GIORNI STRANI

Vita di comunità: mai come ora dobbiamo fare appello a ogni nostra singola cellula. E' giunto il momento di imprimere una violenta accelerazione all'intelligenza della nostra specie, come una frustata di tramontana: l'occhio non sarà occhio e la mano non sarà più mano, negli anni venturi.

Creato da sergioemmeuno il 22/04/2011
 

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Personaggi e fatti

Il nome e cognome dei personaggi appartenenti ai racconti e ai tag "frammenti di scrittori in erba" e "il mio romanzo", come pure i fatti narrati, sono frutto della mia fantasia.

 

Messaggi di Giugno 2012

Quello che adoro e quello che detesto della vita di Community...

Post n°668 pubblicato il 30 Giugno 2012 da sergioemmeuno
 

  

  

   Giorno a tutti... sperando stavolta di non scivolare su alcuna buccia di banana, oggi vorrei gettare là qualche pensiero sparso, riguardo ciò che adoro e ciò che non mi piace della vita di Community... Decolliamo? ma sì, allacciamoci le cinture su!

   Adoro quando faccio un "bagno d'umanità" con un'altra anima, sia che possa essere donna che uomo. Tanto più se il "bagno d'umanità" è una full immersion. Ascoltare i problemi altrui ed essere contraccambiati, sino a giungere a comprendere qualcosa di noi, ed arrivare addirittura a dire: - come abbiamo fatto a ignorarci sinora è un mistero... Del resto, che stamo a fa' sennò?

   Detesto quando, nell'accesso con relativo commento in un blog, non si saluta il povero autore: basterebbe poco: un ciao, la firma del proprio nome o anche un :-) Se già ci si è sentiti in privato o si è commentato, ovviamente, non ha importanza risalutarsi. Tuttavia se in una giornata si commenta per la prima volta nel blog di quell'amico o sconosciuto,  lo trovo un dovuto gesto di educazione. Non tutti lo fanno... irritante (per me): l'educazione e l'essere garbati deve essere un marchio.

   Adoro, anzi, addirittura mi commuovo dentro, quando mi si dice che, durante la mia assenza, se ne sentirà la mancanza. Aho, sarò pure un po' burbero e spigoloso, a volte, ma sono anche e soprattutto un tenerone. E lacrimoni... Sergioemmeuno!

   Detesto, come ahimé è successo, dover scegliere fra due persone nemiche qua dentro. Come principio, per non far torto a nessuno, tenderei ad escluderle ambedue, in quanto non sempre si è in possesso degli strumenti per capire come stanno messe le cose. Nell'ultima occasione, non poco dolorosa, ho scelto l'amica che conoscevo da molto più tempo, ed ho considerato che è stimata da diverse anime della Community.

   Adoro quando una persona si presenta col proprio volto qua dentro, sul profilo o nell'album. Libera scelta, per carità, e non significa che chi non lo fa sia poco serio. Però permettete che lo reputi un gesto di trasparenza nei confronti altrui? Un gesto che dà una marcia in più a un eventuale rapporto con quella persona. 

   Detesto quando un utente mi chiede l'amicizia senza aver scambiato nemmeno due parole. E ancor peggio, non comprendo come si possa cancellare qualcuno dalla "Lista amicizie", senza nemmeno comunicarglielo e dargli una spiegazione: mi sembra doveroso. Che dite?! 

   Adoro quando un amico mi lascia un ricordo di sé scrivendo un post in Giorni Strani.

   Adoro quando mi si affibbia un soprannome... Sergione, Serge, Sergì, Sergigno, Sergiolino... certo, alla lunga si rischia di avere una mera crisi di identità, ma l'oscuro Sergioemmetre mette d'accordo tutti i volti, non temete! E scordatevi che vi dica il mio soprannome preferito! ihihihihih (non è una risata... mi si è conficcato uno spillo nel sedere).

   Infine, adoro ricredermi su qualcuno o comunque entrarci in confidenza dopo essersi poco considerati per moltissimo tempo. La vedo come un affacciarmi da una nuova finestra sulla piazza del Mondo. E se invece della finestra, c'è una vera e propria terrazzina adorna di fiori multicolore... è vero e proprio cibo per la mente!

Giorno a tutti!

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p.s. In sovraimpressione, la tela Terrazza sul mare a Sainte Adresse (1867)  dell'immenso Claude Monet. Qui l'artista impressionista, per rendere ben visibile l'effetto della luce del sole, utilizza colori puri (senza grigi) e si serve dei contrasti (colori complementari, caldo-freddo e chiaro-scuro).

 
 
 

>>>>MARIO ÜBER ALLES... e gli Alemanni...

Post n°667 pubblicato il 29 Giugno 2012 da sergioemmeuno
 

 

   Chi mi conosce bene, sa che non ho mai parlato di calcio su questo blog. Però c'è anche l'eccezione, dettata in questo caso dalla costante del dramma sportivo, con conseguente assioma sportivo (amici tedeschi... non ve la prendete, eh?).

   Gli Alemanni con gli Italici ci rimettono sempre. E' scritto nel DNA. Fra un po' diverrà oggetto di studio - incrocio di sport, psicanalisi e sociologia -  all'University di Chester e altrove...

Messico 1970                 Italia - Alemagna    4-3 d.t.s.

