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filo aperto con tutti coloro che s'interrogano sull'organizzazione politica della società e che sognano una democrazia sul modello della Grecia classica

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Messaggi di Luglio 2015

SE IL SUD PIANGE IL NORD NON RIDE

Post n°776 pubblicato il 31 Luglio 2015 da rteo1

SE IL SUD PIANGE IL NORD NON RIDE

I DATI  STATISTICI DIFFUSI NON LASCIANO SPAZIO AL "POLITICHESE". IL SUD STA MORENDO, CON UNA NATALITA' ORMAI IN DECLINO, UNA DISOCCUPAZIONE ALLE STELLE, E UN NUMERO DI POVERI IN COSTANTE CRESCITA.

MOLTI, TRA CUI I SOLITI "NORDISTI", DIRANNO CHE LA COLPA E' DEGLI STESSI SUDISTI (DA NON CONFONDERE CON I "SUDICISTI"), E FORSE HANNO RAGIONE, PERCHE' DA MILLENNI LA GENTE (NON PARLO DI POPOLO, NE' DI CITTADINI, PERCHE' AL SUD NON CI SONO MAI STATI) DEL SUD HA SEMPRE "SUBITO" LE PREPOTENZE DEI FORTI, SIA QUANDO ERANO DEI SOLDATI CONQUISTATORI, SIA QUANDO ERANO, E SONO STATI, DEI PADRONI LOCALI, DEI FEUDATARI, DEI LATIFONDISTI, DEI BARONI.

MA, SE QUESTO E' VERO, NON SI PUO' NEGARE CHE NEPPURE IL NORD HA FATTO LA SUA PARTE, ALMENO DA QUANDO CON L'ESERCITO SABAUDO ARRIVO' PER "ANNETTERE" (O COLONIZZARE ?) IL SUD.

INFATTI, I PIEMONTESI (IL REGNO) NON SI PRODIGARONO PER FAR CRESCERE CULTURALMENTE LA GENTE DEL SUD, SOTTRAENDOLA ALLA SCHIAVITU' DEI POTENTATI LOCALI E DEI MAGISTRATI BORBONICI, MA LASCIO' A QUESTI LO SPAZIO PER CONTINUARE A GESTIRE UNA MANDRIA DA SPREMERE.

IN ALTRI TERMINI, MANCO', COSI' COME E' STATO FINO AI GIORNI NOSTRI, L'IDEA DELL'UNITA' SOSTANZIALE -E NON FORMALE, PERCHE' DICHIARATO IN UNA CARTA -, CIOE' DI CREARE UNA SOLA IDENTITA', DOVE TUTTI SI SENTISSERO CITTADINI DELLA STESSA PATRIA.

INVECE FURONO CONSERVATI I PRIVILEGI, E ALTRI ANCORA NE FURONO COSTITUITI IN FAVORE DEI NUOVI POTENTI (I POLITICI DELLE ASSEMBLEE ELETTIVE, CHE TUTTORA SPREMONO LE COMUNITA' E LE INFETTANO), E LA GENTE COMUNE, CHE DOVEVA COSTITUIRE LA FONTE E LA CINGHIA DI TRASMISSIONE DEL SISTEMA-PAESE, ORMAI QUASI COMPLETAMENTE BLOCCATA.

E GLI EFFETTI, ORA, SI PRODUCONO ANCHE AL NORD, OPULENTO FINO A POCHI ANNI ADDIETRO, CHE NON SI SALVERA' DI CERTO ABBANDONANDO ALLA DERIVA IL SUD MORIBONDO.

LA FORZA DI UN PAESE STA NELL'UNIONE, DOVE TUTTI SONO EGUALI (SOSTANZIALMENTE), E TUTTI CONCORRONO ALLA PRODUZIONE E RIPARTIZIONE DELLE RISORSE, E CHI SVOLGE UNA FUNZIONE PUBBLICA E' NE PIU' E NE MENO DI UN OPERAIO DEL SISTEMA E NON UN PRIVILEGIATO CON ONORI E SFARZO.

NON VI E', PERCIO', CHE UNA SOLUZIONE: BISOGNA CAMBIARE MODELLO SOCIALE E POLITICO (NON CAMBIARE VERSO, COME SOSTIENE QUALCHE AVVENTURIERO) FONDANDOLO SULL'EGUAGLIANZA ASSOLUTA DEI CITTADINI, RICORDANDOSI CHE "SE IL SUD PIANGE IL NORD NON RIDE!

