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San Siro, U2, biglietti e bagarini: Luca Bernini scrive a Rockol 

Post n°240 pubblicato il 21 Luglio 2005 da CacciatricediSangue
Foto di CacciatricediSangue

Caro Franco, caro Rockol
ci ho pensato, ma l’articolo sugli U2 e sui bagarini non lo scrivo. Lo so che te l’avevo proposto io, ieri sera, quando mi sono trovato fuori dallo stadio di San Siro in mezzo a un’orda di bagarini che vendeva biglietti per ogni ordine di posti. Ero rimasto disgustato dalla scena, perché i bagarini, in verità, iniziavano da Piazzale Lotto, da un lato, e dall’uscita della tangenziale su viale Novara, dall’altro. A lavorare, accanto a loro, plotoni di vigili urbani smistavano il traffico.
Ho deciso che non è il caso che lo scriva io, questo benedetto articolo, in primo luogo perché non sono persona informata dei fatti. Potrei raccontare la mia esperienza, quello che ho visto, ma dubito che servirebbe. O meglio, potrebbe facilmente essere smentito. Dove hanno preso i biglietti i bagarini? Ovunque, si potrebbe dire, anche se ne avevano a mazzi, in mano. Potrebbero averli comperati dai ragazzi che erano arrivati al concerto qualche ora prima per disfarsene – sai, comprare un biglietto sei mesi prima implica anche un’alta possibilità di dover cambiare i propri piani per cause di forza maggiore, a volte, e di doverlo fare all’ultimo minuto -, potrebbero averli acquistati dai botteghini che ancora ieri all’ora di pranzo avevano disponibilità di biglietti per il settore prato. Potrebbero averli comprati nei punti vendita che da sabato vendevano 2000 tagliandi in più per i due concerti di San Siro. Oppure potrebbero averli avuti in mano da molto prima. Come fare a saperlo? Impossibile. Dovrei chiederlo a loro, forse. Di sicuro, oltre che tanti, erano organizzati, e anche bene. Li ho visti telefonarsi l’un l’altro con il cellulare per indirizzare clienti dal bagarino giusto per il tipo di biglietto. Non ho visto dei singoli venditori, ho avuto l’impressione di vedere una rete, in azione.
Ma non lo scrivo io anche perché - come persona non informata dei fatti - ci sono cose che non capisco. Una è perché il mio biglietto, acquistato 6 mesi fa, costava più dei nuovi biglietti emessi in questi ultimi giorni, che avevano un diritto di prevendita di poco più di due euro, contro i miei 7 euro (calcolati sul 15% del prezzo del biglietto). E perché c’è stata gente che ha trovato bagarini in crisi da sovrabbondanza di tagliandi, pronti a vendere a prezzo di costo o in qualche caso addirittura sottocosto, mentre io, bravo pirla, ho sborsato fior di quattrini e fior di diritti già da mesi contando sul fatto che i biglietti sarebbero finiti presto, come peraltro era stato comunicato dopo due giorni di prevendita. Insomma, l’impressione era quella di essere a un concerto sold out da tempo in cui i biglietti erano finiti, ma non nelle mani di chi va ai concerti. E questa è un’altra cosa che non capisco. Come non capisco la criminalizzazione nei confronti di chi acquista un biglietto e poi se lo rivende su internet privatamente – se vogliamo anche lucrando sul prezzo del biglietto (è la legge della domanda e dell’offerta, mi dicono da anni) - e non quella di chi, tranquillamente, fa la stessa cosa alla luce del sole fuori dallo stadio. Ho visto ragazzi – facevano tenerezza – vendere timidamente i propri biglietti sventolando un cartellino con su scritto “vendiamo i nostri biglietti a prezzo di costo”, ho visto altri, e non erano ragazzi, sbandierare fogli con su scritto “vendo biglietti per ogni ordine di posti”. Ripeto, non capisco.
Ma soprattutto non scrivo io questo pezzo perché da anni collaboro con Rockol, e sono un privilegiato a poter dire quello che penso, ma non ho nessuno – nemmeno voi - che mi commissioni un lavoro del genere “a monte”. Insomma, io ero lì da appassionato, da fan, e non da addetto ai lavori. Mentre qui credo che la questione sia proprio una questione da addetti ai lavori. Mi piacerebbe cioè che questo mondo, di cui faccio parte, tornasse più spesso a scrivere per la gente, a fare servizio, a dare informazione. Che i giornalisti andassero a caccia di notizie, cercassero di capire come funzionano le cose, che i loro capi li spingessero in questo senso, invece di accontentarsi di recensioni più o meno ispirate. Non ho ancora letto i giornali di oggi, mentre scrivo questa lettera, ma non mi stupirei se non trovassi neanche una riga sui vari quotidiani a proposito della questione bagarini, mentre sarei assai contento e sorpreso del contrario, anche perché così vorrebbe dire che il famoso pezzo che io non scrivo lo ha scritto qualcun altro, sicuramente più informato dei fatti e più addentro alla questione. Spero vivamente che vada così.
Il popolo rock, inteso come coloro che vanno ai concerti, è l’ultima risorsa in attivo del mondo che tutti noi, a vario titolo, frequentiamo: artisti, promoter, giornalisti, uffici stampa, discografici. Avremmo il dovere di trattarla bene, quanto meno meglio di come abbiamo trattato il popolo di quelli che compra(va)no i dischi. Perché se la gente smette anche di andare ai concerti, allora si mette veramente male per tutti. Ci vuole più rispetto, più attenzione, più cura. Se si continua a non tutelare chi acquista in favore del bagarinaggio più selvaggio (i metodi ci sono: basta volerli usare); se si continua a discriminare il fan più fedele aggravandolo di gabelle assurde come il diritto di prevendita, per giunta calcolato a percentuale sul prezzo del biglietto (ma perché? È un servizio? Se è un servizio, deve avere un costo fisso. costerà uno, due euro, ma non di più. E per tutti i concerti. Altro che percentuale!); se gli si offre un servizio non sempre all’altezza della situazione (parlo perché ho visto gli U2 a Dublino. Si sentivano molto meglio e con un audio molto più alto di volume. A San Siro non si può perché i vicini protestano? Cambiamo posto. Per non dire dell’acustica dello stadio, veramente scarsa: sul prato c’era gente che ha passato quarti d’ora al telefonino parlando tranquillamente…a un concerto rock?); se si continua a fare tutto questo, si corrono dei rischi. Il primo dei quali è che la gente si stufi. E direi che è già sufficiente.
Insomma, caro Franco, io l’articolo non lo scrivo. Ma se non lo dovesse scrivere nessuno, e Rockol sentisse la necessità di iniziare a capirci qualcosa – come inizio a sentirla io, dopo anni che faccio questo lavoro – risentiamoci. Magari può servire. A chi legge e a noi.
Con stima
Luca Bernini

da www.rockol.it  ( http://www.rockol.it/news.php?idnews=72560&idartista=4435&pag=0 )

sabato racconterò la mia...sicuro ci sarà da incazzarcisi su

 
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