Creato da lukyll il 19/08/2008
GIRO INTORNO AL MONDO IN BARCA A VELA
 

Area personale

 

Archivio messaggi

 
 << Giugno 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
          1 2
3 4 5 6 7 8 9
10 11 12 13 14 15 16
17 18 19 20 21 22 23
24 25 26 27 28 29 30
 
 

FACEBOOK

 
 
Citazioni nei Blog Amici: 1
 

Cerca in questo Blog

  Trova
 

Ultime visite al Blog

cassetta2lukyllskipper101marcoupugiovanniliberatoritroccaioli.manuelaligny64vivicoppcodinobaggio1roberto.dellatteperte46melongeo.agigipentagiuvesempreavanti2009
 

Ultimi commenti

Un saluto dal 2024
Inviato da: cassetta2
il 28/02/2024 alle 21:24
 
stai attento Luciano, i pesciolini che mangiano le alghe...
Inviato da: sergio sacchetti
il 09/05/2010 alle 12:58
 
tanto luciano non lo mangiano...ètroppo forte. aveva...
Inviato da: sergio sacchetti
il 02/05/2010 alle 23:08
 
Ciao babbo, ma fai il bagno con uno squalo di un metro e...
Inviato da: Luca
il 05/04/2010 alle 00:01
 
Ciao babbo, buon divertimento!!!
Inviato da: Anonimo
il 21/03/2010 alle 18:56
 
 

Chi può scrivere sul blog

Tutti gli utenti registrati possono pubblicare messaggi in questo Blog e tutti possono pubblicare commenti.
 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 
 

 

FIJI MALOLO LAILAI

Post n°70 pubblicato il 11 Luglio 2009 da lukyll
Foto di lukyll


Venerdì 26 Giugno.


Finalmente ripartiamo! Dopo 5 giorni per accomodare il frigo! Non ne potevo più di gironzolare per quelle due strade che ormai conoscevo a memoria. Al mattino abbiamo fatto il pieno di acqua con il gommone e 6 o 7 taniche. Diversi viaggi per riempire i due enormi serbatoi. Poi la spesa finale e la partenza. Destinazione …. Non comunicata. Ci passano davanti due o tre isolette , piccole, basse con un solo resort immerso nelle palme e la bianca spiaggia intorno. Un’isoletta solo per i turisti del resort. Un vero sogno … Da un depliant preso a Lautoka vedo le foto, il mare sembra stupendo. Chiedo di poterci fermare qui, almeno per qualche ora, ma è impossibile, i fondali sono troppo ripidi e l’ancora non terrebbe. Pazienza, ne incontreremo altre …. Speriamo !! Alla fine scopro che siamo diretti a Malolo Lailai, un’isola grande, relativamente, con una bella baia ma non facile da raggiungere perché si deve zigzagare fra la barriera corallina, lo spazio è ristretto e si deve stare molto attenti …. La barca è costata due milioni di euro!!

Nella baia ci sono molte barche all’ancora, evidentemente è una baia famosa. C’è perfino un piccolo aeroporto dal quale atterrano e partono alcuni aerei al giorno, ma di quelli che trasportano 4 o 6 passeggeri.

Alla sera con il tender andiamo al porticciolo e visitiamo ….. niente, non c’è paese, solo resort, veramente belli, e villette, alcune di privati, quelle disposte sulla collina. Ci sono delle isolette, credo artificiali, con bungalow affacciati sull’acqua, la terrazza in legno ed il pontile davanti. Insomma per ricchi Neo Zelandesi o Australiani che vengono di tanto in tanto qui a passare qualche settimana, lontano dall’inverno.

Il giorno dopo torniamo e visitiamo meglio. Andiamo in collina e la vista è veramente bella anche se tutto è moderno e nuovo. Dalle stradine, agli alberi, alle villette o ville. Si visitano anche i tre resort presenti, composti da tanti bungalow, tanto grandi che sicuramente sono degli appartamenti veri e propri, immersi nel verde dei prati, delle palme e delle piante a basso fusto. Piscine, ristoranti e minimarket. Sulla spiaggia canoe, catamarani, scuola di sub e mille altri divertimenti.

Non mi piace tantissimo, troppo turistico, tipo villaggio con tanto di spettacoli serali. Infatti una sera siamo andati a vedere uno spettacolo di danza Fijiana. Niente di che, solo folclore. Gli uomini giocavano con delle torce, simbolo di coraggio, mentre le donne, con corone di foglie intorno alla vita muovevano il bacino ritmicamente.

Poi una sera al ristorante, cena con carne o pesce o pollo, a scelta, e tante verdure da mettere insieme e far cucinare al cuoco in quella padella semisferiche chiamate wok. Tutti che si riempivano il piatto di cibo da farsi cucinare. Non capisco il sistema, mischiare tutto,tanto che non si capiva più il sapore del cibo. Infatti ho domandato a Sven se stesse mangiando il pesce o la carne e non lo sapeva! Bel gusto !! Allora ho fatto un secondo giro prendendo solo carne, con un poco di aglio e prezzemolo e sono andato dal cuoco malese. Mi ha guardato male, come dire " solo questo?" E me lo sono fatto cuocere per due minuti. La carne era tagliata a piccole strisce. Mi ha riguardato come dire " questi stranieri sono proprio strani ..!" ed invece la carne era tenerissima e finalmente se ne sentiva il sapore. Poi mi sono preso un altro piatto con della insalata. Veramente buona.

Il giorno dopo speravo si partisse. Invece niente. Il bello è che tutti si alzavano e si mettevano a leggere un libro, senza dire niente, se si partiva, oppure no, per quale motivo …ecc. Lo domandavo a Peter ma anche Lui non lo sapeva e tranquillo si rimetteva a leggere il suo libro di Stephen King. Quei polpettoni di quattrocento pagine che servono solo ad ammazzare il tempo. La cosa che mi da più fastidio è quello di non sapere le cose e di non poter programmare la mia giornata. Naturalmente mi sono messo a leggere anch’io. Ebbene abbiamo passato una giornata senza scendere di barca, senza fare due passi pur essendo a 150 metri dalla riva. Ed anche il giorno dopo! Insomma una giratina di corso che sarà mai !! Ho domandato anche a Jola ma nemmeno Lei mi ha dato una risposta esauriente. Forse il maltempo. Ma a me non sembrava così cattivo. Certo non conoscevo le previsioni. Sven non usa il meteofax quando è fermo ma evidentemente qualche amico lo teneva informato, un certo olandese di nome Peter.

Il giorno dopo, Peter ed io, ci siamo fatti accompagnare a terra e siamo rimasti nell’isola fino alle quattro del pomeriggio. L’abbiamo girata intorno quasi tutta. Fatto il bagno in piscina di un Resort e poi sdraiati ad asciugarsi sulle sdraio nella spiaggia.

Una sera siamo andati a partecipare al barbecue del porticciolo. Ci siamo presentati con la nostra carne, due melanzane da mettere in griglia e tre patate cotte al microonde e riscaldate sulla brace. Abbiamo chiacchierato con degli australiani e con dei neozelandesi in villeggiatura. Ho conosciuto un italiano la cui moglie lavora per la comunità europea a Suva, la capitale delle Fiji, ma purtroppo è dovuto andare via subito causa bambino addormentato. Una birra e poi a letto.

Ormai era mercoledì 1 Luglio e non ne potevo più di stare in quella baia senza fare niente. Il mare non era brutto, ma dopo una nuotatina non c’era da fare altro. Negli ultimi due giorni in effetti il tempo è stato brutto, vento e temporali. Le previsioni finalmente davano buon tempo per il giorno dopo.

 

 
 
 

FIJI- ISOLA NAVANDRA

Post n°71 pubblicato il 11 Luglio 2009 da lukyll
Foto di lukyll

Giovedì 2 Luglio


Tempo bellissimo, finalmente si parte! Non ci viene detto dove e a Peter non gliene frega niente. Lui legge il suo ventesimo libro. Invece io mi voglio rendere conto ma , nonostante domandi le risposte sono evasive, non si sa esattamente, ci sono due opzioni, dipende dal vento. Scopro infine che siamo diretti a Navandra e mi viene detto che l’isola è disabitata. Arriviamo verso le tre del pomeriggio,dopo una navigazione con il solo fiocco perché non valeva la pena issare la randa per così poche miglia da percorrere.

L’isola è bellissima. Ci sono grandi rocce nere e rosso ruggine che si protendono fuori dalla ricca vegetazione, rocce e colline sono irte e danno la sensazione di una isola primordiale. L’isola è bella solo per questo, per il senso di primitivo, di selvaggio ma soprattutto di primordiale. Disabitata. Solo delle capre si vedono in lontananza, che scorrazzano a cercare l’ultimo filo d’erba fra quei dirupi rossastri. La spiaggia è bianca, come tutte, perché corallina. Solo un gommone di un’altra imbarcazione si trova su di un lato della spiaggia. Si getta l’ancora ed io non resisto di fronte a tanta bellezza. Prendo la maschera, senza pinne perché i miei bagagli superavano già il limite stabilito, e mi tuffo.

Il mare è blu ma il fondale non si vede. Solo quasi a riva si intravedono le gorgonie che ansimano mosse dalle correnti e dalle onde, pesciolini di vari colori, gialli, a strisce come la zebra oppure piccoli e di un blu elettrico, insomma come si vedono in qualche acquario. Nel fondale altre piante dalle più svariate forme, qualcuna tendente al violetto, alle volte larghe fino ad un metro di diametro.

Arrivo sulla spiaggia, di colore rosa, non ci sono impronte, la sabbia è liscia come l’onda l’ha lasciata. Mi sembra di essere il primo uomo a mettervi piede. Sono presenti tante conchiglie, alcune si muovono, evidentemente contengono ancora l’animale vivo dentro. A poca distanza inizia la vegetazione, palme ed altri alberi a me sconosciuti, qualcuno con dei frutti. In terra tante foglie, qui è inverno! Giro un poco da solo per la spiaggia, poi vado nell’altra che da sul versante sud da dove si vede l’isola di Malolo. Mi addentro fra le piante, nel bosco che sembra vergine. Rami rotti dal vento, qualche albero caduto, una capretta bianca e marrone mi guarda e si allontana. Il sole filtra a malapena fra le mille foglie degli alberi.

Dopo un’ora rientro a nuoto alla barca, contento e soddisfatto, con due conchiglie in tasca.



Venerdì 3 Luglio


passiamo la giornata sempre su questa isola. Andiamo con il gommone fino alla spiaggia. E poi la giriamo per bene a piedi, quasi tutta, saliamo su un enorme masso, una collinetta dal quale possiamo vedere il mare ed un bel panorama. Alcune foto e via si riparte per andare oltre la collina a vedere altre spiagge. Il mare è azzurro in alcuni punti mentre in altri è verde. Comunque molto bello. Peter mi viene incontro sulla spiaggia perché spera che abbia con me il coltello per rompere delle noci di cocco e bere il latte. Ma non l’ho portato. Allora ci arrangiamo cercando di romperle sulle rocce più taglienti ma la cosa e lunga e difficile. Io dopo un poco rinuncio anche perché mi ero portato dietro una bottiglietta di acqua. Peter invece alla fine, dopo mezzora di duro lavoro è riuscito a bere mezzo bicchiere di liquido e poi ci siamo mangiati anche il cocco dentro. Buono. Ritorno in barca nel primo pomeriggio dopo una mia seconda sguazzata ad ammirare i fondali della barriera corallina.

 

 
 
 

FIJI- Isola di NAVITI

Post n°72 pubblicato il 11 Luglio 2009 da lukyll
Foto di lukyll

Sabato 4 Luglio


Al mattino il cielo si presenta azzurro, non una nuvola. Colazione e poi i preparativi per la partenza. Salpiamo l’ancora alle dieci e trenta circa. Direzione nord, dove non si sa. Attenzione alla barriera corallina, e via con il solo motore, il vento era contrario e non potevamo issare vele. Alfine intuisco che siamo diretti all’isola di fronte: Waja Island, la baia a sud. L’isola è abitata. Mi pare strano dover sottolineare queste cose: disabitata o abitata. La baia è bella e si scorgono le colline che sono piene di montagnozze e di rocce sparse. Ancora un’isola primordiale. Abitanti compresi. Si vedono, mano a mano che ci avviciniamo, delle capanne con il tetto in lamiera. Più che capanne direi baracche. Il vento viene da dietro la montagna ed è fievole quando entriamo nella baia. Gettiamo l’ancora e Sven va subito a contattare una barca americana che era con noi a Malolo. Ritorna e riparte subito dopo essere passato nella sua cabina. Poco dopo ritorna con quattro mazzi di Kava, una radice che si usa da queste parti e il cui infuso si avvicina ad una droga. Non capisco, li ha pagati 10 dollari.

Poi dice che si deve andare al villaggio, si parte tra 5 minuti. Mi preparo, si fa per dire, con maglina e macchina fotografica. Sven porta con se un mazzo di Kava. Allora capisco: ci si deve presentare al capo villaggio prima di poter visitare quel luogo, e offrirgli in dono delle radici di Kava. Arriviamo con il gommone sulla spiaggia ed alcune donne ci indicano la strada per arrivare all’abitazione del Capo villaggio. Questi, seduto sugli scalini della sua abitazione, ci riceve in presenza di un amico, davanti la sua casa. Sven, capo assoluto, parla e dice che il villaggio è bello e pulito e chiede se lo possiamo visitare. Il Capo villaggio chiede da dove veniamo e dove andiamo. Alla fine viene offerto il nostro dono, una spirale di piante di Kava. Allora il capo villaggio si fa più gentile, scende dallo scalino e si siede per terra, invitando anche Noi a fare altrettanto. Poi inizia una preghiera, comunque una nenia, in fijiano. Nessuno capisce, ovvio. Conclude dicendoci che possiamo visitare e fotografare il villaggio, praticamente siamo suoi ospiti. Ci invita anche a ritornare domani alle 10 del mattino. Che ci voglia offrire un regalo anche a noi? Vedremo.

Il villaggio è costituito da casette su palafitte, di legno o di compensato con il tetto di lamiera. Dentro le stanze sono disadorne, senza suppellettili, qualche foto che sembra santino appiccicato al muro. Segno di qualche religione. Non fotografo gli interni, non mi va di entrare nella casa degli altri. Le scarpe stanno fuori. Bambini che giocano a fregarsi qualche cosa, forse un pupazzetto. Tranquilli e felici. Qualche donna intreccia foglie di palma. Panni stesi ad asciugare. Qualche gallina e due cani. Noci di cocco sparse per il villaggio, qualche guscio a seccare per fare il fuoco. Accanto alle capanne ci sono dei baldacchini in legno dove sono posate le stoviglie lavate. Sembra un campeggio. Proseguiamo ed arriviamo in uno spazio con delle case grandi e discrete, sempre a capanna. Dovrebbero essere le scuole. Unico mezzo di comunicazione una parabola con due grandi pannelli solari. Alla sera si scorge solo una lucina.




Domenica 5 luglio



Ripartiamo al mattino, verso le 10,30 con calma, siamo diretti all’isola di Naviti, nella parte nord dove c’è una grande baia. Sempre molto attenti alle barriere coralline, il reef, per non andarci ad urtare contro. Meno male che abbiamo il gps che ci indica esattamente dove siamo e la direzione che abbiamo. Controlliamo continuamente sulla mappa e ci lasciamo trasportare dal motore e dal fiocco. Oggi si pesca! Gettiamo due lenze, aspettiamo fino a 500 metri dall’arrivo … ma niente! Pazienza … solito tonno in scatola!

Verso le 5 del pomeriggio mi faccio prestare le pinne da Peter e vado a vedere la barriera corallina. Uguale all’altra vista a Navandra. Pesciolini colorati, tanta vegetazione dalle forme strane, molte a fungo con grandi cappelle piatte, altre grigio-verdi, altre blu-violetto. Stelle marine grandi 30-40 cm di colore blu elettrico. Insomma una bella passeggiata ma molto lunga ed alla fine, dalla spiaggia dove mi sono riposato per qualche minuto, la barca mi sembrava tanto lontana e piccola. Una bella, anche nel senso di piacevole, faticata.

