il Dio della vita in ogni momento della vita

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19 NOVEMBRE 2022

SABATO DELLA XXXIII SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO PARI)

LITURGIA DELLA PAROLA    (clicca qui)

Prima lettura: Ap 11,4-12

Salmo: Sal 143 (144)

Vangelo: Lc 20,27-40

 

Dinanzi ad un chiarimento da parte di alcuni sadducèi, i quali dicevano che non c’è risurrezione, Gesù risponde e conclude con le parole di Mosè: “Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe”.

Il Signore è il Dio delle nostre situazioni, delle nostre difficoltà e della nostra necessità di fede, e non c’è pertanto alcuna condizione in cui Egli non ci sia, è il Dio dei vivi e quindi ogni momento della nostra vita ha in sé la mano di Dio.

La nostra Risurrezione è un fatto quotidiano, è credere in Lui che nelle sofferenze ci aiuta a portare la croce, sale il calvario con noi, perché è il Dio dei vivi e non vuole che la morte, il dolore, siano l’ultima parola per i suoi figli.

La Risurrezione è prendere parte con il Risorto alla sua opera di salvezza per noi e se “tutti vivono per Lui”, è perché Lui ha dato la vita per noi, una vita che non rimane senza Dio, ma con Lui, una vita che Dio ha voluto per tutti, affinché affrontassimo da vivi quello che ci capita, per poi comportarci da risorti, consapevoli di Cristo in ogni circostanza.

“Signore,

aiutami a credere nel bene della vita

anche quando questa è troppo dura e faticosa.

Sii Tu la mia forza per affrontare

ogni situazione,

che io sappia riconoscerti

e andare avanti

e possa sentirti con me, accanto.

Tu sei il mio Dio,

il Dio della vita in ogni momento della vita,

ed io vivrò per Te, perché Tu sei con me, per sempre”.

(Shekinaheart Eremo del Cuore)

 

Alzarsi

alzarsi

 

15 NOVEMBRE 2022

MARTEDÌ DELLA XXXIII SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO PARI)

LITURGIA DELLA PAROLA    (clicca qui)

Prima lettura: Ap 3,1-6.14-22

Salmo: Sal 14 (15)

Vangelo: Lc 19,1-10

Il Vangelo di oggi è un incontro: tra Gesù e Zaccheo e tra noi e loro. Siamo un po’ Zaccheo, quando facciamo di tutto per vedere Gesù, perché comprendiamo che Egli ha molto da dire alla nostra vita e questo brano ne è una conferma.

È proprio l’incontro con Lui che ci rialza dalle nostre cadute, dai nostri fallimenti e nello stare insieme a Gesù, avviene la nostra Risurrezione, ovvero un rialzarci da terra più consapevoli di noi stessi, ma sempre protesi verso di Lui. Questo testo di Risurrezione, di “alzate”, ne rimanda, quasi a volerci ribadire più volte, quanto essa sia parte significativa del nostro percorso:

– Abbiamo Zaccheo (e forse un po’ anche noi), che tenta di rialzarsi da solo, sale su un albero, ma per risorgere con Lui bisogna scendere, proprio come ha fatto Gesù: scendere per risalire.

– Gesù alza lo sguardo: Egli ci ama e dona a Zaccheo e a noi uno sguardo già Risorto, capace di andare oltre l’errore per riabilitarci, per offrire una possibilità nonostante tutto.

– Zaccheo scende e leggiamo: “Ma Zacchèo, alzatosi, disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto»”. Si è alzato, la Risurrezione ha toccato il cuore di Zaccheo tanto da non essere più lo stesso, Gesù è entrato nella Sua casa, ed entra anche nella nostra per donarci un’esperienza di salvezza, in grado di rinnovarci interiormente e restituire alla nostre mancanze un luogo dove poter vivere.

Alle nostre fatiche è donato un ristoro, alle nostre paure un rifugio, al nostro cuore un luogo dove poter stare: Gesù risorto dai morti, segno di una vita nuova dove dalle Sue ferite filtra una luce in grado di scaldare, consolare e donare la forza per affrontare con Lui il nostro oggi, il futuro, e dare pace ad ogni passato bisognoso di Risurrezione.

