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Valstagna Giorno 2

Post n°670 pubblicato il 02 Settembre 2011 da CacciatricediSangue

Dopo aver copiosamente dormito (12 ore di fila o quasi) verso le 7 e mezza ci destiamo e usciamo dal bozzolo quechua. L’aria è fresca, i pochi campeggiatori ancora dormono quindi abbiamo tutto il bagno per noi (si la pasta del giorno prima si è rinfacciata tutta sulla turca!), doccia restauratrice e scrostante e colazione. Altra idea nefasta. Nella mia fase di risveglio, quando ancora non connetto, adocchio una banana e decido di fare la colazione salutista. Peccato che non avendo il frigorifero, la suddetta banana era stata esposta a sole e temperature elevate il giorno prima. La banana calla de primo mattino nun se po’ magna’.
Mi riprendo con il caffè, santo caffè, e la brioshina. Tra un occhio alle papere, un occhio al campeggio, con Morrigan cerchiamo di organizzarci per il pranzo per evitare la pasta scagazza del giorno prima. La Zimo ci avrebbe raggiunte nel primo pomeriggio quindi avevamo mezza giornata per poter decidere cosa fare.
“Oh, il pane c’è, facciamo un po’ di spesa, compriamo due stronzate tipo affettati, ma non troppi, da metterci in mezzo e pranziamo con il più classico dei panini.”

Ci ricordiamo del piccolo negozietto di alimentari subito dopo il ponte, di fronte alla piazzetta del paese. Ma dal ricordo all’alzare il culo per andare a “costruire” il pranzo passa un po’ troppo tempo, così che ci muoviamo che è ormai mezzogiorno. E i negozi, non stanno certo aperti per noi. Cosi proseguiamo, poiché Valstagna sono due casette in croce, optiamo per “visitare” i paesi vicini, che hanno l’aria di essere un pochino più popolosi. Povere illuse. Entriamo credo a san Nazario, ora non ricordo bene, seguiamo per il centro. Un paese fantasma aveva più vita. Incrociamo nel percorso un baldo giovane, chiediamo informazioni su un alimentari, un supermercato, qualcosa, ci indica un negozio li vicino, ma non sa se è aperto.

Ovviamente era chiuso. E ovviamente colui che non sapeva, gli abitava di fronte. Ma ‘ndo cazz vivi? ‘ndo la fai la spesa? Usciamo meste dal paesino e imbocchiamo nuovamente la strada statale, leggiamo Campese zona industriale “vuoi che li non ci sia qualche market? Le zone industriali del nord so piene di centri commerciali (dovevo calcolare che forse in Lombardia è così, nel boco di culo veneto proprio no).
Svoltiamo a destra seguendo le indicazioni, e di industriale c’era solo il cartellone. Mentre mi guardo intorno Morrigan urla “Fattoria!” e io “Dov’è? Magari rimediamo qualche ovetto, magari ha prodotti tipici” dev’essere l’aria di montagna che mi rincoglionisce cosi tanto. Morrigan aveva letto Fattoria su un’insegna di un rivenditore di mangimi. Non potevamo pasteggiare a suon di grano, non era il caso.

Prese dalla disperazione, prendo in mano il TontTont e decidiamo di dirigerci verso Bassano del Grappa, cacchio, Bassano è una cittadina, un fottuto supermercato ce lo avrà no? O aspettano il sabato per fare la spesa? Ovviamente ai bordi della strada era pieno di insegne di un certo Aliper, catena di supermercati fantasma, fanno un sacco di offerte, un sacco di pubblicità, ma dove stanno non ci è dato sapere. Per culo mi cade l’occhio su un nome già conosciuto “Famila”, catena di supermercati padani a me familiare, annotiamo la via, programmiamo il TontTont e seguiamo le indicazioni. Ammetto che è stato difficile trovarlo con tanto di navigatore, ma alla fine a pranzo Panino vs PastaScagazza 1 a 0.

Mentre attendiamo la Zimo e CompagnodiMerendePaolo, decidiamo di digerire con i piedi a mollo nel fiume…roba da rischiare la cancrena immediata per quanto era fredda l’acqua. Così tra un qua qua di chiacchiere con le papere, un avvistamento di donnole in coppia arrivano gli altri due campeggiatori. O meglio arrivano prima i bagagli, lanciati sulla distesa di cemento a rischio fiume, e poi loro.