 
 
 

FIJI- ISOLA DI SAWA-I-LAW e E NACULA

Post n°73 pubblicato il 11 Luglio 2009 da lukyll
Foto di lukyll

Lunedì 6 luglio

 

Partenza al mattino con calma, 10,30-11 verso una nuova isola, Nacula e Sawa-I-Law. 15-20 miglia percorribili in 3 ore circa. Tempo bello, venticello tranquillo, motore e fiocco.

Sven vuole pescare ed anch’io, non mi va giù che non si prenda mai niente. Prendo il mio pesciolino di plastica e lo attacco alla lenza della canna e tengo la lenza lunga, non voglio che il rumore del motore disturbi la pesca. Poi buttiamo altre tre lenze, due corte che stanno a galla o quasi ed un’altra con del peso che la mantiene poco meno di un metro sott’acqua. Queste lenze contengono come esca una specie di polipino coloratissimo con un bell’amo sotto. Il mio pesciolino saltella spesso nell’acqua e dice che è un bene perché il rumore richiama l’attenzione dei pesci. A Jola dico che a mezzogiorno si tira su il pesce, giusto per il pranzo. Intanto aspettiamo seduti a poppa, cappellino ed occhiali scuri, il riverbero è forte.

Jola sente scorrere la lenza della canna, mi precipito e sento che c’è attaccato qualcosa. Prendo la canna in mano ed inizio a tirare su la lenza. Piano piano si affaccia un bel tonnetto che tiriamo su con il retino, sarà un chilo e mezzo. Finalmente!! Rotto l’incantesimo..! Ma in quel momento anche l’altra lenza con il polipino che stava un metro sotto incomincia a tirare. La prendo in mano e sento che tira molto. Questa volta è bello grosso! Grande eccitazione a bordo. Sven dall’alto dice che è un bel tonno a pinna gialla, quello più prelibato! La lenza continuamente si inclina verso il fondo, il pesce cerca una via di fuga. Speriamo che non si slabbri e si perda tutto. Riesco a portarlo sotto bordo, è meraviglioso. Occhi grandi, da tonno, pinne gialle, e soprattutto grosso. Non entra nel retino e Sven allora prende un uncino per arpionarlo e tirarlo a bordo. Non è facile perché se lo sollevo dall’acqua poi quando vi rientra fa grande resistenza e si può strappare qualcosa, la sua bocca. Finalmente Sven lo arpiona e lo tira fuori dall’acqua senza portarlo a bordo. Sanguina copiosamente e sporca la barca. Poi prende un coltello e lo uccide infilandoglielo nella testa per tre volte, quindi lo apre sotto le branchie perché perda il sangue che, se rimane nella carne, risulta poco gradevole. Infine, legato per la coda, viene issato a poppa per scolare bene il sangue. E’ così bello a vedersi! La linea affusolata, gli occhi così grandi e quel bel colore giallo delle pinne! Viaggiava tranquillo in cerca di cibo nelle immense acque del Pacifico quando, tratto in inganno da una plastica colorata, vi trova la morte. Ogni tanto si dimena, ma è arpionato, il sangue, di un bel rosso vivo, scorre a rivoli sul suo corpo lucido e contrasta con il vivace giallo delle pinne. Lo spettacolo della vita e della morte.

La mattina ci hanno fatto visita i delfini, allegri, saltellanti intorno alla prua della barca, giovani che giocavano, pieni di vita. Spettacolo più affascinante.

La pesca per oggi è finita, è già troppo questo e non vogliamo uccidere per sport, solo per mangiare, pertanto tiriamo su tutte le lenze.

Dopo un’oretta inizia l’operazione di pulizia dei pesci. Prima quello grande. Sven lo mette sopra un asse, di Tek, naturalmente, e lo slisca. La testa e la lisca, con ancora abbondante carne viene rigettata in mare. Ottimo pranzo per qualche squalo! Poi tolta la carne troppo rossa di sangue, poca, infine tolta la pelle. Rimangono quattro meravigliosi filetti di carne rosa, chiara, una meraviglia a vedersi! La stessa sorte tocca anche al piccolo. Prima di gettare la carcassa del pinna gialla mi sono fatto fare la foto, così ho la prova fotografata del pesce, mica come il mio amico Paolo che pesca sempre tanto ma non si vede mai niente!! Si fa per scherzare … Paolo su … non te la prendere …. Il Pacifico è un oceano grande e naturalmente ci sono pesci grandi!!! Saluta Eschilo che mi ha venduti i pesciolini di plastica: funzionano!

Peter lo ha cotto al burro in padella ma il sapore non si sente tanto … poi il burro lascia troppo aroma. La sera tocca a me cucinarlo. Nel mio libro trovo una ricetta con pomodoro, capperi olive , acciughe, alla siciliana evidentemente. I pomodori sono solo due, piccolini e poco maturi e senza pomodori la ricetta non viene bene, manca il sughino! Poi i miei compagni volevano per forza il contorno. Ma l’insalata non c’era, solo cavolo verza, un peperone e tre zucchine. Il peperone ci poteva anche stare ma era poco per 4 ed allora gli ho fatto i tre zucchini fritti. Perché per loro i vegetali sono importanti nel piatto, non importa che cosa e se sono accoppiati bene, quello che c’è c’è! Non sono d’accordo. Insomma il tonno da me cucinato non era molto saporito così come quello di Peter. Non si può dire che non sia fresco! Forse veramente un po’ troppo fresco per la grossezza del tonno.

 

Arrivati a destinazione vediamo la baia che è molto bella, non c’è nessuna barca. Intorno all’isola il colore dell’acqua è verde e a tratti azzurro. C’è persino una grotta da andare a visitare, lo faremo la mattina seguente.

Sono presenti due villaggi e, come si usa da queste parti, si deve rendere omaggio e chiedere il permesso per visitare l’isola al capo villaggio. Ci riceve in casa sua, seduti tutti in terra, nonostante ci siano dei divani e due poltrone, Sven chiede gentilmente il permesso per visitare l’isola e dona il solito mazzo di radici di Kava. Il capo villaggio teneva delle banconote fra le dita dei piedi: forse le preferiva alla Kava. Poi ci fa vedere la chiesa Metodista, in muratura, il luogo più sicuro per quando vengono i cicloni. Le capanne infatti vengono letteralmente scoperchiate dalla furia del vento. Il villaggio è molto pulito, le solite capanne in legno con tetto di lamiera, due stanze se va bene, panni stesi e le stoviglie ad asciugare sopra i baldacchini. Alcune capanne sono di paglia, proprio una capanna, ma sicuramente più belle e credo anche confortevoli di quelle con il tetto in lamiera. Un bambino ci rifila 3 frutta di mango per 7 dollari Fijiani, tre euro, e ci accompagna per il villaggio fino alla scuola. Ma prima si ferma con dei giovani, 30 anni, che sono seduti su di una stuoia ed uno strizza continuamente in un recipiente di legno della stoffa con dentro qualcosa e ne esce una brodaglia di colore avana. Spero non sia Kava! Ci invitano, è maleducazione rifiutare, e dopo qualche domanda ci offrono la Kawa in una mezza noce di cocco che funge da tazza. La si deve bere tutta! Poche storie! Prima e dopo la bevuta gli altri battono per tre volte le mani. Naturalmente si usa la solita tazza per tutti, loro compresi. Il sapore è un po’ amarognolo. Speriamo bene! Ci vorrebbero vendere delle bustine di quella polverina ma per fortuna tergiversiamo e ce la caviamo bene senza acquisti. Il bambino poi ci accompagna a vedere la scuola, classi miste, nel senso due classi in una, ogni classe con 5-6-7 alunni. Lavagna, banchi con pochi libri sgualciti sotto, qualche quaderno e la cattedra con diversi libri sopra. Poi l’aula di scienze, Sven domanda quali strumenti scientifici didattici hanno ed il bambino, di nome Naca, apre un baule di ferro e tira fuori orgoglioso una lente d’ingrandimento che chiama microscopio. C’è anche il computer che dice sia collegato ad internet. Campo sportivo da rugby davanti la scuola, bella erba verde e rasata da poco. Si ritorna e si viene invitati dentro una capanna di paglia dove c’è anche il capo villaggio che prima, in un mortaio di ferro, polverizzava la Kava. Non sta bene essere scortesi! Di nuovo scalzi, seduti dentro in cerchio e ricomincia il rito della Kava. Seconda coppa! Domando quale effetto ha, non vorrei mi rincoglionisse ulteriormente! Dice che rilassa dalla stanchezza, si dorme bene e si è pronti per nuove fatiche. Io non sento niente, ma ci credo, per carità! Domando quale lavoro svolgono e rispondono che uomini e donne lavorano tutti alla piantagione, probabilmente di banane, mango, cassawa, una loro grande patata dolce, cocco ecc. Qualcuno va a pescare. Nel villaggio rimane solo il capo, bambini e vecchi. Per il giorno dopo ci prepareranno del pane, a pagamento, alle 8 in punto. Risulterà un poco dolce, sempre meglio del nostro che è finito! Finalmente ci liberiamo e torniamo su Dana-Felicia.

 

 

Martedì 7 Luglio

 

Alle 8 preso il pane, alle 9,30 visita alla grotta. 10 dollari. Peter e Jola non vengono. Vado con Sven. Alcune donne vendono collanine, ma io purtroppo non le uso, così gli spiego. La grotta si apre dopo aver abbassato notevolmente la testa per non spaccarsela, su un lago d’acqua, credo di mare, siamo a 15 metri di distanza. Dice poco. Rocce levigate formano come delle colonne, dice che ci sono dei graffiti, li ho fotografati ma non si vede tanto e non se ne capisce il significato. Solo fregi geometrici e tre fori per tirarsi fuori dall’acqua con le mani. Altri turisti si sono gettati in acqua ed anch’io voglio vedere. Sono in mutande calzoncini e maglina. C’è poco da togliere, solo la maglina. Mi tuffo, vado in mezzo, si vede un pezzo di cielo con degli alberi. Dei ragazzi passano in un’altra caverna, buia, attraverso un cunicolo sott’acqua. La guida li aiuta, sono del resort ed hanno pagato 25 dollari, una corda gli fa trovare la via ma al di là c’è solo buio e la luce della torcia della guida.

Ritorniamo. Jola e Peter mi domandano cosa ho visto e gli racconto che in effetti c’è poco da vedere se non l’emozione di tuffarsi nell’acqua verde e trasparente di una caverna illuminata dalla luce solare. Mi dicono che 10 dollari sono tanti … Forse avranno anche ragione, corrispondono a 3,5 euro! D’altra parte è anche un modo, dignitoso, per dare qualcosa a questa gente che ha ben poco con che vivere! Usiamo la loro isola, il loro mare, non gli lasciamo un soldo, almeno il biglietto della grotta! Viaggiamo su una barca da due milioni di euro ...!!! Sono proprio contento di essere italiano !

Minestra di tonno preparata da Peter con il cocco, peperone, cipolla, pane dolce abbrustolito e chily ( peperoncino) ecc. Sapore del tonno coperto dalle verdure, poteva essere anche pollo! Peccato!

 

Venerdì 10 Luglio

 

Finalmente si parte. Siamo stati fino a ieri, 2-3 giorni, fermi perché volevamo vedere le danze dei Fijiani eseguite per i turisti di una crociera, 50-60 persone massimo, ma l’accompagnatore dei turisti non ci ha fatto entrare perché era loro riservato e loro avevano pagato per la manifestazione. Giorni persi. Un giorno senza mai scendere di barca! Ieri alle 11 non ne potevo più e sono andato via a nuoto, a vedere le spiagge e la barriera corallina. Piena di pesci colorati e di mille piante dalle strane forme.

Ieri ho cucinato il tonno al forno, pillottato con aglio, prezzemolo secco, sale, pepe e pane dolce, quello avevamo!, grattugiato. Con sottofondo di patate. Non era male ma sapeva molto poco di tonno.

Stamani sveglia ore 6, partenza ore 7, 30-35 nodi di vento, velocità barca 10 nodi, due e poi 3 mani di terzaroli e trinchetta, una galoppata di 65 miglia in 8-9 ore.

Siamo di nuovo a Lautoka per farci dare il permesso per visitare le altre isole, ce lo daranno lunedì! Altri giorni persi!

Stasera doccia e shampoo, 1 chilo in meno di salsedine!

 

 
 
 

ANCORA LAUTOKA

Post n°74 pubblicato il 13 Luglio 2009 da lukyll
Foto di lukyll

 

Domenica 12  Luglio

 

Venerdì sera siamo andati in una baia vicino a Lautoka pensando fosse migliore del porto. Si è rivelata invece peggiore e la mattina del sabato siamo spostati ed ancorati davanti al porto. Almeno la città è vicina, altrimenti altri giorni in barca a leggere!!

Puliti gli acciai della coperta dalla salsedine siamo andati in città e di corsa al primo internet point aperto.  2 ore per rispondere ai parenti ed amici ed aggiornare il blog. Ricca, si fa proprio per dire, una specie di bettola cinese, ma ne avevamo scartate altre tre dopo accurata visita e sniffata, mangiata di Barracuda, 1 trancio, al latte di cocco, con patate cassawa che appena assaggiate ho lasciato nel piatto. Fortunatamente mi ero fatto dare del riso al vapore, senza condimento, che è molto difficile che sia cattivo, non ci riesce nessuno! Comprata scheda telefonica Fijiana, così ho anche un numero telefonico alle Fiji! Economica, almeno dopo più di un mese ho potuto sentire la voce dei miei cari.

La sera ho cucinato bistecchine di agnello in fricassea. Il limone non sapeva tanto di limone, inspiegabile!!, la carne un po’ dura nonostante cotta poco e non saporita. Il problema dell’agnello è che ha un sapore molto forte, per questo si usa cucinarlo in fricassea che lo smorza. Insomma non era la mia migliore mia fricassea.

Oggi, domenica, piove a dirotto, tutto grigio, sembra novembre, ed infatti qui è inverno, insomma qualche giornata bella, con il sole che risplende chiaramente ancora non l’abbiamo vista.

Appena smette di piovere dobbiamo riempire i serbatoi di acqua potabile, domani spesa grande e Martedì partenza. Per dove non si sa. Oggi provo a chiedere al Capo.

Intanto Jola è in ginocchio a pulire il pavimento e Sven sul divano a leggere un libro.

 

 

 

Del Mangiare

 

L’anno scorso molti amici mi hanno criticato perché parlavo solo del mangiare e poco del mare e della barca. Questa volta mi sono trattenuto anche perché per il mangiare non ci sono problemi, fortunatamente!

Come si dice in caserma il vitto è “ ottimo ed abbondante”

La mattina colazione con tazza contenente banana a pezzi, semi misti di non so che cosa, alla fine mi crescerà il becco come hanno i polli, yogurt prodotto in barca, un poco di latte altrimenti le granaglie non vanno giù ed infine un cucchiaino di marmellata. Tutti i giorni così. In verità tutto buono. Io preparo il cappuccino eccetto che per Sven che preferisce il tè.

Verso mezzogiorno e mezzo bevono una birra, prima di mangiare, invece io preferisco berla durante il  pranzo. Questi consiste o in una zuppa con del pane tostato o una pasta asciutta o dei toast. Verso le cinque del pomeriggio c’è l’aperitivo, Rhum con ginger e una scatole di noccioline che vengono ingurgitate a manciate. Invece io, lentamente, una o due alla volta. Verso le 7 la cena, cucinata a turno, eccetto Sven che non ha mai cucinato, proprio in tutta la sua vita! Solo la colazione inizia a preparare quando è il primo ad alzarsi. Quasi sempre carne o abbondante pasta asciutta e verdure. La sera si beve vino comunque la decisione spetta al Capo. Vino neozelandese in cartoni da tre litri con il rubinetto, comodo in barca. Una specie di Tavernello di 13 gradi. Due bicchieri a testa. Qualche volta si mangia anche la frutta, ananas, mango,  ora tocca al cocomero che da una settimana aspetta di essere sacrificato.

Sono l’unico che usa il tovagliolo di carta e mi ricordo sempre di portarli in tavola. Evidentemente gli altri sono molto puliti.

