Libri senza tempo – Il Piacere di Leggere by Libreria Aiace Roma Montesacro

Roma Vaticano

W.R. MEAD, IL SERPENTE E LA COLOMBA, GARZANTI, 2002

“Siate, disse Cristo ai suoi discepoli, astuti come serpenti e innocenti come colombe”. In questa citazione dalla Bibbia la ragione del titolo dell’interessante libro di Walter Russell Mead che ben esemplifica la linea di comportamento di quello che l’Autore definirebbe un valido statista, in particolare per quel che concerne le scelte di politica estera: colui che è capace di coniugare una buona dose di realismo, un sano e solido pragmatismo e una certa fede negli ideali.
Idealismo e pragmatismo: due aspetti che accompagnano e caratterizzano, anche se in misura diversa, a seconda delle epoche storiche, un po’ tutte le scuole di pensiero cui si sono ispirati coloro che hanno gestito la politica estera americana dal 1776 ad oggi.
Proprio ad illustrare queste linee di tendenza, questi diversi principi ispiratori è dedicato buona parte del libro di Mead. Viene cioè ripercorsa la storia degli Stati Uniti d’America dalla rivoluzione d’indipendenza ad oggi attraverso le più importanti scelte di politica estera adottate dai vari governi che si sono succeduti al potere. In particolare, Mead analizza quattro scuole di pensiero: quella hamiltoniana, quella wilsoniana, quella jeffersoniana e, infine, quella jacksoniana. A ciascuno di questi “quattro modi fondamentali di guardare alla politica estera”, che poi costituiscono, ad avviso dell’Autore, anche altrettanti modi di trattare la politica interna, Mead dedica un capitolo del libro illustrandone i caratteri fondamentali anche attraverso la narrazione di precise vicende storiche. Di ciascuna scuola viene individuata un’asse portante di pensiero costituita, ad esempio, nel caso degli hamiltoniani dalla convinzione dell’importanza di “un’alleanza forte tra governo nazionale e grande business”; per quanto riguarda i wilsoniani, invece, emergerebbe un minore pragmatismo e un più accentuato slancio ideale. Per costoro gli Stati Uniti avrebbero il dovere di costituire un punto di riferimento a livello internazionale a tutela dei diritti dell’uomo, a sostegno dei valori di democrazia e di libertà, in una comunità internazionale in cui nel rispetto della legge sia possibile salvaguardare la convivenza pacifica tra le Nazioni. Più proiettati verso problematiche di politica interna i jeffersoniani. I jacksoniani hanno, invece, come principale obiettivo la tutela della sicurezza e del benessere economico dei cittadini americani, sia a livello interno che internazionale. ( AISI )

I SERVIZI SPECIALI DELLA DOMENICA DEL CORRIERE, LA GRANDE GUERRA

Il conflitto ebbe inizio il 28 luglio 1914 con la dichiarazione di guerra dell’Impero austro-ungarico al Regno di Serbia in seguito all’assassinio dell’arciduca Francesco Ferdinando d’Asburgo-Este, avvenuto il 28 giugno 1914 a Sarajevo. A causa del gioco di alleanze formatesi negli ultimi decenni del XIX secolo, la guerra vide schierarsi le maggiori potenze mondiali, e rispettive colonie, in due blocchi contrapposti: da una parte gli Imperi centrali ( Germania, Impero austro-ungarico e Impero ottomano ), dall’altra gli Alleati rappresentati principalmente da Francia, Regno Unito, Impero russo e, dal 1915, Italia. Oltre 70 milioni di uomini furono mobilitati in tutto il mondo ( 60 milioni solo in Europa ) di cui oltre 9 milioni non tornarono più a casa; si dovettero registrare anche circa 7 milioni di vittime civili, non solo per i diretti effetti delle operazioni di guerra ma anche per le conseguenti carestie ed epidemie.