L'AUTORITA' NON E' NEI RUOLI PUBBLICI MA NEL POSSESSO DELLE  VIRTU' DIMOSTRATE NELLA PROPRIA VITA!

 
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L'UOMO Č MISANTROPO ?

Post n°775 pubblicato il 27 Luglio 2015 da rteo1

L'UOMO È MISANTROPO ?

Aristotele sosteneva che "l'uomo è un animale sociale per natura". Da qui ne è derivato che secondo l'opinione comune l'uomo tende a realizzare sempre forme aggregate e istituzioni comuni, la maggiore delle quali è lo Stato. Ma se non fosse così ? cioè, se le costituzioni del gruppo e delle istituzioni avvenissero, invece, secondo ragione, ossia per meglio combattere e difendersi dagli altri, siano questi delle specie diverse siano gli appartenenti alla stessa specie umana ? Non vi è dubbio che in questi casi più che la natura sarebbe la ragione a spingere l'uomo verso forme di "coalizione" e non la natura, come tendenza innata. Ma c'è un modo per poterlo verificare ? Forse si. E allora vediamo. Esistono moltissimi uomini, anche definiti misantropi, che cercano ad ogni costo di  isolarsi dagli altri; che desiderano ardentemente di stare lontani dagli altri, ed avere una propria indipendenza, autonomia, coltivando l'individualismo. Essi stanno volentieri lontani dagli altri, soprattutto dalle masse, verso cui avvertono insofferenza, ostilità e perfino odio; non vogliono assolutamente avere relazioni con quelli della stessa specie, anche perchè si sentono diversi per cultura, ricchezza, blasoni degli antenati, sangue blu. La tendenza "naturale", pertanto, sarebbe quella di vivere isolati e non in comune con altri uomini della stessa specie. Se ne deduce, perciò, che è la ragione a "spingere" gli uomini a coalizzarsi, a costituire le famiglie, i villaggi, le città e lo Stato. Ma la ragione, come si sa, è sempre in perenne conflitto con la natura, con l'istinto, né d'altronde potrebbe esistere l'individualismo senza il "comunismo". L'uno, infatti, implica e giustifica l'esistenza dell'altro, secondo la regola delle coppie in antitesi. Ma che cosa accade se al vertice dello Stato  e delle istituzioni approdino degli uomini che hanno avversione nei confronti delle "comunioni", da cui scaturiscono i principi di eguaglianza, equità e di giustizia sociale ? Succede che i provvedimenti legislativi saranno esclusivamente, o prevalentemente, a tutela degli interessi individuali, o di singoli gruppi di potere, mettendo al bando i principi della solidarietà che stanno a fondamento della comunità. In questi, casi, allora, a tutti i cittadini che hanno un'idea organizzativa comunitaria non rimane altra soluzione che rafforzare il proprio legame in divergenza con gli individualisti che hanno occupato il potere, constatando che questi sono certamente peggiori di loro, perciò devono salvaguardare la propria moralità e la propria coscienza da provvedimenti infetti.

 
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SIC TRANSIT GLORIA MUNDI

Post n°774 pubblicato il 23 Luglio 2015 da rteo1

SIC TRANSIT GLORIA MUNDI

Sia chiaro: nessun intento di far crollare il "mercato" dei titoli onorifici, né di convincere coloro che li hanno acquisiti, o che li bramano, a cambiare idea per rendersi conto che trattasi di cose effimere. Luciano De Crescenzo in uno dei suoi numerosi libri di successo (forse in "Zio cardellino") diceva che "Il potere è bello perché è invidiato", e finchè lo sarà ci sarà sempre qualcuno disposto a fare qualunque cosa (degna o indegna, giusta o ingiusta) pur di acquisirlo. Anche Andreotti, prima ancora di De Crescenzo, e riferendosi al mondo della politica, aveva coniato la massima "il potere logora chi non ce l'ha", quando, in riferimento ai suoi reiterati incarichi di governo, gli si sottolineava che "il potere logora". Ma anche Manzoni, nel suo famoso romanzo-storico "I promessi sposi" lasciava ai posteri l'altrettanto nota frase "Sic transit gloria mundi", spesso citata anche da Andreotti in alcune sue interviste, forse intenzionalmente in contraddizione con l'altra sua massima, quando ormai la sua saggezza e  intelligenza si erano finalmente riappropriate dello spazio che era stato loro sottratto dalla logica tribale dei partiti per la conquista dell'effimero.

