Rielaborazioni 2

Mi trovo alla scuola di ballo per disdire le lezioni omaggio, e, più volte, senza successo, ho cercato di attirare l’attenzione dell’attempata receptionist. Finalmente, la donna, si rivolge a me con un sorriso e senza ascoltarmi, dice: ”Cara, prima di tutto, deve scegliere un maestro”, e mi indica con la mano le foto di tre uomini e tre donne. Provo gentilmente a chiederle di non chiamarmi “cara”, ma si è già girata verso un altro cliente. Distrattamente guardo le foto che mi ha mostrato e una attira la mia attenzione. Sono così assorta che non mi accorgo che la receptionist è tornata con l’agenda e cinguetta allegra: ”Vedo che ha scelto la nostra Lori. Ottimo. Ha molta esperienza. Le va bene martedì, cara?”. Senza capire bene come, mi ritrovo con in mano il biglietto promemoria della mia prima lezione. Esco dalla scuola di ballo pensando che le cose non sono andate esattamente come volevo, ma la foto di Lori mi ha colpito. Sono sempre stata attratta dalle donne. Ho avuto una storia importante ora finita e in questo periodo sono annoiata, forse le lezioni con una bella donna possono dare brio a serate piatte.
Martedì, senza ben sapere cosa aspettarmi, mi presento con la mano tesa e Lori con un sorriso meraviglioso la fa scivolare sul suo fianco, spiegandomi che nel ballo, per prima cosa, devo prendere confidenza con il corpo del partner. Mi spiega: “Il ballo è un abbraccio, è un modo di camminare abbracciato ad una persona. Riuscire a comprendersi in questa camminata è come realizzare il miracolo di due persone che si muovono insieme nel mondo”. Rimango affascinata dalle sue parole e dal modo di muoversi. Siamo l’una di fronte all’altra, – e, sempre sorridendo continua la lezione: ”Il primo passo è imparare la postura. Busto eretto e immagina una coperta leggera sul braccio destro con cui avvolgermi”. La cingo con delicatezza, tra il punto vita e le scapole. Sento sotto la maglietta sottile la spallina del reggiseno. Lei appoggia con eleganza il braccio sinistro sul mio destro e con la mano arriva quasi al centro della schiena. Quel tocco mi dà un brivido. Ora le mani: la mia sinistra accoglie la sua destra, palmo contro palmo. Siamo in contatto, e il mio lato destro aderisce perfettamente al suo sinistro. Mi accorgo in questo abbraccio, della sua fisicità prorompente, il calore del suo corpo contro il mio, il seno perfetto, le gambe tornite da anni di allenamento. Ne seguo i movimenti, cercando di concentrami sui passi, mi ingarbuglio nei miei stessi piedi. Lei ripete instancabile. Al termine di quaranta minuti disastrosi mi congeda con un sorriso e con l’invito a rivederci martedì prossimo.
In men che non si dica, i miei martedì diventano un appuntamento che bramo tutta la settimana. Imparo, con impegno, la “salida basica”, la “parada”, ma è nella rotazione della “sacada” quando Lori appoggia la coscia alla mia, o nel “gancio” quando indugia il contatto con la mia gamba, che sento la mia eccitazione salire. E’ sempre molto professionale, ma nei ripetuti contatti che abbiamo rallenta sempre un po’ di più il movimento. Prendo coraggio e la invito per un caffè e lei, con sorpresa, mi propone casa sua. Accetto. Mentre guida parla. Parla entrando in casa. Parla salendo le scale, davanti a me, gradino dopo gradino, rallentando il passo per cuocermi lentamente. Nell’androne non parla più. Mi ha già messo la lingua in bocca, con una mano mi slaccia la camicia e con l’altra i pantaloni. Tutta la nostra stoffa cade sul pavimento e le mie mani cercano la sua pelle. I baci sul collo. La sua voglia. La mia voglia. Il suo corpo freme di piccole scosse. Le sue cosce mi stringono in paradiso.
I nostri martedì non sono lezioni di ballo. Sono i nostri corpi che si intrecciano sulle note di un tango, e io penso che il mondo gira perché lei gira con me in passi di danza orizzontali. Il rapporto tra due donne è speciale, ti travolge la testa, ti spacca il cuore e ti toglie il respiro.
Lori diventa il mio primo pensiero. Un desiderio che vive in funzione del tempo che ci divide dall’ultimo incontro al prossimo.
Non immaginavo che potesse finire all’improvviso, ma come lei mi spiegò in seguito: finisce tutto ciò a cui non si può dare un nome. Me ne accorgo solo ora ripensandoci, non aveva mai dato un nome ai nostri incontri. Mi faceva entrare in casa di nascosto. Nessuno sapeva di me. Nessuno sapeva di noi.
Chiusa la questione con me, ora ha un nuovo gioco, un uomo. Dovrei farmene una ragione, invece, alla sera, passo davanti a casa sua, vedo l’auto del nuovo amico e riesco ad immaginare il palestrato torello che, dopo la monta, si sistema il pacco prima di salire in macchina.
A me non è rimasto nulla solo il silenzio. Non risponde più alle mie chiamate; non legge i miei messaggi. Mi ignora completamente.
E’ notte e sono qui, sul retro di casa sua, nascosta nelle ombre. Aspetto, vedo il suo uomo uscire, prendere l’auto e andarsene. So dove Lori tiene la chiave di scorta. La prendo ed entro in casa. La musica, che proviene dal piano di sopra, attutisce i miei passi mentre salgo le scale. Apro la porta e la prima cosa che vedo è una bottiglia di vino vuota con due bicchieri lasciata sul tavolo rotondo. C’è odore di sigaretta. Trattengo il fiato e la cerco. Le voglio parlare, le voglio spiegare ciò che sto provando, la sofferenza, l’amarezza, il mio desiderio. Mentalmente mi sono preparata un bel discorso di quelli che si fanno solo una volta nella vita. Lori è in camera da letto, nuda, forse stanca, sicuramente appagata. Mi dà la schiena e non si accorge di me e del laccio rosso che è comparso tra le mie mani. L’ho sfilato dalla tasca e lo tendo tra le dita, è un attimo metterglielo al collo, su quella curva che ho baciato cento volte. La sorpresa e l’alcool giocano a mio favore. Stringo il laccio con tutte le mie forze. La tiro a me in un abbraccio. Scalpita. Si affanna per ritrovare il respiro. Si muove come in una danza. Con le mani cerca di allentare la stretta. Siamo nuovamente in contatto. La sua schiena aderisce perfettamente al mio petto. Sento il suo calore. Respiro il suo odore. L’adrenalina mi inonda, mi trasporta ad una eccitazione mai provata. Godo di quell’abbraccio mortale. Stringo sempre di più, sento la vita che l’abbandona, i suoi occhi si chiudono piano, un rantolo esce dalle sue labbra ed io raggiungo il massimo del piacere nel momento in cui si spegne tra le mie braccia. Cadiamo a terra, due persone immobili nel mondo.
Ora lei è soltanto mia.

