Le linee guida programmatiche elaborate da Partito democratico e Movimento 5 stelle si trovano ora nelle mani del presidente incaricato Giuseppe Conte. Si tratta di una bozza di appena due pagine, molte meno rispetto alle oltre 50 del Contratto di governo fra Lega e M5s. Anche per questo sono prive del grado di dettaglio di un programma di legislatura vero e proprio.
Rispetto ai progetti del governo gialloverde spariscono tutte le “bandiere” del partito di Matteo Salvini: secondo quanto anticipato dal Sole 24 Ore, nei punti programmatici mancano riferimenti aperti alle politiche migratorie (eccezion fatta per la revisione dei decreti sicurezza), scompare il capitolo delle autonomie, il taglio dell’imposta sui redditi “flat tax” ed evaporano i minibot.
New entry, invece, il taglio del cuneo fiscale che, invece, non era nemmeno menzionato nel contratto gialloverde.
Restano numerose, però, le componenti di continuità con i due programmi, di evidente ascendenza pentastellata. Taglio dei parlamentari, ma accompagnato da nuova legge elettorale, legge sul conflitto d’interessi, salario minimo, e nuova legge sull’acqua pubblica: tutti elementi già presenti nel precedente contratto e ora ribaditi nelle linee guida consegnate a Conte. Non manca, infine, il riferimento a una politica economica più espansiva da concordare con Bruxelles: un appello al maggiore deficit, che però sembra spostarsi ora su temi di maggiore valenza sociale.
Interrogativi di fondo rimangono irrisolti su alcuni aspetti complicati dell’alleanza Pd-M5s. Quota 100, un provvedimento difeso sia dai pentastellati sia dalla Lega, ma combattuto dal Pd, non viene nominata nonostante incomba a breve la necessità del suo rifinanziamento. Sul superamento del Jobs Act, avviato con il decreto dignità (“decreto disoccupazione”, per i dem), rimane un assordante silenzio. Anche la delegazione di Liberi e uguali, interessata a prendere parte al nascente esecutivo, potrebbe richiedere una revisione della riforma sul mercato del lavoro. Per quanto riguarda il reddito di cittadinanza, infine, non si legge di alcuna richiesta di revisione, nonostante le critiche dei dem nei mesi scorsi. Si tratta con ogni evidenza di un punto inamovibile per i Cinque Stelle.