Storia del Novecento: Il Processo di Verona 1944

Processo di Verona 1944

Il processo di Verona, la condanna a morte dei cinque condannati – La morte di Galeazzo Ciano

Il 24 luglio 1943, durante la seduta del Gran Consiglio del Fascismo, viene votato l’ordine del giorno Grandi che esautora Benito Mussolini dai suoi poteri, restituendo il comando delle forze armate a Re Vittorio Emanuele che il giorno dopo lo fa arrestare.

Dopo l’armistizio dell’8 settembre e la liberazione del Duce, avvenuta il 12 settembre con l’operazione Quercia, i firmatari dell’ordine del giorno che non sono riusciti a darsi alla fuga, ossia Galeazzo Ciano, genero e “delfino” del duce, Emilio De Bono, Giovanni Marinelli, Carlo Pareschi, Luciano Gottardi e Tullio Cianetti, vengono arrestati in attesa di essere processati con l’accusa di tradimento.

I sei vengono processati a Verona, nella Repubblica Sociale Italiana, dall’8 al 10 gennaio 1944, mentre la moglie di Ciano, Edda, tenta invano di trattare con i tedeschi, che manovrano il processo, per salvare la vita al marito, che viene invece condannato a morte e fucilato con gli altri, ad eccezione di Cianetti, l’11 gennaio 1944.

La fine di Ciano

Ciano fu estradato in Italia su esplicita richiesta del neonato Partito Fascista Repubblicano, il 17 ottobre 1943 per essere incarcerato; Edda e i figli erano rientrati in Italia alcuni giorni prima.

A opera di Alessandro Pavolini si allestiva il processo ai «traditori» del 25 luglio, e il voto al Gran Consiglio fu considerato alto tradimento. Durante il processo gli inquirenti trattarono Ciano quasi con benevolenza temendo che Ciano raccontasse avvenimenti segreti, sgraditi al Regime fascista.

Dopo una celere assise pubblica, nota come processo di Verona, Ciano venne riconosciuto colpevole insieme a Marinelli, Gottardi, Pareschi e al vecchio generale Emilio De Bono (insieme con altri gerarchi contumaci); inoltre, il genero del Duce fu l’unico imputato a essere condannato alla fucilazione all’unanimità: gli altri ricevettero 5 voti favorevoli e 4 contrari ( Tullio Cianetti ebbe il risultato opposto ) mentre contro l’ex Ministro degli Esteri si registrò un 9 a 0.

La sera prima dell’esecuzione, Ciano si rifiutò, in primo momento, di firmare la petizione di grazia al Duce ma poi, pressato dai suoi compagni di carcere, finì per accettare. Pavolini, indispettito, passò l’intera notte a cercare un funzionario che firmasse il respingimento alla domanda di grazia. Tutti si rifiutarono di firmare, alla fine trovò, o meglio, costrinse un piccolo funzionario a firmare contro la sua volontà. Comunque, Mussolini non si mosse per salvare il genero.

L’11 gennaio 1944 avvenne l’esecuzione di Ciano al poligono di tiro di Verona, insieme agli altri quattro ex-gerarchi, legati alle sedie e fucilati alla schiena come in uso ai traditori. Prima della fucilazione Ciano pronunciò a Monsignor Chiot le seguenti parole: “Faccia sapere ai miei figli che muoio senza rancore per nessuno. Siamo tutti travolti nella stessa bufera”. Prima degli spari si girò verso il plotone di esecuzione. Un cineoperatore tedesco riprese tutta la scena. Ciano non morì immediatamente: i fucilati, seduti e di schiena, offrirono un bersaglio più difficile per gli organi vitali; il plotone di esecuzione non sparò a distanza ravvicinata e fu necessario il colpo di grazia con due proiettili alla testa. Il crudo filmato, realizzato dal cineoperatore tedesco e scomparso durante i primi governi De Gasperi, fu ritrovato grazie a Renzo De Felice. ( Wikipedia )

