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« Una serena famigliola italiana.Non ho mai avuto problem... »

Un grande amore.

Post n°180 pubblicato il 16 Ottobre 2006 da ipermarco1
 
Foto di ipermarco1

Ben trovati CyberArguti

Iniziamo la settimana con un grande storia d'amore perbacco!
Magari è di buon auspicio per tutti (finale a parte, ma si sa... i grandi amori non finiscono mai con figli a carico e bollette da pagare).

LA PREMESSA
"Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai per una selva oscura, ché la diritta via era smarrita.
Ah quanto a dir qual era è cosa dura, esta selva selvaggia e aspra e forte, che nel pensier rinnova la paura!
Tant’è amara che poco è più morte; ma per trattar del ben ch’i’ vi trovai dirò de l’altre cose ch’i’ v’ho scorte."

Fermate gli sbadigli non scriverò della divina commedia ma di un incontro che ha prodotto il ricordo di una antichissima, struggente, dolce e tragica storia d'amore.

L'incontro evocato dal Sommo Poeta nel mio caso é avvenuto con un albero particolare: un gelso rosso che adorna il mio giardino.
Un antico, grande albero frugale e rustico della famiglia delle moraceae sempre più raro... sporca un sacco. Pare che questa nobile pianta provenga dal medio oriente e produce un frutto molto succoso (di cui sono MOLTO ghiotto) a forma di mora, di un colore che va dal porpora al nero. Appena si toccano, i frutti rilasciano subito il succo di un rosso intenso, come sangue. Non è consigliabile ingerire i gelsi acerbi, pare che contengano una sostanza allucinogena, ma a maturazione, il gelso rosso è molto dolce, ottimo per marmellate e deliziosi liquori e pare dotato di proprietà inenarrabili. Casomai ne venite a contatto attenti...macchia che è una meraviglia (ma la natura ci ha dato il rimedio per togliere queste difficili macchie). Se ne avete bisogno, chiedete e vi svelo il segreto.

Ma che centra un gelso rosso con una storia d'amore???
L'ispirazione, la poesia sono fenomeni strani... che fanno vedere cose oltre ciò che sembra, ed il mio amato ed ispiratore gelso rosso in questa storia c'entra alla grande... lo scoprirete in seguito.

Poverello, il mio gelso é già spoglio e pronto ad affrontare l'inverno. Questo mi fa rattristare un po' ma mi addolcisce il cuore... e così mi ritorna alla mente l'antica storia di Piramo e Tisbe. Una storia scritta migliaia di anni fa da uno dei miei autori latini preferiti il "Nasone" Ovidio. Ho scritto qualcosa su Ovidio in questo blog, spero che ve ne ricordiate.

IL FATTO
Piramo e Tisbe, giovane affascinante lui, tra le più belle fanciulle dell’oriente lei, abitavano in due case contigue, lì dove si racconta essere la cinta delle mura della città di Babilonia.

La vicinanza fu per loro dolce conoscenza, ed il tempo alimentò quell’amore che li avrebbe portati a sicure nozze. Ma... purtroppo, il loro amore era contrastato perché appartenevano a due famiglie che si odiavano a morte.
Ciò che nessuno li potette vietare fu l’ardente passione che annebbiava le giovani menti. Nessuno conosceva i loro sentimenti, infatti comunicavano con cenni e segni, così, come sempre accade, più occultavano i loro sentimenti maggiormente esplodeva il fuoco di quella passione.

A quei tempi i mezzi per comunicare erano alquanto limitati. Niente sms, msm, e-mail, internet e derivati.
Ma... “Cosa non riesce a scoprire l’amore?” Infatti nella parete comune alle due abitazioni vi era una vecchia sottile fessura che nessuno aveva mai notato.

"Foste voi - giovani amanti – a vederla per primi, 
e della voce ne faceste il cammin segreto
mentre le più dolci parole
riuscivano a passar con un bisbiglio."

E così, al calar della sera, da un lato Tisbe e dall’altro Piramo, riuscivano a percepire il respiro l'uno dell’altra sussurrando:

“ O invidiosa parete,
perché sei d’ostacolo a noi amanti?
Ma non siamo ingrati: a te dobbiamo
se possiamo comunicare,
giacché sei in effetti il viatico
delle nostre parole”.

Con queste ed altre parole si salutavano inviando l’un l’atro sguardi languidi che purtroppo non giungevano oltre il muro. Ma una sera accadde che tra sussurri e dolci parole decisero, profittando del silenzio della notte, di eludere il controllo e di uscir fuori dalle mura. I due frementi amanti avrebbero incatenato i loro guardiani ed avrebbero sottratto loro le chiavi per uscire. La nutrice di Tisbe era una donna ingenua, ed era molto facile sottrarle le chiavi, mentre Piramo si era messo daccordo con il suo guardiano che avrebbe finto di essere stato aggredito e gli avrebbe consegnato le chiavi.