La cucina è molto saporita e speziata come si usa in Germania, Inghilterra e Danimarca. Il motivo è semplice. Non gli interessa molto di mangiare bene. Se la materie prime usate sono poco buone non ha importanza, forse basta che costino poco. Certo poi non sentendo il sapore dei prodotti e si devono aggiungere delle spezie, altrimenti è troppo insapore. Perché la cucina Italiana piace così tanto agli stranieri buongustai? Perché noi usiamo materie prime di qualità, che hanno sapore e profumo quindi senza bisogno di spezie! Sven dice che il pesce non sa di niente, vorrei fargli sentire un brodetto all’anconetana, o il cacciucco oppure semplicemente spaghetti alle vongole!

Sembra strano ma qui anche i pomodori sono piccoli, poco maturi e non hanno sapore, come fai a cucinare bene? Nemmeno il limone sa tanto di limone! E così la carne e tutto il resto. Credo che la mia cucina piaccia poco perché non aggiungo spezie e con queste materie prime ha poco sapore.

Può sembrare strano ma gli unici odori che si trovano sono il prezzemolo, carote e cipolle. Anche le patate sono bianche e sanno di poco. Al mercato niente rosmarino, basilico, salvia, sedano, peperoni, a parte il chili, pomodori piccoli e insapori, melanzane piccole e di colore quasi rosa: se togli queste cose cosa puoi cucinare?

La mia preparazione più apprezzata sono state le creps con la cioccolata fondente, si è fatto il bis.

Poi loro sono abituati a mangiare in un unico piatto la carne con diverse verdure che spesso mescolano insieme e se le mangiano. È chiaro che il sapore della carne poi non si sente. All’inizio usavano la pasta asciutta al posto del pane, la mangiavano con la carne, così sono abituati. È un po’ di tempo però che non lo fanno più.

Comunque c’è un grande impegno da parte di tutti e la cucina è soddisfacente considerate le condizioni in cui ci troviamo.

 

 

 
 
 

BORDEGGI MOLTO UMIDI

Post n°75 pubblicato il 21 Luglio 2009 da lukyll
Foto di lukyll

VENERDI’ 17 LUGLIO

 

Ore 8,30 di sera.  Abbiamo appena cenato, lavato i piatti, con Sven che stranamente li ha asciugati. La prima volta. Ieri Jola mi ha chiesto di fare gli spaghetti alla bolognese, vorrebbe dire al sugo di carne. Allora ho pensato in grande, faccio il pasticcio di maccheroni, con la besciamella e poi in forno. Avevo a disposizione 800 g di macinato di vitello, quindi grande sugo! E solo cipolla e carote, niente sedano ne prezzemolo e due scatole grandi di pomodori pelati. Ho aggiunto un bicchierone di vino rosso il cui sapore non andava mai via. Cotto per due ore e mezzo abbondanti ed è risultato veramente buono, come si dice, non perché l’ho fatto io! Niente maccheroni ma solo le viti, Ok, vada per le viti, cotte per pochi minuti, preparata la besciamella, direi quasi perfetta e messo a strati nella pirofila viti, sugo, besciamella e “Parmesan”, cosi per tre strati. 20 minuti in forno ….. e buon appetito! Erano buoni, per essere poi la prima volta che li preparavo ….!

Ne sono avanzati un poco e stasera Jola li ha voluti rifare,  aggiungendo del sugo avanzato, due belle vaschette, ed altra besciamella preparata di nuovo. Credo che Jola volesse vedere come si fa per poi rifarli quando non ci sono più.

 

Ma torniamo indietro. A ritroso. Siamo nell’isola di Ono, nell’arcipelago delle Kandavu, a sud dell’isola principale delle Fiji. La baia dove siamo ancorati è a nord dell’isola di Ono. Bella, come le altre baie. Abbiamo visitato il villaggio, portato in omaggio al Capo villaggio delle radici di Kava e ci hanno invitato nella casa comune dove si teneva la riunione mensile dei rappresentanti dei villaggi della zona. 20, forse 25 uomini e due donne, i capi dei villaggi. Qualcuno aveva un foglio, forse per fare una relazione o delle domande. Ci hanno chiesto il nostro nome e da dove venivamo. Poi qualcuno ha cantato la solita, almeno credo, nenia e quindi ci hanno offerto la  Kava che abbiamo dovuto bere tutta di un fiato con gli applausi finali. Ma questa volta la mezza noce di cocco che funge da tazza non era piena, per nostra fortuna. Evidentemente non ce ne era abbastanza per tutti. Un ragazzo ci ha accompagnato a visitare il villaggio, la chiesa metodista, la scuola che funge anche da collegio per i bambini che abitano lontano, viste le camerate, le aule, e diversi piccoli bambini che innaffiavano delle pianticelle seminate in terra in mezzo a due gusci di  noci di cocco tagliati a metà. Abbiamo parlato con due maestri ed una maestra. Poi abbiamo  anche visto  l’ospedale, due stanze, con una ragazza che funge da infermiera. Per il resto il solito villaggio: capanne di legno e qualcuna il paglia, dentro disadorne, con pochissime suppellettili, tutto in terra, fuori  le galline e diversi cani molto magri. Il ragazzo ci ha detto se volevamo visitare anche il porcile ma abbiamo risposto che di maiali ne abbiamo anche noi! Tutti i villaggi sono però abbastanza puliti e ordinati.  Unici oggetti moderni sono due antenne della tv e qualche pannello solare nella chiesa.

Peter ed io abbiamo fatto una bella nuotata nel reef, i soliti pesci colorati, belle piante, ma niente di speciale. Domani andremo a cercare con il gommone qualche posto migliore. Ho proposto di fare una immersione utilizzando le strutture di un resort qui vicino, di proprietà di un italiano, ma non interessa a nessuno. Domani snorkeling, questo non si paga!

 

Ieri invece eravamo in un’altra baia qui vicino, ma senza villaggio, si vedevano solo tre case. Bella baia, rotonda con delle belle colline molto mosse e risplendenti di un bel verde tenero al sole del mattino nonostante il cielo fosse quasi tutto coperto di nuvole.

Eravamo arrivati ieri verso le 15 – 16 dopo una notte in mare e tutto il giorno prima. Infatti eravamo partiti mercoledì 15 luglio alle 7 del mattino per raggiungere le Kandavu e l’isola di Ono. Le previsioni di Sven: vento 10 nodi circa. Usciti dal reef il vento sale a 25, poi 30, 35 ed infine 40 nodi! Le solite tre mani di terzaroli alla randa e la trinchetta. Peter si sdraia sulla panca e dopo due ore vomita sonoramente come al suo solito. Io mangio e faccio tutto come niente fosse anche se stare dentro non è certamente bello. Il vento lo abbiamo “ sul muso” così si deve bordeggiare diverse volte. Ormai sono diventato il prodiere di Dana-Felicia. Ogni volta che vado a prua mi bagno abbondantemente. Dopo diverse volte mi vado a cambiare e metto anche un giubbetto. Ma poco dopo devo andare di nuovo a prua. E questa volta mi prendo due sonore ondate che mi alluvionano completamente! Mi ero appena cambiato! Sven dice che è meglio entrare in una baia dell’isola di Suva, rinviando a domani l’atterraggio ad Ono. Ma giunti nella baia si vede che è piccola, poco protetta e pericolosa. Viene deciso di andare comunque ad Ono ma è lontano e arriveremo in nottata. Il cielo è quasi sereno, il mare blu cobalto e infinite sono le creste bianche che si infrangono nelle cime dell’onda. Il vento sibila fra le sartie. Non c’è bisogno dell’anemometro per capire che siamo sui quaranta nodi di vento. Capisco che fino all’isola non si cambia più di bordo e per qualche ora posso stare in pace. Mi ricambio! Vado a letto alle sei del pomeriggio, tanto non avevo da fare niente, pensando di dovermi alzare di notte. Invece non c’è bisogno di me, ceno alle nove e ritorno a letto, tanto siamo ancora molto lontani dall’isola. Mi rialzo verso le 8,30del mattino. Siamo vicini a Kadavu  ma ancora lontani da Ono. Arriveremo a destinazione alle 15 del pomeriggio, sempre bordeggiando. Che bello arrivare in una baia protetta dalle onde ed anche un po’ dal vento. Non si balla più e tutto sembra più facile e bello. Protetti e sicuri. Finalmente ci possiamo rilassare ed anche mangiare qualcosa di più appetitoso del solito tramezzino e gallette. Persino Peter si risveglia dal suo lungo letargo di un giorno e mezzo. Ed allora …. Pasticcio di maccheroni …. Ma che vuoi di più dalla vita?

 

Ma torniamo ancora indietro a Lunedì mattina, 13 Luglio. Andiamo tutti in città a Lautoka per la spesa e per il solito internet. La cittadina dista 1 chilometro dal porto. Poco prima di entrare in città Sven si ferma in una panchina e ci invita a sederci. Invece io rimango in piedi. Capisco che c’è qualcosa di importante e voglio vedere bene Sven. Ci dice in poche parole che la nostra esperienza è finita e che entro il mese si conclude. Che pagheremo per i giorni di luglio che siamo stati con lui senza altre spiegazioni. Naturalmente sto zitto perché credo di aver capito male, o meglio, ho la speranza di aver capito male. Sono frastornato, mi devo cercare un aereo per ritornare a casa, se lo prenoto il giorno prima spendo il doppio e non è poca cosa. Poi si va in città e ci dividiamo. Domando subito a Peter il quale mi conferma che ce ne dobbiamo andare. Ma perche? Non si sa. Questo Sven non l’ha etto. Peter è invelenito, gli esce il fumo fuori dalle orecchie! Ancora io non riesco a crederci. Cerco una spiegazione, non abbiamo fatto niente di male, puliti gli acciai della coperta, i vetri, cucinato e lavato a turno i piatti, ecc.

Peter, dopo aver frugato su internet, va ad una agenzia per fissare il volo di ritorno in N.Z. con la Pacific Airlines, la più economica. E fissa per il 23 mattina con partenza alle ore 8,00. Sven ci accompagnerà nella capitale, a Suva. L’aeroporto dista 300 km e Peter deve partire il giorno prima e dormire in un hotel all’aeroporto.

Certamente sono condizionato dalla scelta di Peter, il quale non capisce che mi coinvolge e fa i fatti suoi. Anche io devo partire più o meno in quella data perché la barca deve essere a Suva per lasciare Peter e di lì non si muoverà più. Infatti cosa ci faccio a Suva per una settimana, fino a fine mese, che è una cittadina senza niente da vedere? Do i soldi a Sven e basta. Il pomeriggio torno all’internet caffè, in realtà un ristorante cinese schifoso, e mi cerco un volo per l’Italia. Si aggirano sui 1000 euro! Ma cambiando giorno anche i prezzi cambiano. Trovo un volo da Auckland via Kuala Lumpur con la Malaysian Airlines a 680 euro per sabato 25 con partenza alle 12 circa. Arriverò a Fiumicino alle 6 del mattino del giorno dopo. Fisso subito! Poi vado all’agenzia di viaggio e trovo un volo della N.Z. Airlines per il giorno 23 sera. Arriverò ad Auckland alle ore 23,15. Dovrò trovarmi un motel! Starò il venerdì ad Auckland e sabato ripartirò per l’Italia.

Alla sera sono stanco, è stato troppo lo stress di questa giornata amara. Adesso so quanto devo dare a Sven il quale, appena accenno il problema, tira fuori un foglio con il conto già fatto: il costo di un mese diviso 30 giorni e moltiplicato per 23, il giorno della mia partenza. Ok. Il giorno dopo vado a pagare tramite solito bonifico via internet.

La notte dormo poco, penso al motivo per il quale ci ha invitato ad andare via. Avevamo pattuito un “minimo” di due mesi, e Lui lo ha rispettato, però lo poteva dire prima che sarebbero stati solo due mesi e comunque poteva dire subito della sua decisione così avevamo più tempo per organizzarci. Potevo cercare su internet un altro passaggio su altra barca, dalle Fiji a chissà dove, ma non c’era più tempo. In questo Sven non si è comportato davvero bene, e non mancherà l’occasione perché non glielo dica. Quando sono incavolato parlo bene anche l’inglese!

Forse non gli piacevamo e ha trovato altro equipaggio, o forse vengono in agosto dei parenti o amici suoi, oppure ritorna la famosa Anne, danese, tanto cara a Sven  che sarebbe stato disposto Lui a pagare Lei. Forse fra qualche settimana, leggendo nel blog di Dana-Felicia troveremo la risposta.

Peter, nonostante non gli piacesse Sven, tanto che spesso diceva che se ne sarebbe andato prima, ha confessato che sarebbe volentieri rimasto per altri mesi, forse fino a Dicembre, con il ritorno della barca in N.Z.

Mi dispiace solo che ho visto poco di queste isole, metà delle Fiji e niente delle altre. Certo non potevo visitarle tutte ma almeno un altro gruppo mi sarebbe piaciuto. Probabili le Vanuatu.  Pazienza …. Non c’è altro da dire! Come diceva Dante nella Divina Commedia: “Volsi così colà dove si puote ciò che si vuole e più non dimandare” ( se ricordo bene!)  Traduzione al caso mio in volgare:  prendi quanto hai avuto ..… torna a casa … e non rompere più i co…ni!

 

 
 
 

PASSEGGIANDO SULLA BARRIERA CORALLINA

Post n°76 pubblicato il 21 Luglio 2009 da lukyll
Foto di lukyll

Domenica 19 Luglio

 

Sveglia alle 8,30, colazione, preparo il cappuccino per tutti ma la giornata comincia male. Il tempo è brutto. Nuvole basse e cariche di pioggia, vento sui 25 nodi, temperatura fresca.

E pensare che ieri è stata una giornata molto bella, cielo sereno, poco vento ed una baia con il mare azzurro e verde che era un incanto. La più belle di quelle viste fino ad ora, probabilmente per merito del tempo ottimale. Al mattino siamo partiti da Ono per andare a Dravuni, un’altra isola decantata dalla guida. Ma a metà strada abbiamo visto una barca all’ancora in una isoletta con sabbia bianca ed una bella striscia di mare azzurro. Ci siamo precipitati in quello che sembrava un paradiso. Ed infatti lo era. L’isola si chiama Navara. Abbiamo fatto un giro con il gommone e abbiamo visto dove era il fondale corallino. Mi sono fatto lasciare vicino agli scogli da solo e con la maschera ho incominciato a fare snorkeling. Il sole entrava diritto nell’acqua ed illuminava il fondale corallino. Lo spettacolo era entusiasmante. Infiniti coralli abbarbicati alle rocce formavano una foresta dove centinaia di pesci colorati nuotavano e pascolavano  in cerca di cibo.  Alcuni di questi coralli avevano la forma di ombrello rovesciato, come i funghi ordinelli, le cui dimensioni variavano da qualche decimetro ad un paio di metri e sotto si rifugiavano i pesci al mio avvicinarsi. Altri di forma a cespuglio di colore dal verde al marrone al blu-viola molto intenso. Altri ancora a forma di corna  di cervo, molto folte, altri ricoprivano le rocce come un velluto di colore verde marcio. E fra le rocce, con qualche buco e questa selva di coralli, i pesci si nascondevano e riapparivano a curiosare continuamente, alle volte ignari della mia presenza fino a qualche decina di centimetri di distanza. Mi sembrava di vedere un documentario naturalistico sul mare.

I pesci  erano di tante specie, oltre ai soliti pesci rotondi gialli che vediamo negli acquari, ce ne erano altri colorati di blu elettrico che si vedevano da un miglio lontano, non capisco la loro strategia di difesa, altri invece erano del colore della sabbia a dei coralli circostanti, ben mimetizzati, con qualche striscia verticale ed altri orizzontale più scura. Altri, piccoli di qualche centimetro, verdi, stazionavano sopra una “pianta” di corallo anch’essa verde, fitta di rami, e al mio avvicinarsi si infilavano in mezzo ai rami e sarebbe stato impossibile ad un pesce, anche solo leggermente più grosso, di insidiare alla loro vita. In lontananza i pesci si muovevano lentamente, con tranquillità, in quella meraviglia di scenario tanto che mi sentivo in imbarazzo solo per nuotargli incontro e disturbare quella armonia e serenità. Un bel pesce che mi ha colpito aveva la forma quasi quadrata, di colore blu cobalto con dei cerchi concentrici bianchi che si dipartivano dal centro del corpo. Carini anche quelli gialli con un punto nero vicino alla coda, che sembra un occhio. Non so ma credo sia una forma di difesa, infatti il pesce aggressore colpisce alle spalle, cioè dalla coda, per non farsi vedere. Ma essendo tale pesce giallo quasi rotondo ed avendo due macchie nere uguale dalle parti, uno è l’occhio vero e l’altro è solo una macchia, confonde l’aggressore il quale non sa esattamente quale sia la coda e se sbaglia e si presenta davanti viene ovviamente visto ed il pesce giallo si può facilmente sottrarre all’aggressione. Insomma ha il 50% di probabilità di vedere l’aggressore.