LIBRO su eBAY: Il processo di Verona – Carlo Lizzani, Cappelli, 1963

 

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La lettura ai tempi del COVID

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Fra i pochi vantaggi delle restrizioni imposte dal COVID c’è forse quello di poter leggere un buon libro

Fra i pochi vantaggi della reclusione domiciliare a cui siamo costretti, c’è forse quello di poter leggere un buon libro seguendo i suggerimenti di Italo Calvino: “Stai per cominciare a leggere il nuovo romanzo Se una notte d’inverno un viaggiatore di Italo Calvino. Rilassati. Raccogliti. Allontana da te ogni altro pensiero. Lascia che il mondo che ti circonda sfumi nell’indistinto. La porta è meglio chiuderla; di là c’è sempre la televisione accesa. Dillo subito, agli altri: «No, non voglio vedere la televisione!» Alza la voce, se no non ti sentono: «Sto leggendo! Non voglio essere disturbato!» Forse non ti hanno sentito, con tutto quel chiasso; dillo più forte, grida: «Sto cominciando a leggere il nuovo romanzo di Italo Calvino!» O, se non vuoi non dirlo, speriamo che ti lascino in pace”.

È il celebre incipit del suo metaromanzo, composto da dieci inizi di romanzi intervallati dai racconti dei due protagonisti, il Lettore e la Lettrice. Pubblicato nel 1979, è una sorta di libro-manifesto che invita a distaccarsi dagli affanni dell’esistenza, a rifugiarsi nelle terre del silenzio e dell’immaginazione. Intendiamoci, nella realtà della vita quotidiana solo uno sfaccendato senza famigliari in casa avrebbe la possibilità di seguire alla lettera i consigli dell’inventore di una memorabile trilogia di favole araldiche. Ai tempi del Coronavirus, tuttavia, qualche ora in più per sperimentarli forse ci è concessa. Sempre che si consideri il libro, come recita un motto di Abū Hayyān al-Jāhiz, un sapiente arabo del IX secolo, “un amico che non va a dormire se non prima che tu stesso sia caduto nel sonno”. ( Tratto da: Il Bloc Notes di Michele Magno …. CONTINUA  )

Le avventure della luna. Leopardi, Calvino e il fantastico italiano

Il fantastico italiano ha un padre imprevisto: Giacomo Leopardi. Lo sosteneva Italo Calvino, indicando «in quel frammento poetico che descrive un sogno in cui la luna si stacca dal cielo» un seme destinato a germogliare soltanto nel Novecento, quando la nostra letteratura si riconosce finalmente nell’«eredità di Leopardi», cioè in una «limpidezza di sguardo disincantata, amara, ironica». Nella prima parte di questo libro le idee e le opere di Calvino, in particolare alcune delle Cosmicomiche, sono indagate in un serrato confronto col modello leopardiano e con un reticolo di letture dove si intrecciano le favole di Ovidio e la scienza moderna, la teoria del mito del maestro einaudiano Cesare Pavese e le invenzioni surreali della scena letteraria francese. Dopo un intermezzo dedicato a due Canti emblematici del rapporto con il mondo animato degli antichi ( la canzone Alla Primavera e, appunto, il frammento Odi, Melisso ), la seconda parte prova a seguire, alle spalle di Calvino, altri momenti di una linea leopardiana della narrativa italiana del Novecento. Tenendo sempre di mira i miti lunari (innanzitutto l’immagine della luna staccata dal cielo, il cui influsso arriva fino all’ultimo film di Federico Fellini), l’indagine attraversa l’opera e la riflessione di Tommaso Landolfi per chiudersi sulle pagine di Antonio Delfini, autore di quel Ricordo della Basca che, come La pietra lunare di Landolfi, sembra voler rendere omaggio a Leopardi proprio in concomitanza col centenario del 1937. ( Marsilio Editore )