Ma tali riflessioni hanno "progenitori" ancora più illustri, a dimostrazione che tra il "passato e il presente"  non vi è alcuna interruzione, e che sempre, fino al termine dell'intero ciclo dell'universo, il presente è destinato ad essere il passato rispetto al futuro, che non potrà innovare ma soltanto confermare  con le scoperte scientifiche tutte le " "intuizioni" dei grandi pensatori del passato.

Cicerone, nel suo de re publica, al liber sextus, per "bocca" di Scipione, che racconta di un suo sogno in cui gli apparve il nonno l'Africano Maggiore, dice: «Io, mentre ammiravo tutto questo, nello stesso tempo rivolgevo continuamente gli occhi alla terra. Allora l'Africano: "Mi accorgo", disse, "che tu anche ora vai contemplando la sede e la dimora degli uomini; e se questa ti sembra così piccola, come in effetti è, sempre guarda a queste cose celesti, e non tener conto delle cose umane. Tu, del resto, quale risonanza pensi che potrà avere il tuo nome sulla bocca degli uomini o quale gloria desiderabile ? Vedi che sulla terra sono rari e angusti gli spazi abitati, e in mezzo a questi, simili a macchie, dove si abita, sono interposte grandi e desolate plaghe deserte, e gli abitanti della terra sono non solo così separati che fra loro nulla può diffondersi dagli uni agli altri, ma rispetto a voi parte dell'umanità è situata di faccia ad di là dell'equatore, parte sul versante opposto, parte addirittura agli antipodi. Da questi certo non potete sperare alcuna gloria. [...] Chi in tutte le altre estreme regioni, dove il sole sorge o tramonta, o dove soffia il vento del nord e l'austro, sentirà il tuo nome ? Tagliate fuori queste zone, tu ti renderai conto di fatto in quali spazi stretti la vostra gloria pretenda di estendersi. E poi quelli stessi che parlano di noi, per quanto tempo continueranno a farlo ? Anzi, se anche le generazioni degli uomini che verranno desiderassero una dopo l'altra tramandare ai posteri le lodi di ciascuno di noi come le hanno ricevute dai padri, tuttavia, a causa dei diluvi e degli incendi che inevitabilmente a intervalli avvengono sulla terra, non solo non potremmo conseguire una gloria eterna, ma neppure duratura. D'altra parte che importanza potrebbe avere che parlino di te coloro che nasceranno in futuro, quando non ne hanno parlato affatto quelli che sono nati prima ?».

A QUESTO PUNTO, UNA DOMANDA MOLTO SEMPLICE: CERCATE DI RICORDARE I NOMI DEI PRESIDENTI DEL CONSIGLIO ITALIANO CHE DAL 1948 AD OGGI SI SONO SUCCEDUTI NELLA CARICA, NEL LORO GIUSTO ORDINE, E CAPIRETE QUANTO E' EFFIMERA LA GLORIA ! 

 
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L'INGIUSTIZIA O LA GIUSTIZIA COME FONDAMENTO DELLO STATO ?

Post n°773 pubblicato il 21 Luglio 2015 da rteo1

L'INGIUSTIZIA O LA GIUSTIZIA COME FONDAMENTO DELLO STATO ?

Precisazione: non ho avuto un "colpo di sole", pur essendo possibile con questo caldo eccessivo.

So bene che tutti (o quasi, se si escludono coloro che vivono grazie all'ingiustizia, come moltissimi politici e rappresentanti formali del popolo) diranno che è solo la giustizia a dover guidare l'azione dei governanti, eppure tale domanda se la sono posti autorevoli giuristi e uomini di Stato nel saggio di Cicerone, La Repubblica.

Nell'occasione si delinearono due fronti: i fautori e i contrari, ed entrambi portarono le loro argomentazioni, che in sintesi erano:

a) Se uno Stato  vuole essere giusto allora non può diventare una potenza economica e militare, nè espandere la propria influenza sui territori degli altri Stati. I cittadini, così, avrebbero meno risorse e non godrebbero di privilegi perchè dovrebbero vivere solo con le proprie risorse;

b) Se lo Stato invece è ingiusto, ossia fa prevalere la sua forza politica, militare ed economica sugli altri Stati, i cittadini godranno di gradi risorse, sottratte ai cittadini degli Stati sottomessi.

