Cronache di Toki

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Creato da GiuseppeToki il 03/05/2009

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Review

Post n°85 pubblicato il 05 Luglio 2011 da GiuseppeToki
 

13 Assassini (Takashi Miike, 2011)

Se devo proprio salvare qualcosa delle terribili campagne pubblicitarie per celebrolesi del nostro paese, nel caso dell'ultimo lavoro di Miike scelgo lo slogan "dal regista culto" perchè effettivamente di tale uomo si tratta. Quest'uomo vanta all'attivo quasi 50 film in vent'anni di carriera, con alti e bassi ma sempre con un'occhio attento alla forza del linguaggio visivo e dell'impatto forte, tant'è che uno come Tarantino lo considera uno dei suoi idoli per capolavori gore come Ichi The Killer. Dopo due fumettose escursioni anime (Yattaman e Zebraman) la scommessa del grande cineasta giapponese questa volta punta alto, proponendo un kolossal sul tema più tosto possibile: quello dell'era dei samurai. Talmente costoso da riuscire nella titanica impresa di arrivare distribuito in italia,ormai superata da biellorussia e romania per qualità della distribuzione nelle sale (sob). Ma la domanda è: il film merita oppure no? la risposta è nei vostri limiti, si tratta infatti di una sorta di ricerca certosina del fotogramma perfetto a metà fra la trilogia del dollaro di Sergio Leone ed i classici di Kurosawa, con una spruzzata degli action di Kitano e Tarantino. Miike può contare su alcuni dei migliori attori al mondo (strepitoso Koji Yakusho nei panni del leader degli assassini) diretti con maestria e maturità, senza eccessi nel wuxia ma bensì con notevole realismo, anche quando, nella sanguinosa battaglia finale che tanto farà esultare i fan del sangue e della carne, piuttosto che lasciare spazio all'azione fine a se stessa il film mette sempre l'uomo in primo piano, trattando peraltro il tema della cieca obbedienza e della follia dell'imperialismo sfrenato con un piglio che Spielberg dovrebbe segnare sul taccuino e ripassare tutte le mattine. Una dura lezione agli action epici occidentali? Dal punto di vista del linguaggio cinematografico senza dubbio alcuno, si tratta di un film di spessore immane nonostante le virate splatter, dove l'unico ostacolo alla fruizione del pubblico schiavo del cinema d'america risiede nella voglia di prendere fiato, di centellinare gli sguardi e i volti di uomini dal karma roccioso, tempistiche che stiamo dimenticando a furia di script figli dello xanax.

Voto : 9 

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Una notte da Leoni 2 (Todd Philips, 2011)

Bah'.  E dire che nella famigerata scena cult delle fotografie sui titoli di coda del primo stavo letteralmente piangendo dal ridere, definendo il film di Todd Philips la commedia del decennio (esagerai, ma non ero lucido). Questo sequel riesce nell'improbabile compito di fare allo stesso tempo una mossa geniale ed un errore colossale. Come? riproponendo la stessa, identica, pedissequa ricetta del predecessore che tanto stupì per una scrittura che ricordava Memento di Christopher Nolan per via del modo di svelare gli eventi a ritroso. Qual'è il problema? che oltre a non sorprendere più per ovvi motivi e nonostante un'ambientazione potenzialmente devastante (Thailandia) non fà nemmeno troppo ridere, sostituendo l'innocenza sballona della prima disavventura del trio con una volgare versione americana dei migliori film di Neri Parenti (avete capito bene) toccando peraltro apici di rara tristezza in una scena che riguarda un transessuale davvero, ma davvero, ma davvero terribile. Per carità, non mancano le risate ( e le foto finali sono ancora uno spasso clamoroso) ma siamo ben distanti dalla perla che fù Una Notte da Leoni, e ci metto dentro persino il personaggio interpretato da Zach Galifianakis, che ricorda più il protagonista di Parto col Folle che lo spassosissimo Alan del precedente film. Magari un terzo lo guardo anche eh, ma cerchiamo di raddrizzare il tiro, mr. Philips.

Voto : 5.5

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The Conspirator (Robert Redford, 2011)

Poco sopra trovate le lodi smisurate dedicate all'ultimo film di Miike, che per certi versi può considerarsi simile a quest'ultima opera del sempre più bravo Redford. Dietro ad una storia di cospirazione politica riguardante il misterioso omicidio del presidente Americano Abramo Lincoln nel 1865, si cela una grande dimostrazione di solidità direttiva ed attoriale, che mette i protagonisti dell'intrigo ben sopra l'intrigo stesso. Redford sà davvero spremere gli attori come i migliori registi fanno, costruendo un prodotto sostanzioso e lucido, che tiene alto il livello d'interesse fino alla fine grazie al carisma di nomi come Tom Wilkinson (grandioso), Colm Meaney, un'irriconoscibile Kevin Cline ed una bravissima Ronin Wright Penn nei panni della protagonista , accusata dell'assassinio del presidente e condannata a morte. Ma cosa c'è di accattivante per chi non mangia cinema d'autore a colazione? Sicuramente la volontà del regista di rappresentare il lato oscuro del giustizialismo americano, delle impiccaggioni come maschera di una società corrotta che non accetta compromessi quando si tratta di nascondere errori di valutazione grossolani, come condannare a morte innocenti per "tenere tranquille le masse". Redford ha scelto un percorso di denuncia che credo non mollerà tanto presto, a questo punto possiamo solo aspettare la prossima rivisitazione storica delle ombre della terra di Obama.

Voto : 7.5

 
 
 
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