Spagna 1982                 Italia - Alemagna    3-1

Alemagna 2006              Italia - Alemagna    2-0 d.t.s.

Polonia 2012                  Italia - Alemagna   2-1

   Sia che siamo in Alemagna o che si gioca nel cuore della civiltà azteca; sia che si gioca nell'Est d'Europa o nella movida de Madrid, mondiali o europei... il risultato non cambia.

   E pure stavolta così è stato, nonostante i favori del pronostico ci erano del tutto avversi. Certo, questo secolo ha ancora 44 manifestazioni, chissà...

Non ce n'è. Punto.

Vabbe', non voglio infierire... buenas noches a todos!

 
 
 

>>>> Zone d'ombra: Da quando il mio dolore ha incrociato il mio piacere (by Frinfrillina).

Post n°666 pubblicato il 28 Giugno 2012 da sergioemmeuno

 

 

Scelgo Frinfrillina per presentarmi  nel blog dell'amico Sergio, e opto per questo nome perché così mi chiamava sempre mio padre quando ero piccola. Mi sono sposata per amore circa 20 anni fa e per parecchi anni sono stata innamorata di mio marito e quindi non l'ho mai tradito. Ci piaceva fare l'amore e sesso ovunque e fino a quando non siamo entrati in crisi è stato così.

Nel 2004 però ho scoperto che aveva anche un'altra relazione e anche se ho cercato di recuperare il rapporto tra noi, non sono più riuscita ad essere la stessa e durante i rapporti non mi è stato possibile raggiungere l'orgasmo. Nonostante questo non ho mai pensato di tradirlo, anzi, sono sempre stata dell'opinione che quello avevo preso e quello mi sarei tenuta sino alla fine della mia vita.

L'anno scorso invece ho iniziato una relazione con un uomo che ha quasi 5o anni, "senza rendermene quasi conto" mi sono trovata tra le sue braccia, lui è libero e le donne non gli son mai mancate, e in quanto a corteggiamento e non solo, devo ammettere che ci sa davvero fare. La nostra storia è partita in modo tenerissimo. Sembrava sentisse che avevo bisogno del mio tempo per carburare e che poi solo con il passare del tempo avrebbe potuto concedersi di rincarare la dose sino a farmi ritornare e sentire come ero un tempo.

Per quanto mi riguarda ero soddisfatta di aver raggiunto con "X" quella complicità, pretendere di più mi sembrava impossibile.

Invece un pomeriggio abbiamo iniziato a giocare a casa sua dopo una litigata e durante le ore successive ho scoperto che non mi conoscevo affatto come credevo. Quel pomeriggio lui ha iniziato a prendermi con forza, mentre lo faceva utilizzava un vocabolario non solo colorito, mi rimproverava come si sgrida una ragazzina: nel giro di poco tempo si è accorto che la cosa andava oltre al gioco e che mi garbava parecchio. A quel punto mi ha strattonata e messa sulle sue gambe e mentre mi sollevava la gonna ogni tanto mi allentava qualche schiaffo ben piazzato sulle natiche. Tra noi si era innescato un match strano e mentre lui si eccitava a fare il maestro severo, sopratutto io perdevo l'autocontrollo ad ogni suo colpo e non si ammortizzava di  certo se era sempre più sgargiante.

Rientrando a casa mi sono posta mille domande. All'inizio ero particolarmente stranita dalla mia reazione, ma nei giorni a seguire mi sono resa conto che i miei pensieri più caldi si dirigevano sempre verso quel tipo di approccio, ed era quello che vedeva la mia carne incrociare il dolore e provare immenso piacere.

Com’ è possibile che non lo abbia compreso prima che mi piaceva più di ogni cosa subire un pizzico di dolore e umiliazione? Giunta a questo punto il dolore che avrei accettato nei giorni a venire si sarebbe limitato a quello subito o avrei tollerato o gradito pure qualcosa di più? Non sono una schiava, lui non è di certo un master, eppure più il tempo passa e più tra le mie fantasie prende largo il ruolo di una donna a cui piace subire.

Ultimamente "X" mi ha proposto di andare in un privè con lui a Milano, accettare sul mio corpo mani di altri, e che poi tornando a casa lui mi avrebbe punita perché ho permesso di fare ad altri quello che solo lui doveva farmi: come fantasia mi eccita ma non credo sarò mai buona di fare una cosa simile. Mentre una cosa invece che sta facendo spesso è che, se entriamo in un bar o locale, mi spetta seduto al tavolino, poi mi dice di alzarmi e avvicinarmi a lui, mentre mi dice qualche parola un po' spinta e che mi imbarazza, mi solleva la gonna e mette le mani tra le gambe per poi dopo umiliarmi appena ce ne andiamo; infine parcheggia l'auto dietro ad un parco abbandonato dove noi andiamo spesso ad amoreggiare.

In quel posto sperduto si dice  che spesso ci siano dei guardoni in agguato e mi ripete spesso che, se mai se ne accorgerà che siamo spiati, vuol fare vedere a loro come mi piace essere castigata e come mi trasformo quando il mio corpo sente dolore: di questa cosa non nego di aver paura, mi spaventa l'idea che qualcuno nel vedermi così perda il controllo o che "X" nel vedere che si stanno eccitando decida di farmi toccare e metterci a rischio di qualcosa che oltrepassa il limite. (Mi eccita pure se devo essere sincera, ma solo come fantasia!!!)

