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filo aperto con tutti coloro che s'interrogano sull'organizzazione politica della società e che sognano una democrazia sul modello della Grecia classica

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LA GUERRA È INEVITABILE ?

Post n°1056 pubblicato il 26 Aprile 2022 da rteo1

LA GUERRA È INEVITABILE ?

La guerra è secondo natura, quindi ineliminabile, oppure può essere evitata ? È questa la domanda basilare alla quale gli uomini del terzo millennio, e gli occidentali in particolare, devono dare una risposta perché è da questa che dipenderanno tutti gli atti, le azioni e i comportamenti dei singoli, dei gruppi, fino agli Stati, di piccola, media o grande potenza militare, economica e finanziaria. In altri termini, a seconda della risposta, se positiva, bisognerà soltanto stabilire quante vittime siano necessarie prima di "sedersi" al "tavolo della pace", oppure, se negativa, si potrà agire per eliminare e risolvere a monte le ragioni del conflitto tra gli Stati. Comunque, nell'uno e nell'altro caso, sarà sempre utile il ruolo dei "pacifisti", necessario e indispensabile per temperare il ruolo dei "guerrafondai" (gli interventisti), secondo la generale dinamica del conflitto degli opposti, tra cui guerra-pace, nota già ai tempi di Eraclito.

Dalla fine della seconda guerra mondiale, che aveva lasciato sul campo milioni di vittime, oltre a reduci, infermi, vedove, orfani e intere città distrutte, gli Stati europei non avevano più visto una guerra né sul proprio territorio né così vicina (dopo quella nei Balcani) come è avvenuto con la guerra tra la Russia e l'Ucraìna. E così, all'improvviso, soprattutto gli europei, con in testa gli USA, dopo una prima fase di esitazione, di concitazione, e con le immagini ancora impresse nella memoria  della "fuga" precipitosa dall'Afghanistan, dopo vent'anni di inutili combattimenti e di migliaia di vittime, sono stati presi da un senso di confusione circa il da farsi. Gli USA, da parte loro, hanno subito pensato ad attivare la NATO, che è il suo strumento politico-militare d'eccellenza, di cui fanno parte, come corollario, molti Stati, tra cui l'Italia, nel mentre le istituzioni della U.E. registravano l'inadeguatezza della forma politico-istituzionale e, in particolare, la totale assenza di una efficace ed efficiente azione diplomatica comunitaria, così come la mancanza di una politica di Difesa e di un proprio strumento militare. Tra le prime decisione prese nei confronti della Russia ci sono state delle dure sanzioni economiche e finanziarie e, in parallelo, l'invio di armi all'Ucraìna per farla resistere e difendere. Quest'ultima decisione, però, ha sollevato accesi dibattiti tra i cittadini italiani a causa del principio del "ripudio della guerra" sancito dall'art.11 della Costituzione e della consolidata politica estera tendenzialmente pacifista. Il Governo, però, ha "tirato dritto" perché l'Italia fa parte dell'U.E. e dell'Alleanza atlantica, oltre che dell'ONU, perciò, secondo il governo, la linea politico-militare non avrebbe potuto differenziarsi da quella degli altri Stati occidentali che hanno anche deciso di aumentare al 2% del PIL le spese militari. Certo è, però, che il dubbio rimane (almeno in alcuni studiosi, politici e intellettuali), se non altro perché sarebbe bastato anche inviare soltanto aiuti umanitari (come era stato sempre fatto in passato) e perché, a quanto pare, non c'è stato alcun preventivo mandato ONU che avrebbe dato una sicura legittimità internazionale alle azioni degli USA, della NATO, dell'U.E. e dei suoi Stati membri. Anche a causa della presenza della Russia nel Consiglio di sicurezza dell'ONU come membro permanente con diritto di veto, insieme agli USA, alla Cina, all'Inghilterra e alla Francia, quali "stati vincitori" della seconda guerra mondiale (andrebbe, perciò, riformato anche la statuto, per dare maggiore democrazia all'ONU, e una sede neutrale, come ad es. la Svizzera). Comunque tutto questo, a cose fatte, può ritenersi ormai come impegno europeo già assunto dal governo, salve alcune divergenze tra le forze politiche, che potranno esprimersi in ambito parlamentare, anche a seguito dell'intervento pubblico del Papa che ha condannato l'aumento delle spese per le armi e l'invio di queste anziché adoprarsi per la pace. Rimane tuttavia ancora aperto il problema di quale possa essere la migliore soluzione possibile per tacitare le armi, ammesso che siano tutti d'accordo a volerle mettere da parte, perché anche questo non è scontato, per quanto possa apparire assurdo. Ma purtroppo assurdo non è perché "quando il gioco si fa duro..." non è vero che scendano in campo i duri giacché spesso intervengono "i pazzi". Almeno è questa la mia impressione (seguendo i diversi interventi televisivi e vedendo le immagini dell'inutile tragedia e massacri di esseri umani), certamente condizionata anche dalla lettura del saggio di Freud "Psicologia dell'Io e della massa" e dall'opera del sempre celebrato Erasmo da Rotterdam che ha con giusta ironia "elogiato la pazzia" degli esseri umani. Per questo non si può escludere che le brame geo-politico-strategiche degli USA, in rapporto sia alla Russia, ormai diventata una modesta potenza regionale (a parte i vetusti arsenali nucleari ricevuti in successione dalla antica URSS), sia alla Cina, che sta ormai imponendosi come prima potenza economica mondiale e sta eguagliando il primato militare e tecnologico americano, ma anche nei confronti del "resto del mondo", inclusa la stessa "alleata" U.E., possano portarli