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Roma Antica

Roma: Circo Massimo

Il Circo Massimo è un antico circo romano che si trova a Roma. Situato nella valle tra il Palatino e l’Aventino, è ricordato come sede di giochi sin dagli inizi della storia della città: nella valle sarebbe avvenuto il mitico episodio del ratto delle Sabine, in occasione dei giochi indetti da Romolo in onore del dio Consus. Di certo l’ampio spazio pianeggiante e la sua prossimità all’approdo del Tevere dove dall’antichità più remota si svolgevano gli scambi commerciali, fecero sì che il luogo costituisse fin dalla fondazione della città lo spazio elettivo in cui condurre attività di mercato e di scambi con altre popolazioni, e – di conseguenza – anche le connesse attività rituali (si pensi all’Ara massima di Ercole) e di socializzazione, come giochi e gare.

Le dimensioni del circo erano eccezionali: lungo 600 metri e largo 140. La facciata esterna aveva tre ordini: solo quello inferiore, di altezza doppia, era ad arcate. La cavea poggiava su strutture in muratura, che ospitavano i passaggi e le scale per raggiungere i diversi settori dei sedili, ambienti di servizio interni e botteghe aperte verso l’esterno. L’arena era in origine circondata da un euripo ( canale ) largo quasi 3 m, più tardi eliminato per aggiungere altri posti a sedere.

Sul lato sud si trova attualmente una torretta medioevale detta “della Moletta” appartenuta ai Frangipane. Nell’arena, si svolgevano le corse dei carri, con dodici quadrighe ( cocchi a quattro cavalli ) che compivano sette giri intorno alla spina centrale tra le due mete. La spina era riccamente decorata da statue, edicole e tempietti e vi si trovavano sette uova e sette delfini da cui sgorgava l’acqua, utilizzati per contare i giri della corsa.

I dodici carceres, la struttura di partenza che si trovava sul lato corto rettilineo verso il Tevere, disposti obliquamente per permettere l’allineamento alla partenza, erano dotati di un meccanismo che ne permetteva l’apertura simultanea.

Fu utilizzato per i primi ludi Apollinares del 212 a.C., indetti dall’allora praetor urbanus, Publio Cornelio Silla. ( Wikipedia )

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Personaggi storici: Mussolini by Libreria Aiace Roma Montesacro

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Mussolini

Benito Mussolini, noto anche per antonomasia con il solo appellativo di Duce ( Dovia di Predappio, 29 luglio 1883 – Giulino, 28 aprile 1945 ), è stato un politico, militare e giornalista italiano.

Fondatore del fascismo, fu presidente del Consiglio del Regno d’Italia dal 31 ottobre 1922 al 25 luglio 1943. Nel gennaio 1925 assunse poteri dittatoriali e dal dicembre dello stesso anno acquisì il titolo di capo del governo primo ministro segretario di Stato. Dopo la guerra d’Etiopia, aggiunse al titolo di duce quello di “Fondatore dell’Impero” e divenne Primo Maresciallo dell’Impero il 30 marzo 1938. Fu capo della Repubblica Sociale Italiana dal settembre 1943 al 27 aprile 1945.

Esponente di spicco del Partito Socialista Italiano, fu nominato direttore del quotidiano di partito Avanti! nel 1912. Convinto anti-interventista negli anni della guerra italo-turca e in quelli precedenti la prima guerra mondiale, nel 1914 cambiò opinione, dichiarandosi a favore dell’intervento in guerra. Trovatosi in netto contrasto con la linea del partito, si dimise dalla direzione dell’Avanti! e fondò Il Popolo d’Italia, schierato su posizioni interventiste, venendo quindi espulso dal partito socialista. Nell’immediato dopoguerra, cavalcando lo scontento per la “vittoria mutilata”, fondò i Fasci italiani di combattimento (1919), poi divenuti Partito Nazionale Fascista nel 1921, e si presentò al Paese con un programma politico nazionalista e radicale.