Alla sera ci sono ritornato facendomi prestare le pinne da Peter, il quale ha raccontato che la mattina si è trovato da una parte uno squaletto di mezzo metro o poco più ma dall’altra uno squalo di più di un metro con una bella boccona.  Forse aveva già pranzato, non ha dato fastidio, comunque era di specie pacifica, così dice. Invece la sera ho visto un altro pesce stranissimo, tanto che mi sono venute in mente le figurine degli animali di quando da bambino le collezionavo. Me ne mancavano 5 per finire l’album! Era un pesce con delle penne come un galletto e le aveva aperte sia sul dorso che lateralmente. Si muoveva lentamente, faceva il furbo, voleva apparire una pianta acquatica. Si avvicinava impercettibilmente ai pesciolini blu elettrico, senza attaccarli, ma probabilmente aspettando che qualcuno non si accorgesse delle sua animale presenza e si avvicinasse alla sua bocca. Invece i pesciolini si accorgevano perfettamente e quando la distanza arrivava a 60 cm si andavano immediatamente a nascondere. Era di colore rosso ruggine a strisce più chiare e con le “penne” chiare e rosse al termine.

Mi sono ripromesso di comprare una macchina fotografica subacquea, magari di quelle da pochi euro, usa e getta, perché immortalare quelle immagini  del fondale marino mi sarebbe proprio piaciuto.

 La spiaggia era bianca, come tutte, fatta di piccoli coralli e miliardi di conchiglie frantumate, qualche palma quasi sull’acqua e altre piante verdissime creavano una impenetrabile foresta tropicale che ricopriva tutta l’isola. Solo qualche scoglio o roccia nera apparivano alle due estremità dell’isola, segno della sua origine vulcanica.

Sven e Jola sono andati con il gommone a nuotare e poi sulla spiaggia, senza dirci niente, se volevamo andare anche noi con loro. Al ritorno Jola ha raccontato di aver visto una tartarughina che usciva dalla sabbia e si dirigeva velocemente verso il mare annaspando in maniera buffa. Era appena nata e quello di raggiungere il mare è il momento più pericoloso perché indifese ed esposte alla caccia da parte degli uccelli. Infatti la maggior parte nascono di notte. Mi sarebbe tanto piaciuto vederla!

Al pomeriggio si è avvicinata una barca con un pescatore che abitava nell’isola vicina e noi credevamo che ci volesse vendere del pesce, ma aveva solo tre esseri informi, come dei lombriconi lunghi 60-70 cm e dal diametro di 15-20, uno di colore nero, uno giallo ed uno arancione. Aspetto orripilante. Dice che piacciono molto ai giapponesi, e noi, cortesi, a loro li abbiamo lasciati. Vengono divisi in due longitudinalmente e messi sotto sale per due giorni. Poi cotti nell’acqua e seccati. Li pagano fino a 40-45 dollari al chilo. I giapponesi … ovviamente! Vedere le foto per credere.

Insomma una gran bella giornata! Peccato che di queste ce ne siano state veramente poche, anzi pochissime.

Ancora adesso, sono le 15,30 di domenica 19, il tempo è brutto, vento, nuvole, ogni tanto due gocce di acqua e freschino. Siamo arrivati a Dravuni stamani ma nessuno ha parlato di fare snorkeling. Forse tra poco andremo al villaggio con la speranza che si siano già scolati tutta la Kava e non ce la offrano a noi. Ma credo che ormai si salti questa nostra ultima visita ad un villaggio. Un sacchetto di radici di Kava risparmiate per l’omaggio al Capo villaggio.

 

L’atmosfera in barca è normale da parte di tutti. Non ci sono musi lunghi da parte nostra e la solita cordialità formale da parte di Sven e di Jola.  Pensavo che il clima in barca fosse un po’ pesante, invece, intelligentemente da parte di tutti, soprattutto noi, è del tutto normale. Lavoriamo tutti come sempre. E tanto a che vale tenere il muso, ci amareggiamo anche questi ultimi giorni per niente. Anche se un po’… girano!

 

Domani mattina, credo presto, partiremo per la Capitale, Suva. Speriamo in un tempo clemente, almeno per l’ultima traversata, circa 45 miglia, ma ho poca fiducia, ve lo saprò ridire!

 

 

MARTEDI’ 21  LUGLIO

 

Ieri siamo partiti verso le 9 di mattina, con una certa calma, tempo nuvoloso e piovigginoso, novembrino. Almeno non ci dispiacerà lasciare queste isole che dovrebbero essere molto belle. Spesso succede che l’ultimo giorno è il più bello e lasciare il mare o la montagna che sia, proprio nel momento ideale, dispiace sempre tanto. Questa volta non mi dispiace per niente.

15 nodi di vento che si suppone in rinforzo. 2 mani di terzaroli alla randa e via. Ma ricomincia a piovere, il vento cala e si va a motore! Fino a Suva, la capitale delle Fiji.

Si entra nella baia del porto e ci accoglie il sole. Ci ancoriamo e poi con il gommone raggiungiamo il Royal Yacht Club di Suva. Sven con Jola si bevono una birra mentre vado con Peter in centro per sentire del bus che ci deve accompagnare all’aeroporto internazionale di Nadi.

Al ritorno Sven ci offre la cena ed una birra al Club. L’ultima cena prima della partenza. Non male: prendo una fetta di tonno pinna gialla alla griglia.

Oggi piove a dirotto e tira vento. Dobbiamo andare alla dogana in tutti i modi e ci prenderemo l’ennesima giubbata di acqua! Vedrò di coprirmi bene.

Oggi cercherò di visitare la città, per quello che ci sarà da vedere ed infine la solita sosta ad un internet point.

 
 
 

IL RITORNO

Post n°77 pubblicato il 05 Marzo 2010 da lukyll
Foto di lukyll

MARTEDI’ 21  LUGLIO

 

Ieri siamo partiti verso le 9 di mattina, con una certa calma, tempo nuvoloso e piovigginoso, novembrino. Almeno non ci dispiacerà lasciare queste isole che dovrebbero essere molto belle. Spesso succede che l’ultimo giorno è il più bello e lasciare il mare o la montagna che sia, proprio nel momento ideale, dispiace sempre tanto. Questa volta non mi dispiace per niente.

15 nodi di vento che si suppone in rinforzo. 2 mani di terzaroli alla randa e via. Ma ricomincia a piovere, il vento cala e si va a motore! Fino a Suva, la capitale delle Fiji.

Si entra nella baia del porto e ci accoglie il sole. Ci ancoriamo e poi con il gommone raggiungiamo il Royal Yacht Club di Suva. Sven con Jola si bevono una birra mentre vado con Peter in centro per sentire del bus che ci deve accompagnare all’aeroporto internazionale di Nadi.

Al ritorno Sven ci offre la cena ed una birra al Club. L’ultima cena prima della partenza. Non male: prendo una fetta di tonno pinna gialla alla griglia.

Oggi piove a dirotto e tira vento. Dobbiamo andare alla dogana in tutti i modi e ci prenderemo l’ennesima giubbata di acqua! Vedrò di coprirmi bene.

Poi cercherò di visitare la città, per quello che ci sarà da vedere ed infine la solita sosta ad un internet point.

 

 

MERCOLEDI’  22  LUGLIO

 

Oggi visita alla capitale delle Fiji: Suva.  Nella periferia sono presenti capannoni artigianali ed industriali e soprattutto il porto con la dogana e tutti gli altri uffici portuali. Andiamo all’ufficio immigrazione per dichiarare che il giorno dopo lasceremo l’isola. Due ore abbondanti per qualche timbro ed un foglietto riempito con le nostre generalità.

Il centro città si presenta brulicante di gente, il mercato della frutta e verdura è grande e con tanti banchi con i mille colori dei sacchi di spezie esposte e le solite radici di  Kava essiccate. Due strade centrali sono in stile coloniale, dei primi del novecento. Tutte le case sono in legno,  colorate vivacemente, con il porticato che serve per riparare dal sole cocente e dalla pioggia scrosciante quando è la stagione estiva. Piccole botteghe di orologi, ristorantini che con pochi dollari offrono cibi soprattutto indiani e negozi di vestiti di tutti i tipi, probabilmente provenienti dalla Cina o dall’India, qualche nuovo centro commerciale con prodotti stranieri, costosi per gli abitanti dell’isola e pertanto poco frequentati. Nei grandi magazzini ci sono ampi locali con tanti piccoli negozietti che vendono cibo da consumare nei tavoli disposti nel centro del locale. Vi troviamo piatti Indiani, cinesi, vegetariani, malesi, fijiani, occidentali ecc. E’ molto bello vedere tanta gente di razze diverse che convivono, almeno nei ristorantini, in perfetta armonia.

Sono belli anche i giardini, con una rigogliosa vegetazione ed il prato verdissimo. L’edificio più antico? Una chiesa in legno, piccola, di S. Andrius !!!???

Suva non è certo una grande capitale, ma, nel suo piccolo ha un certo fascino.

 

 

 

 
 
 

SOSTA AD AUCKLAND

Post n°78 pubblicato il 05 Marzo 2010 da lukyll
Foto di lukyll

VENERDI’  24 LUGLIO

 

Atterrato ad Auckland verso l’una di notte e dopo essere partito dall’aeroporto di Nadi, isole Fiji,  mi sono fatto venire a prendere dallo shuttle dell’hotel e subito sono andato a dormire pensando all’ultima passeggiata che avrei fatto nella città neozelandese il giorno dopo prima del ritorno definitivo.

Al mattino, con calma, bene inteso, mi sono avviato in bus per Auckland. L’autobus mi ha lasciato molto vicino alla torre alta 220 m della televisione ed ho pensato bene di raggiungerla per salire fino nella cima da dove si può ammirare tutto il panorama della città a 360°. Mentre raggiungevo la torre, sul marciapiede vedo una specie di panchina da tre  posti legata con due funi a due pali laterali alti almeno 20m. Vi erano sedute tre persone. Guardavo incuriosito mentre ad un tratto la panchina con i tre giovani se ne schizza in alto, come proiettata da una fionda e ricade dondolando più volte fino a fermarsi dopo un minuto e a ridiscendere piano piano nella sua posizione iniziale sul marciapiede.

Avevo già visto sia in Australia sia nella stessa Nuova Zelanda come lo sport o il divertimento venga inteso come una prova di  coraggio con rischio compreso. Sinceramente a me non sarebbe proprio piaciuto essere proiettato verso il cielo con una enorme fionda! Ma io sono aperto a tutte le possibilità, per gli altri, naturalmente!

Dopo un centinaio di metri arrivo alla base della torre ed alzo il naso in aria per ammirarla dal sotto in su,  quando vedo piombare dalla cima a tutta velocità verso terra una persona e, dopo essermi ripreso dallo spavento, mi accorgo che era ben legata ad un cavo e che in realtà scorreva trattenuta perché non andasse a sbattere sulla torre,parallelamente ad essa, anche se libera, con  due cavi di acciaio paralleli e verticali. Prima di sfracellarsi a terra un  sistema rallentava la corsa fino a fermare la disgraziata persona ad una decina di metri da terra. Evidentemente il divertimento consiste nel precipitare nel vuoto per quasi 200 m ed arrestarsi a pochi metri da terra ! Ho notato che il malcapitato indossava una tuta grigia e rossa, e, secondo me, era per nascondere al pubblico tutto quello che sicuramente il nostro eroe si sarebbe fatto addosso!

Salgo poi con un velocissimo ascensore fino alla terrazza, tutta vetrata, a 210 m di altezza per ammirare il panorama e proprio in quel momento vedo un ragazzino di circa 13 -14 anni che, vestito con la solita tuta grigio-rossa era appeso fuori pronto per il lancio. La sua faccia era esterrefatta, gli occhi sgranati e si capiva benissimo che non sapeva cosa fare e come comportarsi in quei pochi secondi prima del lancio. Ricordo due belle orecchie a sventola, molto rosse! Faccio velocemente una foto e giù … sparito dalla mia vista. Non ho sentito nemmeno un urlo …. E come avrebbe potuto …. Sicuramente nella gola, strozzata,  non sarebbe passato nemmeno un ago ….. figuriamoci da altre parti !!

Non solo questo, ma se proprio siete fifoni e non volete lanciarvi nel vuoto, potete sempre andare, con la solita tuta grigio-rossa, a fare una passeggiata su di una specie di marciapiede della larghezza di un metro, sicuramente costruito apposta per lo scopo, che come una ciambella circonda la torre, sempre a 200 m di altezza. Non pensiate che ci sia una ringhiera, ma solo il vuoto,  sia all’esterno che all’interno insomma potete scegliere da dove parte cadere giù! Non esageriamo, in realtà c’era attaccato alla tuta un cavetto di acciaio che con una carrucola scorreva su di una piccola rotaia due metri sopra la testa dei felici passeggeri. Naturalmente in 4 o 5 alla volta, così si ride un po’ in compagnia e si fa un bel giro! Tutto documentato da foto che potete andare a vedere nella apposita sezione.

In compenso il panorama era magnifico: oltre ai grattacieli, non molto alti, tutti vetrati e riflettenti si vedeva il porto  con tutta la magnifica insenatura, le migliaia di barche ormeggiate nel marina e le isole vulcaniche a 2-3 chilometri di distanza. La giornata era nuvolosa, con qualche spiraglio di sole che illuminava qua e là  la baia, il tutto immerso in una atmosfera umida grigio-verde mentre verso est si abbatteva un forte temporale e la visuale spariva dietro una cortina di nuvole scure.

Nella parte opposta alla baia si perdevano a vista d’occhio le casine unifamiliari, molte delle quali di legno, grigio chiaro e poi il porto industriale con i suoi container ben disposti in banchina. Ecco, il giro è fatto, ma il temporale ora è sulla baia e le isole adesso non si vedono più coperte dalle nere nuvole  che nel frattempo si sono velocemente spostate. E’ cambiato tutto, non solo la visuale ma la luce, dove prima c’era foschia e grigio adesso risplende l’acqua e si vedono le barche navigare mentre si scorgono in lontananza, oltre la città, le colline dal tenero verde dell’erba da poco nata.

Ho fatto tre volte il giro  della terrazza tanto mi sembrava diverso ogni volta ed avrò scattato non so quante foto.

Poi l’ultima passeggiata verso il porto ed il lungomare , altre foto allo skyline della città, il bus di ritorno all’albergo e  di corsa all’aeroporto per prendere il volo per Kualalampur e poi per Roma.

 

 

 

E’ più bella la nostra casa dopo due mesi di lontananza,  ritorniamo con qualche soldino in meno nella scarsella ma molto più ricchi di esperienze, di vita, di profumi di frutta esotica mai vista, di colori, del verde della lussureggiante vegetazione, del bianco dei batuffoli di nuvole che si rincorrono  sospinte dal vento, del sorriso sereno e pacifico del popolo delle isole Fiji che vive ancora in villaggi sperduti, del calore del sole, della salsedine  e delle infinite secchiate di acqua, del colore meraviglioso dei pesci e dei coralli,  delle loro strane forme, del silenzio delle isole quasi vergini e disabitate, ecc.

 Insomma tante foto che oltre nel computer rimangono nella mente insieme a tutte le altre sensazioni che il digitale , ancora, e forse per fortuna, non riesce  a memorizzare e ritrasmettere.

 

 

Alla prossima puntata?

 
 
 

TERZA PUNTATA: TRAVERSATA OCEANO PACIFICO

Post n°79 pubblicato il 08 Marzo 2010 da lukyll

TRAVERSATA OCEANO PACIFICO  

MARZO-APRILE 2010

 

PANAMA-COCO-GALAPAGOS-ISOLE MARCHESI-TAHITI-PAPEETE

 

 

TERZA PUNTATA

 

Certo che internet è proprio una grande invenzione!  A fine settembre ho messo un annuncio su Velanet.it per rendermi disponibile, come equipaggio, per la traversata atlantica che in genere viene compiuta a fine Novembre. Dopo 10 giorni arriva una mail dove sta scritto: “… e se fosse la traversata del Pacifico?” Ho risposto in maniera altrettanto lapidaria : “ Per me è anche meglio!”.