Le prime operazioni militari del conflitto videro la fulminea avanzata dell’esercito tedesco in Belgio e nel nord della Francia, azione fermata però dagli anglo-francesi nel corso della prima battaglia della Marna nel settembre 1914; il contemporaneo attacco dei russi da est infranse le speranze tedesche in una guerra breve e vittoriosa, e il conflitto degenerò in una logorante guerra di trincea che si replicò su tutti i fronti e perdurò fino al termine delle ostilità. A mano a mano che procedeva, la guerra raggiunse una scala mondiale con la partecipazione di molte altre nazioni, come Bulgaria, Romania, Portogallo e Grecia; determinante per l’esito finale fu, nel 1917, l’ingresso in guerra degli Stati Uniti d’America a fianco degli Alleati. ( Wikipedia )

G. VON REZZORI, LA MORTE DI MIO FRATELLO ABELE, BOMPIANI 2014

“Pubblicato in Germania nel 1976, definito dal Premio Nobel Elie Wiesel uno dei grandi romanzi del Ventesimo secolo, ‘La morte di mio fratello Abele’ rappresenta, in modo caleidoscopico e in una forma che programmaticamente si sottrae a qualsiasi ordine, cinquant’anni di storia europea, dal 1918 al 1968. Un quarantenne cosmopolita dalle origini dubbie e confuse cerca disperatamente, da anni, di scrivere il romanzo della propria generazione, l’opera che dia conto di tutte le sensazioni, gli eventi, le vibrazioni, le illusioni, la ferocia degli anni che hanno visto due guerre mondiali culminare nella definitiva ‘americanizzazione’ dell’Europa. In un gran numero di scatoloni, che da anni trascina con sé, egli ha depositato – proprio come l’autore reale Gregor von Rezzori – una impressionante quantità di appunti, abbozzi, capitoli più o meno conclusi, resoconti di incontri. Una intera, magmatica realtà cartacea parallela alla realtà ufficiale della Storia, e che di quella costituisce ora l’integrazione, ora il ritratto, ora la smentita. ( Bompiani )

ALEXANDRE SAFRAN, LA KABBALA, CARUCCI, 1981

La cabala, cabbala, qabbaláh o kabbalah ( letteralmente ricevuta, tradizione ) è l’insieme degli insegnamenti esoterici propri dell’ebraismo rabbinico, già diffusi a partire dal XII-XIII secolo; in un suo significato più ampio, il termine intende quei movimenti esoterici sorti in ambito ebraico con la fine del periodo del Secondo Tempio.

La definizione di Cabala varia a seconda della relativa tradizione e dei fini di coloro che la seguono, a partire dalla sua origine religiosa come parte integrale dell’ebraismo, fino ai suoi adattamenti successivi cristiani, New Age e occultisti. La Cabala ebraica comprende una serie di insegnamenti esoterici che intendono spiegare il rapporto tra un misterioso Ein Sof (infinità ) e l’universo mortale e finito ( creazione di Dio ). Mentre è molto utilizzato da alcune correnti ebraiche, non è una confessione religiosa in sé. Costituisce le fondamenta di interpretazione religiosa mistica. La Cabala cerca di definire la natura dell’universo e dell’essere umano, la natura e lo scopo dell’esistenza e varie altre questioni ontologiche. Presenta anche metodi per aiutare a comprendere i relativi concetti e raggiungere così una realizzazione spirituale.

La Cabala si sviluppò nell’ambito della tradizione ebraica e i cabalisti tradizionali, che nell’ebraismo sono chiamati Mekubbal, spesso usano fonti ebraiche classiche per spiegare e dimostrare i suoi insegnamenti esoterici. I seguaci ebrei di tali insegnamenti sostengono che essa definisca il significato interiore della Bibbia ebraica ( Tanakh ) e della letteratura rabbinica tradizionale nella dimensione trasmessa precedentemente nascosta, come anche l’importanza delle pratiche religiose ebraiche.

I praticanti tradizionali credono che le prime origini predatino le religioni del mondo, formando un modello primordiale delle filosofie, religioni, scienze, arti e sistemi politici della Creazione.[7] Storicamente, la Cabala emerse, dopo le prime forme di misticismo ebraico, nella Francia meridionale e Spagna dei secoli XII e XIII, venendo reinterpretata durante il rinascimento mistico ebraico del XVI secolo a Safed. Fu resa popolare in forma di ebraismo chassidico dal XVIII secolo in poi.

