Vite e tralci

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28 APRILE 2024

V DOMENICA DI PASQUA – ANNO B

LITURGIA DELLA PAROLA    (clicca qui)

L’immagine della vite nelle Scritture  ha risonanze profondissime, soprattutto in rapporto alle premure di Dio per il suo popolo. Quando Gesù si dice vite vera, mostra agli apostoli la profondità del legame che li unisce e offre una chiave di lettura del mistero della sua vita e della sua persona.

Dio si prende cura della sua vigna, la pota perché crescano frutti più ricchi, più belli, la potatura toglie solo il superfluo, il tralcio che rimane unito alla vite vive nella linfa di quella pianta; in essa vi scorrono goccie di vita, goccie di amore.

Dio che scorre dentro ogni tralcio e lo rende più vivo e più fecondo, un amore che continua a pulsare a dare vita. Partecipare a tutta la bellezza di quell’amore, significa dimorare in Gesù e noi troviamo dimora, quando non attingiamo altrove motivazioni per far vivere la nostra vita, ma quando lasciamo che lo Spirito del Signore agisca e muova il nostro cuore in tutto ciò che sente e che fa, restando nella sua intimità.

Rimanendo in Gesù si realizza il desiderio di comunione di Dio con gli uomini. In noi scorre la vita di Dio, per questo grappoli maturi, frutti rigogliosi di un amore immenso vengono moltiplicati nei discepoli, perché porteranno altrettanti frutti, mostrando l’amore gli uni per gli altri.

Cosi come ogni albero dona i suoi frutti, anche la nostra vita unita a Gesù, impara a donare il frutto del suo amore. Rimanere, diventa il verbo del donare.

“Signore,

tienimi accanto a Te, stretto;

nessun dolore o fatica

mi separi da Te.

Senza di Te non posso nulla,

e Tu senza di me saresti una vite senza un tralcio,

ti mancherebbe un pezzo,

non perché io sia come Te,

ma perché mi hai reso così importante

da essere parte di Te.”

(Shekinaheart eremo del cuore)

Perdonare

perdonare settanta volte sette

05 MARZO 2024

MARTEDÌ DELLA III SETTIMANA DI QUARESIMA

Pietro si avvicina a Gesù per chiedere la forza del perdono. Si avvicina a Colui che è in grado di perdonare ogni nostro errore, e il suo è un perdono che cancella, come se non fosse mai successo.

Quando noi perdoniamo, a volte, può capitare di tenere per noi qualcosa, la sofferenza, il rancore o anche semplicemente pensare: “quella persona è fatta così”.

Oggi il Signore ci chiede di perdonare settanta volte sette, ma non solo quante volte perdonare in totale, ma quante volte perdonare QUELLA persona.

Perdonare così tanto, vuol dire mettere in conto altrettante sofferenze, e non è facile; per questo mettiamo in conto la forza di Dio, per questo a piene mani esprimiamo la nostra fatica a Lui, affinché ci dia non solo un po’ di forza, ma proprio la Sua.

Come Pietro avviciniamoci a Lui, chiediamo a Gesù come fare in quella situazione; avvicinarsi così, è chiedere che non sia più solo il dolore o il torto a parlare, ma il suo amore, la sua vita che come ha perdonato noi, ci aiuti per dono, a perdonare settanta volte sette in più, di quanto da soli avremo fatto o abbiamo già fatto.

“Signore,

fa del Tuo perdono il mio rifugio.

Possa sentire il Tuo cuore accanto al mio dirgli: Figlio, io ti perdono.

Per quanto lo farai?

Per sempre, mi dici.

Per quanto dovrò farlo io?

Con la Tua stessa misura.

Mi avvicino a te come Pietro,

stanco e senza forze,

mi avvicino perché credo in Te

e se avrò perdonato per dono Tuo,

sarà il Tuo settanta volte sette

che hai donato a me”.

(Shekinaheart eremo del cuore)

 

Un cammino di verità

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30 MARZO 2023

GIOVEDÌ DELLA V SETTIMANA DI QUARESIMA

LITURGIA DELLA PAROLA    (clicca qui)

Prima lettura: Gn 17,3-9

Salmo: Sal 104 (105)

Vangelo: Gv 8,51-59

“Chi credi di essere?”. È la domanda impertinente che i Giudei pongono a Gesù. Egli, infatti, sta turbando il loro modo di credere in Dio, troppo legato ad un’osservanza di pratiche devote e statiche, ignorando che la Parola di Dio è viva e garantisce la vita di chi l’ascolta. Solo l’adesione a ciò che è vivo può dare la vita, altrimenti si resta legati ad una legge morta.