Così è iniziata questa nuova avventura. E’ vero che già l’anno scorso ero stato nel Pacifico, dalla Nuova Zelanda alle Fiji, ma non l’avevo certo attraversato e questa mi sembra una buona occasione oltretutto la barca e tutto l’equipaggio è italiano! Non ci sarà da discutere se fare o meno la pastasciutta …. si farà sempre!

Potevo perdermi questa occasione? Se lo scopo mio era quello di fare il giro del mondo piano piano ci sto riuscendo. Ho attraversato L’Oceano Indiano, adesso il Pacifico e l’Atlantico forse lo farò con la mia barca. Non è il giro del mondo completo ma senz’altro la parte più difficile, non tanto per il mare quanto per il lungo tempo che impegna questo genere di navigazioni.

“Chloe”, questo è il nome della barca, uno Swan di 59 piedi, pari a 18 metri, farà il giro del mondo. A condurla è l’armatore e skipper, Giuseppe, un medico siciliano che andato in pensione si è comprata questa bella barca, l’ha risistemata a dovere per questo scopo ed è partito con moglie ed amici.

L’equipaggio è formato dal proprietario,Giuseppe, da Cesare un giovane di 30 anni circa che partecipa a tutto il tragitto dai Caraibi fino alla Nuova Zelanda, dove la barca si fermerà per 5-6 mesi per evitare i cicloni dell’Oceano Indiano nella stagione da Dicembre a Maggio. Infine io e Giovanni che facciamo solo il tratto Panama-Isole Marchesi. Forse ci sarà anche la moglie dell’armatore.

 

Partenza da Milano il 3 Marzo alle 10,30 per New York, quindi per Miami e poi per Panama. Totale 34-35 ore con 12 di sosta a Miami. Arrivo alle 14,30 del giorno dopo ma si devono considerare 6 ore in più per la differenza di fuso. Non lo raccomando, viaggio veramente stressante.

 

 

 

ISTRUZIONI PER L’USO DEL BLOG:

 

 

Commenti

Il lettore può inviare commenti, poche righe, e saranno poi pubblicati sul lato destro della pagina riferita al post ( cioè alla  comunicazione ) dopo la mia approvazione. Siate educati ….. almeno!!

 

Messaggi

Il lettore può inviarmi messaggi cliccando sul pulsante rosso “contatti “nella barra in alto. Dovrà prima registrarsi usando un nickname, password ecc. Quindi scrivere il messaggio ed inviarlo. Risponderò a tutti. Garantito!!!

 

Foto

Se nella prima pagina del blog cliccate in alto su “foto” appariranno nomi e foto di presentazione dei vari album e cliccando su uno di questi a Vostra scelta potrete vedere le foto di quell’album.

 POTETE VISITARE IL BLOG UFFICIALE DELLA BARCA ANDANDO SU:

http://www.giornaledellavela.com

 e cercare a destra tra i vari blog che scorrono cliccando su:

“viaggiando verso ovest”  di Giuseppe e Cesare.

 

Il mio indirizzo di posta elettronica è anche: lanielle@virgilio.it

 

 

 

 

 
 
 

PANAMA CITY

Post n°80 pubblicato il 08 Marzo 2010 da lukyll
Foto di lukyll

Panama City      Sabato 06 Marzo

 

Ormai visito Panama City da due giorni pieni e credo di aver visto  tutto ciò che è turisticamente interessante. Partirò Lunedì per raggiungere Chloè a Portobelo e domani non so ancora cosa andare a vedere.

 

L’hotel, dichiarato tre stelle ne vale qualcuna di meno ma in questa città è considerato, almeno da quanto mi ha detto l’autista del taxi, ottimo. Sarà ma nella doccia è rotto il rubinetto dell’acqua fredda, in compenso funziona quella calda che in realtà è fredda ma dato che qui è molto caldo anche l’acqua risulta calda. Insomma, ma che voglio, ho anche l’acqua calda! Ma la cosa più gradita e che funziona ininterrottamente da quando sono arrivato è il condizionatore d’aria! Senza di quello sarebbe stato un problema dormire con questo caldo, sempre sopra i 30° e tanta umidità. Testata del letto e cassettone con specchio in legno massello in stile barocco messicano laccato lucido. Televisore con qualche canale solo in spagnolo.

Ieri l’altro sono sbucate da una porta accanto all’ascensore due ragazze in bichini, bagnate, ho domandato loro se c’era una piscina ma non mi hanno capito. Non parlavano inglese! Erano in gita scolastica e la notte lo ha confermato! Alle 7,30 l’insegnante bussava alla porta per svegliare gli studenti. Bei tempi !! Poi il giorno dopo ho trovato la porta aperta e sono salito sopra dove c’è una piscina con terrazza e tavolini.

Hai visto come si tratta bene il Lani …. anche la piscina!

 

Il mangiare è decente e poco costoso. Ho mangiato solo pesce. Dice che panama vuol dire luogo dove si pesca molto. Facile:Atlantico da una parte, Pacifico dall’altra!

La città è sicuramente multietnica, sembra ci siano proprio tutti: gli Indios che sono nella nazione panamense ben 7 etnie, i Creoli discendenti da vecchie importazioni di africani da parte Spagnola, i Meticci derivanti dall’incrocio tra creoli e indios, i discendenti degli Spagnoli, i neri cioè gli africani importati per la costruzione del canale, i biondi derivano da operatori economici americani e poi, lavoratori indiani, mussulmani con tanto di moschea, i malesi, equipaggi di navi che sono rimasti qui, francesi di quando Panama era controllata da loro, altri europei sfuggiti alle persecuzioni di Hitler. Tutti sembra in buona armonia. Povertà a parte! Impariamo a convivere anche in Italia!

 

Oggi ho visitato Panama Viejo costruita nella seconda metà del ‘500. E’ rimasta la torre della chiesa e qualche rudere di case  conventi e chiese. Mi ha stupito il fatto che ci fossero diversi conventi di ordini differenti e mi è venuto in mente che attualmente nelle isole Fiji ci sono molte chiese cattoliche, dagli Avventisti del 7 giorno, alle Chiese  Evangeliche, ai Batisti, ai Testoni di Geova ecc. Tutti in cerca di proseliti e tutti presso popolazioni senza una radicata religione e cultura, pronti a carpire la loro fede e prenderne possesso. Mi vien da dire che non c’è niente di nuovo sotto il sole!

 

Ieri mattina ho visitato il Casco Viejo, un quartiere costruito su di una collinetta sul mare molto più difendibile, perché la vecchia Panama fu saccheggiata dal famoso pirata inglese Henry Morgan i cui uomini si dice cantassero entrando in città.” Sarà una notte calda stanotte nella vecchia città ….”. Dopo un secolo questa parte della città fu abbandonata.

Casco Viejo adesso è praticamente in ristrutturazione, già  alcuni palazzi sono sistemati ma sono moltissimi quelli diroccati ed in vendita. Diventerà turistica con bar e negozietti di artigianato … il solito centro storico che però non avrà una gran bellezza ma certamente sarà l’attrazione principale della città. Case  in stile spagnolo, basse e grandi, finestre ampie e cortile interno ma sono presenti anche delle case in stile Decò.

In questo quartiere si trova la sede del Presidente della Repubblica con  vari ministeri e uffici.

 

Poi c’è la parte moderna, del novecento e soprattutto dagli anni 50 fino agli anni 90.

E’ la zona centrale, del mio hotel, piena di grandi negozi dove poter acquistare vestiario, scarpe e mobili da pochi soldi. Lungo i marciapiedi ci sono baracchini che vendono frutta, fagioli neri, fiori, e mille cianfrusaglie che in Italia non esistono più. Dalle lamette da barba, agli spazzolini, alle sporte di plastica, caramelle, acqua fresca, mango sbucciato e affettato in sacchetti, sigarette. Ci sono lustrascarpe, orologiai all’aperto che lavorano, poco, su di un’asse con una montagna di vecchi pezzi di orologi dove sicuramente troverà il pezzo che servirà per riparare il tuo, e tanti banchini che vendono biglietti della lotteria. Credo che la povertà sia misurabile in maniera direttamente proporzionale al numero dei banchi di vendita di tali biglietti !

C’è molta delinquenza, anche il mio hotel ha un uomo della security armato di pistola davanti all’ingresso, come di fronte alle nostre banche,  per non parlare dei grandi magazzini. In uno ho visto, oltre a due o tre agenti armati con giubbotto antiproiettile all’ingresso anche un altro con un grosso fucile su di una terrazza interna in vista dell’entrata. Non è che la cosa mi lasci indifferente ma è il posto più vicino dove vendono i succhi di frutta freschi di frigo!

Venendo dall’aeroporto ho notato alcuni centri residenziali con un alto muro di cinta ed il filo spinato, per non parlare delle inferriate a porte e finestre. Deve essere come vivere in un chiusi in un fortino!

I poveri non hanno bisogno di queste impegnative spese per loro fortuna!

Anch’io non ho grossi problemi, viaggio solo con 50 $, la fotocopia del passaporto e la macchina fotografica piccola in tasca.  Mi deruberebbero  poco!

Le persone che transitano su queste strade sono abbastanza povere ma lo stesso dignitose e molto spesso ordinate e pulite nel vestire.

La strada è molto viva, traffico di auto e di persone, c’è allegria ed un grande fermento, i commessi che gridano per richiamare i clienti, gli ambulanti che non lasciano occasione per mostrare la convenienza della loro merce e così via. Se si aggiunge al rumore ed al vocio delle persone anche i profumi che si sentono, molto spesso poco attraenti, si percepisce nell’insieme una grande umanità che vive.

 

Davanti al mio hotel alla sera alle 8 si ferma un uomo che si siede sopra un secchio e sopra una scatola di frutta pone 4 pacchetti di sigarette di marche diverse e una manciata di caramelle. Sono stato qualche minuto a vedere cosa facesse e subito e’ arrivata una donna che ha comprato solo due sigarette. Sciolte! Poco dopo un’altra ne ha presa una. Non capivo ma poi ho collegato gli eventi con il fatto che davanti c’è l’ingresso laterale, molto frequentato, di un Casino’.  Il gioco è proprio una brutta malattia se riduce le parsone a comprare una o due sigarette per potersi giocare tutto, fino all’ultimo centesimo!

Ogni tanto si vedono degli indios vestiti nei loro coloratissimi costumi, ma solo le donne. Intanto sono piccolissime, tanto che la prima che mi è passata accanto pensavo fosse nana. Poi hanno le gambe stortine sotto il ginocchio ed il polpaccio ricoperto di fili colorati di piccole palline, tipo braccialetti. Vestono gonne dai colori sgargianti, una grande cintura in vita di stoffa con motivi geometrici tipo Maia, ed una leggera camicia anch’essa molto colorata. Il copricapo, come un tovagliolo, solo appoggiata in testa, rosso con disegni vari. Ma quello che più mi ha colpito e’ la faccia. Scura di carnagione, come il cioccolato al latte, occhi stretti e quasi a mandorla, naso adunco e con poco zigomo. Una faccia svasata. Gli uomini spesso con la mascella squadrata,  le orecchie a sventola e la faccia grande in confronto al corpo minuto..  Mi sembra di rivedere quelle maschere d’oro che usavano avvolgere alla faccia dei morti per ricordarne la fisionomia. Sono di etnia Kuna, vivono nella parte atlantica a sud di Colon e davanti hanno le loro meravigliose e famose isole San Blas. Le donne vestono sempre così mentre gli uomini, piccoli e mingherlini, vestono alla maniera occidentale.

Vogliono salvaguardare la loro cultura, sono molto indipendenti dal potere centrale, vivono di noci di cocco, pesca e turismo che ospitano solo quando è possibile, senza strafare. Le loro stoffe sono famose, con i loro disegni geometrici o di animali coloratissimi.

 

Per ultimo ho visitato il quartiere dei grattacieli. Costruiti si può dire negli ultimi dieci anni da americani ed europei. Ce ne sono molti, ma sembra senza un piano regolatore, con strade sconnesse e poco pulite. Adibiti principalmente ad abitazioni e qualcuno ad uffici e sedi di banche. Panama ne ha moltissime di tutto il mondo.

Si sa, questi paesi hanno scarse risorse e per attrarre capitali e investimenti fanno pagare pochissime tasse. E’ un paradiso fiscale, insomma! Molte sono le grandi barche italiane con bandiera Panamense. Basta una piccola società, la barca si fa intestare ad essa, per non far vedere al fisco quello che si possiede e poter evadere tranquillamente.

Ho visitato due grandi complessi commerciale, il primo il Multicentro Mall, dozzinale, e poi il Mall Multiplaza, più elegante, tutto marmi e vetri, c’è anche Ferragamo, Armani e quasi tutte le grandi firme,  bello e di classe. In questo caso le persone erano vestite bene, anzi, eleganti, distinte ed evidentemente danarose. Ho mangiato carpaccio di salmone al Sushi Itto, giapponese, buono veramente. Non mi sono azzardato ad ordinare piatti dai nomi esotici ……. andiamo sul sicuro!

 

 
 
 

7 MARZO

Post n°81 pubblicato il 08 Marzo 2010 da lukyll
Foto di lukyll

Domenica  7 Marzo  Panama City

 

Giornata limpida, volevo andare a vedere la foresta pluviale dove ci sono una infinità di uccelli colorati ed altri animali ma risulta troppo lontano. Allora ho ripiegato andando a visitare il  Museo del Canale di Panama.

In effetti è stato un lavoro immenso che ha richiesto molti anni per essere completato e molta mano d’opera. Hanno perfino inventato escavatrici con motore a vapore. Inaugurato nel 1914 .

Certo è stata proprio una rivoluzione per il commercio mondiale, soprattutto, a quei tempi, per il commercio dell’oro proveniente da San Francisco ( all’epoca dei cercatori d’oro nel west America e nell’Alaska) e di quello proveniente dal sud America, dal Perù o Cile che veniva portato a New York e a Londra.

Oggigiorno poi con il forte incremento dei commerci è diventato un passaggio strategico. Sono molte le navi alla fonda davanti all’ingresso del canale in attesa di potervi transitare.

 

Ritorno in hotel verso l’una pensando di finire di scrivere queste note ma prima mi faccio un paio di sguazzate in piscina e poi ad asciugarmi al sole.

 

 

Davanti al Museo ho incontrato l’autista di taxi che staziona davanti l’hotel e mi ha confermato che Colon è proprio poco raccomandabile e girare o anche stare ad aspettare il bus nel terminal può essere pericoloso, e date le continue raccomandazioni che mi pervengono da tutti, per non correre rischi che possono essere anche seri ho pensato di prenotare il taxi per andare a Portobelo. Prima passerò a prendere il mio amico Giovanni all’aeroporto e poi raggiungeremo il nostro punto di incontro insieme.

 

 Morire per risparmiare 40 dollari assolutamente no! Caspita, la mia vita credo che valga di più!

E se mi rapissero? Come succede spesso da queste parti? In famiglia mi hanno detto di stare molto attento … !  Che non vogliano pagare il riscatto ???

 

Va bene, ho capito!    Meglio il taxi !!

 

                                                                                         

 
 
 

COLON E CAMBUSA

Post n°82 pubblicato il 21 Marzo 2010 da lukyll
Foto di lukyll

 

Lunedì 8 Marzo        Shelter Bay

 

Ieri mattina dopo la visita al Museo del Canale ho incontrato il taxista che staziona normalmente davanti al mio hotel e gli ho chiesto se mi accompagnava a Portobelo il giorno dopo ed avevamo contrattato per 80 $. Appuntamento alle ore 10.

La mattina seguente alle 10,30 ancora non era venuto, vai a fidarti….quindi ho cercato in tutta fretta un’altro tassista. Mi si offrivano per 150-130 $ ma sono riuscito alla fine a strappare il viaggio per 90 $.  Non avevo altra scelta perché l’amico Giovanni arrivava all’aeroporto alle 10,40. E non volevo perderlo altrimenti avrebbe preso un altro taxi. Sono giunto agli arrivi proprio nel momento che usciva dalla parte dei panamensi e non dei turisti. Vedo uno con bagaglio che aspettava e volevo andarlo ad incontrare ma uscivano continuamente persone e non volevo perdere queste uscite. In realtà non sarei stato in grado di riconoscerlo perché conosciuto per poche ore 5 mesi prima, ma non lo perdevo d’occhio. Finalmente la sua telefonata, strette di mano e pacche sulla spalla e dopo 5 minuti già in taxi per Portobelo.