Insomma, mi piace la sua mano decisa sul mio corpo, impazzisco ogni volta che morde o mi pizzica facendomi prima gridare e poi subito dopo bagnare.

Puntualmente esplodo quando mi dice che le prime volte sembravo una bimba pudica e quasi inesperta mentre ora sono indomabile, capricciosa e perversa più di quanto lui stesso potesse sperare. A 43 anni ho scoperto di essere non solo la donna calda e un po' incosciente, ma anche una che nel essere sottomessa prova piacere, così tanto piacere che spesso mi bastano solo certe parole per sentire il piacere fluire dentro e fuori di me. 

Più passa il tempo e più mi rendo conto di quanto sia importante per la mia persona sentirmi punita o dovermi offrire quando e come vuole lui senza proferire troppe parole. Per molti e molte può sembrare assurdo che io sia qui a scrivere di questa mia giovane scoperta,  e di certo non ignoro il rischio di essere giudicata con severità, ma se ho accettato è solo perché il padrone di casa ha deciso che una mia confidenza fatta in privato potesse risultare interessante da pubblicare.

Una cosa sola voglio aggiungere, ed è che in questo periodo mi sono fatta diverse domande su tutto ciò, e sono arrivata anche a pensare che quando ero piccola mio padre lo vedevo poco perché lavorava in Svizzera, quando rientrava anche se lo facevo incavolare finiva sempre per perdonarmi e dire che non voleva avessi un brutto ricordo quando era lontano; ho sempre amato mio padre ma forse certe sue sculacciate mi sono mancate e forse anche certe lavate di testa da chi mi era vicino e, guarda caso, sempre perché avevo un padre che non viveva molto con me: sono quindi cresciuta con la grinta di una che doveva sgomitare perché non lo aveva vicino. Presto ho assunto ruoli di un certo tipo per essere all'altezza della sua assenza, ma forse, dentro me, quella bambina è rimasta parcheggiata e ha aspettato qualcuno che le dicesse "non si fa!", "fai questo e quello" o "visto che fai la cattiva ti meriti questa o quella punizione".

Non posso essere certa sia vera come spiegazione, di certo non tutti avranno la stessa mia reazione o necessità: fatto sta che su me il dolore e le punizioni scatenano qualcosa di inspiegabile che evidentemente mi fanno star bene.

 By http://spazio.libero.it/frinfillina/

p.s. Scusatemi, ho provveduto a cambiare il tag, in effetti "borderline" era fuorviante. Mettetevi anche nei panni di chi deve curare un blog e fa i salti mortali: purtroppo non siamo robottini e capita l'appannamento che ti fa scivolare su una buccia di banana... "Zone d'ombra" mi sembra azzeccato. Che dite?

                                     

con affetto         Sergio

Uno che ci mette la faccia, sempre.

 
 
 

Quelle maledette "quasi domande" dentro di noi...

Post n°664 pubblicato il 27 Giugno 2012 da sergioemmeuno
 

Del mio mondo interiore, mi spaventano più le "quasi domande" che le domande... Una domanda chiara, per quanto dura, sorge ogni tanto e si presenta bussandomi alla porta, sicché potrei avere modo e tempo di meditare...

 

 Una "quasi domanda" ci condanna senza appello: è lì, sul pelo della nostra superficie, appena percepibile. Con una discrezione, un tal garbo, che ci prende per il culo. Sempre. Non di rado conosce e impiega i ferri della Seduzione.

E' una "domanda sporca", a volte il ritorno di una nostra risposta... 

 

Se spunta all'alba, potete giurarci che getterà la propria ombra lunga sull'intera giornata: dietro quel cancello accostato. Questa maledetta.

 

 Un paio di esempi di  "quasi domande" su due piedi: ci inducono a chiederci, sussurrandolo in modo lascivo, se siamo felici o meno; o se la persona al nostro fianco sia quella giusta; o se c'è un amico che farebbe qualsiasi cosa per noi... L'ombra lunga è sempre lì, e se ne avverte anche il rantolo.

 

Ma imparerò, imparerò ad essere vigile, imbracciando il Kalash.

Nel frattempo, non posso fare altro che maledirla. Lei e Noesis.

 

...Conosce e affonda col bisturi della Seduzione. Nei casi più letali la "Garbata" si appoggia all'ombra di un altro Vivente inconsapevole.

 

Questa maledetta.

 

Sempre in agguato, dietro quel cancello semiaperto...

Maledetto logos della dormiveglia.

 
 
 

La zavorra, le nostre aspettative, vita...

Post n°663 pubblicato il 26 Giugno 2012 da sergioemmeuno
 

 

 

Forse è solo quando riusciamo a liberarci di tutte le

 nostre aspettative, come zavorra,

che la nostra vita si alleggerisce,

e ci sorprende...

                                                                             

Sergio  M

 
 
 

Report 25° party MC Gallier – Altenburg (Asbach) D

Post n°662 pubblicato il 26 Giugno 2012 da sergioemmeuno
 

Seconda parte – Il Party

Scegliamo un buon posto e piazziamo la tenda nel prato, pian piano cominciano ad arrivare altri bikers dai paesi vicini, ognuno sceglie il suo posto, il campo comincia ad animarsi.