Nel contesto di forte instabilità politica e sociale successivo alla Grande Guerra, puntò alla presa del potere; forzando la mano alle istituzioni, con l’aiuto di atti di squadrismo e d’intimidazione politica che culminarono il 28 ottobre 1922 con la marcia su Roma, Mussolini ottenne l’incarico di costituire il Governo (30 ottobre). Dopo il contestato successo alle elezioni politiche del 1924, instaurò nel gennaio 1925 la dittatura, risolvendo con forza la delicata situazione venutasi a creare dopo l’assassinio di Giacomo Matteotti. Negli anni successivi consolidò il regime, affermando la supremazia del potere esecutivo, trasformando il sistema amministrativo e inquadrando le masse nelle organizzazioni di partito.

Nel 1929 stipulò i patti lateranensi con la Santa Sede. Per quanto concerne la politica coloniale, Mussolini portò a termine la riconquista della Libia (1922-1932) e intraprese poi la conquista dell’Etiopia (1935-1936) violando il diritto internazionale e causando sanzioni economiche da parte della Società delle Nazioni. In politica estera sostenne e finanziò i movimenti fascisti, arrivando ad appoggiare militarmente i franchisti nella guerra civile spagnola (1936-1939). Si avvicinò alla Germania nazionalsocialista di Adolf Hitler, con il quale stabilì l’Asse Roma-Berlino del 1936 e firmò il Patto d’Acciaio del 1939. È in questo periodo che furono approvate in Italia le leggi razziali.

Nel 1940, ritenendo ormai prossima la vittoria della Germania, decise per l’ingresso dell’Italia nella seconda guerra mondiale. In seguito alle disfatte subite dalle Forze Armate italiane e alla messa in minoranza durante il Gran Consiglio del Fascismo (ordine del giorno Grandi del 24 luglio 1943), fu arrestato per ordine del Re (25 luglio) e successivamente tradotto a Campo Imperatore. Liberato dai tedeschi, e ormai in balia delle decisioni di Hitler, instaurò nell’Italia settentrionale la Repubblica Sociale Italiana. In seguito alla definitiva sconfitta delle forze italotedesche, abbandonò Milano la sera del 25 aprile 1945, dopo aver invano cercato di trattare la resa. Il tentativo di fuga si concluse il 27 aprile con la cattura da parte dei partigiani a Dongo, sul lago di Como. Fu fucilato il giorno seguente insieme alla sua amante Claretta Petacci. ( Wikipedia )

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Il Novecento by Libreria Aiace Roma Montesacro

Battaglia di Verdun 1916

Il Novecento: la Battaglia di Verdun

La battaglia di Verdun, nome in codice operazione Gericht ( “giudizio” ), fu l’unica grande offensiva tedesca avvenuta tra la prima battaglia della Marna del 1914 e l’ultima offensiva del generale Erich Ludendorff nella primavera del 1918. Fu una delle più violente e sanguinose battaglie di tutto il fronte occidentale della prima guerra mondiale; ebbe inizio il 21 febbraio 1916 e terminò il 19 dicembre dello stesso anno, vedendo contrapposti l’esercito tedesco, guidato dal capo di stato maggiore, generale Erich von Falkenhayn, e l’esercito francese, guidato dal comandante supremo Joseph Joffre sostituito al termine del 1916 con il generale Robert Georges Nivelle. Verdun costituì un punto di svolta cruciale della guerra in quanto segnò il momento in cui il peso principale delle operazioni nel fronte occidentale passò dalla Francia all’Impero britannico, fece svanire le ancora concrete possibilità della Germania di vincere la guerra e influenzò in parte l’entrata in guerra degli Stati Uniti d’America nel conflitto.

