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filo aperto con tutti coloro che s'interrogano sull'organizzazione politica della società e che sognano una democrazia sul modello della Grecia classica

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IL SENATO DELLA CASTA VA ABOLITO

Post n°680 pubblicato il 29 Aprile 2014 da rteo1

IL SENATO DELLA CASTA VA ABOLITO

La riforma del Senato della Repubblica italiana sta facendo emergere tutti i limiti culturali di una classe politica ormai in caduta libera, che non è più in grado di costruire un modello costituzionale che non mortifichi la ragione, che tenga conto della sua origine storica e che sia adeguato ai tempi. Esaminando la proposta di riforma si resta a dir poco allibiti, per quante bizzarrie esse contenga, sia nella parte relativa alla composizione del Senato che nelle modalità di elezione dei membri (sono previsti, di diritto, i presidenti di regione, una quota di consiglieri regionali e provinciali, alcuni sindaci, quelli nominati dal Presidente della Repubblica, una rappresentanza scelta tra i cittadini, ecc.). Tale confusione è sicuramente il frutto della inadeguatezza di coloro che nel governo, o accanto a questo, sono preposti all’elaborazione di soluzioni idonee a risolvere il problema, perché è del tutto evidente che non hanno alcun modello di riferimento, né derivante dal passato né uno nuovo da proiettare nel futuro, e l’aver respinto il contributo offerto dai cosiddetti “professoroni, o ritenuti tali” è stato un atteggiamento a dir poco insensato, megalomane, (visto che tra gli studiosi del diritto costituzionale disposti a dare un contributo vi erano personalità del calibro di Zagrebelski, Rodotà, e Carlassare). Al riguardo occorre evidenziare che qualsiasi problema sociale ha sempre la sua migliore soluzione, tra le diverse possibili, quando la domanda sia posta nei giusti termini. Nel caso di specie la domanda è certamente la seguente: in una democrazia moderna oltre all’assemblea dei rappresentanti del Popolo sovrano è indispensabile avere anche un Senato ? Prima di rispondere è opportuno identificare bene chi è questo Carneade. E allora va detto che il Senato, trova la sua origine in quello romano (in latino Senatus), che era la più autorevole assemblea dello Stato nell'antica Roma, il cui significato era assemblea degli anziani, ed i cui membri erano chiamati Patres (nel significato di patrizio). Il termine senato deriva dal latino senex (anziani o padri), che significa vecchio, perché i membri del senato erano inizialmente gli anziani del popolo romano. Secondo la tradizione, il Senato fu costituito da Romolo, ed era composto da 100 membri scelti tra i Patrizi e strutturato secondo l'ordinamento tribale tipico delle popolazioni indoeuropee di quel periodo storico; successivamente Tarquinio Prisco aggiunse altri 100 senatori, che in seguito divennero 300, tutti nominati dal rex. Con Silla, poi, il Senato raggiunse i 600 membri e con Cesare 900, per poi essere nuovamente ridotto a 600 da Augusto. Nel tempo ai patrizi (patres) si aggiunsero, poi, anche i plebei ricchi (conscripti, cioè "iscritti"), e l'elevazione del civis (cittadino) a senatore era compito del rex (re) in età monarchica, e del console in età repubblicana. La carica era vitalizia. Il Senato scomparve nei primi decenni del VII secolo. In epoca recente, poi, lo si ritrova nello Statuto Albertino del 1848, ove i senatori erano tutti di nomina regia e condividevano con l’assemblea nazionale del popolo e con il re l’approvazione delle leggi. La vigente Costituzione italiana ha recuperato l’istituzione, e in essa si rivengono ancora alcuni refusi del vecchio Senato (i senatori a vita e quelli nominati dal PdR). Come ben si comprende da quanto innanzi detto il Senato ha un’origine “tribale”, e, nel tempo, è stato espressione della sola classe patrizia; esso, quindi, non ha nulla a che vedere con l’altra classe antagonista, ossia quella dei plebei (che potremmo assimilare al Popolo), sebbene qualcuno di questi - arricchitosi - potesse entrarvi a far parte per nomina regia. E ciò che è altrettanto rilevante è che nel corso del tempo (intorno al VII secolo) il Senato fu cancellato come istituzione politica, perché fa ben comprendere che già in altra epoca esso è stato ritenuto inutile, o non necessario. Ne deriva, perciò, che seppur può sembrare strano, o addirittura una forzatura, il Senato non è in sintonia con una moderna democrazia fondata sull’eguaglianza dei cittadini e sulla sovranità popolare. Mantenerlo in vita, quindi, sta soltanto a confermare che la Repubblica italiana non ha ancora eliminato dal suo seno la presenza di elementi spuri, che non significano tradizione ma soltanto perpetuazione di un sistema castale che tiene sotto tutela la democrazia.

 
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gabrielliluca
gabrielliluca il 29/04/14 alle 17:14 via WEB
forse il Senato è l'espressione delle eterne discrepanze all'interno della massa popolare, eleggere un governo da aprte del popolo e far eleggere allo stesso popolo un senato come secondo organo atto a controllare il primo è una stronzata in termini, uno spreco di energia e denari pubblici inutile. Immagina l'ipotesi che il popoli voti a stragrande maggioranza la fazione "x", e che poi membri della stessa fazione stiano anche in senato per per far cosa alla fine? controllare praticamente se stessi! un idiozia. Lo stato di governo italiano è la rappresentanza pura del disordine cognitivo dello stesso popolo che si riempie la bocca di una moltitudine di bei discorsi senza neanche sapere in realtà di cosa si pare, in quel senso il governo in realtà rappresenta effettivamente il popolo confuso, essendo cunfuso anche esso. ci vorrà qualcosa di più, quindi, di un colpo di reni per uscire dal pantano. Io la vedo estremamente, un popolo come quello italiano non può trarre nessun giovamento dalla democrazia, in quanto la democrazia in italia sarà sempre la rappresentazione della confusione cerebrale del popoplo stesso, quindi non sarà mai realmente costruttivo.
(Rispondi)
 
rteo1
rteo1 il 30/04/14 alle 09:04 via WEB
Platone immaginava gli aristocratici (i migliori) al governo della polis, e li identificava con i filosofi (forse perchè anche lui lo era). Credo che un discendente della Casa dei Savoia veda con favore un governo ereditario di tipo monarchico. Non escludo neppure che i magistrati (o altra categoria statale o imprenditoriale)possano preferire un governo dei pochi (aristocrazia od oligarchia). Io, però, sono un cittadino di questa Repubblica e appartengono a quella massa indistinta di cittadini (ma sono sereno)per cui lotto per la mia causa, ossia per la democrazia. Inoltre, ho la profonda convinzione che non esista al mondo nessun uomo(anche nel campo della teologia)che complessivamente abbia virtù tali da poter avere l'onore di essere servito da un altro uomo, se non in un rapporto di reciprocità ed eguglianza. Per questo ho paura dei poteri forti, delle dittature, e rivendico il diritto di esprimere il mmio pensiero, anche se dovesse essere errato.
(Rispondi)
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