I due ragazzi si dettero appuntamento al sepolcro del Re Nino nel bosco di Nini, vicino ad una fonte e a un albero di gelso dai frutti bianchi. Cautamente Tisbe, schiusa la porta, uscì fuori nel buio eludendo la sorveglianza dei parenti. Col viso coperto giunse al tumulo e come stabilito sedette sotto l’albero.

L’amore la rendeva audace.

Ma...improvvisamente sopraggiunse una leonessa con la bava alle fauci ancora imbrattata per aver ucciso da poco un bue, desiderosa di placare la sua sete nell’acqua della fonte. Appena Tisbe la vide comparire fra i raggi della luna con passo tremante si nascose in una grotta oscura, e nel fuggire abbandonò dietro di se il velo cadutole dal capo. Quando la leonessa ebbe ben bene soddisfatto la sua sete ritornò nel bosco ed imbrattò con la bocca sporca ancora di sangue quel velo abbandonato.

Più tardi, uscito di casa, Piramo vide impresse nell’alto strato di polvere le orme della bestia ed impallidì nel volto. Non appena si imbattè nel velo intriso di sangue urlò:

“Una sola notte perse due amanti!
Dei quali lei fanciulla da più che degna vita, mentre
io sono un misero colpevole. Io stesso, misera, ti chiesi
di venire in questo luogo che di notte è pieno di pericoli,
né riuscii a venire per primo. Ora sbranate il mio corpo,
e le mie scellerate viscere dilaniate a morsi, o leoni,
o chiunque viva tra queste rupi.
Ma da vigliacchi è chiedere la morte!”

Distrutto dal dolore, confuso Piramo raccolse il velo di Tisbe e come stabilito si avviò all’ombra dell’albero.
Pianse a lungo, guardando incredulo quel velo: “ Prendi ora anche il mio sangue, bevilo!” urlò.

Preso il pugnale, senza indugio se lo infilzò nel basso ventre, quindi, desideroso di morire, lo estrasse dalla ferita. Il sangue di Piramo schizzo in alto, i frutti, macchiati dal sangue, cambiarono all’istante faccia in un colore scuro, i gelsi divennero tinti di rosso.

Intanto Tisbe, non appena riuscì ad allontanare il timore,  per non venir meno alla promessa tornò cercando con ansia il giovane amante, per raccontargli quanta paura e quali rischi avesse sfuggito.
Riconosce il luogo e l’albero, ma rimane perplessa al colore dei frutti.
Tremante ed impaurita si accorge del corpo ancora palpitante ed insanguinato sul terreno.
Arretra di qualche passo.
Con il viso smarrito  cominciò dinuovo a tremare senza posa, mentre la pelle viene sfiorata da lieve brezza. Riconosce il suo amante e si percuote violentemente le membra con colpi rumorosi.
Strappandosi i capelli abbracciò il corpo dell’amato riempì la ferita di lacrime e mescolò il pianto con il sangue. Volgendo gli occhi al gelido viso urlò :

“Piramo chi o cosa mai ti ha strappato a me?
Piramo, rispondi è la tua cara Tisbe che ti chiama.
Ascoltami, voltati, alzati…”

Al nome di Tisbe Piramo tentò di volgere gli occhi, ormai pesanti per la morte vicina, e li fissò nel suo volto. Tisbe Riconoscendo il suo velo e la guaina priva del pugnale singhiozzando disse :

“Oh infelice ti uccisero il mio amore
e la tua stessa mano. Sia forte almeno una volta ancora
la mano, ancora per amore: mi dia la forza di ferire,
di seguire chi sta per morire, e si possa dire 
che io sono stata la causa e la compagna della tua
funesta morte. E tu che soltanto con la morte 
potevi essere separato da me, neppure dalla morte 
lo sarai. Così almeno i desideri di tutti e due saranno
esauriti. Oh, miseri i nostri genitori, per il nostro grande
amore che all’ultima ora ci unì, preparate un solo tumulo,
e non invidateci.
E tu , albero miserabile che nascondi con i tuoi rami
il corpo fai da protezione ad entrambi. I tuoi frutti
rimangano come segno di lutto di questo violento colore 
di sangue”

Così disse e rivolta la punta del pugnale verso il petto spinse nelle visceri il ferro, ancor caldo …

Per intercessione degli Dei l'ultimo desiderio di Tisbe fu esaudito ed una sola urna raccolse le ceneri di entrambi.

Da quel tempo ancor oggi quando i frutti del gelso sono ben maturi si tingono di rosso scuro e mangiati rafforzano il vigore degli amanti.

Sarà perché ne mangio tanti che io.... vabbé questa è un'altra storia.

MORALE
Come ben sapete "Nulla e come sembra" ... quindi se trovate il velo intriso di sangue prima di ammazzarvi... cercate il corpo!!!!

Buona settimana "CyberArguti".

 
 
 
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