Questa spaventosa battaglia divenne una sacra leggenda nazionale in Francia, sinonimo di forza, eroismo e sofferenza, i cui effetti e ricordi perdurano ancora oggi; la battaglia coinvolse quasi i tre quarti delle armate francesi, e benché nella storia, e nella stessa prima guerra mondiale, ci siano state battaglie anche più cruente, Verdun detiene probabilmente il non invidiabile primato di campo di battaglia con la maggior densità di morti per metro quadro. Il fatto d’armi che più si avvicina a Verdun fu la battaglia di Stalingrado nella seconda guerra mondiale, spesso considerata una «Verdun russa», ma, mentre a Stalingrado l’esercito tedesco tentò la conquista di una città strategicamente importante, a Verdun lo scopo dell’offensiva di Falkenhayn fu quello di “dissanguare goccia a goccia” l’esercito francese. Nei piani del capo di stato maggiore generale tedesco, l’importanza morale e propagandistica di un attacco a Verdun avrebbe fatto in modo che tutto lo sforzo francese si riversasse nella difesa di un caposaldo ritenuto di primaria importanza per la Francia. Lo scopo era quello di convogliare il maggior numero di truppe nemiche in un solo settore, per poi colpirlo con la massima potenza possibile con il violento impiego di artiglieria, in modo da infliggergli il maggior numero di perdite possibile. ( Wikipedia )

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  • Mario Perniola. L'estetica del Novecento. Il Mulino 2006, 24L21

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Libri & Lettura

 

Libri di Storia by Libreria Aiace Roma

Immagine 1 - Italiani in guerra di Pietro Cavallo - Il Mulino -2020, 25L21

Italiani in Guerra di Pietro Cavallo

Non una storia della guerra in Italia, dei fatti politici e militari o della vita quotidiana, ma una storia dei sentimenti, dell’immaginario che la guerra ha generato: in breve di come la guerra è stata percepita e vissuta. Un tema in larga parte inedito, studiato su fonti e materiali poco o nulla conosciuti: lettere intercettate dalla censura e rapporti degli informatori di polizia da un lato, e dall’altro canzonette, film, commedie, barzellette, ossia tutta quella produzione che al tempo stesso rispecchia e influenza l’immaginario collettivo. Il libro registra le aspettative e le paure che gli italiani nutrirono nei confronti della guerra dal 1940 al 1943, vale a dire fino alla caduta del fascismo e all’arrivo del conflitto sul territorio nazionale.

Parole rubate dall’informatore, lettere intercettate, relazioni degli organi di polizia che registrano lo «stato d’animo della popolazione». Rimettendo ordine in questo enorme brusio di voci, l’autore è riuscito a ricostruire, quasi giorno per giorno, come la pensavano gli italiani sulla guerra: come vedevano i nemici, come giudicarono la campagna di Grecia, poi l’intervento russo e americano, come reagirono alle avvisaglie della sconfitta e ai bombardamenti delle città. E insieme, come ne sentivano parlare dalla propaganda, o dal cinema, come ne ridevano o cantavano. È, naturalmente, una parabola discendente, che disegna la progressiva perdita di credibilità del fascismo e lo scollamento della comunità nazionale fino alla crisi del 25 luglio e dell’8 settembre.

Pietro Cavallo insegna Storia contemporanea all’Università di Salerno, dove è anche responsabile scientifico del Laboratorio di storia e media audiovisivi e animatore di «Filmidea», incontri annuali su storia, cinema, musica e televisione, giunti alla XVI edizione. Tra i suoi numerosi libri: «Viva l’Italia. Storia, cinema e identità nazionale (1932-1962)» (2010) e «La Storia sul grande schermo» (2019), pubblicati da Liguori.

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Gramsci tra marxismo e idealismo

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Gramsci & La coscienza di classe

La frattura tra gli intellettuali e i semplici può essere sanata da quella politica che «non tende a mantenere i semplici nella loro filosofia primitiva del senso comune, ma invece a condurli a una concezione superiore della vita». L’azione politica realizzata dalla «filosofia della prassi» – così Gramsci chiama il marxismo, non solo per l’esigenza di celare quanto scrive alla repressiva censura carceraria – opponendosi alle culture dominanti della Chiesa e dell’idealismo, può condurre i subalterni a una «superiore concezione della vita. Se afferma l’esigenza del contatto tra intellettuali e semplici non è per limitare l’attività scientifica e per mantenere una unità al basso livello delle masse, ma appunto per costruire un blocco intellettuale-morale che renda politicamente possibile un progresso intellettuale di massa e non solo di scarsi gruppi intellettuali». La via che conduce all’egemonia del proletariato passa dunque per una riforma culturale e morale della società.