L’organizzazione finisce di preparare gli ultimi dettagli.

Naturalmente ci offriamo di dargli una mano, la musica di sottofondo si fa sempre più alta, cataste di legna per il fuoco, che arderà fino alla fine della festa.

Tra una birra e l’altra si inizia a giocare, uno dei giochi preferiti è piantare il chiodo nel ceppo, un colpo a testa, chi per ultimo azzera il chiodo paga un giro di birra; a dimenticavo, il martello ha una forma strana, tutte curve e finisce con un pezzo di tubo cavo, riuscire a piantare il chiodo è un’impresa ardua, generalmente si cicca; ognuno usa la sua tecnica, chi sceglie il colpo forte, altri preferiscono il colpo leggero; no, è fuori ancora un pezzettino, ritenta, acc… perso, mi tocca pagare il giro!

Incontriamo vecchi amici, la conversazione è da parte nostra in un inglese stentato, ogni volta mi dimentico il vocabolario a casa!

Ci aiutiamo a vicenda, l’inglese l’ho studiato 40 anni fa, e l’ultimo anno mi ero preso anche l’esame a settembre, lo uso solo quando vado in Germania, decisamente stentarello, fortunatamente le birre aiutano a comprenderci.

Verso sera il party si anima di gente, i complessi cominciano a suonare, alcuni sono attenti, altri ascoltano e parlano con gli amici.

Il pizzaiolo sforna pizze a tutto spiano, è organizzatissimo, un forno a legna sul camioncino, una semibaracca per le ordinazioni, la pizza non è larga, ma alta, una quintalata di peperoni, cipolle, formaggio, e altri verdure a piacere; alcuni ragazzi s’improvvisa pizzaioli e gli danno una mano.

Quelli che non ci conoscono ci offrono birre a tutto spiano, italiani?! Ma siete venuti solo per la festa? Ma voi siete matti! E giù birra!

La musica è finita, ma gli amici non se ne vanno, pian piano la festa comincia a scemare, cominciano a ritirarsi nelle tende, chi ci arriva, solo gli ultimi resistono vicino al fuoco, qualcuno cerca di restare fino all’alba, vedere spuntare il sole e poi a nanna.

Ho un’età che non riesco più a tenere quei ritmi!

E’ stato un venerdì molto bello, e la festa grande comincia domani!

Alla mattina mi sveglio di buon’ora, saranno state le otto, ( una volta ad una loro festa di Capodanno, mi svegliai in uno stato semicomatoso alle 4 del pomeriggio, mi faceva schifo anche l’acqua!), e dato che non mi piacciono i cessi chimici, parto, con la mappa tattica, per una passeggiata bucolica, scendo nella valle alla ricerca di un albero adeguato alle mie esigenze, risolto il problema, proseguo il cammino, arrivo in fondo alla valletta, c’è un ruscello che scorre lento di fianco a un pianoro ove alcuni cavalli pascolano liberi, in un erba verde smeraldo; un’immagine da “il vecchio e il bambino” di Guccini.

Risalgo dall’altra parte della valle verso un gruppo di case, c’è anche la fattoria di Jurghen,

ci sono cavalli, daini, caprette, oche, le case sono tutte in ordine, case bianche con le strutture il legno di marrone scuro, nessuna recinzione e tante aiuole fiorite.

La strada prosegue in salita e si può scorgere dall’altra parte della valle Altenburg con l’albero della cuccagna.

Rientro, e invito Roby a ripercorrere la mia strada, va e al rientro mi conferma le mie impressioni.

Ora ho bisogno assolutamente di un CAFFE’, mi sono portato la moka da casa, ma ho dimenticato il fornello; fortunatamente nella Club-House c’è the “Beast” ancora accesa, e con un po’ di pazienza finalmente arriva il mio CAFFE’!

Poi la colazione, uova pancetta a volontà, pane, marmellata, miele, offerti dall’organizzazione!

Il tempo non è dei migliori, mah… va bè… prendiamocela con calma.

Il campo pian piano si sveglia, ci si riporta verso il fuoco che è arso tutta la notte, è il punto d’incontro; la musica scelta dai DJ improvvisati è continuata tutta la notte, ma a volume non troppo alto, ora alla mattina dà la sveglia!

Gironzoliamo un po’, 4 chiacchiere, quasi quasi torno a dormire, arrivano altri bikers, i motori rombano, Sì, devo dormire, è meglio che mi riposi un po’ perché domani bisognerà ripartire.

Dormitina, ehi svegliati, sono arrivati i Motoroad Friend di Gladbech, amici che non vedevo da 10 anni, birretta, anche + di una, e via, fino alla sera.

Da esperienza acquisita, verso sera è meglio che vada a riposare un attimo, così mi sveglio verso le 21.30 e la festa è in piena auge.

Il complesso della serata è composto di una banda di Matusa, con una carica incredibile, con musiche sia moderne che tradizionali e satiriche, come ci hanno spiegato gli amici.

A mezzanotte, iniziano le premiazioni, ci sono premi per tutti, a seconda delle categorie, noi abbiamo preso il primo e il secondo per quelli che arrivavano da più lontano.