Una persona può essere viva, e vivere da morta. Gesù parla di una morte che non è quella temporale, ma i Giudei non capiscono, perché il loro cuore non è aperto ad accogliere una parola viva, per loro tutti muoiono, Abramo è morto.

Paradossalmente quella domanda può essere l’inizio di un cammino di verità che non porterà alla morte, bensì alla vita. Forse quei Giudei sapevano che Gesù aveva ragione, ma non volevano dargliela.

In quella domanda si incontrano il disegno umano con quello divino. Gesù si mostra come il figlio che prende la gloria dal Padre. Dio non è il datore della legge che immaginavano, ma è suo Padre e Padre nostro. Padre e Figlio hanno le stesse caratteristiche: donare amore. Sulla Croce, Gesù rivelerà tutto l’amore del Padre per noi.

Decidere di stare con Gesù è una scelta coraggiosa, impegnare la nostra vita per Lui, è compiere un salto fondamentale di fede, perché lo riteniamo degno di essere ascoltato e creduto. Chi sei o Signore, se non il Dio della mia vita?

“Signore,

cos’è la verità se non il Tuo volto?

Oggi mi chiami a questo:

a compiere in cammino verso di Te.

Sostieni i miei passi per avere la forza di cambiare,

per gettare dietro alle spalle tutto ciò che vi è d’inciampo.

E Tu, stammi accanto

passo dopo passo,

affinché guardandoti possa

sentire la Tua forza, e andare avanti.”

(Shekinaheart Eremo del cuore)

Donare

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09 MARZO 2023

GIOVEDÌ DELLA II SETTIMANA DI QUARESIMA

LITURGIA DELLA PAROLA    (clicca qui)

Prima lettura: Ger 17,5-10

Salmo: Sal 1

Vangelo: Lc 16,19-31

Molte volte nelle scritture leggiamo che il grido dei poveri raggiunge il Signore: “Questo povero grida e il Signore lo Ascolta lo libera da tutte le sue angosce” (Sl 33,7).

Nella parabola del Vangelo di oggi, è il ricco a gridare al Signore perché lo liberi dai suoi tormenti

Ti prego, manda Lazzaro con una goccia d’acqua sul dito… mandalo ad avvisare i miei cinque fratelli… No, neanche se vedono un morto tornare si convertiranno! (Cfr. Lc 16,27-31)

Non è la morte che converte, ma la vita. La vita fiorisce quando si cerca di colmare l’abisso delle ingiustizie, che separa il povero dal ricco.

Perché questo ricco sta così male? Viveva tra i suoi agi, e non si è mai accorto di quel povero che gli stava vicino. Non ha fatto niente, ovvero proprio nulla, è rimasto indifferente al bisogno del suo fratello.

Accorgersi che l’altro esiste equivale a farlo vivere.

Incontrare il povero è riconoscere Cristo nella debolezza della carne, che sale verso il calvario, coperto di piaghe come Lazzaro. Allora non lasciamo solo questo povero Cristo, non lasciamo solo questo povero Lazzaro, condividiamo quello che abbiamo fosse anche solo un sorriso, una preghiera, un po di tempo, ma donare con il cuore fa sempre bene, fa esistere l’altro perché riconosciuto ed amato. A volte la carità dello spirito solleva di più di un dono materiale.

“Signore,

fa di me un cuore generoso,

capace di dono e di amore soltanto.

Aiutami a donare ciò che Tu per primo mi hai dato,

in quel giorno in cui hai visitato il mio cuore

e lo hai arricchito con la tua presenza.

Mi fai esistere,

perché è il tuo amore che mi rende vivo.

Aiutami a essere dono per far esistere Te negli altri

così che tutti ne abbiano la certezza.”

(Shekinaheart Eremo del cuore)

Con tutto te stesso

con tutto te stesso

03 OTTOBRE 2022

LUNEDÌ DELLA XXVII SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO PARI)

LITURGIA DELLA PAROLA     (clicca qui)

Prima lettura: Gal 1,6-12

Salmo: Sal 110 (111)

Vangelo: Lc 10,25-37

Gesù oggi ci invita alla compassione, un atteggiamento che fa pensare anzitutto al Signore, è Lui stesso ad insegnarcelo.

Egli è Colui che fascia le nostre ferite e le risana, si carica dei nostri pesi perché ci ama! Dio vede e non passa oltre, si ferma accanto, è la dinamicità stabile dell’amore, fa di tutto per dare sollievo al cuore dell’amato e ci insegna a fare altrettanto.

La seconda domanda di Gesù al dottore della legge è: “come leggi?” Ovvero: al di là del testo, di quello che vi è scritto, come puoi farla tua? La Parola è dentro di noi e ciascuno ha il compito di attuarla come meglio riesce, partendo dalla medesima legge.

L’invito è: “amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso”.