L’interesse del ventesimo secolo nella Cabala ha ispirato un rinnovamento tra le confessioni religiose e ha contribuito ad una più ampia spiritualità contemporanea tra non ebrei, generando inoltre una fiorente rinascita e importanza storica grazie alla ricerca accademica di recente costituzione. ( Wikipedia )

G. BUTTÀ, UN VIAGGIO DA BOCCADIFALCO A GAETA, BOMPIANI, 1985

La sera del 6 settembre 1860, su consiglio del direttore di polizia Liborio Romano, Francesco II di Borbone lasciò Napoli a bordo della nave da guerra il “Messaggero”, accompagnato dalla consorte Maria Sofia di Baviera e dal suo seguito, composto dal principe Nicola Brancaccio di Ruffano, dal conte Francesco de la Tour, dal marchese Imperiali, dalla duchessa di San Cesareo, dal duca di San Vito Emanuele Caracciolo, dal maresciallo Riccardo de Sangro principe di San Severo, dal retro ammiraglio Leopoldo del Re, dal maresciallo Giuseppe Statella, dal maresciallo Francesco Ferrari, oltre a 17 guardie nobili del corpo, senza tentare la difesa di Napoli. Tale decisione era maturata per la volontà del sovrano da un lato di risparmiare alla capitale le rovine della guerra e dall’altro per la precisa strategia di difesa, che vedeva privilegiata la linea Volturno-Garigliano, supportata come punti di forza dalle due fortezze di Capua e Gaeta. In particolare quest’ultima era considerata da sempre la “chiave d’accesso” al regno e definita insieme con Gibilterra e Malta una delle piazzeforti più imponenti e inespugnabili d’Europa.

La maggior parte della flotta borbonica, al comando della quale era l’ammiraglio Luigi di Borbone, conte di Aquila e zio di Francesco II, presente all’ancora nella rada di Napoli, rifiutò di seguire in navigazione il Messaggero. Molti marinai delle navi ammutinate, visto l’atteggiamento dei loro ufficiali, si tuffarono in mare, rifiutando di partecipare al tradimento. Così, le uniche navi militari che accompagnarono il re a Gaeta furono la “Partenope”, al comando del brigadiere Roberto Pasca; e la nave-avviso “Delfino” (che recava a bordo l’archivio personale del re e i bagagli della famiglia reale e della corte), scortate da Procida fino a Gaeta anche dalla nave spagnola “Colón” con a bordo il diplomatico Salvador Bermúdez de Castro.

Francesco II di Borbone e la consorte giunsero a Gaeta alle ore 6 del 7 settembre 1860. Furono seguiti anche dai diplomatici stranieri presenti a corte: il nunzio apostolico Pietro Gianelli, il ministro della Russia principe Volkonskij, il ministro dell’Austria e il personale diplomatico di Brasile, Russia e Prussia. Il re, tra i suoi primi atti, nominò nuovo capo del governo il generale Casella, ministro delle finanze il barone Salvatore Carbonelli, ministro della marina il retro ammiraglio Leopoldo del Re, ministro della giustizia il duca di Lauria don Pietro Calà Ulloa e infine inviò telegrammi in tutto il Regno delle Due Sicile per informare i sudditi che il governo da quel giorno risiedeva in Gaeta.

PALLADIO, LA STORIA LAUSIACA, FONDAZIONE L. VALLA

La Storia lausiaca è la più importante opera di Palladio di Galazia, che quando era vescovo di Elenopoli in Bitinia, si recò a Roma nel 405 e prese le difese di Giovanni Crisostomo. Fu discepolo di Evagrio Pontico di cui fu grande influenzatore. La storia, dedicata al funzionario bizantino Lauso, racconta i primi tempi del monachesimo in Egitto, prendendo come punto di riferimento la vita di Antonio abate.

Il testo è giunto fino a noi in diverse versioni o recensioni. La versione corta, trasmessa da una famiglia di manoscritti chiamata «G» nell’edizione di riferimento, sarebbe la più vicina al testo originale, andato perduto. Questa recensione è quella tradotta in latino nel VI secolo da Pascasio di Dume, discepolo di Martino di Bracara.

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La libreria Aiace di via Ugo Ojetti 36, Roma, è un punto speciale per i lettori e le lettrici di Roma. Ci potete trovare saggi, romanzi, riviste, raccolte di poesie a prezzi incredibili, perché la caratteristica comune a tutti questi libri è che sono usati. Nessun imbarazzo, quindi: aprendo a caso una pagina o iniziando a divorare il testo non si ha la sensazione di profanare qualcosa di sacro che andrebbe conservato così com’è, bianco, immacolato e senza orecchie laterali. Qualcuno prima di voi ha già letto quel libro e lo ha già arricchito di quella patina antica che lo rende così prezioso.

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