La festa continua, la Club-House è strapiena, le birre scorrono a cassette, alcuni si addormentano in piedi sui tavoli o contro i pilastri, altri sui divani o le panche posti sotto la veranda.

Alle 2, cedo domani comincia il ritorno, arrivo alla tenda e ronf.…

ronf Buonanotte!

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Fine seconda parte by http://spazio.libero.it/captain_harlock_7/

 
 
 

Report 25° party MC Gallier – Altenburg (Asbach) D

Post n°661 pubblicato il 26 Giugno 2012 da sergioemmeuno
 

Io e Roby Puffo abbiamo ricevuto l’invito di andare alla festa dei 25 anni del club.

 

Ci organizziamo, la tenda la porto io, è del 1986, non entra ancora l’acqua, ha qualche problemino, ma va bene così!

Partiamo il giovedì, ce la prendiamo comoda, faremo un giro turistico puntando sulla Foresta Nera.

Ho studiato un percorso alternativo per non smazzarci tutta la sardo strada!

Roby recupera una Hornet da Roby Crow, e senza allenamento e dopo 10 anni dall’ultima volta che è salito su una moto, partiamo.

Partiamo da casa sua e fino alla frontiera di Brogeda, tutto bene, il solito traffico.

Mi fermo per il comprare il bollino svizzero, non scende bene il cavalletto, la moto s'inclina e cado, finisco con bauletto e casco contro la portiera di una A3 nuova di pacca che si era fermata di fianco, sbang!!! Meno male che era la macchina della ditta, perso mezz’ora per constatazione amichevole.

Ripartiamo, Roby, come va con la benza? Bene direi non sono ancora entrato in riserva! Dopo Bellinzona fino al Gottardo non ci sono distributori.

Superiamo Bellinzona e a metà della Val Leventina comincia a piovere, ci mettiamo gli scafandri sotto un ponte, e proseguiamo.

Ad un certo punto prima dello svincolo per Ambrì, lo vedo nello specchietto allontanarsi, sputt, sputt, … sono a secco!

Quel piccio di Roby Crow non mi ha avvisato che il rubinetto era rotto e bloccato sulla riserva sbotta Roby Puffo!

Esco dall’autostrada, mi dirigo verso nord, mi fermo presso un gruppo di sciamannati ad informarmi da che parte è il paese più vicino, vai avanti 2 o 3 km e c’è il paese, ok!

Trovo il distributore, recupero un bidoncino, il distributore era automatico, non ricordavo il PIN della Carta, faccio benza avventurosamente, fortunatamente accettava gli euro, ma non dava resto, faccio il pieno anch’io e lascia qualche cosa per il prossimo fortunato.

Torno indietro; bene o male riusciamo a fare il travaso con una bottiglia di plastica trovata nell’immondizia e ripartiamo.

Purtroppo date le avverse condizioni meteo, il passo del Gottardo era chiuso, ci è toccata la galleria 17 km di caldo, semibuio, smog, camion, pullman, un traffico infernale,  un girone dantesco!

All’uscita coda kilometrica in senso inverso per attraversare il tunnel.

Iniziamo a scendere, e giù acqua! poi il tempo migliora un po’, non piove, ma il tempo rimane fetido.

Ad Altdorf usciamo dall’autostrada direzione Zurigo costeggiando il Lago di Lucerna, poi l’autostrada riprende e quando dalla 4 entriamo sulla 3 all’altezza della deviazione di Zurigo, Giove Pluvio scatena la sua ira, così ci fermiamo sotto un ponte, anche perché si era formata una  coda micidiale.

Dopo una buona mezz’ora  il traffico lentamente ricominciava a scorrere e poi cominciava a farsi tardi, e ne avevamo ancora di strada da fare, usciamo a Wettingen.

Prendiamo la cantonale 5 per Koblenz (Svizzera) ed un simpatico ragazzo su un cancello, ci ha risparmiato la coda, perché le moto possono circolare sulle piste riservate ai bus.

Dopo una lunga e misteriosa coda, con cautela, titubanti , visto il traffico in senso inverso a ondate, finalmente riusciamo ad arrivare alla frontiera Svizzera-Germania, passati senza problemi.

Abbiamo preso la 500,  una magnifica strada che viaggiava su un altipiano ondulato con curve ad ampio raggio, una pallida luce del tramonto illuminava i campi di un verde brillante, campi arati, distese di campi gialli, foreste di conifere che si alternano a boschi vari;il cielo nero.

 

Su indicazione di Wally abbiamo cercato vanamente un posto a Rothaus, che doveva essere sempre aperto, abbiamo girovagato per la zona, cercando e chiedendo disperatamente informazioni, poi a casa abbiamo scoperto che era chiuso.

Cominciava di nuovo a piovere, così abbiamo deciso di spararci gli ultimi 30 km verso Titisee, una cittadina che conoscevamo, perché 10 anni prima ci eravamo già fermati.

La cittadina era cambiata completamente, è diventato un posto decisamente turistico, con isole pedonali, fioriere , illuminazione soffusa, il primo albergo meno caro che abbiamo visto tra una goccia e l’altra, ci siamo fermati,  ormai erano le 22.00.

Ahhhh, il riposo dei giusti!

Alla mattina seguente, mi sveglio verso le 8, e, sorpresa, NEVICA?!!! Siamo a metà maggio e nevica.