** fatti e persone sono di pura fantasia.

Rielaborazioni 1

Lei è sotto la doccia. L’acqua le cade sul corpo e vi indugia formando repentini rigagnoli nell’abisso di quei seni che hai baciato, morso e succhiato per ore. A tempo con lo scroscio d’acqua del soffione apri il rubinetto e riempi la caldaia della moka fino alla valvola. Inserisci il filtro e inizi a mettere i caffè, con gesti lenti per non disperdere la polvere, intanto sorridi per quel colore marrone che si sovrappone e che ti riporta ai ciuffi della notte appena finita. Avviti con cura la parte superiore e mentre appoggi la moka sul fornello accesso, lei appare col tuo accappatoio annodato in maniera bislacca. Puoi vederle le cosce splendide, ancora umide, socchiudi gli occhi e sei colpito dal profumo, non sai distinguere se è il bagnoschiuma che ha usato o le rose che hai comprato la sera prima. È tutto un attimo, lei sparisce nuovamente in bagno e i tuoi pensieri vengono distolti da un leggero borbottio. Il caffè sale ràpido e per la cucina si espande il suo aroma. Ora lei appare con un asciugamano annodato come un turbante, puoi vederle la nuca, il collo liscio. Una ciocca di capelli sfugge alle costrizioni della spugna e aderisce alla pelle in un ricciolo nero. Lei si siede, lo fai anche tu, e davanti a voi il silenzio prende posto.
Servi il caffè, tendi verso di lei la mano con la tazzina piena, riempi la tua, con lo sguardo le offri lo zucchero appoggiato sul tavolo. Lei non ne vuole. Con il cucchiaino compi brevi movimenti, finché lo zucchero non è completamente disciolto, la guardi rispettando il silenzio di questa mattina che mangia la notte appena passata. Alla fine è lei la prima ad assaggiare il caffè e, lì per lì, pensi che forse la tazza è sporca. Ma lei dice:
“Mi piace nero, bollente, ma questo è freddo”.
Rimani di stucco. Non hai tempo di replicare. Lei si alza, va in camera da letto. Senti il fruscio dei suoi abiti raccolti in giro per la stanza. Porti la tua tazzina alle labbra e ti accorgi che anche il tuo caffè è freddo. Prendi le tazze e la caffettiera, rovesci tutto il liquido nel lavandino. Sciacqui e ricominci con perizia a riempire d’acqua e di caffè la moka. Calcoli che sia tutto corretto. Rimani in piedi aspettando che la caldaia entri in pressione e che, goccia a goccia, il caffè salga nel bricco, ascolti i rumori, ne annusi l’aroma. Prendi due tazzine pulite, le riempi e le appoggi sul tavolo. Lei arriva vestita come la sera prima, con la camicetta che le hai tolto e la gonna che le hai sfilato. Accende una sigaretta e avvicina la tazzina ma subito la spinge via. Non ha bevuto, ma lo sa. Te lo dice in silenzio. Te lo dice attraverso il fumo che esce dalle labbra.
Tocchi la tazzina ed è fredda.
Una sensazione di gelo ti attanaglia la gola. Vuoi parlare ma non riesci a dire una parola. Vuoi spiegare che lo puoi rifare, un altro tentativo.
Lei si alza. Prende la borsa, cerca le chiavi dell’auto. Si prepara. Prima di aprire la porta si volta e appoggia le sue labbra alle tue in un bacio che è freddo come il tuo caffè.

Rielaborazioni per ingannare il covid.