“Signore,

aiutami a rialzarmi,

sii Tu la mia forza,

così che quando la mia non sarà abbastanza, io non vacilli.

Fa che nella mia fragilità incontri la Tua stabilità

ed io possa procedere sicuro

anche attraverso la paura, lo scoraggiamento e lo sconforto,

rendimi forte come un albero,

le cui radici sono nel cielo,

consapevole del Tuo amore

che non vacilla e non molla

e continua a fidarsi di me”.

(Shekinaheart Eremo del Cuore)

 

 

 

Non piangere

 

non piangere

 

MARTEDÌ 13 SETTEMBRE 2022

SAN GIOVANNI CRISOSTOMO, VESCOVO E DOTTORE DELLA CHIESA – MEMORIA

 LITURGIA DELLA PAROLA     (clicca qui)

Prima lettura: 1Cor 12,12-14.27-31a

Salmo: Sal 99 (100)

Vangelo: Lc 7,11-17

 

Oggi il vangelo ci presenta l’evento drammatico di una donna, che dopo essere rimasta vedova, perde anche l’ultima speranza di vita del futuro: il suo unico figlio. Davanti a tanto dolore non ci sono parole, come consolare un cuore cosi provato? Il Signore lo sa, il suo cuore comprende e conosce, si muove a compassione e avvicinatosi alla donna le dice: “non piangere!”.  Quasi un imperativo, ma chi può osare tanto e dire ad una donna in simile afflizione di non piangere, se non colui che è il Signore della vita.

Gli occhi di questa donna gonfi di pianto, probabilmente non vedono nulla intorno a lei, come nessuno dei presenti sembra notare Gesù con i suoi discepoli. Qui è il Signore che si fa avanti e vede e sente il grido silenzioso di un cuore affranto dal dolore, un cuore di madre che vive la morte del figlio, come la propria.

Solo Gesù può dare speranza e consolazione, perché la morte non è l’ultima parola, ma lo è la Risurrezione; cosi il gesto di prendere per mano il ragazzo morto e rialzarlo, diventa il simbolo del “grande profeta”, di Dio, che per primo si prende cura del suo popolo, dei suoi poveri e gli dona la vita, come cantiamo nel giorno di Pasqua: “Il Signore della vita era morto, ora vivo trionfa”.

Questo brano diventa il parallelo di ciò che accadrà a Gesù: Lui il figlio morto e Maria, la Madre, vedova in pianto, sotto la croce, che raccoglie il dolore di tutte le madri e dona conforto, perché come il Figlio, anche Lei conosce il pianto e il dolore di tutta l’umanità. Cosi in Maria ognuno può trovare una Madre e sentirsi figlio amato, abbracciato, dove posare il cuore quando è gonfio di dolore.

“Signore,

le mie lacrime scendono

e sono l’unica cosa che per ora so esprimere.

“Non piangere”, mi dici.

Ma come, come posso smettere?

Ti guardo e comprendo che Tu sai cosa provo,

non mi sbaglio,

Tu conosci il mio dolore.

Ti sei accorto di me,

mi sei venuto incontro,

perché vedi tua Madre lì presso la croce

ed per questo che ci hai affidato a Lei,

perché avessimo una Madre,

sotto le nostre croci a pregare per noi”

(Shekinaheart Eremo del Cuore)

 

Il tempo della presenza

 

Il tempo della presenza

 

 

02 SETTEMBRE 2022

VENERDÌ DELLA XXII SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO PARI)

LITURGIA DELLA PAROLA     (clicca qui)

Prima lettura: 1Cor 4,1-5

Salmo: Sal 36 (37)

Vangelo: Lc 5,33-39

 

Gesù nel Vangelo di oggi dice in risposta ai farisei, i quali reclamavano la mancanza del digiuno dei suoi discepoli: “verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto: allora in quei giorni digiuneranno”, alludendo alla sua futura morte.