Addio idea di arrivare a Baden-Baden via foresta nera.

Ormai le cime degli abeti erano già imbiancate e anche i prati erano bianchi, la strada invece era pulita.

Discesa verso Freiburg im Breisgau, bella cittadina anche sotto l’acqua, e man mano che si scendeva la neve lasciava spazio alla pioggia, abbiamo preso la A5, che non ci ha abbandonato fino ad Heidelberg, poi A67, e A3, tempo freddino senza sole, la bella autostrada a 3 corsie con ampie curve che percorre in un continuo saliscendi le colline, con ampi panorami sulle pianure sottostanti; quindi un po’ di strade contorte e arrivo ad Altenburg al party.

Siamo stati tra i primi ad arrivare, e ci hanno accolto con la solita simpatia, anche se era anni che non ci vedevano.

BIRRRRRAAAAA!!!!

Totali 870 km.

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Fine prima parte  by  http://spazio.libero.it/captain_harlock_7/

 
 
 

>>>>Tre aggettivi per descrivermi... per tutti gli amici della comunidad...

Post n°659 pubblicato il 25 Giugno 2012 da sergioemmeuno
 

 

Giorno a tutti.

   Prendendo spunto da un recente post della mia amica Eli, a sua volta ripreso da un'altra amica, vi chiedo...

Scegliete tre aggettivi che mi rappresentino... forza su!

   Sono ben graditi anche i difettucci, sennò che gusto c'è? (ehm, non esageriamo, eh...).

Buenos dias a toda la comunidad! 

 

 
 
 

Una voglia pazzesca di Laura... e nient'altro che di Laura (2).

Post n°658 pubblicato il 24 Giugno 2012 da sergioemmeuno
 

 

Sull’onda dell’entusiasmo continuai: <<Cosa cavolo ti manca? L’aspetto fisico? Prospettive di lavoro? Un ragazzo d’amare, tu?>>. Ripresi una boccata di ossigeno. <<Avrai tutto nella vita, perché sei veramente in gamba. E anche se ne sei ignara, resti una winner, una predestinata.>>

<<Oddio Danilo!>> si portò la lunga mano al generoso petto. <<Ma… ma… mi vuoi forse fare compassione? Ti avverto: non è questa la strada giusta per conquistare il mio muscolo cardiaco.>>

    <<Secondo me hai sempre avuto ottimi voti a scuola.>> Era evidente che un’intuizione del genere l’avrebbe avuta pure uno stolto, tanta era la cultura manifestata finora dalla ragazza, in ogni circostanza.

<<È vero. E con ciò?>>

<<Vedi? È scontato che diverrai un ottimo medico. Da cosa nasce questa tua vocazione?>>

<<Mah, in realtà da bambina dicevo sempre che avrei fatto l’infermiera. Vedi, è stato un percorso spontaneo, non calcolato. Giorno dopo giorno svolgi le tue faccende quotidiane sino a quando ti svegli, un mattino, con una consapevolezza: ti rendi conto che non potresti fare nient’altro, che il tuo sogno è aiutare gli altri e studiare le patologie del corpo umano.>>

<<Una consapevolezza graduale, giusto?>> Lei annuì. <<Però i sogni da soli non bastano. Sono necessarie anche le capacità, altrimenti, dopo il risveglio, ci si ritrova dietro un bancone della macelleria o una scrivania dell’ufficio sommersi da montagne di carta.>>

<<Ovvio. Ma le nostre capacità vanno potenziate e raffinate con sacrificio e dedizione. Non ti immagini quante ore ho studiato in tutti questi anni.>>

<<Brava fessa, e magari hai trascurato qualche moscone che ti ronzava attorno>>,   la pizzicai.

<<Signorino Dani, lei è terribile>>, scoppiò in un’ariosa risata. <<Non ti preoccupare, mi sono dedicata anche ad altro>>, mi ammutolì, allargando ancor più quegli occhioni color caffè. A quel punto mi passò la palla: <<Ora parlami un po’ di te. Qual è la tua aspirazione?>>.

<<Frequenterò la facoltà di lettere moderne.>> Adesso il suo viso era inclinato e poggiava con grazia una mano sulla tonda guancia. <<Il mio desiderio è insegnare, avere a che fare con abbozzi di uomini e di donne>>, spiegai.

     <<Gran bella cosa. E di questi tempi non è certo facile. Le cattedre sono sempre di meno e i giovincelli sono scalmanati. Se pensi che a otto anni tengono acceso il cellulare in aula… sai che sinfonia se suonano tutti insieme.>>

     <<Tra l’altro hanno voluto alzare una muraglia. Da una parte ci sono gli istituti che contano. Dall’altra, per gli sfigati, la scuola di serie B, per la precisione quella statale.>>

    <<È una questione a dir poco scandalosa. Forse solo con le rivoluzioni si cambiano le cose>>, affermò mostrando disgusto verso lo Stato.