a "forzare la mano" con i loro soldati e la NATO per estendere la loro influenza ancora più ad est e sull'amplissimo territorio russo ricco di materie prime. D'altronde ciò sarebbe in linea con la "natura" degli USA, del loro essere di Stato egemone, fin da quando i primi coloni europei posero piede sul territorio del continente americano, si liberarono dal giogo inglese con la guerra d'indipendenza, regolarono i loro rapporti interni con la guerra di secessione ed attuarono la "conquista del west" celebrata, poi, dai film di Hollywood (la "storia è la storia", sia individuale che collettiva, e questo non va mai trascurato!). Perciò molto dipenderà dalla politica estera del governo americano, il quale, se si voterà alla pace, dovrà autolimitare la volontà di superpotenza imperiale e agevolare la sfida del "mercato globale" che, peraltro, è il prodotto della esigenza espansiva del suo capitalismo. Ovviamente questa soluzione alternativa alle armi non garantirà agli americani la pax mondiale perché la storia "è costretta" ad andare comunque avanti, verso "un nuovo ordine mondiale", che piaccia o meno, e prima o poi occorrerà misurarsi con la Cina, quando questa non riuscirà più a contenere la sua volontà di superpotenza imperiale. E forse si arriverà anche ad una crisi con l'Europa Unita, qualora questa voglia rendersi politicamente e militarmente indipendente e "sovrana" rispetto "all'alleato statunitense" e alle altre potenze mondiali. Perciò non è vera la versione diplomatica degli occidentali e quella mediatica che i conflitti bellici e quello in atto siano necessari per difendere la democrazia e la libertà perché, anzitutto, ogni popolo è libero di "scegliere" la sua forma di Stato e di governo più adatta alla sua indole e tradizioni culturali e religiose e, inoltre, perché tutto accade sempre secondo la dinamica degli interessi materiali, alimentati dall'esigenza naturale della sopravvivenza e dalla volontà di espandere la propria potenza, come già Socrate evidenziava con preoccupazione ai suoi concittadini ateniesi. Venendo, ora, ai problemi italiani, correlati al conflitto, bisogna subito sottolineare che, come già avvenuto durante la pandemia, i cittadini si sono di nuovo divisi e schierati, ma questa volta tra "pro-Ucraìna" (la maggioranza), perché aggredita, e una sparuta minoranza, ossia coloro che hanno preteso di analizzare i fatti, sia prossimi che remoti, antecedenti al conflitto, per cercare di capire quali fossero le cause del conflitto geopolitico. Purtroppo le reazioni dei primi sono state spesso veementi e intolleranti perché si riteneva che si dovesse "scegliere da che parte stare", "senza se e senza ma", negando, persino agli studiosi di fama, di indagare sulle ragioni della guerra; di porsi la domanda sul perché la diplomazia non avesse lavorato per portare al tavolo delle trattative i due belligeranti, dal momento che questi si contendevano un'area (il Donbass) dove da circa 8 anni si stava combattendo e c'erano già state oltre 12.000 vittime; e inoltre, di chiedere perché non erano stati rispettati i due Trattati di Minsk e non si era pensato di dare uno statuto speciale a quell'area contesa (in Italia ci sono 5 Regioni a statuto speciale, due Province autonome, lo Stato di San Marino e quello del Vaticano) in attesa di tempi migliori per risolvere diversamente l'attuale contesta e con nuovi leader politici sulla scena, soprattutto alla guida della Russia; ma purtroppo ha prevalso " la linea dura", di totale chiusura, anche mentale, di tutte le parti. E tra gli italiani ancora una volta la "dittatura della maggioranza" ha sancito il dogma che "la minoranza ha sempre torto" e deve tacere. Ed è così emerso che la labile "democrazia" italica ha tradito se stessa, il suo essere, e voler essere, diversa dalle "autocrazie" nelle quali ai "dissidenti" è impedito di esprimere liberamente il pensiero. Eppure l'esperienza insegna che nessuno ha mai "ragione" o "torto" in assoluto, e come  sosteneva Hegel "la verità è nell'intero", cioè anche dell'errore, e che "l'assoluto è la risultante della mediazione di tutta la realtà" in costante cambiamento. E la spiegazione è semplice: la "ragione" e il "torto" sono co-essenziali e co-esistenziali; l'una esiste a causa dell'altro ed entrambi hanno in comune la "follia". Inoltre, sia dal punto di vista psichico, che biologico e antropologico "tutti gli uomini sono uguali", nel bene e nel male. Nessuno perciò è, in assoluto, "migliore o peggiore" degli altri, e i ruoli sociali e pubblici non mutano la natura dell'individuo ma gli assegnano soltanto delle "maschere" per la recita della parte in scena. Così come dice U. Galimberti, secondo il quale la identità si riceve dalla società e non deriva per nascita. Ma questo non è sempre un bene perché a volte tali identità attribuite ab esterno, dalla società, contrastano con la vera natura, con l'essere e il sentirsi del soggetto che così vive una sorta di perenne alienazione, una patologica crisi d'identità. Anche le "diversità" e le "molteplicità" delle forme esistenti in natura attengono soltanto alle "apparenze" e non alla sostanza, perché è così che è, è così che dev'essere e non può che essere altrimenti. E tutto si sviluppa "secondo evoluzione", ossia nel senso del divenire, in continua trasformazione, affinché nulla sia uguale a ieri e tutto sia diverso da oggi e da domani e tutto ciò che appare e si manifesta "divenga altro" da sé nello spazio-tempo. L'uomo perciò non ha il dominio del suo "destino" (anche se all'Io di molti piace crederlo) ma è il "Destino" (la "necessità" delle forze universali) che si serve dell'uomo, così come di ogni altra specie vivente o cosa "inanimata" che fa parte dell'Uno e del Tutto (la contestuale unità e molteplicità). Perciò L. De Crescenzo amava il dubbio e il punto interrogativo e non sopportava il punto esclamativo e le persone dogmatiche, che avevano solo certezze (come i dittatori, i tiranni e i loro imitatori nelle istituzioni e negli apparati burocratici). Ad ogni buon conto, giunti qui dopo questa brevissima divagazione, ma utile per scuotere l'imperante "antropocentrismo" (da cui la catastrofica era antropocene), è ora necessario riprendere il filo del discorso sul suddetto conflitto bellico per tentare di dare una risposta "definitiva" alla domanda se la guerra sia un accadimento secondo natura oppure se possa essere evitata, come ha anche affermato il Papa. Certamente la storia finora scritta dalla comparsa degli uomini sulla scena ha registrato che la "guerra" è un avvenimento ciclico inevitabile e che tutto nel mondo e nell'universo intero si muove secondo la logica del "conflitto", ossia della guerra, come già Eraclito evidenziava. Per questo ancora resiste il brocardo "se vuoi la pace, prepara la guerra" (si vis pacem, para bellum), e si cita ancora Clausewitz secondo il quale "la guerra è la continuazione della politica con altri mezzi". E sembra adesso avere anche un fondamento scientifico la seguente risposta di Freud alla domanda di Einstein: «c'è un modo per liberare gli uomini dalla fatalità della guerra ?» (vds. Nuovo Meridionalismo n. 231): « Noi presumiamo che le pulsioni dell'uomo siano di due specie, quelle che tendono a conservare e a unire - da noi chiamate erotiche...- e quelle che tendono a distruggere e a uccidere; queste ultime le comprendiamo tutte nella denominazione di pulsione aggressiva o distruttiva. [...] Tutte e due le pulsioni sono parimenti indispensabili, perché i fenomeni della vita dipendono dal loro concorso e dal loro contrasto. [...] È assai raro che l'azione sia opera di un singolo moto pulsionale, il quale deve essere già una combinazione di Eros e distruzione. [...] Pertanto, quando gli uomini vengono incitati alla guerra, può far eco in loro una serie di motivi consenzienti, nobili e volgari... Il piacere di aggredire e distruggere ne fa certamente parte; innumerevoli crudeltà della storia e della vita quotidiana confermano la loro esistenza e la loro forza...». Di converso, e bisognerebbe dire purtroppo, sembra rivelarsi del tutto utopica l'idea di I. Kant della "Pace perpetua" racchiusa in alcuni punti del "Progetto", tra cui: «Gli eserciti permanenti (miles perpetuus) devono col tempo del tutto cessare. Essendo la guerra l'unica finalità di questi eserciti, essi istigano alla guerra. Inoltre un esercito permanente comporta una spesa economica rilevante e spesso l'unica soluzione che uno stato ha per liberarsi da questo peso economico è fare guerra» e « Nessuno Stato deve interferire con la forza nella costituzione e nel governo di un altro Stato». Tutto, perciò, depone, a quanto pare, per la "guerra" come accadimento naturale, inevitabile, ma anche correlata e indissolubile con il suo contrario: la Pace. Quest'ultima, infatti, non può esistere senza la guerra e viceversa. Ed è altrettanto vero (storicamente) che la guerra prima o poi finisce e arriva la pace che mette al tavolo i belligeranti, perciò la "ragione" deve sempre indurre a mettere fin da subito in campo la diplomazia per evitare, o ridurre, i massacri di inermi cittadini, l'inutile distruzione delle città e la fuga di migliaia di profughi, con effetti nefasti sull'economia, anche globale, e il rischio di successive carestie. Soprattutto quando la contesa riguardi "un pezzo di terra" (come oggi quello del Donbass) che appartiene solo ed esclusivamente alle forze della natura e non alla politica, ai governi e agli umani che ne hanno solo un "godimento temporaneo". Nessuna perdita di vita umana, pertanto, e ancor peggio migliaia di vittime inermi, potrà mai giustificare la guerra per la contesa di un precario "pezzo di terra", perciò sono sempre in errore tutti i belligeranti, a qualsiasi parte del tavolo si siedano, e non ci saranno mai "eroi", né vinti, né vincitori, anche se la "storiografia" ne ha bisogno per riempire altre inutili pagine di carneficine. Così come la follia dei cittadini li porterà a dire, anche dopo decenni, e alla presenza di nuove generazioni che non hanno vissuto le stesse tragedie: Noi eravamo dalla parte giusta! Ignorando che l'universo non ha un centro, né i lati. Sono perciò queste le conclusione cui pervengo, con rammarico, e con l'auspicio di essere smentito, prima possibile, con la convinzione che qualunque sia ormai l'esito della guerra tra la Russia e l'Ucraìna l'umanità ha già perso e hanno vinto la clava, gli istinti primitivi, le pulsioni distruttive. Su altri numeri di questa Rivista avevo anche scritto di ribellarsi contro la "volontà della specie", di cui parla Schopenhauer nel saggio "Il mondo come volontà e rappresentazione", e proposto di "resistere" alla "volontà di potenza", esaltata da Nietzsche. Invitavo certamente a delle imprese estremamente impegnative, perché rivolte essenzialmente a "dominare se stessi", e tutte le pulsioni aggressive, ma non vedevo altri rimedi migliori. Adesso non mi rimane che la possibilità di rievocare ancora Freud il quale, seppur non del tutto convinto, non volle spegnere la speranza di Einstein e così concluse la sua missiva: «...tutto ciò che promuove l'evoluzione civile lavora anche contro la guerra». 