Cuore, anima, forza, mente, non vi è escluso nessun aspetto, tutto il nostro essere è chiamato ad amare, segno di un Amore ricevuto in cui attingere l’energia necessaria per amare così.

Quanto è grande l’amore di Dio per ogni creatura! Immenso e duraturo, non muta nonostante le circostanze e ci sarà sempre, non si stanca ed è in quella stabilità che possiamo proprio posare il nostro cuore e imparare ad amare Dio e il prossimo.

Chi è il mio prossimo? È lo stesso prossimo di Dio, siamo tutti prossimi, persone amate da Dio, di cui ha compassione e cura per sempre.

“Signore,

Tu risani le mie ferite,

il Tuo amore le fascia e se ne prende cura,

aiutami a rendermi conto non tanto delle ferita aperta,

ma dell’Amore che la cura

e per quanto sia profonda,

non ti stancherai mai di curarla.

Insegnami ad amare come Te,

rendi il mio cuore attento a chi mi è accanto,

per condividere quell’amore ricevuto

con tutto me stesso”.

(Shekinaheart Eremo del Cuore)

 

Partire dal cuore

 

partire dal cuore

 

DOMENICA 07 AGOSTO 2022

XIX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO C

LITURGIA DELLA PAROLA    (clicca qui)

Prima lettura: Sap 18,6-9

Salmo: Sal 32 (33)

Seconda lettura: Eb 11,1-2.8-19

Vangelo: Lc 12,32-48

 

“Fatevi borse che non invecchiano”. Verrebbe da chiedersi: come? Si è spinti quasi automaticamente ad usare il ragionamento per capire. Il testo del Vangelo prosegue dicendo: “là dove sarà il vostro tesoro, lì sarà il vostro cuore”, si tratta quindi di partire dal cuore.

È proprio lì, nel nostro cuore, che possiamo comprendere cosa vuol dire farsi borse che non invecchiano e costruire un tesoro sicuro, ovvero: prendere la nostra esperienza di fede e costruirla sempre, perché essa continuerà a vivere.

La nostra fede non si accumula, fa vivere. La Fede è credere che Cristo c’è e ci accompagna in ogni momento e questo sarà il tesoro che non invecchia mai. È un tesoro realizzato nell’amore ricevuto e donato. Diventeremo quel servo simile al suo padrone, il quale appena arrivato si cinge la veste ai fianchi e si mette subito a servire. Capiremo che servire è essere dono, non significa schiavitù o sottomissione, ma donare l’amore ricevuto da Gesù, come Gesù dal Padre.

Cosa avremo fatto di buono nella vita? Cosa davvero conta? Aver amato con tutto il cuore chi ci è accanto, aver reso viva testimonianza di una lunga catena di amore, sacrificio e speranza, che parte direttamente dal cuore di Dio. Saremo stati segno del Padre il cui amore non passa, resta e vive per sempre e a noi ci dona il compito di farlo perdurare nel tempo.

“Signore,

è tempo di vivere della fede che mi hai donato.

Essa ha accompagnato tanta fatica e sofferenza,

ma è il dono che mi hai fatto per vivere.

Spesso me ne dimentico e mi perdo,

ma chiedo a Te l’aiuto di capire

come credere nel tuo nome sia parte di me,

perché così mi hai costituito,

affinché io potessi vivere di fede

e far vivere di fede gli altri.

Soccorri il mio cuore, donami la tua forza

così da essere dono

e segno del tuo amore per sempre”.

(Shekinaheart Eremo del Cuore)

 

 

Lungo la strada

 

 

lungo la strada

 

 

07 LUGLIO 2022

GIOVEDÌ DELLA XIV SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO PARI)

 

LITURGIA DELLA PAROLA   (clicca qui)

Prima lettura: Os 11,1-4.8c-9

Salmo: Sal 79 (80)

Vangelo: Mt 10,7-15

 

Il Vangelo di oggi ci parla di incontri, che conducono a sperare e a fidarsi di Dio. Fede, speranza e carità, in questo testo si uniscono per aiutarci a comprendere a cosa il Signore ci chiama: fare esperienza di Lui e dare alle nostre vite un senso in Cristo. Se gli apostoli in altre occasioni sarebbero partiti equipaggiati, qui viaggiano senza nulla, solamente con un dono gratuito ricevuto, che è gratuitamente da ridonare ed è l’unico necessario: Gesù.

Coloro che Gesù ha chiamato a sé, hanno conosciuto e sperimentato quella guarigione, quel tocco, o quella Parola che ha cambiato la loro esistenza. Ed ora fiduciosi nelle parole del maestro, partono per donare a loro volta a chi incontreranno la fede, la speranza e la carità che hanno ricevuto.