Viaggio tranquillo, pilota calmo, la strada costeggiava per buona parte la foresta dove sconsigliavano l’ingresso perché abitata da bestie feroci, leoni importati, pantere, e chissà quanti altri ragni e serpenti velenosi.

Giungiamo dopo  due ore e mezza, Giovanni, l’armatore, ci aspetta davanti la dogana e con il gommone ci conduce su Chloe, uno Swan di 18 metri. Si riconosce subito fra le altre imbarcazioni ancorate nella baia, la più elegante e raffinata nel design, quasi come la mia, infatti l’architetto che le ha progettate è proprio lo stesso.

L’accoglienza è cordiale, sistemo le mie cose nella cabina che condividerò con Cesare, un ragazzo di 32 anni che inizia il mestiere di skipper professionale.

Poi vado con Giovanni a visitare Portobelo, se non sbaglio la prima città fondata sulla costa atlantica di Panama. Rimangono solo delle basse fortificazioni spagnole in difesa dai pirati, la cosiddetta dogana diventata un museo di armi dell’epoca, ed una chiesa ad unica navata con pilastri in legno di madera. Il resto le solite case basse a colori vivacissimi, tetto di lamiera, qualche inferriata soprattutto al supermercato, ragazzi che giocano al pallone nell’unica piazzetta, il rosario che viene recitato da 7-8 persone in chiesa, un punto internet in casa di una signora e le scuole, in muratura ma con i tetti di lamiera. La gente serena, spesso a chiacchierare o a fare i piccoli lavori domestici nel cortile-giardino. Un paio di pappagalli,verdi e rossi, liberi, stavano su muretto di cinta e pure qualche scimmia. Naturalmente anche queste dispettose perché una non voleva farsi prendere dal suo padrone che, homo sapiens, fa una finta e poi la frega, presa!

La cosa gradevole al rientro in barca è stata l’idea di  Giuseppe di portarci ad esplorare il fiume dove dicevano c’erano i coccodrilli ….! Il fiume serpeggia dentro una foresta di mangrovie, al tramonto, e sembra proprio di essere in qualche rio affluente dei grande Rio delle Amazzoni, come si vede in qualche documentario. Ci supera solo una moto d’acqua, non si capisce da dove sia giunta tutta questa modernità data la povertà mostrata dal paese. Una donna bionda è alla guida, lascia una profonda scia bianca mentre zampilla alta l’acqua di raffreddamento che esce dal motore.  Incantesimo deturpato, si divertiva a seguire la innumerevoli curve del fiume. E’ poi ripassata indietro facendo dondolare allegramente il nostro gommone.

Il giorno dopo, alle 10, partenza per Colon.

 

 

Martedì 9 Marzo

 

La sera prima è stata messa a punto la lista per la cambusa, 72 bottiglie di vino 200 lattine di birra, 24 chili di pasta e poi mano a mano il resto.

Al mattino alle 8 partenza con il bus del marina per il supermarket Rey con tanti altri navigatori come noi, tutti giramondisti che si scambiavano opinioni e consigli su quale marina fosse migliore, quale rotta fare e chi narrava che aveva mollato tutto e …. via a girare per il mondo, bambini compresi, anche piccoli.

Girare per un supermarket che non si conosce per acquistare molti cibi è impresa titanica. Dalle 9 di mattina fino alle 14,30 circa. Immaginate di cercare la pasta di acciughe, o lo strutto o il succo di frutta concentrato da diluire per risparmiare peso. Abbiamo fatto impazzire le assistenti agli scaffali. Ma anche noi alla fine eravamo abbastanza frastornati. Il bello è stato lo scontrino che era lungo più di un metro. Spesa totale: 2300 $

Il camioncino del supermarket ci ha portato la merce in banchina e da li con dei carrelli è stata trasportata davanti la barca e poi sul ponte che risultava stracolmo di scatoloni.

Il problema è stato poi il riporre con una certa logica, che dopo pochi tentativi di razionalizzare la disposizione salta completamente ed i pelati sono un poco qui ed altri là così come la pasta è in due gavoni diversi. Ma il bello viene per i vini che vengono stivati in sentina, in mezzo a tubi ed in tutti i pertugi possibili ed immaginabili. E così è anche per le lattine di birra che ancora più piccole vengono praticamente spalmate nei gavoni da prua a poppa.

Alle 7 di sera, veramente stravolti, ci riuniamo a tavola per la sacrosanta pastasciutta e dopo il solito bicchiere di rhum e poche chiacchiere, tutti a letto.

 

 
 
 

COLON

Post n°83 pubblicato il 21 Marzo 2010 da lukyll
Foto di lukyll

Giovedì 11 Marzo      Colon

 

 

Il giorno dopo andiamo a Colon per prendere la bombola del gas, per andare da Tito e per andare nella “Zona Libre”, dove non si pagano le tasse per gli acquisti e per rifinire la spesa.

Tito è un personaggio strano, incontrato da Giuseppe, si è proposto di aiutarlo a fare il passaggio del canale, a fornire i copertoni necessari per proteggere ulteriormente la barca dagli eventuali urti delle altre e per qualsiasi altra esigenza che in questi posti facilmente si presenta e sembra irrisolvibile. Parlando Giuseppe domanda quanti se è sposato e quanti figli ha. La risposta : quattro miei più una cinquantina. Come 50? Allora spiega che aiuta i bambini orfani o con famiglia disagiata o comunque bisognosi. Pensate che un bimbo è rimasto vittima di uno scontro a fuoco e un proiettile è rimasto nel cranio. Deve essere operato, due volte. Giuseppe dona 50 € ed anche il suo amico fa una offerta. Questo 15 o 20 giorni fa.

Ieri Giuseppe telefona all’ufficio del canale per confermare la partenza ma gli dicono che non è in lista, che non è possibile partire e, se proprio lo si vuole attraversare si devono pagare altri 470 $ oltre ai 1700 già versati. L’unico che può aiutarci è Tito.

Andiamo appunto a Colon ed è nella sua officina di motori dove suoi operai lavorano per lo più all’aria aperta in mezzo a pezzi di motore e chiavi inglesi sparse dappertutto. Lui ci riceve nel suo ufficio. Una ex trattoria molto sgarrupata con due tavolini, quattro sedie ed un televisore moderno acceso. Si fa dare i documenti, telefona e dice che tutto è a posto e che non ci sono assolutamente problemi. L’indomani si parte. Ci fornisce anche un ragazzo per aiutarci.

Finalmente tranquilli ci dirigiamo verso la zona libre. Non ci fanno passare nonostante mostrassimo i passaporti. Occorre un visto. Andiamo a fare il visto e finalmente passiamo. Questa zona è chiusa, ci sono solo due porte di ingresso per il resto palazzi senza entrate ne finestre circondano l’area. Dentro una città fatta solo di grossi centri dove si vende di tutto: dagli elettrodomestici alla oreficeria, dagli orologi ai motori marini, al vestiario di firma. Cerco un rivenditore Nikon per acquistare un teleobiettivo, perdiamo mezza ora per trovarlo e poi risulta quasi allo stesso prezzo di quello che troverei in Italia. Tentativo fallito. Andiamo a rifinire la spesa e poi alle 4 a prendere la bombola del gas. Non era arrivata da Panama! Il furgone deve rientrare al massimo per le 5. Aspettiamo senza fare niente appoggiati al muro intanto mi allontano di 20 metri per fare due foto ma l’autista del taxi mi richiama e mi dice che è troppo pericoloso. Ma come, sono appena 20 metri! Risponde: troppi!! Il furgone non arriva. Tempo perso! Telefoniamo a Tito, l’ultima risorsa, se prima di portarci le cime, le gomme dell’auto ed il ragazzo passa anche a prenderci la bombola. Rientriamo su Chloe.

La preoccupazione che abbiamo è che Tito si sia trattenuto i documenti, e che se il giorno dopo non si fa vedere ci lascia in mezzo al mare,  tendosi soldi e bombola. Scherzavamo che fosse già scappato in Colombia, qua vicino. Speriamo bene!

Colon è una cittadina allucinante. Povertà e delinquenza, le case sono sporche, la gente  per strada insieme ai bambini, tavolo e sedie in cortile sono il salotto, si parla ad alta voce, una baracca di legno funge da lavaggio auto, naturalmente effettuato in strada.

Le persone abbienti viaggiano in auto o in taxi, così si vanno a prendere i bambini all’asilo. Inferriate dappertutto, eccetto che nelle baracche, ovviamente. Non tanto perché il ferro costa quanto per il fatto che non c’è niente da rubare. Una città veramente pericolosa.

 
 
 

PASSAGGIO DEL CANALE DI PANAMA

Post n°84 pubblicato il 21 Marzo 2010 da lukyll
Foto di lukyll

 

Venerdì 12 Marzo      Passaggio del Canale di Panama.

 

Alle 10,30 si salpa per la zona Flat dove dovremo attendere Tito e un addetto del canale che ci consiglierà come operare. Aspettiamo Tito con una certa ansia, aveva promesso che sarebbe venuto per le 12 ma poi aveva aggiunto le 12 panamensi: il che vuol dire un’ora  o due più tardi. Invece arriva poco dopo, con grande nostro sollievo e con una calorosa accoglienza. Ci da due cime da 40 metri, 10 copertoni di auto ricoperti con sacchi dell’immondizia perché non sporchino la fiancata della barca e ci lascia un ragazzo di 20 anni, creolo. Ci saluta con un bel sorriso dolce, da bravo ragazzo, augurandoci buon vento.

Parlando con il giovane, timido e buono, ci racconta che ha 20 anni e 2 figli, uno di 5 ed uno di 2. Questo è il suo lavoro e Tito glielo procura. Poi domandiamo delle case accoglienza per bambini di cui avevamo sentito parlare e ci conferma che questo Tito è il promotore ed il finanziatore di questa organizzazione e che anche Lui, fin da quando aveva 7 anni, è stato aiutato.

Allora era vero, questo quarantenne di nome Tito è proprio un brav’uomo, che riesce ad aiutare tanti bambini  soli o comunque in difficoltà. In verità mi sento a disagio: io a divertirmi a girare il mondo con una bella barca, carica di vino, birra e quant’altro ci piaccia di acquistare e Lui a lavorare e a dedicare il proprio tempo libero ad aiutare una cinquantina di  bambini in difficoltà.

Ma verrà anche per me il momento di aiutare qualcuno quando non potrò più andare in barca ma avrò, almeno spero, la forza di fare qualcosa per chi è stato meno fortunato di me. Magari costruire una scuola dove  oppure organizzare delle attività lavorative dove più ve ne è bisogno. Intanto …… si inizia ad accettare le donazioni!!

 

Alle 16 viene il cosiddetto aiutante che ci spiegherà quello che dobbiamo fare per attraversare il canale. Intanto mettiamo i copertoni e poi lentamente ci avviamo verso l’ingresso del canale insieme ad altre barche. Con noi nella chiusa entrerà prima una nave da guerra Colombiana poi un rimorchiatore americano ed infine noi legati bene a sinistra con un catamarano di Neozelandesi e a dritta con una barca in ferro cemento danese con due ragazzi e tre belle biondine. Vengono poi lanciate delle cime a terra, due a prora e due a poppa che vengono tenute da quattro addetti del canale che nel momento dell’ingresso dell’acqua che farà alzare il livello di un decina di metri verranno ben fissate a delle grosse bitte.

Entriamo, emozionati, e subito dopo dietro di noi due grosse porte di acciaio vengono chiuse lasciando alle nostre spalle l’Oceano Atlantico. Quindi inizia ad entrare l’acqua dal basso.  Si vedono come delle grosse bolle di acqua che continuamente affiorano tutto intorno generando una forte corrente che ci fa in parte girare ma, trattenuti dalle grosse cime ondeggiamo un poco e resistiamo alla corrente. Il livello dell’acqua sale rapidamente ed in meno di 10 minuti siamo saliti di una decina di metri. Si aprono allora le altre porte che abbiamo davanti e tutti ci muoviamo per entrare nella successiva chiusa. Di nuovo ben legati alle grosse bitte della sponda del canale e tutto si ripete. In totale siamo saliti di 18-20 metri. Si apre la terza porta, usciamo dalla chiusa ed entriamo nel lago artificiale di Gantum. Ci liberiamo con le altre barche e la guida ci indica di andare in una zona per passare la notte legati ad un grosso barcone che trasporta turisti per il lago e le chiuse. Non ci piace questa idea e chiediamo di gettare l’ancora lì vicino. La guida dice di sì mentre una barca lo viene a prelevare e dopo essersi mangiato un bel piatto di spaghetti preparato da Giovanni. Così facciamo.

Per raggiungere le altre chiuse e scendere a livello dell’Oceano Pacifico dobbiamo percorrere una trentina di miglia quindi sveglia alle 6 del mattino, alle 6,30 sale a bordo un’altra guida, il giovane creolo ha dormito sul ponte della barca, forse ben sapendo che dentro si sarebbe fatto un bagno turco come tutti noi.

Tiriamo su l’ancora ma ad un tratto il verricello si blocca, non ce la fa a tirare la catena: si è impigliata da qualche parte! Allora proviamo ad andare avanti, poi indietro quindi girare un poco intorno verso sinistra ecc. ma niente. Chiediamo alla guida se conosce qualche sommozzatore che possa sbrogliare la catena ad una profondità di 20 metri ma risponde che non troveremo nessuno: sono presenti diversi coccodrilli e non è proprio il caso di scendere sotto.  L’alternativa è segare la catena e lasciare tutto nel fondo con una spesa notevole: ancora e catena sono di acciaio speciale ad alta resistenza e quindi costose. Decidiamo di riprovare un altro paio di volte e poi taglieremo perché altrimenti facciamo tardi per passare le altre chiuse il cui appuntamento è alle 13 circa. Tutte le altre imbarcazioni sono già partite. Riproviamo a tirare su ed alla fine la catena viene con fatica trascinandosi dal fondo un tronco, con tanto di belle radici, di una palma! Siamo tutti soddisfatti ma adesso ci dobbiamo liberare della palma. Il comandante, evidentemente di lungo corso, prende una specie di uncino, lo lega ad una cima e cerca di tirare su la catena da sotto il troco così da rendere molle la catena soprastante così da permettere lo srotolamento della stessa e la liberazione dal tronco. Detto e fatto !!! Applausi e via a 7,5 nodi per recuperare gli altri.

Il lago Gantum è artificiale, una valle con colline intorno è stata allagata e spuntano le cime di queste collinette diventate ora lussureggianti isolette. L’isola più grande è stata destinata a parco naturale, sono state introdotte delle specie animali ed un centro di indagine scientifica internazionale studia lo sviluppo di queste e di tutte le altre specie animali e vegetali.

Giungiamo alle chiuse in orario, la altre barche ci attendono, ci leghiamo di nuovo nella stessa posizione e nello stesso modo e ci infiliamo nella chiusa. Davanti abbiamo altre tre barche e due battelli di turisti. Ci dicono che nella seconda chiusa c’è una webcam così Giovanni e Giuseppe telefonano agli amici perché possano partecipare all’evento. Lo svolgimento delle operazioni è del tutto analogo al precedente solo che questa volta si scende e la corrente è molto meno forte e l’operazione si svolge con più tranquillità. Da buoni italiani, davanti alla webcam, viene tirata fuori la nostra bandiera  che viene patriotticamente sventolata. Gli amici dell’armatore diranno poi al telefono di non averla vista perché il livello dell’acqua si è abbassato velocemente e siamo stati nascosti dal muro del canale.

Finalmente si apre l’ultima paratia e l’Oceano Pacifico ci accoglie!

Ormeggiamo in rada alla Playta di Panama.