Tuttavia l’uomo attivo di massa – cioè la classe operaia, – non è, in generale, consapevole né della funzione che può svolgere né della sua condizione reale di subordinazione, Il proletariato, scrive Gramsci, «non ha una chiara coscienza teorica di questo suo operare che pure è un conoscere il mondo in quanto lo trasforma. La sua coscienza teorica anzi può essere in contrasto col suo operare»; esso opera praticamente e nello stesso tempo ha una coscienza teorica ereditata dal passato, accolta per lo più in modo acritico. La reale comprensione critica di sé avviene «attraverso una lotta di egemonie politiche, di direzioni contrastanti, prima nel campo dell’etica, poi della politica per giungere a una elaborazione superiore della propria concezione del reale». La coscienza politica, cioè l’essere parte di una determinata forza egemonica, «è la prima fase per una ulteriore e progressiva autocoscienza dove teoria e pratica finalmente si unificano».

Ma autocoscienza critica significa creazione di un gruppo di intellettuali, organici alla classe, perché per distinguersi e rendersi indipendenti occorre organizzarsi, e non esiste organizzazione senza intellettuali, «uno strato di persone specializzate nell’elaborazione concettuale e filosofica». ( Wikipedia )

 

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  • Gramsci, Scritti Dalla Libertà 1910-1926, A Cura Di A. D'Orsi....., 23gn221

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  • Gramsci E La Cultura Contemporanea - Istituto Gramsci - Ed. Riuniti -1975, 6ag21

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Guerra Mondiale 1915-1918

Guerra Mondiale I Prigionieri

I prigionieri della Grande Guerra 1915-1918

E’ stato calcolato che i soldati catturati tra il 1915 e il 1918 furono circa 600mila, la metà dei quali presi nei giorni della Dodicesima Battaglia dell’Isonzo. La maggior parte venne portata a Mauthausen ( vicino Monaco di Baviera ), a Theresienstadt ( Boemia ), a Rastatt ( Germania meridionale ) ed a Celle ( vicino Hannover ).
Non bisogna pensare che tutti i prigionieri erano il frutto di azioni militari. Molti, in realtà, si “lasciarono” catturare, fuggendo dalla prima linea e presentandosi nei pressi delle postazioni nemiche. Era una scelta disperata ma dettata dalla speranza di trovare, nei campi di prigionia, delle condizioni migliori rispetto a quelle in trincea.

Invece anche la detenzione fu un’esperienza molto difficile. La mancanza di riscaldamento nelle baracche e di vestiti pesanti rendeva insopportabile il freddo pungente mentre il rancio era davvero scadente. Data la grandissima penuria di farina all’interno dell’Impero, spesso questa veniva mischiata con della polvere derivata dalla macinazione delle ghiande o della paglia mentre al posto della pasta veniva loro distribuita una sorta di zuppa di patate e cavolo. ….. ( Fonte: Turismo FVG )

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Pedagogia: Maria Montessori

Montessori

L’educazione secondo Maria Montessori

Maria Tecla Artemisia Montessori, nota come Maria Montessori ( Chiaravalle, 31 agosto 1870 – Noordwijk, 6 maggio 1952 ) è stata un’educatrice, pedagogista, filosofa, medico, neuropsichiatra infantile e scienziata italiana, internazionalmente nota per il metodo educativo che prende il suo nome, adottato in migliaia di scuole dell’infanzia, elementari, medie e superiori in tutto il mondo[1]. Fu tra le prime donne a laurearsi in medicina in Italia.