È un brano di scoperte e rinascite, di speranza e attese, che riconducono ad una certezza fondamentale: sin dall’eternità siamo nel cuore di Dio; prima della nostra nascita era presente una Luce, così da poter vedere risplendere il volto di Dio, nella vita di ciascuno di noi.

“Signore,

oggi comprendo che nella mia storia ci sono dei solchi.

Essi rappresentano il segno di un percorso,

che altri prima di me hanno compiuto

per annunciarti, seguirti

e io ne faccio parte.

Le mie paure sono le stesse di chi mi ha preceduto

e desidero che a muovermi

sia la fede, la speranza e la carità,

che tu per primo hai dimostrato.

Aiutami a mettermi in cammino,

affinché possa lasciare la mia impronta

e incoraggiare gli altri che

una via di Amore e Misericordia

è possibile”.

(Shekinaheart Eremo del Cuore)

 

 

Nella nostra terra un pezzo di cielo

 

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LITURGIA DELLA PAROLA   (clicca qui)

Prima lettura: Ger 17,5-10

Salmo: Sal 1

Vangelo: Lc 16,19-31

 

Il Vangelo della liturgia del giorno, comincia con delle dualità: ricco e povero, beni e mali, consolazione e tormenti, per terminare con un’univocità capace di unire tutto questo: la legge e i profeti.

Sono la legge dell’amore e la Parola, capaci di unire queste disparità e rendere tutti consapevoli di ciò che realmente siamo: il popolo di Dio.

Abramo risponde al ricco che: “se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti”. Come mai questa risposta? Essa è un po’ la chiave di lettura di questo brano, ovvero: se non si fa un cammino di consapevolezza, dove la legge dell’amore e la Parola sono i mezzi che ci permettono di unirci a Dio e tra di noi, sarà difficile comprendere che la Risurrezione, passata attraverso il dolore della croce, il rifiuto di molti e le sofferenze, è capace di unire terra e cielo.

Tutto ciò che viviamo letto alla luce della legge dell’amore e della Parola, ha in sé forza e speranza nella Risurrezione, tale da donarci coraggio nelle nostre quotidiane fatiche in vista di questa promessa: risorgere!

Il Signore ci dona gli effetti della Sua Risurrezione, possiamo rivivere, sentirci uniti a Lui e ricominciare non più dal peccato, ma dalla grazia del Suo perdono, che passa dalla croce e non si ferma lì, entra in noi.

L’invito è quello di far entrare nella nostra vita, nelle nostre contraddittorietà, nella nostra terra, un pezzo di cielo. Siamo fatti di terra, la nostra umanità nella Risurrezione trova il suo spazio, il suo riscatto, così da poter riflettere un pezzo di cielo, divenire cielo e ridonarlo agli altri.

 

 

Il bene fatto continua sempre

 

Il bene fatto continua sempre

 

 

LITURGIA DELLA PAROLA   (clicca qui)

Prima lettura: Sir 47,2-13 (NV) [gr. 47,2-11]

Salmo: Sal 17 (18)

Vangelo: Mc 6,14-29

 

Leggendo questo testo che narra un episodio terribile, verrebbe da pensare su cosa possiamo meditare? Oltre alla triste storia è possibile notare un insegnamento: il bene fatto continua sempre.

Il bene compiuto nel nome del Signore, non si esaurisce con la vita è sacro per sempre. Oggi siamo invitati a ricordare quei gesti di bene donati, o che abbiamo ricevuto e pensare a tutte quelle persone che ce li hanno fatti, probabilmente alcune di esse possono non esserci più, ma quel bene vivrà per sempre. Non si tratta solo di compiere una buona azione per le nostre coscienze, ma riconoscere questa come capace di dare nuova vita, dona a chi la riceve un po’ di noi e dura nel tempo.

Tutto quello che ha fatto Giovanni, non verrà dimenticato e persino noi che non l’abbiamo conosciuto, possiamo saperlo grazie a chi l’ha raccontato. Erode pensa che Gesù sia Giovanni risuscitato, questo perché ciò che Giovanni ha fatto, è stato un bene così forte da non lasciare indifferenti.

Siamo invitati a far diventare la nostra vita un dono, a rendere sacri i nostri giorni di gesti dell’ amore di Dio per celebrarlo. Siamo chiamati a essere un riflesso del Suo amore che continua nel tempo e ci rimanda a Lui.

Sarebbe bello vivere la nostra vita con l’esperienza dell’amore ricevuto e con la capacità di rendere amore, quei momenti in cui non abbiamo ricevuto del bene, dove siamo stati noi a fare la differenza e abbiamo dato luce ai nostri giorni più bui, riflettendoci nell’amore di Dio. Quando nella vita c’è un solo piccolo atto di bene ricevuto e donato, ecco, quello è per noi il nostro giorno sacro, amato e celebrato.