    <<Ma se non siamo capaci neppure di prendere una decisione in comune! Guarda la nostra cara Officina. A ogni modo, credo che oggi bisogna ricreare degli spazi sociali, dei punti di riferimento per i ragazzi. Botteghe per apprendisti, scuole di avviamento professionale, circoli politici e artistici. Anche dei collegi per i bambini orfani.>>

    <<Concordo. Negli spazi comuni uno si fa le ossa, finché un bel giorno è pronto per tuffarsi nell’oceano della vita.>> Comunque entrambi convenimmo sul fatto che la nostra metropoli, Sìagora, era socialmente avanti anni luce rispetto alla decadente penisola italica. E i giovani erano autonomi e attivi su ogni fronte.  

     Fissammo i nostri occhi per qualche istante verso ponente, contemplando l’ultimo bagliore emesso dal sole. In lontananza, oltre dolci pendii, tappezzati di quando in quando dai tetti delle case, dalle chiome degli onnipresenti ulivi e dagli ingombranti tralicci dell’elettricità, si intravedeva la maestosa distesa sfavillante del Medio Tirreno. Luce morente e sangue si mescolavano nel mezzo del mare.

    Un sole che declina, un punto d’osservazione alto, una distesa immensa sullo sfondo: io e lei. I raggi obliqui della sera le scaldavano il viso trasfigurandolo. 

    Sotto la nostra portata ottica cadeva pure un acquedotto dell’epoca imperiale romana; le sue arcate di pietra, murate a secco, garantivano una costante e lieve pendenza della conduttura.

   

   L’aria si ingentiliva sempre più e l’autunno avanzava con piccoli e malsicuri passi. Mi apprestai a preparare con cura la brace, mentre Laura tirò fuori le salsicce e le braciole dagli zaini. Era uno diletto vederla muoversi e sbrigare le faccende più semplici; quel suo portamento, elegante ma non sciorinato, non veniva mai meno.

    <<Guarda che roba>>, parlai a bocca piena, <<nello stesso luogo una stazione di un secolo fa e un acquedotto di duemila anni or sono.>>

    <<Vero, questi luoghi conservano una certa potenza evocativa.>>

    <<D’altronde, il nostro caro Gabriel non trascura alcun dettaglio.>> Esplodemmo in una grassa risata: io non riuscii a contenere il vino dalla bocca, mentre Laura rischiò seriamente di strozzarsi a causa di un boccone rimasto conficcato in gola. Dopo mi raccontò che, assieme alle altre ragazze, aveva provato invano a strappare qualche notizia della vita dalla bocca serrata del maestro. Avevano saputo solo che era stato capocantiere per molti anni, e che venerava il lavoro dell’uomo nei campi. 

    <<Furbacchiona, non mi hai ancora risposto alla domanda di prima.>>

    <<Chiedi e ti sarà risposto.>>

    <<Qual è la tua angoscia… Cos’è che ti tormenta>>, osai scendere nei suoi abissi.

   Una lunghissima pausa. <<Ho avuto un padre meraviglioso. Anzi no, direi semplicemente perfetto. Un guaio.>>

Ho avuto un padre meraviglioso. Anzi no, direi semplicemente perfetto. Un guaio non da poco.

     A questa confessione qualsiasi parola sarebbe stata superflua. Presumibilmente, si sarebbe potuta innamorare solo di un ragazzo perfetto. 

    <<Qual è il ricordo più bello che hai di lui.>>

   <<Quando d’estate mi portava sul lungomare col suo scooter>>, replicò. E il suo occhio luccicò come mai si era visto.

 

Era una morbida sera che strizzava l’occhio a ottobre, sebbene ancora lontano. Gli olivi si apprestavano a elargirci i magnifici frutti. Un suono smorzato. Una fragranza debole. Un tocco di velluto.

 

Una di quelle sere che transitano ogni cent’anni. Un corpo celeste.

Nella tenda toccai la mano a Laura Ducròs. Era soda e calda. All’istante mi sentii uno stupido e mi pentii del gesto.

E la ritirai.

 

Anni dopo avrei capito che non era stato affatto stupido: ero solo stato piccolo. Un uomo piccolo.

 

 

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Dal mio romanzo Generazione oltre la linea.

 

 
 
 

Una pazzesca voglia di Laura... nient'altro che Laura (1).

Post n°656 pubblicato il 24 Giugno 2012 da sergioemmeuno
 

 

Le quattro coppie dell’Officina si salutarono e ognuna intraprese la propria strada, munita di zaini, con all’interno mappe, sacco a pelo, torcia, vivande, gavetta e quant’altro.

 Io e Laura

Dopo il viale degli eucalipti, passammo su un ponte sopra la ferrovia e ci dirigemmo verso nord-est, arrivando presto sulla strada statale. Mi balzò in testa l’idea di fare l’autostop e coinvolsi nella furbata la stessa Laura. Chissà cosa avrebbe pensato il povero Gabriel se mi avesse visto. Un’anima pia con un furgoncino si fermò e ci caricò, lasciandoci poi all’incrocio con un’altra statale che si inerpicava su un declivio assolato, tra campi di grano nudi e filari di vite.

Quindi decidemmo di raggiungere, consultando la mappa, una stazione ferroviaria abbandonata, sicché ci allontanammo dalla pista asfaltata, lasciandoci languidamente inghiottire dall’entroterra. Proseguimmo indomiti, circondati solo dalla pace agreste, rotta a volte dai belati delle pecore e dai latrati dei guardinghi pastori maremmani; e salimmo e salimmo ancora per molto.