Il Signore vuole far capire questo: Egli è lo sposo venuto a portare pienezza nella nostra vita. Se il digiuno fa pensare a un vuoto, alla rinuncia, ma anche a dei bisogni, Lui è qui per farci comprendere che questo momento, come ogni tempo dopo la Sua Risurrezione, è il tempo della presenza di Dio.

L’invito è ricordarci di vivere alla Sua presenza, e per aiutarci dona innumerevoli segni del suo Amore. Si presenta come lo sposo, e qual’è la caratteristica più importante? Ama.

Il Signore ci ama con quell’amore vero, profondo, intenso, destinato a esserci per tutta la nostra vita. E come gli sposi si scambiano una promessa: “io accolgo te”, così Egli ci prende per mano e si prende cura di noi e la sua promessa non verrà mai a mancare, perché il Suo cuore trova le radici dell’amore direttamente in Dio.

Lo sposo è risorto, affinché non avessimo motivo di digiunare di Lui e potessimo credere oltre le sofferenze e le fatiche, che ogni nostro vuoto è tenuto nel cuore di Dio e nessun dolore sarà vano, nulla sarà perso poiché tutto di noi è nelle Sue mani: credere questo è già pienezza.

“Signore,

dinanzi alle mie fatiche

una sola cosa mi è di consolazione:

la mia vita è nelle tue mani.

Il mio cuore trova pace nel Tuo,

perché tu mi insegni che il vero amore

viene da Dio.

Un amore che non pretende e crea,

perdona e ricomincia,

solleva e si abbassa sino a me.

Ed è già pienezza!”

(Shekinaheart Eremo del Cuore)

 

Consapevoli di un’unica speranza

consapevoli di un'unica speranza

 

VENERDÌ 29 LUGLIO 2022

SANTA MARTA – MEMORIA

LITURGIA DELLA PAROLA     (clicca qui)

Prima lettura: 1 Gv 4,7-16

Salmo: Sal 33 (34)

Vangelo: Gv 11,19-27 oppure Lc 10,38-42

 

Oggi nella memoria di Santa Marta vengono proposti due vangeli: il primo ci racconta la visita di Gesù a Marta e Maria, a causa della morte del fratello Lazzaro e il secondo quando Gesù fu ospite nella casa di Marta e Maria, testo letto pochi giorni fa.

Entrambi i brani hanno una cosa in comune: Gesù che visita. Egli entra nelle case, nel quotidiano, affinché la Sua presenza diventi parte della nostra, così che tale relazione ci rinnovi giorno dopo giorno.

Facciamo nostra la professione di fede che Marta esclama in Gv 11,27: “Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo”. Ella sa chi ha di fronte, conosce Gesù da tempo e proprio in quel momento di dolore, non smette di credere in Lui. In Marta c’è la consapevolezza di poter contare sull’amico Gesù, poiché Egli ha condiviso con lei una relazione quotidiana, autentica, cresciuta tra gli affanni e le fatiche, ma sempre nella certezza che Lui è il Signore della vita.

Gesù è la Risurrezione e la vita, purtroppo non mancheranno le fatiche e credere in questo farà la differenza, perché avremo scelto di non affidarci solo sulle nostre forze, ma di ancorare la speranza in Lui, Gesù il Signore della nostra storia.

“Signore,

mi abbandono a Te.

Lascio sia Tu a guidarmi,

perché desidero credere in Te.

Spesso sono fragile e la fatica prende il sopravvento.

Rinnova il mio cuore alla speranza,

non una speranza generica, ma in Te, nel tuo nome.

Tu non mi hai mai lasciato solo,

lo so, molte volte ti ho incontrato.

Aiutami a farne memoria,

affinché possa tornare a vivere

nella consapevolezza di un’unica speranza,

che non cambierà mai nel corso della storia:

Tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo”.

