei prodezze in ogni più turpe dettaglio. Quella volta che in macchina…. quella che in mezzo alla Pellerina (laddove, lo dico per i non sabaudi, per Pellerina intendesi grande parco torinese)… quella che nei bagni di Porta Nuova (stazione ferroviaria)… quella che a casa di lei…. quella che su una panchina e via andare. Particolarmente interessati eravamo noi altri due di Torino (io al momento incidentalmente sfuso, l’altro accoppiato) perché cotanta generosità poteva tornare utile anche a noi, mettiamola così. Ad un certo punto la conversazione tra gli altri due ragazzi prende questa piega. Le parole non sono proprio le stesse, ma il senso sì.
«Ma dove abita sta ragazza?»
«Zona corso Potenza»
«Miiii la conosco sta zona perché ci sta la mia tipa lì» (per tipa intendesi la morosa con il quale costui stava da più anni)
«Proprio dove c’è il cavalcavia»
«Si si, so dov’è. Giacomina (il nome della morosa proprio non me lo ricordo) sta lì»
«Ma dai… anche questa si chiama Giacomina»
«La mia ragazza ha un sorella bona»
«Siiii pure questa. Di cognome si chiama (dico un cognome a casa frutto di amarcord musicale) Spampinato»
«Pure la mia ragazza si chiama Spampinato…..»
«Ah…..»
Ecco, io trovo in questa cosa un riprova fenomenale di come le cose si incastrino e si combinino, e ti sorprendano (credo che loro due non ci abbiano visto fenomeno alcuno, ma solo tanta sfiga).

E tutto quello che capita nasce così. Non so se sia opera di dio, della fortuna, del culo, del caso, del destino. So che è così. I tuoi tasselli si combinano con quelli del mondo, degli altri bipedi pensanti. Ti fanno incontrare o non incontrare persone che ti cambiano la vita. Un giorno ti fanno volare, un altro strisciare per terra. Ti mettono sotto il naso parole, che sbagli o azzecchi, sfide, prove.

E tutta questa anarchia primordiale è ben ingabbiata e squadrata dal tempo. Il tuo tempo. Il tempo eterno di una busta che non lampeggia o quello troppo veloce di una risposta. Il tempo caldo e solare di quando ti fai avanti e quello freddo e grigio di quando ti fai da parte. Il tempo ritmato di un batticuore, il tempo immobile di quando non sai cosa fare. Il tempo dilatato di quando hai paura, il tempo amichevole di quando non hai niente da fare e quello che senti rotolare quando sei in ritardo. Tutti i tipi di tempi, insomma.

Resta comunque una cosa: qualunque forma facciano i tuoi tasselli, se salta fuori in quel modo è per un motivo ben preciso. Non sai dove ti portino, non puoi saperlo. Magari non sono neppure tasselli troppo belli. Ma le figure che formano, quelle possono essere meravigliose davvero.

Ps. E’ stata una bella campagna elettorale. Anche perché ne ho seguito il minimo sindacale per capirci qualcosa. E, se devo essere sincero, non mi importa nemmeno come finirà. Quando annusi le meraviglie che ti possono parare davanti anche queste cose passano in secondo piano. E anche l’omonima canzone di Venditti diventa quasi ascoltabile. Quasi.