Creato da alfazulu31 il 06/07/2011

AlfaZulu

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« RisveglioCi sarà ancora tempo? »

Era una notte buia e tempestosa.

Post n°143 pubblicato il 05 Maggio 2014 da alfazulu31

 

Anna aveva sempre avuto una cura davvero maniacale per la sceneggiatura. Scelse quella sera di temporale per lasciare Giorgio. Aveva le sue ragioni, lui non avrebbe mai avuto la forza di farlo. Lei era libera, economicamente indipendente, senza bagagli al seguito, appena più giovane di lui e con una voglia di viversi che non aveva uguali. Lui, per farla breve, stava all’opposto. Le voleva così bene che non fece nessun tentativo per farle cambiare idea. Il frastuono della tempesta era tale che Anna non sentì nemmeno l’ultima sua frase: “Abbi cura di te, ogni tanto dammi tue notizie”. Già camminava spedita verso la sua scelta.

Giorgio restò lì, immobile e sommerso dall’acqua che gli cadeva addosso. Fu il primo lampo a scuoterlo. Senti freddo. Raggiunse il locale che stava sull’altro bordo della strada.

Appena fu dentro venne fulminato dallo sguardo della barista. In quegli occhi si sarebbe potuto leggere “Ma non vede che è tutto bagnato, se ne vada via.” Non rispose alla possibilità offerta solo perché i suoi occhi erano momentaneamente ciechi. Raggiunse il bancone di quello che adesso gli sembrava un posto vecchio e immobile almeno quanto lui. Lo racchiuse tutto in un giro di capo che mise a fuoco tutti gli oggetti presenti. Nessuno, se si escludono le bottiglie negli scaffali, poteva avere un’età inferiore agli ottanta anni. Non c’era movimento in quello spazio, nessun suono.  La gente ai tavoli: sagome e profili vecchi. Le facce nascoste nelle mani. Indistintamente maschi e femmine. Gente immobile almeno quanto lui.

“Cosa desidera Signore?”

L’occhio attento aveva scovato uno sprazzo di vita. Una donna bisbigliavo all’orecchio di un uomo qualcosa. Si concentrò sull’attimo per carpire un barlume di speranza.

“Cosa desidera Signore?”

Cercava un appiglio, fu distratto dal pendolo, vecchio anche lui, segnava l’una e trentasette, quando…un lampo, il secondo, portò l’oscurità al locale.

…………………….

All’una e quarantacinque l’occhio si era assuefatto al buio. Non è mai troppo buio, lampade a petrolio, brace di sigaretta, riflessi rischiarano appena. Il temporale era ancora in atto, dalle finestre entravano lampi e i riverberi delle pozzanghere. Non è mai troppo buio, l’occhio si abitua rapidamente alla penombra e la scena comincia ad animarsi.
L’ambiente del locale trasferito nei ricordi, anzi anche quelli erano spariti. Una nuova dimensione che non trovava correlazione nell’altra. Giorgio non poteva nemmeno confrontare l’attualità con l’attimo prima in cui aveva messo a punto tutti i particolari. Tutto scordato, nemmeno un minimo di reminiscenza restava. Anche il temporale, unico elemento che univa le scene con i suoi lampi, tuoni, rumore di fondo era solo l’adesso. Era dentro la reminiscenza e non lo sapeva.

Fu allora che una nuova coscienza organizzata dall’ignoto dualismo cervello-pensiero vide.
Lo spazio era vuoto. Circondato da una barriera circolare ricca di ingressi. Al di là della barriera si intuiva esistesse il pieno. Giorgio decise di dare un nome all’oltrebarriera, trovò una parola sconosciuta sino ad allora, un neologismo che suonava bene: Vita.

La Vita non ha confini, occupa tutto lo spazio messo a disposizione. La Vita occupa il dualismo e si interessa degli spazi vuoti.

 

E’ buio e dalla porta di Sud-Est si intravede un’armata a cavallo. Si schiera in perfetto allineamento. Un cavallo bianco è montato da un giovane. La schiera urla il suo nome ripetutamente: Alessandro, Alessandro, Alessandro. Una piana verde, di fronte le mura di una città. Il cavallo bianco si impenna, la città verrà conquistata.

 

E’ buio e dalla porta Ovest ecco arrivare un’altra branco disordinato di cavalli, pezzati e montati da uomini nudi dipinti nel volto con ornamenti piumati. Urlano parole incomprensibili, suoni gutturali. Una piana verde, di fronte l’accampamento avversario. I cavalli partano al galoppo, l’accampamento verrà conquistato.

 

E’ buio e dalla porta Nord appare un esercito rumoroso trasportato da ferri cingolati scende verso la vecchia pseudo-civiltà. Sono invasati. Il loro capo assente. E’ solo una folle voce che dà ordini dal palazzo. Una voce che, nessuno ha mai capito come, è riuscita a coinvolgere milioni di persone a commettere crimini che non possono più essere cancellati. Una piana verde di fronte e territori immensi da conquistare. I cingoli raspano il terreno.

La pseudo-civiltà verrà irrimediabilmente trasformata.

 

Dalla porta Sud una Donna cammina. Altissima, dalle forme perfette, è nera, di quel nero che brilla. Ha un passo nobile, deciso, austero. Sa benissimo dove si sta infilando, ma non accenna a retrocedere, tanto meno a fermarsi. Ha un messaggio da consegnare agli eserciti dei tempi. Passa la porta Sud e raggiunge lo spazio vuoto nello stesso attimo che il sole è allo zenit. Sente il fragore delle armate, stanno per usurpare lo spazio vuoto, sarà un massacro, il solito inutile scontro tra ideologismi inutili. Nel centro dello spazio vuoto, la Donna si toglie la sacca dalla schiena, ne estrae il contenuto nudo, lo prende fra le mani e lo innalza al cielo. Non piange, sorride, si sbraccia, scalpita….le armate…le armate sono…

……………….

 

Improvvisa tornò la luce, un lampo di ritorno forse.

Una nuova dimensione che non aveva correlazione nell’altra. Giorgio non poteva nemmeno confrontare l’attualità con l’attimo prima in cui aveva messo a punto tutti i particolari vedendo dentro l’evolversi dei tempi su sino al tempo che deve ancora venire. Tutto scordato, nemmeno un minimo di reminiscenza restava. Il temporale unico elemento che univa le scene se ne era andato. Dalla finestre la luna faceva occhiolino, le stelle brillavano.
Era la una e quarantasei

Al banco una splendida Donna dalla pelle scura ripeteva:

“Cosa posso servirle signore? …Cosa posso servirle signore?”

“Qualcosa di forte” rispose Giorgio e non sapeva perché.

 

 

AlfaZulu31

 

* da un esperimento su linkedindondan

 
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