 

 
 
 

ISOLA DI COCO

Post n°85 pubblicato il 21 Marzo 2010 da lukyll
Foto di lukyll

Sabato 20 Marzo  Isola di Coco

 

 

La domenica 14 ci rechiamo negli uffici doganali e del porto per le formalità relative alla partenza. Ci dicono che sono chiusi ma proviamo lo stesso: infatti sono aperti. Cesare ed io andiamo in Taxi al centro di Panama per ricaricare il bombolino per  l’aria che serve per ripescare ancora e catena nel caso che si impigli di nuovo e a cercare una pasticca che serve che permette il gonfi aggio automatico del salvagente nella malaugurata ipotesi che  chi lo indossa finisca in acqua. Giuseppe nel lavarlo lo ha attivato involontariamente. Tre ore perse a girare per la città ma non abbiamo risolto nemmeno uno dei problemi.

Lunedì Giuseppe si reca in un ufficio per l’espatrio e poi partenza per l’Isola di Coco dopo aver pranzato.

La navigazione è a vela, il pilota automatico funziona egregiamente risparmiandoci fatica, mentre i grattacieli di Panama diventano sempre più piccoli fino a svanire nella foschia del tramonto. Peschiamo un bel tonnetto ed un altro pesce dal nome sconosciuto. Verranno cucinati il giorno dopo con un poco di olio e appena rosolati. Il tonno buono e saporito mentre l’altro, dalla carne bianca sapeva di poco. Forse è per questo che il suo nome non è tanto conosciuto.

La notte è calda e in pozzetto si sta proprio bene, meglio che di giorno quando l’afa non ci fa respirare e sudiamo anche a stare fermi. Il cielo è limpido e mano a mano si riempie di stelle. Infinite. Si osserva nettamente la Via Lattea, l’Orsa maggiore ma non la stella polare che rimane bassissima sull’orizzonte e coperta dalla foschia. Rimango solo di guardia in pozzetto dalle 24 alle 2 e l’unico svago è ammirare questo firmamento che mi sovrasta.

Il giorno dopo proseguiamo nella rotta, vento sufficiente per farci camminare a 7-8 nodi. Ormai siamo fuori il golfo di Panama e non vediamo più le grosse navi che vi transitano, con nostro sommo piacere.

Mercoledì invece il tempo peggiora, si vedono diversi temporali già nella notte e al mattino inizia a piovere e smetterà solo alla sera tardi.  Acqua sopra, acqua sotto, non è un bel divertimento! Speriamo nel giorno dopo.

La notte si guasta il pilota automatico e dobbiamo stare continuamente al timone, speriamo di essere in grado di ripararlo da soli perché nelle prossime isole non troveremo nessuno per ripararlo. Meno male che il tempo migliora e stare fuori al timone è anche divertente, per un poco di tempo. La sera peschiamo un tonnetto che verrà sfilettato e fatto in carpaccio. Non si dirà che non è fresco!

Finalmente il 19 mattina siamo in vista dell’isola, con delle verdissime e ripide colline, ci avviciniamo nella baia più sicura dove è ormeggiata una grande barca con tanti sub. Infatti l’isola è famosa per gli squali martello che abbondano intorno, ed un’altra barca di polacchi che ci saluta via radio all’arrivo.  Incontreremo lo skipper e la sua donna nell’isola e parlando, appena ci dicono che sono polacchi, le chiedo se conoscono Natascia, una ragazza anch’essa polacca conosciuta alle Isole Cocos nell’oceano Indiano nel settembre del 2008 che veleggiava in solitario intorno al mondo con una barca di 10 metri tutta rossa.  E’ una loro amica e nella prossima e-mail che Le avrebbero inviato le avrebbero raccontato che un “ragazzo” italiano si ricordava di Lei. Ha concluso il giro intorno al mondo nel mese di maggio di quest’anno.  Quando si dice che il mondo è piccolo ….. !

Sembra che  questa sia anche la famosa isola del tesoro, dove i pirati andavano a nascondere i frutti delle loro scorribande. Ci dovrebbero essere nascosti  ben tre tesori e si sa che ci sono stati molti cercatori ma non si sa se li abbiano o meno trovati. Certe cose sono troppo personali …!  

Ancorati nella baia Chatham, nella spiaggetta solo una baracca con un guardiano ed un volontario per controllare il parco. L’isola, appartenente al Costarica, è un parco naturale  dove, ovviamente non possiamo pescare ed inquinare ecc. Notiamo nella collina un sentiero che dice porta nella baia Wafer che si trova nella parte opposta dell’isola a 2,5 ore di cammino. Tiriamo fuori le nostre macchine fotografiche e ci inoltriamo nella foresta. Mentre si sale  possiamo ammirare la baia nella sua interezza, il mare celeste appena mosso dalla grande onda lunga dell’oceano, le barche a dondolare mentre frotte di fregate, uccelli marini, si rincorrevano in cielo. L’isola, ci diceva il giovane volontario, ha un tipo di fringuello con tipiche caratteristiche, studiato anche da Darwin. A proposito mi sono comprato prima di partire il famoso libro dello scienziato “L’evoluzione della specie” che ho già cominciato a leggere e che spero di finire prima di arrivare alle Galapagos.

Altri animali che abitano l’isola, oltre a quelli autoctoni, sono il maiale selvatico ed il gatto selvatico portati qui dai pirati e dai bucanieri. Bucanieri deriva da fatto che questi uomini usavano cucinare il maiale in delle buche in terra dove accendevano un grande fuoco e poi vi ponevano l’animale ricoprendolo di terra.

La passeggiata è stata lunga e il sudore sparso tantissimo, meno male che Fabio ha avuto la brillante idea di portare dietro nello zaino due bottiglie di acqua fresca. Lo abbiamo spesso aiutato ad alleviare questo considerevole peso! La foresta è molto fitta e noi percorrevamo un sentiero mantenuto dalle guardie forestali. E’ meraviglioso come le piante crescano con tanta facilità e da tutte le parti, con il loro verde tenero, gli alberi alti le cui chiome si stagliano   nelle collina di fronte con rigogliosa eleganza. Per due volte abbiamo sentito maialini scappare al nostro passaggio mentre i piccoli fringuelli si facevano avvicinare per niente impauriti della nostra presenza. Siamo arrivati in vista dell’altra baia ma la vegetazione troppo fitta ci ha praticamente impedito di vederla. Torniamo in barca abbastanza cotti dalla stanchezza!

Stamani sono venute le guardie del parco e dovevamo pagare 25 $ a testa per giorno e noi volevamo visitare l’isola per due giorni. Ma qualcuno ha avuto l’idea di dire che noi avevamo la barca in riparazione a causa del pilota automatico guasto. Allora un giorno ce lo ha tolto ma non dovevamo scendere a terra e fare attività turistica alcuna. Infatti abbiamo passato quasi tutto il giorno a cercare di accomodare ciò che non funzionava: pilota automatico, verricello  che non girava, luci di via in testa d’albero non funzionanti, e così via. Non riesco a capire quante cose si possono rompere in pochi giorni e quanto tempo occorra per aggiustarle, quando si può !! Qualche mio amico mi dirà che sarò contento ad aver comprato anch’io la barca così potrò dilettarmi nel mio hobby preferito: il bricolage ! Anche se in verità l’ho comperata con la speranza di  fare vela!

Comunque dopo vari tentativi ed ipotesi si è ritenuto che il guasto fosse nella scheda, un componente bruciato. Per fortuna Giuseppe ne aveva uno di riserva, sostituito riscaldando il saldatore sulla fiamma del fornello e …. miracolo il pilota riprende a funzionare con il suo caratteristico rumore. L’equipaggio ha votato all’unanimità per conferire la laurea ad honorem in ingegneria elettronica a Giuseppe e a Cesare. Stasera doppia razione di rhum!

Per provare questo strumento abbiamo lasciato la baia e ci siamo diretti, circumnavigando l’isola verso la baia Wafer, l’onda è meno fastidiosa e soprattutto speriamo di connettersi ad internet. La costa dell’isola è molto ripida e verdissima, spesso si incontrano cascate d’acqua, alte e belle, soprattutto in quello scenario selvaggio e primordiale. Piccole isolette e grossi scogli, simili in piccolo ai faraglioni, si incontrano vicino alla costa fino a che si arriva alla baia Wafer, ben protetta da est.

Si richiede la password per poter connettersi ad internet ma tutti i tentativi vanno a vuoto. Domani riproveremo andando a terra con tanto di computer.

Intanto Giovanni prepara pasta con verza.

 
 
 

COCO - GALAPAGOS

Post n°86 pubblicato il 27 Marzo 2010 da lukyll
Foto di lukyll

 

Martedì 23 Marzo     Coco-Galapagos

 

 

La domenica mattina, 21 Marzo, ci alziamo tutti presto anche perché all’arrivo all’isola avevamo messo indietro l’orologio di 1 ora per via del fuso orario. Pronti per andare a terra con il nostro computer e poter comunicare con il resto del mondo. Ma arriva la guardia costiera del Costarica, con tanto di pistola e mitra, per controllare di nuovo documenti e ispezionare la barca in cerca di non si sa che cosa. Forse droga o armi o clandestini!

Alla fine partiamo con i computer nei sacchi dell’immondizia perché non si bagnino nel tragitto con il gommone. Nell’entroterra della baia c’è una casa per la guardia e per i volontari che aiutano a controllare l’isola. Ce ne sono anche di stranieri, uno spagnolo. L’isola è patrimonio naturale del mondo e tutti contribuiscono al suo mantenimento. La regina d’Austria ha donato una grande casa in legno e su palafitte dove i volontari e ricercatori possono soggiornare. Per il resto prato palme, banani e tutto intorno la foresta. Due grosse parabole ci permettono di telefonare in tutto il mondo e collegarsi ad internet. Per due ore stiamo tutti a controllare la nostra posta e a rispondere disturbati solo da un giovane capriolo che viene a bere nel ruscello vicino. Finalmente aggiorno il blog ed aggiungo foto.

Il ritorno ion barca è complicato dal fatto che si è alzato del vento e piove a dirotto. Due belle ondate che si infrangono sul gommone ci bagnano completamente e se qualche centimetro quadrato di maglina fosse rimasto asciutto ci ha pensato bene la pioggia a rimediare. Computer salvati nei sacchi dell’immondizia.

Mangiamo qualcosa e partiamo verso le 14. Un discreto vento ci spinge a 7-8 nodi, l’isola incappucciata dalle nuvole e rigata da cascate di acqua alimentate dalla pioggia si va allontanando da noi. Il mare pullula di pesci, se ne vedono uscire dall’acqua mentre diversi delfini vengono a giocare con la nostra barca. Non è possibile non andare a prua a vedere il consueto spettacolo ma perché tanta è la gioia di vivere che trasmettono.

Nella notte il vento aumenta e sono presi una mano di terzaroli per ridurre la randa ma la sfuriata dura solo una mezz’ora poi tutto come prima con vento moderato.

 

La mattina dopo, appena mi alzo, il comandante mi chiede se voglio misurarmi la pressione visto che aveva lo strumento a portata di mano. Credo che Lui abbia la pressione un po’ alta. 

Visita medica di tutto l’equipaggio! I miei valori risultano 150 e 90, troppo alti. Riproviamo, forse l’emoziona ha giocato uno scherzetto.- Infatti si abbassa a 125 e 85. Molto meglio. “Comunque, sentenzia il dottore di bordo, vista l’incertezza della misura ti prescrivo 3 giorni senza rhum”.  “non è possibile! L’alcool dilata i vasi sanguigni e quindi fa diminuire la pressione!” esclamo io che impaurito da tanta astinenza!” Alla sera, sotto la mia diretta responsabilità, mi verso il solito dito, orizzontale, di rhum.

Il vento scarseggia e si va ad una velocità di 2-3 nodi. Siamo già nelle calme equatoriali?. Il caldo è afoso e disturba perché ci fa sudare in continuazione, anche fuori.

Ieri sera il Comandante ci annuncia che alle 17,30 verrà proiettato un film e viene scelto il “Codice da Vinci”. Ci sediamo con tanto di noccioline, patatine ed un gin-tonic. Lo spettacolo inizia. Dopo 10 minuti la randa sbatte, troppo poco vento e viene acceso il motore ma si sento subito un sibilo, del puzzo di gomma bruciata e del fumo esce dal motore. Spento il motore , si apre il corrispondente vano ed una grande nuvola di fumo puzzolente riempie la barca. Qualcuno prende l’estintore ma non ce n’è bisogno. Cesare e Fabio guardano e scoprono che si è rotta una staffa che sostiene l’alternatore di servizio, cioè quello che ricarica le batterie per i servizi e quindi la cinghia lavorava male producendo calore e fumo. Due ore di lavoro per togliere le cinghie e l’alternatore, sudore abbondante misto a grasso di motore altrettanto abbondante e alla fine viene tolto l’alternatore e si vede anche che è rotta la trasmissione di gomma della pompa dell’acqua che raffredda il motore. Viene sostituita.

Alle nove di sera Giuseppe inforna un pezzo di carne da più di un chilo che verrà affettato tutto e servito con piselli. Ne sono rimaste poche fette. Il solito rhum e poi a parlare delle stelle e delle maree fino a mezzanotte. Inizia il mio turno di due ore.

 

 

 
 
 

IN VISTA DELLE GALAPAGOS

Post n°87 pubblicato il 27 Marzo 2010 da lukyll
Foto di lukyll

 

 

Mercoledì 24 Marzo    In vista delle Galapagos

 

Giornata tranquilla. Vento sui 10-12 nodi. Mare quasi calmo. Appena fa giorno Giovanni getta le lenze dalle due canne da pesca che sono poste ai due lati della poppa. Abbiamo sempre la speranza che qualche”tonno” abbocchi. Ma di tonni ce ne sono pochi! Ieri un grande pesce ha abboccato ma alla fine ha strappato la lenza e si è tenuta l’esca da 10-15 dollari. E sempre ieri altre due esche sono andate perse in mare perché male legate al cavo di acciaio. Anche oggi un mulinello ha cominciato a girare all’impazzata, tutti siamo corsi e Cesare ha iniziato a tirare su mentre io rallentavo la barca fino quasi a fermarla. La canna era molto piegata e già si pregustava il grosso pesce che doveva esserci attaccato ma lui ci è venuto in contro e poi è schizzato via strappando di nuovo la lenza! E’ dal giorno della partenza da Panama che non peschiamo niente, e sicuramente ci abbiamo rimesso almeno 5 esche. Ho paura che il pesce dovremmo andare a comprarcelo in pescheria! Sembra impossibile che in tanti giorni di mare non abbiamo preso niente!

Siamo arrivati in vista delle Galapagos e stimo girando intorno all’isola di Marchena per entrare verso l’isola di Santa Cruz dove ormeggeremo nella baia di Puerto Ayora.

Intanto Cesare prepara pasta al sugo di tonno. In scatola!!

 

 

 

 
 
 

PUERTO AYORA - GALAPAGOS

Post n°88 pubblicato il 27 Marzo 2010 da lukyll
Foto di lukyll

Ieri mattina siamo atterrati all’Isola di Santa Cruz delle Galapagos. Cielo scuro e pioggia, tirata giù la randa entriamo nella baia e vediamo subito una grossa barca con tre alberi arenata sugli scogli di una sinistra isoletta appena affiorante.  Guardiamo bene dove mettiamo la prua! In realtà il porto non c’è, tutte le barche e navi sono all’ancora, alcuni operai scaricano materiale e perfino un fuoristrada su di una chiatta per trasportare il tutto in terra ferma. Andiamo come al solito alla Capitaneria di Porto per espletare le formalità di ingresso ma il responsabile non c’è. Intanto vado con Giovanni a leggere la posta in un internet point. Giuseppe parla con il tenente Romeo, responsabile immigrazione, che consiglia di andare in una agenzia per espletare tutte le formalità. Con 450 $ circa, dice l’addetto,  ce la caviamo, ma quando Giuseppe chiede una ricevuta le facce diventano più serie. Tutto il mondo è paese, figuriamoci qui in Equador.

Mangiamo in una trattoria dove pranzano i locali, brodo di carne, spezzatino con riso per 3 $. Birra a parte. Non male.

Annamaria, che era venuta qui con l’aereo, ci consiglia di andare alla spiaggia delle tartarughe. Prima di entrare nel parco dobbiamo mettere la firma in un registro e poi alla fine aggiungere l’ora del rientro. Questo perché sembra che più di 15 turisti da quella spiaggia non siano ritornati. Un cartello avverte che in mare c’è molta corrente ed è rischioso allontanarsi dalla spiaggia. Tutti gli altri si tuffano fra alte onde che infrangono verso riva mentre io preferisco non fare il bagno. Cerco le tartarughe ma non ci sono, poi mi dicono che vengono solo di notte a depositare le uova. In compenso fotografo dei granchi rossi su pietra lavica nera ed una iguana marina.