Dai dialoghi riportati nella Repubblica di Cicerone sono trascorsi oltre due millenni, e a quanto pare il problema non ha trovato ancora una risposta definitiva, per far prevalere la GIUSTIZIA sulla INGIUSTIZIA.

Sono, infatti, molti gli Stati che oggi esercitano la propria potenza economica, politica e militare per "rendere grande lo Stato" e far vivere i propri cittadini nell'abbondanza delle risorse e dei privilegi.

Questi Stati hanno scelto L'INGIUSTIZIA come fondamento della loro politica, e tutti quegli altri Stati che la contestano lo fanno non perchè preferiscano la GIUSTIZIA ma solo perchè non hanno la forza per resistere contro tale ingiustizia nè per praticarla anch'essi, come invece vorrebbero, e conferma questa conclusione la constatazione che questi Stati, piccole potenze, praticano al loro interno la MASSIMA INGIUSTIZIA possibile discriminando i cittadini.

Se non fosse così, gli Stati marginali, come ad es. anche l'Italia, dovrebbero perseguire la GIUSTIZIA al proprio interno distribuendo equamente le risorse, eliminando gli ingiustificabili privilegi ed esercitando le funzioni politiche ed istituzionali come strumenti di servizio e non come poteri che affermano se stessi sui cittadini amministrati.

E anche i cittadini, a loro volta, dovrebbero perseguire la GIUSTIZIA, tra di loro, in casa propria, negli ambienti di lavoro, e con sè stessi, perchè per essere GIUSTI è necessario esserlo prima di tutto con se stessi, con i propri amici e familiari, e verso gli altri cittadini.

Ma quale cittadino vuole essere GIUSTO rinunciando ai propri vantaggi e privilegi?

A quanto pare avevano ragione i sostenitori della tesi della necessità della INGIUSTIZIA come fondamento degli Stati.

E allora non si potranno mai smentire gli antichi romani ?

 
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LA VERITA' DEI BLOGGERS NON E' VERITA'

Post n°772 pubblicato il 19 Luglio 2015 da rteo1

LA VERITA' DEI BLOGGERS NON E' VERITA'

Un blogger mi sta inondando con la "Sua Verità". E' certamente una voce libera, che come diceva Voltaire nel suo trattato sulla tolleranza, va difesa, anche se non si è d'accordo con le Sue idee, come io, infatti, non lo sono, almemo in parte. Mi farebbe, altrettanto piacere, però, ad essere sincero, che anche tale blogger accettasse i mie dubbi, che peraltro tormentano una infinità di cittadini, sia dei tempi presenti che di quelli passati, a partire dai più illuminati filosofi e teologi classici.

La ricerca della "Verità" è un percorso di vita sia individuale che collettivo, ma rimane comunque e sempre una ricerca, che purtroppo si arresterà sulla sua soglia, anche a causa della "brevità della vita", o forse perchè "così deve essere", altrimenti gli uomini non sarebbero stati degli esseri limitati e imperfetti.

Anche Dante non la scoprì, pur avendo visto in Paradiso una luce accecante e aver percepito una pace sovranaturale in un mondo "abitato" da anime.

Socrate ne parla ripetutamente, e quando afferma "So di non sapere" include anche la "Verità" sebbene egli non si arrenda dal cercarla perchè in essa ritiene che abbiano sede le virtù cui devono ispirarsi tutti gli esseri umani.

Platone parla di "anima" e la differenzia dal corpo ritenendo questo al servizio dell'anima, che preesiste e che ritornerà nel mondo del trascendente.

La "Verità", quindi, ossia "la verità in sè", come direbbe Platone, o l'idea della Verità, è un obiettivo impossibile per TUTTI gli esseri umani, i quali possono avvicinarvisi ma soltanto dopo un lunghissimo e faticoso percorso nella conoscenza, partendo dalla purificazione dell'anima (con l'etica), passando per la scoperta delle leggi dell'universo (fisica) e meditando e contemplando il trascendente (con la teologia).

E, allora, bisogna accettare reliosamente di essere solo dei buoni "soldati" del trascendente, ricordandosi sempre che I GENERALI, I CAPI DEI GOVERNI, sono stati scelti - e non sempre - soltanto dagli uomini e che non è affatto detto che essi abbiano avuto il benestare anche dall'Essere Supremo. E pensare anche, a volte, che Egli - l'Essere Supremo - potrebbe non essere d'accordo con la scelta di tali POLITICI e CONDOTTIERI costituisce perfino un dovere religioso oltre che morale.

 
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