Il tempo di montare la tenda e siamo di nuovo in totale relax. E in quel momento arriva lui, Riccioli d’Oro.
Costui, capello biondo boccoloso, calzoncino al ginocchio modello turista crucco, occhiali da sole stile Chips, scende con nonchalance verso la zona camping. Lo osserviamo mentre si aggira furtivo con macchina fotografica al seguito. Dopo qualche foto risale le scalette, e lo vediamo scendere armato di telo. Vicino la tenda della Zimo. Dal momento che ci trovavamo in panciolle seduti sulle sedie quechua stile toro seduto col culo a terra, potevamo solo notare questi boccoli che si aggiravano dietro la tenda della Zimo per poi andarsene dopo pochi minuti. scopriremo solo poi che tutto quello “smucinare” dietro la tenda della Zimo era servito per i rilievi, Riccioli d’Oro aveva piazzato un bel telo a mo di piazzola, fissato con dei massi. Il motivo ci era ancora ignoto.

È tardo pomeriggio, valutiamo il da farsi e decidiamo di fare un salto al festival, poiché l’affluenza maggiore c’è nel weekend, cosi da poter vedere qualche stand e sperare di trovare l’idromele del primo anno.

Per quanto ci fosse meno gente rispetto al fine settimana, il parcheggio libero lo si trovava solo al cimitero. Ci facciamo coraggio e via di scarpinata. Salita discesa salita, sassi, gente, arrampicata, callazza africana e siamo finalmente al Brintaal.

Un giretto per gli stand, il tempo per assaggiare la birra ai frutti di bosco e prendere una bottiglia di idromele che ci dirigiamo verso lo stand ristorante per provare ad addentare qualcosa visto che è ancora presto.

Lo stand ristorante mi ha ricordato il capannone del Gods Of Metal bolognese. Caldo africano, tavoloni, gente stipata ovunque. Li facciamo la conoscenza con l’ansia di Paolo. Aveva con se il numeretto per le cose mangerecce ed era indeciso, avendo solo 70 persone davanti a lui, se lasciare la fila (ripeto, aveva il numeretto) per poter andare a prendere da bere o restare li nella speranza che la coda scorresse più velocemente. Vince la prima opzione, e mentre CompagnodiMerendePaolo ci porta il rifornimento di acqua, noi andiamo di assaggio della sacra bevanda degli dei. Altra idea malsana. Troppo dolce, troppo speziato, troppo stomachevole. Rivogliamo l’idromele del primo anno cazzo! Paolo si fa un bicchierino e torna in fila manco fosse alla posta, e torna vittorioso dell’ordinazione dopo una mezz’oretta.

Il tempo di addentare la carnazza, fumarsi una sigaretta, e capire che le patatine del festival non dovevo mangiarle… non so se fossero le patatine, se fosse il mio stomaco, se fosse il fritto e il mio stomaco, sta di fatto che ho cominciato a sudare freddo e mi sono ritrovata disperatamente a desiderare un bagno. Le possibilità non erano delle più rosee. Il bagno più vicino era il fantomatico cesso chimico del festival, sotto il cucuzzoletto della montagna, praticamente all’ingresso, il bagno più comodo era a casa mia a Roma, il bagno più accessibile e pulito nella zona era al campeggio, il che significava farsi di corsa, a culo stretto la strada fino al cimitero, prendere l’auto, farsi il giro di tutti i paesini perché per il festival avevano deviato il corso stradale rendendolo senso unico e sperare di arrivare al bagno del camping senza essersela fatta sotto. Dopo aver vagliato tutte le opzioni, ho preso la drastica decisione del cesso chimico. Quest’ esperienza mi ricorderà di evitare le patatine fritte in casi del genere a meno che non voglia io riprovare l’emozione della slot machine dei nuovi bagni chimici e vedere i frutti del mio intestino scendere su un rullo mentre io tiro la manopola più e più volte.

Dopo tutto questo optiamo per tornare in campeggio. Due chiacchiere, una birretta, una stella cadente con annesso desiderio poco istantaneo (stavo cercando di creare una frase di senso compiuto nella mia mente ma mi hanno messo fretta) ed è completamente buio. Dopo aver scoperto tristemente che ho toppato a prendere le pile per la lampada, tiriamo fuori le candelle anti zanzare convinti di poter far luce con quelle. Dovrò ricordarmi che le citronelle sul tavolino di plastica squagliano il suddetto.

Evitato di dar fuoco a mezzo campeggio, progettiamo il venerdi che stava arrivando e di nuovo tutti a nanna…l’indomani sarebbe stato il giorno della pappa sana.


 
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