La foresta che si vede dal sentiero per raggiungere la spiaggia è fitta e con tante piante di cactus aventi dei tronchi grossi come quelli di alberi. Mi stupisce perché qui il clima è molto umido e piove spessissimo, ritenevo questa pianta solo da deserto.

Al ritorno troviamo un baracchino con dei polli allo spiedo e Giuseppe ne compra due con due ciotole di riso ed un po’ di fagioli neri. 40 $. Un prezzo di favore per noi stranieri!!??

Stamani è venuto il meccanico per saldare l’asta rotta che tiene l’alternatore. La cosa è semplice ma sicuramente sarà necessaria tutta la giornata, l’importante è che il problema sia risolto. I tempi degli operai sono molto dilatati, qui fa caldo e tutto viene fatto con molta calma quindi ci armiamo di pazienza.

 

 
 
 

ISOLA DI SAN CRISTOBAL - GALAPAGOS

Post n°89 pubblicato il 01 Aprile 2010 da lukyll
Foto di lukyll

Venerdì 31 Marzo Al ritorno dall’isola di San CristobalLa staffa che sorregge l’alternatore è stata saldata e rimontata ma l’alternatore non funziona, occorre l’intervento di un elettrauto! Non si finisce mai!! Lo specialista verrà Lunedì.Intanto con Giovanni decidiamo di andare a visitare l’isola di San Cristobal che dice essere più carina sia come paese sia per i siti da visitare. Intanto gli altri aspetteranno l’elettrauto e poi, dopo le nostre informazioni, ci raggiungeranno. La partenza è alle 14, con il fresco! Prima controllo bagagli, vengono ricercati alimenti e frutta. Temono una importazione di semi, piante od animali che possano turbare l’equilibrio vegetale e animale dell’isola. Quindi si sale su di una barca a motore piuttosto piccola per il servizio che deve svolgere e ben presto si riempie completamente. Noi stiamo fuori, sul flight bridge, dove il vento ci rinfrescherà e scopriremo poi anche gli spruzzi di acqua. Ben presto mi ritrovo con il sedere bagnato perché gli schizzi depositati sul cuscino di plastica convergono inesorabilmente verso la conca creata dal mio peso. Mentre il sole svolge perfettamente il suo lavoro: mi arrostisce le orecchie non protette.A due terzi della traversata sembra finisca il gasolio tanto è vero che un giovane apre due bidoni da 60 litri e con un tubo di plastica travasa il contenuto nel serbatoio principale. Di sotto c’è un altro giovane che innesca il tubo aspirando con la bocca! Alla salute! Pericoloso per lui ma anche per la barca date le possibilità di incendio.Comunque felicemente arrivati al Puerto Baquerizo Moreno di San Cristobal. Appena scesi nel molo noto diversi leoni marini che incuranti del via vai dormono dove a loro più piace. Qualcuno per le scale altri sguazzano vicino mentre una mamma in banchina allatta il piccolo. Scatto qualche foto ma senza avvicinarmi troppo, a Giovanni la madre ha riservato un improvviso ruggito, vicino va bene ma non troppo! Il lungomare, dove si svolgono quasi tutte le attività del paese è molto piacevole, marciapiedi nuovi, aiuole con belle piante con tanto di cartello con il nome botanico e volgare, fichi d’india come piccoli alberi, il mare luccicante per il tramonto, tante barche a dondolare, bambini che giocano o che fanno il bagno tuffandosi da due scivoli o da una passerella, senza nessuno a guardarli, mentre qualche leone marino nuota indisturbato accanto a loro. L’atmosfera che si percepisce è di grande tranquillità e serenità, poche le auto, poco rumore, pochi gli schiamazzi, qualche turista, negozietti di magline con la tartaruga ed i soliti souvenir ma i negozianti fuori nelle panchine in calzoncini e maglietta a chiacchierare. Un’atmosfera di paese, piacevole, alla quale ti assuefai subito e volentieri, una “slow life”.Una signora ci invita ad entrare nell’hotel San Francisco, il suo, ci mostra la camera che è triste nonostante il balcone sul mare molto bello ma arriva un giovane a prendere moglie e figlia e ci dice in perfetto inglese che nelle stanze l’acqua scarseggia e non c’è aria condizionata. Alzo gli occhi e vedo il tetto di latta! Mi vengono in mente i “Piombi di Venezia”! Il signore americano ci dice se vogliamo andare con lui in un residence con acqua abbondante ed aria condizionata. Proprio quello che ci manca in barca, il fresco per dormire ed abbondante acqua per docce infinite! Come si sa in barca l’acqua dolce è un bene molto prezioso. Andiamo con il taxi da lui prenotato, buttiamo i bagagli nel cassone e si parte. Arriviamo alla casa che si trova in periferia, un cortile piastrellato con piccole luci a terra coperte con bottiglie di plastica tagliate a metà e diverse porte disposte regolarmente nel caseggiato. La stanza non è certo da 5 stelle ma c’è acqua ed aria condizionata …. E poi per 20 dollari a notte cosa vuoi di più?La sera, prima della cena, facciamo un giro e fissiamo una gita per il giorno dopo in mountain bike al vulcano e a vedere le tartarughe giganti, bagno al mare, pranzo al ristorante e pennichella in amaca. La mattina alle nove partiamo puntuali: Giovanni, io ed una coppia di sposini novelli di Barcellona. Le bici sono legate nel cassone del fuoristrada. L’autista ci mostra le varie piante che incontriamo e ci dice che un grosso problema è quello dei rovi di more che infestano la foresta e non fanno crescere la vegetazione locale. Poi ci mostra una pianta con dei fiori a campanula rossi e ci dice che da quella pianta si ottiene un a potente droga, un allucinogeno, il suo amico che l’ha provata diceva che camminava sul soffitto! IL principio attivo è la scopolamina, sostanza usata nei cerotti da applicare dietro l’orecchio contro il mal di mare. Se sniffato il polline ci si addormenta subito o si agisce in funzione di quello che ci dicono e poi non si ricorda nulla di quello che si è fatto. Droga usata da criminali senza scrupolo in America latina. Ci indica poi un’altra pianta da non toccare perché il lattice prodotto quando si stacca il frutto è molto irritante, come in Europa il lattice del fico.Arriviamo al vulcano e gli ultimi 300 metri li facciamo a piedi. Per fortuna la guida ogni tanto si ferma a spiegarci qualche pianta. Non so se lo fa per riprendere fiato lui o per farlo riprendere a noi! Dalla cima si vede il cratere, circolare, con un lago dove le fregate vanno a ripulire le loro penne dal sale marino nell’acqua dolce. Questi uccelli non hanno la ghiandola uropigialica e quindi non possono ingrassare le penne e potersi immergere nel mare a pescare. Cosa mangiano? Fregando, appunto, il cibo agli altri animali o pescando in superficie immergendo solo il becco come il giorno dopo abbiamo visto in mare facendoci partecipare alla fortunata pesca con un nostro applauso. Nella località Cerro Colorado si visita un centro per il ripopolamento della tartaruga. Ogni isola delle Galapagos ha una tartaruga leggermente diversa dalle altre soprattutto per il disegno nella corazza. Nell’isola Floreana e in Santa Fe’ sono estinte in un’altra è rimasto solo un maschio al quale è stata donata una femmina di un’altra isola con simile corazza. Sono molto buone da mangiare, hanno tre sapori: una parte sembra porco, una pollo e l’ultima somiglia al vitello. I Bucanieri e gli spagnoli se le caricavano nella nave e quando avevano finito le scorte se le mangiavano. Infatti possono stare fino a sei mesi senza bere o mangiare. Una donna norvegese aveva messo su una industria di carne di tartaruga in scatola. Per fortuna la sua azienda è fallita!Le tartarughe sono giganti, del diametro di un metro e dal peso di 150 chili, ma possono essere ancora di più, campano più di cento anni ma ancora non si sa di preciso. Chi è stato testimone della nascita non è riuscito ad essere testimone della sua naturale morte! Altre tartarughe piccole vengono allevate e quando hanno 30 anni vengono messe in libertà nel nord dell’isola. I predatori sono le formiche rosse, i topi ed i gatti che mangiano i piccoli.Camminata a piedi e poi ci troviamo in una bella spiaggia bianca dove fare un bagno ristoratore e rinfrescante. Ma all’uscita dall’acqua i tafani non ci lasciano in pace, mi rituffo proprio sott’acqua perché continuano a girarmi intorno alla testa. Esco di corsa, mi asciugo e me ne vado velocemente. Prima però uno che era volato su di una gamba lo faccio secco! Pazienza se avrò turbato l’equilibrio della specie, spero che Darwin non mi abbia visto, e poi anch’io sono un animale e sono sicuramente in forte competizione con i tafani! E poi dovevo vendicarmi di un pizzico ricevuto la sera prima che ancora, dopo tre giorni, mi prude. Non ho visto l’animale che me lo ha causato ma intanto cominciamo con il primo che mi capita a tiro!! In realtà ne ho ucciso un altro il giorno dopo, in catamarano, mi stavo per tuffare in mare ed avevo le pinne ai piedi, larghe, non mi poteva sfuggire … una pinnata …..secco!!!Pranzo al ristorante con antipasto di frutta mista, rinfrescante, pollo arrosto, riso e verdure. Persino il gelato. Poi solo 15 minuti a riposare in amaca. Una scolaresca di bambini le aveva tutte sequestrate.In fuoristrada fino al vulcano e da lì in bici fino a Puerto Baquerizo Moreno, praticamente tutta discesa. La classe è classe, non c’è niente da fare, batto tutti infliggendo un distacco di quasi venti minuti!! Come faccio? Rispondo che tutte le settimane mi alleno in piscina.L’autista poi ci porta ad una spiaggia dove possiamo ammirare ancora leoni marini e soprattutto le iguane di mare. La più grande lunga 80 cm, ma il suo aspetto è proprio primordiale, con le squame a criniera sul dorso, immobili sulle rocce di lava nera, a scaldarsi al sole. Mi avvicino con la macchina fotografica, scatto qualche foto ma non riesco a fare un primo piano del muso come vorrei. Mi avvicino ancora ma la bestia sembra sputare violentemente dalle narici. Non oso andare oltre, mi accontenterò del mezzo busto! L’autista poi dirà che sputa sale dalle narici perché cibandosi di alghe e nuotando in mare l’acqua deve essere separata dal sale che si accumula nelle narici ed espulso con violenza ad un metro e mezzo.La sera cena con Giuseppe ed Annamaria che ci hanno raggiunti nel pomeriggio. Ci racconterà che l’alternatore è stato riparato, il surriscaldamento aveva sciupato una spazzola e la centralina di controllo. Passeggiata serale sul lungomare, notiamo una infinità di leoni marini che dormono e ruggiscono, sembra che belino in verità, ma non diminuiamo il prestigioso nome del fiero animale. Sono centinaia, mi soffermo su di un piccolo che viene scacciato da tutte le mamme a cui si avvicina. Si fa tutta la spiaggia in su ed in giù ma non trova la sua. Bela, anzi, ruggisce a mala pena, ma nessuno si prende cura di lui. La guida ci diceva, mostrandoci sulla spiaggia parte di scheletro di un piccolo leone che sono allattati fino a tre anni e se la mamma mentre è in mare per cibarsi viene divorata da uno squalo, il piccolo va incontro a morte sicura. Le altre mamme non lo adotteranno, hanno i loro piccoli a cui badare. Mi faceva pena, avrei voluto aiutarlo. Si dice che questo è normale, è la selezione naturale. Per me è soprattutto sfiga! La popolazione convive con questi animali, sono dappertutto sul lungomare, nel marciapiede, nelle panchine, nella spiaggia che diventa inutilizzabile per gli escrementi e per il cattivo odore che emanano. E’ bella questa condivisione di spiaggia e marciapiede, questa coabitazione in una baia tra uomini e animali marini. Infondo anche noi apparteniamo al regno animale! Per il giorno dopo fissiamo l’escursione in catamarano a varie spiagge e al Leon Dormido che è un isolotto, o meglio un enorme scoglio con due fessure che da lontano sembra un leone marino addormentato. Con noi ci sono altre quattro persone, dei sub, e poi si è aggiunto Giuseppe. Partenza ore 9. Dopo mezz’ora di navigazione raggiungiamo una spiaggia dove ci sono i soliti leoni marini ma dormono sempre, i piccoli non giocano con noi come speravo. In compenso vediamo delle iguane in acqua mentre pascolano le alghe sugli scogli. Nuotano muovendo la lunga coda e si arrampicano con le lunghe dita armate di potenti artigli. Sarebbero anche carine se il loro aspetto non fosse così primordiale. Sono arrivate nell’isole Galapagos sopra tronchi di albero, casualmente e qui si sono adattate bene e soprattutto senza nemici naturali apparenti. Risaliamo in catamarano e ci dirigiamo verso il Leon Dormido. Facciamo snorkeling nella fessura più grande. Dopo poco si vedono 3 grandi razze, come dei rombi che nuotano muovendo appena gli angoli laterali, ci passano sotto, nel mare azzurro, rimaniamo tutti affascinati quando la giuda richiama la nostra attenzione, uno squalo di 1,5 circa, di quelli buoni!, scorre sotto di noi. Lo inseguo per un po’ e provo a tuffarmi immergendomi per due o tre metri, se ne fila con un colpo di coda. Stelle marine, un poco di corallo sulla roccia che scende a picco in profondità, altri pesci colorati ed uno con un testone enorme, forse un Dorado. Intanto la corrente ci fa oltrepassare la fessura fra le rocce ed è poi difficile rientrare verso la barca, ad ogni onda torniamo indietro. Occorre un discreto impegno per riguadagnare la nostra barca. Anche i sub vedono solo gli squali.Riposino di mezz’ora e si riparte verso la seconda fessura, più stretta, l’acqua entra fragorosa con l’onda dalla parte opposta mostrando una grande schiuma bianca che si perde nell’azzurro del mare. La corrente non è forte ma non possiamo andare oltre, le onde ci farebbero sbattere sulle rocce o risucchiare per un po’ verso il fondo. Tre leoni marini adulti se ne stanno nel mezzo, immobili a farsi cullare dalle onde a quel frastuono. Torno indietro per primo, anche perché ero l’ultimo della fila e la giuda ci indica una tartaruga che tranquilla nuota muovendo ritmicamente le poderose pinne anteriori. Poi un’altra ed un’altra ancora. Mi immergo per vederle da vicino ma l’intrusione non è gradita e lentamente si immergono per poi risalire a pochi metri di profondità. Scogliera a picco, pesci colorati, ricci ed infine una medusa piccola e poi una specie di tubo lungo un metro circa del diametro di 15 cm, un po’ ripiegato e trasparente, sembrava fosse costituito da un filo con tante piccole perline brune arrotolato nel vuoto. Non si intravedeva nessun organo. Mai visto, nemmeno nei documentari. La guida dice che appartiene alla famiglia delle meduse. Urticante. Pur non sapendolo, inizialmente, mi sono ben guardato dall’avvicinarmi! Pranzo con riso insieme a verdure e pollo a pezzetti, quello di ieri!, ma buono e poi con quella fame ….!! Ultima spiaggia per vedere i pescecani piccoli che per difendersi si nascondono fra le radici di mangrovie. Ne ho visto uno ma era un metro, non troppo piccolo. Prima di partire la barca è stata condotta al centro della piccola insenatura, in silenzio, a motore spento o quasi, ed abbiamo visto squaletti di 20-40 cm nuotare in prossimità delle mangrovie.Ritorno sdraiato al sole sul catamarano, stanco ma soddisfatto, il sole mi asciuga e mi brucia le spalle e le gambe, allora ricordo che siamo all’equatore! Ceniamo, e dopo un aperitivo, prendo polpo in salsa con latte di cocco. Buono. Mi cibo ormai quasi esclusivamente di pesce. Alle 22 a letto, la mattina dovremo alzarci alle 6 perché alle 7 parte il traghetto per ritornare all’isola di Santa Cruz dove è ancorata Chloe.

 
 
 
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963