(Shekinaheart Eremo del Cuore)

 

 

 

Un filo di speranza

 

un filo di speranza

 

VENERDÌ 22 LUGLIO 2022

SANTA MARIA MADDALENA – FESTA

 

LITURGIA DELLA PAROLA       (clicca qui)

Prima lettura: Ct 3,1-4a oppure: 2Cor 5,14-17

Salmo: Sal 62 (63)

Vangelo: Gv 20,1-2.11-18

 

Maria di Magdala, è davanti al sepolcro vuoto e piange lacrime di dolore, segno di un doppio vuoto, non solo della morte di Gesù, ma anche perché non sa più dov’è il corpo del suo Signore.

Gesù si fa accanto, come è accanto alle nostre sofferenze, e le chiede: “perché piangi? Chi cerchi?”. Una domanda la cui risposta è ovvia, ma in quel: “chi cerchi?” Maria rimane scossa e ritrova un filo di speranza pensando fosse il custode del giardino e potesse aiutarla.

Il nostro dolore, le fatiche, possono trovare in Lui un filo di speranza nonostante tutte le lacrime versate e i vuoti a volte incolmabili. Gesù non riempirà un vuoto, non ritornerà dentro al sepolcro, ma saprà dare Vita alla vita e lo fa anche con noi, ogni giorno.

Non c’è un luogo dove Lui non possa raggiungerci, Egli è con noi per farci vivere della Sua Risurrezione, dove la morte non ha posto la fine, ma un inizio.

Maria riconoscerà il Signore e si ricorderà sempre di quell’incontro, forse più del primo, perché quel filo di speranza non si spezzerà mai e sarà la sua forza per sempre.

“Signore,

aiutami a comprendere che nonostante il dolore,

la fatica e lo smarrimento,

oggi mi doni un filo di speranza.

Ai miei occhi bagnati di lacrime

doni riposo e conforto.

A quel cuore stanco e sfinito

doni la Tua forza ogni giorno.

Spesso chinato su di me,

non mi sono accorto che eri lì a sostenermi,

in silenzio, soffrendo anche Tu per me.

Voglio prendere quel filo di speranza,

che Tu risorto ci hai donato

e risorgere anch’io con te.

Desidero rialzarmi,

per chinarmi su chi sta soffrendo come me

e donargli lo stesso filo di speranza

e dirgli: prendilo, ora è anche tuo”.

(Shekinaheart Eremo del Cuore)

 

 

Rinati dall’alto

 

Rinati dall'alto

 

 

LITURGIA DELLA PAROLA   (clicca qui)

Prima lettura: At 4,32-37

Salmo: Sal 92 (93)

Vangelo: Gv 3,7-15

 

 

Il Vangelo della liturgia odierna, ci indica che per passare dalla terra al cielo abbiamo bisogno di Gesù. È un testo a tratti un po’ difficile; cosa vuol suggerirci oggi?

Rinascere dall’alto vuol dire alzare lo sguardo. Significa vivere il nostro quotidiano anche se con fatica, innalzando il cuore a Colui che ci ha creato. È difficile pensare di elevare gli occhi quando ci sentiamo a terra, e la domanda che Gesù pone a Nicodemo, in verità, interpella anche noi: “Se vi ho parlato di cose della terra e non credete, come crederete se vi parlerò di cose del cielo?”

È proprio per questo che Dio Padre manda Suo Figlio, affinché non dovessimo più alzare lo sguardo alla ricerca di un Dio apparentemente lontano, ma potessimo trovarci di fronte a un uomo, Gesù che ci unisse a Dio. Non è il nostro sforzo a legarci al cielo, ma è l’esperienza fatta con Gesù, che ci permette di conoscere il volto di Dio, che dal basso ci ama e desidera per noi una vita perdonata, redenta.

Rinascere dall’alto, è rivedersi all’interno di un cammino di consapevolezza con Gesù, ripercorre i passi della Sua storia e vedere dentro anche la nostra. Gesù attraverso tutto quello che ha vissuto, ha reso il cielo per noi un luogo dove Dio non è più distante, mediante il Figlio possiamo conoscere l’Amore del Padre.

Le nostre sofferenze sono innalzate da una croce, quella di Gesù, da cui oltre al dolore e alla morte è sgorgata la vita. Dopo la Sua Risurrezione, siamo rinati dall’alto e possiamo credere alle cose della terra, perché in noi c’è un pezzo di cielo da celebrare e offrire, così che il nostro quotidiano sia unito a Dio e da lì trarne la forza.