 
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Commenti al Post:
ITALIANOinATTESA
ITALIANOinATTESA il 01/05/22 alle 11:44 via WEB
Mi piacerebbe che qualche migliaio dei cosiddetti "potenti" del Mondo, compresi i nostri, leggessero, con la dovuta attenzione e capacità di comprensione, questo tuo documento. E nel contempo che ciascuno di noi potesse leggere nelle loro menti e sentire i battiti dei loro cuori. Chissà che tipo di reazioni emergerebbero.
Io penso che quando non si può correggere le malefatte degli altri si può, almeno tentare, di ridurre o evitare le proprie. E questo credo che alcuni POTENTI fanno finta di non saperlo. Buon 1° Maggio, M@.
(Rispondi)
 
rteo1
rteo1 il 01/05/22 alle 20:42 via WEB
Hai perfettamente ragione, quando dici che se non si possono correggere le malefatte degli altri si può almeno tentare di ridurre o eliminare le proprie. Indubbiamente l'impresa non è facile. Bisogna agire su se stessi per "domare" il mostro che agita gli istinti primordiali. Questi sono tutti al servizio esclusivo della natura e abbandonano l'uomo solo quando questi diventa inutile per lo scopo. Il vero eroe non è colui che agisce esaltando gli istinti, dando prova di "coraggio", ma colui che "disobbedisce agli istinti". È solo costui, per me, l'unico vero eroe.
(Rispondi)
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