Per Maria Montessori la disciplina deriva dal “lavoro libero”; essa nasce solo quando nel bambino emerge l’interesse autentico, ossia quando egli “sceglie” il lavoro assecondando il proprio istinto, capace di procurare uno stato di raccoglimento assoluto. Compito dell’insegnante sarà lavorare al mantenimento di questo stato tramite l’educazione al movimento.

Secondo Maria Montessori è proprio il movimento a giocare un ruolo centrale, poiché la personalità si forma con il crescere all’unisono di facoltà psichiche e facoltà motorie. È quando il bambino impara a muoversi seguendo uno scopo che sia connesso con l’attività psichica che saprà dirigere la propria volontà; solo allora sarà disciplinato. Per questo motivo il lavoro nelle “Case dei Bambini” è basato sul movimento; entrando in un ambiente costruito a sua misura, con materiali ideati per l’utilizzo autonomo dalla stessa Montessori, il bambino può scegliere la propria attività, seguendo l’istinto, svegliando l’interesse e la concentrazione.

Un bambino concentrato non è ancora un bambino disciplinato perché un bambino disciplinato è capace di orientare la propria volontà al raggiungimento di un fine. La volontà si rinforza e si sviluppa con esercizi metodici. L’insegnante aiuterà il bambino in questo processo con attività previste dal metodo chiamate “lezioni di silenzio” nelle quali egli sperimenterà l’immobilità perfetta, l’attenzione nel percepire il suono del proprio nome pronunciato da lontano, movimenti leggeri coordinati allo scopo di non urtare oggetti.

Solamente quando il bambino sarà in grado di orientare la propria volontà ad un fine, saprà obbedire ed essere quindi disciplinato. L’adulto, dice la Montessori, quando richiede la disciplina e l’obbedienza al bambino trascura quasi sempre la volontà di questo; gli propone un modello da imitare: «fai come faccio io!», oppure un comando diretto: «stai fermo!», «stai zitto!». Bisogna domandarsi: «come può il bambino scegliere di obbedire se ancora non ha sviluppato la volontà ?». La risposta è contenuta in questo nodo teorico districato dalla Montessori: dalla libertà alla disciplina. ( Wikipedia )

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LIBRO: Maria Montessori. La Scoperta Del Bambino, Garzanti Elefanti, 2014

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La libreria Aiace di via Ugo Ojetti 36, Roma, è un punto speciale per i lettori e le lettrici di Roma. Ci potete trovare saggi, romanzi, riviste, raccolte di poesie a prezzi incredibili, perché la caratteristica comune a tutti questi libri è che sono usati. Nessun imbarazzo, quindi: aprendo a caso una pagina o iniziando a divorare il testo non si ha la sensazione di profanare qualcosa di sacro che andrebbe conservato così com’è, bianco, immacolato e senza orecchie laterali. Qualcuno prima di voi ha già letto quel libro e lo ha già arricchito di quella patina antica che lo rende così prezioso.

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Libreria Online: Oriente antico

Sumeri

Antiche Leggi – « Codici » del Vicino Oriente Antico

Claudio Saporetti presenta le leggi sumere, assire, babilonesi, includendo, accanto ad esse, quelle ittite e bibliche. Le due ultime appartengono a tutt’altro ambiente rispetto alle prime – anche se le affinità sono molte, anche se l’ittito e scritto in cuneiforme, e la Bibbia in una lingua semitica come l’accadico – ma nel complesso della legislazione del Vicino Oriente Antico esse rivestono una particolare importanza ed è sembrato utile e significativo metterle in parallelo con quelle mesopotamiche.
Si tratta di norme espresse una accanto all’altra, da noi chiamate «codici» ma impropriamente, perché in realtà sono qualcosa di diverso dalle nostre raccolte di norme giuridiche. Gli argomenti si succedono talvolta con scarsa attinenza tra loro ma, all’interno di ciascuno, gli articoli sono spesso coerentemente collegati, così come esiste una «coerenza», attraverso tempi e luoghi, tra «codice» e «codice».

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