 

 

Pace a voi

 

pace a voi

 

 

LITURGIA DELLA PAROLA   (clicca qui)

Prima lettura: At 3,11-26

Salmo: Sal 8

Vangelo: Lc 24,35-48

 

“Pace a voi” è un saluto di speranza, Egli è venuto a dirci che c’è! Nei nostri dialoghi pieni di turbamento, dove la consapevolezza cede il passo alla stanchezza, allo sconforto, il Signore ci apre la mente come ai suoi discepoli, per farci comprendere le scritture.

Gesù desidera che la Sua Parola faccia parte della nostra vita, tanto da esserne testimoni; è da essa che troviamo stabilità, un orizzonte verso cui guardare senza disperdere lo sguardo, un mezzo attraverso cui leggere la realtà.

“Pace a voi” è un augurio di consolazione, quando riconosciamo il Signore e poi ci perdiamo, Egli viene a rassicurare il nostro cuore, per donarci Lui stesso, ai dialoghi pieni di paura e timore, c’è una risposta di Risurrezione.

“Pace a voi” è un nuovo inizio, un invito a vivere di quella pace che viene dalla certezza di essere parte del Suo popolo, a cui saranno predicati la conversione e il perdono dei peccati. Siamo partecipi di una promessa e non solo spettatori, per dono Suo, di questo diventiamo testimoni!

“Signore, aiutaci a mettere nel nostro cuore

la tua Parola di oggi.

“Pace a voi” diventi quel saluto, augurio e invito

che accompagni le nostre giornate.

Aiutaci a essere portatori di quella pace, 

che proviene dall’aver preso tutto Te

in quei giorni di dolore.

La nostra pace è forgiata dal sacrificio del Tuo amore.

Sostieni la nostra fatica, le incomprensioni, i dubbi,

oggi le riponiamo sul Tuo altare, 

così da trarne la forza, 

per vivere il quotidiano 

nella certezza di Te”.

(Shekinaheart Eremo del Cuore)

Tornare in Galilea

 

Tornare in Galilea

 

 

LITURGIA DELLA PAROLA   (clicca qui)

Prima lettura: At 2,14.22-33

Salmo: Sal 15 (16)

Vangelo: Mt 28,8-15

 

Dal Vangelo di oggi: “Gesù disse loro: «Non temete; andate ad annunciare ai miei fratelli che vadano in Galilea: là mi vedranno»”.

In Galilea, dove Gesù era cresciuto, leggiamo infatti sempre nel Vangelo di Matteo che Giuseppe e la sua famiglia si ritirarono nelle regioni della Galilea, in una città chiamata Nazaret, perché si adempisse ciò che era stato detto dai profeti: «Sarà chiamato Nazareno» (cfr. Mt 2,22).

È ritornare a casa da risorti. Gesù è risorto, la morte non ha avuto l’ultima parola e quest’evento grandioso, si manifesta nella quotidianità. Il Signore entra nelle nostre case, nella nostra vita da risorto, così da poter affrontare tutto quello che stiamo vivendo, con la forza della sua Risurrezione, che ha riconciliato in sé il male, e ne ha fatto un luogo dove poter incontrare Dio.

Egli ci invita ad andare alla nostra Galilea, perché è proprio lì che ci darà la consapevolezza di un quotidiano abitato da Cristo risorto. In quel luogo dove a volte vorremmo fuggire, o ci sembra impossibile poter incontrare il Signore, ecco che diventa la sede per scoprirLo addirittura risorto.

Egli non ci ha mai abbandonato, è sempre accanto a noi, nella sofferenza, nel dolore, come nella gioia e la vita diventa la nostra Galilea, dove tutto è iniziato.

La nostra storia è abitata da Cristo, il nostro quotidiano è risorto con Lui, tornare in Galilea è ricominciare a camminare con speranza, un nuovo inizio, che da Luce ai nostri passi.