Storia del Novecento: Il Processo di Verona 1944

Processo di Verona 1944

Il processo di Verona, la condanna a morte dei cinque condannati – La morte di Galeazzo Ciano

Il 24 luglio 1943, durante la seduta del Gran Consiglio del Fascismo, viene votato l’ordine del giorno Grandi che esautora Benito Mussolini dai suoi poteri, restituendo il comando delle forze armate a Re Vittorio Emanuele che il giorno dopo lo fa arrestare.

Dopo l’armistizio dell’8 settembre e la liberazione del Duce, avvenuta il 12 settembre con l’operazione Quercia, i firmatari dell’ordine del giorno che non sono riusciti a darsi alla fuga, ossia Galeazzo Ciano, genero e “delfino” del duce, Emilio De Bono, Giovanni Marinelli, Carlo Pareschi, Luciano Gottardi e Tullio Cianetti, vengono arrestati in attesa di essere processati con l’accusa di tradimento.

I sei vengono processati a Verona, nella Repubblica Sociale Italiana, dall’8 al 10 gennaio 1944, mentre la moglie di Ciano, Edda, tenta invano di trattare con i tedeschi, che manovrano il processo, per salvare la vita al marito, che viene invece condannato a morte e fucilato con gli altri, ad eccezione di Cianetti, l’11 gennaio 1944.

La fine di Ciano

Ciano fu estradato in Italia su esplicita richiesta del neonato Partito Fascista Repubblicano, il 17 ottobre 1943 per essere incarcerato; Edda e i figli erano rientrati in Italia alcuni giorni prima.

A opera di Alessandro Pavolini si allestiva il processo ai «traditori» del 25 luglio, e il voto al Gran Consiglio fu considerato alto tradimento. Durante il processo gli inquirenti trattarono Ciano quasi con benevolenza temendo che Ciano raccontasse avvenimenti segreti, sgraditi al Regime fascista.

Dopo una celere assise pubblica, nota come processo di Verona, Ciano venne riconosciuto colpevole insieme a Marinelli, Gottardi, Pareschi e al vecchio generale Emilio De Bono (insieme con altri gerarchi contumaci); inoltre, il genero del Duce fu l’unico imputato a essere condannato alla fucilazione all’unanimità: gli altri ricevettero 5 voti favorevoli e 4 contrari ( Tullio Cianetti ebbe il risultato opposto ) mentre contro l’ex Ministro degli Esteri si registrò un 9 a 0.

La sera prima dell’esecuzione, Ciano si rifiutò, in primo momento, di firmare la petizione di grazia al Duce ma poi, pressato dai suoi compagni di carcere, finì per accettare. Pavolini, indispettito, passò l’intera notte a cercare un funzionario che firmasse il respingimento alla domanda di grazia. Tutti si rifiutarono di firmare, alla fine trovò, o meglio, costrinse un piccolo funzionario a firmare contro la sua volontà. Comunque, Mussolini non si mosse per salvare il genero.

L’11 gennaio 1944 avvenne l’esecuzione di Ciano al poligono di tiro di Verona, insieme agli altri quattro ex-gerarchi, legati alle sedie e fucilati alla schiena come in uso ai traditori. Prima della fucilazione Ciano pronunciò a Monsignor Chiot le seguenti parole: “Faccia sapere ai miei figli che muoio senza rancore per nessuno. Siamo tutti travolti nella stessa bufera”. Prima degli spari si girò verso il plotone di esecuzione. Un cineoperatore tedesco riprese tutta la scena. Ciano non morì immediatamente: i fucilati, seduti e di schiena, offrirono un bersaglio più difficile per gli organi vitali; il plotone di esecuzione non sparò a distanza ravvicinata e fu necessario il colpo di grazia con due proiettili alla testa. Il crudo filmato, realizzato dal cineoperatore tedesco e scomparso durante i primi governi De Gasperi, fu ritrovato grazie a Renzo De Felice. ( Wikipedia )

LIBRO su eBAY: Il processo di Verona – Carlo Lizzani, Cappelli, 1963

 

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Storia del Novecento: Il Processo di Verona 1944ultima modifica: 2021-09-27T14:29:40+02:00da tiberis1