Cronache di Toki

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Creato da GiuseppeToki il 03/05/2009

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Review

Post n°69 pubblicato il 01 Febbraio 2011 da GiuseppeToki
 

Vallanzasca - Gli angeli del Male (Michele Placido, 2011)

Michele Placido, sempre più convinto di poter fare il Brian De Palma italiano, ripropone con un pizzico di spocchiosità una storia di malavita reale dopo il riuscito Romanzo Criminale, questa volta raccontando le gesta del noto bandito Milanese Renato Vallanzasca. Se c'è una sensazione che più di altre ho avvertito subito dopo la fine del film è che, nonostante tutto, questa è una storia che meritava di essere raccontata dal cinema, nonostante le polemiche e nonostante la caratterizzazione del protagonista forse eccessivamente fascinosa e carismatica al punto da renderlo quasi simpatico. Vallanzasca era in grado di pronunciare frasi come "Va che io non sono cattivo, ho solo il lato oscuro un pò pronunciato", era fondamentalmente avverso alle Mafie (ti comporti come gli schifo di mafiosi!), possiede pagine web di aforismi ed era amato dalle donne che lo tempestavano di lettere durante i periodi in carcere. Difficile riportare su schermo tale individuo senza cadere in controversie morali, ma grazie ad un eccezionale Kim Rossi Stuart (calato nella parte alla perfezione e con un curiosissimo accento milanese) l'esperimento diabolico di Placido può considerarsi riuscito. Una pellicola girata ad hoc, dotata di ritmo, violenza e dialoghi efficaci, con un lavoro di casting clamoroso che propone una serie di attori misconosciuti dalle facce perfette per il ruolo interpretato al punto da far quasi sorridere. Romanzo Criminale proponeva un cast riuscitissimo ma Stefano Accorsi era fuori luogo nei panni del duro ispettore di polizia ad esempio, cosa che in Vallanzasca non accade nemmeno con le comparse. Lodevoli le interpretazioni di Filippo Timi nei panni dello scalmanato Renzo e di Francesco Scianna, un'azzeccato Francis Turatello che pare uscito da uno Scorsese qualsiasi. C'e' poco da dire, quando Placido s'imbatte nel Noir sembra dotato di una marcia in più, al punto da farmi sperare in un futuro lungometraggio totalmente di finzione, che permetta finalmente all'italia di poter vantare un film sul crimine di levatura mondiale senza strascichi polemici o limiti propagandistici (per rispetto delle vittime il film non è stato messo in concorso a Venezia). Michelone, inventati una storia da zero e goditi il successo internazionale, via.

Voto : 8

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Hereafter (Clint Eastwood, 2011)

Duole ammetterlo, ma dopo aver rifilato un tris di capolavori del calibro di Million dollar Baby, Lettere da Iwo Jima e Gran Torino non è semplice affrontare un'altro film "normale" dopo il discreto Invictus, sopratutto se si tratta addirittura di dover stroncare l'ultimo lavoro del vecchio. Hereafter è il tentativo di Clint di rappresentare il tema della morte e del mistero della luce in fondo al tunnel in stile autorale, tentativo fallito da ogni punto di vista. Utilizzando tre storie parallele che hanno per protagonisti il sensitivo George (Matt Demon) la giornalista Marie (Cecile de France) ed il piccolo Marcus (un ragazzino sconvolto dalla perdita del fratellino) la pellicola si divincola con invidiabile lentezza nelle vite dei tre protagonisti, tutti legati dal rapporto con l'aldilà su diversi piani formali. C'e' chi come Marcus cerca disperatamente risposte per accettare il passaggio del fratellino ad una vita migliore di quella trascorsa sulla terra, mentre Marie scopre la spiritualità dopo uno spaventoso tsunami da cui è scampata viva per miracolo. George vive in solitudine a causa del dono di vedere i defunti più vicini alle persone con cui viene a contatto, ed è in cerca di una vita normale, rifiutando compensi e lavori nel campo religioso per dedicarsi al lavoro in fabbrica. Il problema principale di Hereafter risiede nella totale mancanza di profondità, nonostante i tentativi di scavare nelle coscienze dei personaggi tramite l'uso di espedienti drammatici come eventi catastrofici, morti o crisi affettive. Un film che non aggiunge nulla sul tema, che non riesce ad incuriosire gli scettici e che non si rivela devastante per chi ci crede, insomma un buco nell'acqua. Le doti migliori del regista sono la forza emotiva di un cinema fatto di immagini, volti e sensazioni forti narrate con fermezza, doti che iniziano a sfumare col passare degli anni e che spero di ritrovare nel prossimo esperimento dell'anziano attore ottantenne. Sicuramente il prodotto più personale di Clint Eastwood, che per ovvie ragioni d'età inizia probabilmente a trascorrere ore nella ricerca di una spiegazione, di un'appiglio in vista della fine dei giorni sulla terra. Fa quasi tenerezza vero? La sufficienza ad un film del genere si potrebbe anche dare (non manca qualche scena toccante) ma voglio bocciarlo, sperando che l'addio al mestiere del vecchio di S.Francisco arrivi con qualcosa di alta levatura.

Voto 5.5

 

 
 
 
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