La meta era sempre più lontana, ambedue zitti e impegnati nello sforzo. Lungo il cammino, non facemmo a meno di cogliere qualche fico di fine stagione. Se non fossimo stati in un contesto del genere, di sicuro sarebbero stati insipidi. Talvolta le nostre narici venivano assalite da repentine folate, l’olezzo piccante del mosto che fuoriusciva da qualche cantina nei dintorni.

Finalmente, fra punteggiature di ruderi etruschi e romani, e lo sguardo arcigno di case coloniche, approdammo alla meta prefissata: una stazione, un secolo fa appartenente alla “via dell’allume”. Il casello era ancora in discrete condizioni: era una palazzina a due piani, rivestita in superficie da un intonaco grigio, dietro cui si scorgeva qua e là qualche pietra; le finestre erano in legno e verniciate color verde, un po’ scrostate ma orgogliose; sotto il tetto, le travi di castagno, messe a regola d’arte, sembravano tuttora integre; più in basso c’erano le lanterne a petrolio, sorrette da neoclassici supporti in ferro.

I binari erano stati smantellati, ma, in compenso, dalla parte posteriore e ai piedi del casello, una carrucola arrugginita e un meccanismo a manovella erano ancora lì – in qualità di superbi testimoni –, per rammentare i tempi andati in cui si manovrava a mano la barra del passaggio a livello. All’epoca transitavano innumerevoli carri merci e molti passeggeri. La parte a tergo della struttura si era inselvatichita, a causa degli arbusti d’ogni tipo e degl’intrichi di edera, che si era avvinghiata al fusto di una vecchia acacia.

Con estremo stupore, alzando lo sguardo vedemmo incise, su piastrelle quadrate di maiolica, alcune lettere del presunto nome della stazione, di color rosso e su sfondo giallo. Purtroppo erano ormai deteriorate e illeggibili. Sotto il cornicione un barbagianni imboccava i futuri aviatori.

   Sul lato posteriore, ai piedi dell’acacia, decidemmo di collocare la tenda. Le  fronti grondavano di sudore e le nostre schiene flaccide imploravano clemenza, così duramente provate dalle chine dell’ultimo tratto affrontato.

<<Alla barba dei coast to coast, questi luoghi non mi dispiacciono affatto>>, ruppi il silenzio. Avevo ancora il fiatone. <<I film americani ci hanno rincoglionito e ammorbato, con quei falsi miti infiocchettati e pronti all’uso.>>

   <<Certo. E poi, sarò banale, l’importante è con chi stai>>, replicò illuminandomi

il tardo pomeriggio, mentre assaporava un fico.

   <<Perciò, vorresti dire che… insomma…>> tentennai.

   <<Sì, sì, hai capito benissimo. Sei un ragazzo di buona compagnia, per quanto tuttora non abbia compreso la tua scelta.>>

<<Quale scelta?>>

<<Per il Deserto. C’erano tante altre donne che potevi considerare. In primis, quella Patrizia, credimi, non è niente male davvero>>, mi suggerì.

<<Lauretta mia, ora ti metti pure a combinare per conto terzi?>> sbottai risentito.

<<Ciò che voglio comunicarti è che, forse, non sono come tu mi vedi.>>

<<Vuoi dirmi, con parole dolci, che non sono in grado di capire il vostro mondo?>> Ripresi: <<Per me sei una ragazza di enorme spessore, con un equilibrio fuori dal comune>>.

<<Ti ringrazio. Ma tu cosa sai esattamente della mia vita? Sono solo alcuni giorni che ci conosciamo. Non basta una vita per penetrare una natura femminile>>, disse con tono secco e perentorio.

<<Ora giochi a fare la complicata.>>

<<Il punto è proprio questo: io sono complicata. Sono una natura complessa. Dall’esterno gli altri mi osservano e pensano: “Laura è una ragazza matura per la sua acerba età, serena e gioviale. Un giorno avrà una stupenda famiglia e sarà un buon medico.” Ma non sanno che pure io ho le mie angosce>>, si confessò a ruota libera.

   <<Be’, sei pur sempre una donna e come tale… Comunque passano le generazioni, cambiano le mode, ma c’è sempre una costante: questa dannata inquietudine. Forse abbiamo perso l’abitudine di zappare la terra o partire da un giorno all’altro per il fronte. Se poi una tosta come te si sente angosciata, io alzo bandiera bianca e declamo ufficialmente il fallimento della nostra generazione!>>, mi infiammai nel discorso.

  

Lei aveva teso l'orecchio con quella proverbiale capacità. Non a caso era Laura: adorabile pure quando si discorreva di inquietudini o di argomenti impegnati o noiosi. 

   

   <<I giovani saranno sempre inquieti, è un percorso naturale, frutto della ricerca. La gioventù è come un laboratorio. Certo, in eredità ci hanno lasciato molti buchi… negli affetti e nei principi>>, sintetizzò con perizia e semplicità. <<Ma la differenza rispetto alla generazione passata è che noi ci mettiamo l’anima. Sappiamo reagire, Dani.>>

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>>>>CONTINUA (dal mio romanzo Generazione oltre la linea).

p.s. il Deserto, nella scuola di Gabriel, è uno strumento di Comunità attraverso cui si sta insieme a un altro allievo per conoscersi meglio.

 
 
 
 
 

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