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Messaggi di Marzo 2014

ALLACCIATE LE CINTURE (Antonio Padellaro); 12/03/2014 il Fatto Quotidiano

dal blog di triskel182.. vale la pena leggerlo

Nel panico

Ora la domanda è: farà prima Renzi a eliminare il Senato o farà prima il Senato a eliminare Renzi? Soltanto l’altro ieri sembrava che niente e nessuno potesse impedire al turbo-premier di “cambiare verso” all’Italia, in cinque mesi o giù di lì. E però già al primo ostacolo, il famoso Italicum, il nostro eroe destatosi dai sogni d’oro ha dovuto affrontare la dura realtà quotidiana. Ieri pomeriggio alla Camera l’hanno visto per la prima volta spaventato sul serio, quando ha rischiato di finire sotto sul nuovo tentativo di introdurre la rappresentanza di genere nelle liste (metà uomini e metà donne). Emendamento sostenuto dal M5S, che a far ballare il governo comincia a divertirsi un mondo. Ha salvato la pelle per 20 miseri voti grazie alla precettazione di ministri e sottosegretari rastrellati qua e là. Ma per quanto ancora potrà resistere, quando a giorni il nuovo sistema elettorale approderà a Palazzo Madama, dove la maggioranza è risicata assai e dove – stante l’annunciata abolizione della seconda camera – ai senatori non garberà molto fare la figura dei tacchini invitati al pranzo di Natale. Il fatto è che Renzi subisce una sorta di legge del contrappasso. Ha stretto un patto con Berlusconi che adesso gli viene rinfacciato come un tradimento. Ha voluto un governo al femminile e sono le femmine a fargliela pagare cara. Ha teorizzato la rottamazione della vecchia guardia pd e (mentre riciccia Bersani) è una energica signora dai capelli argentati, Rosy Bindi, a guidare la rivolta di genere contro il giovanotto del “qui si fa come dico io”: con l’appoggio convinto dei tanti che dentro e fuori via del Nazareno ce l’hanno cordialmente sulle scatole. Perciò nei retroscena di palazzo si torna a parlare di voto a ottobre e in questa chiave i 10 miliardi per le famiglie oggi all’esame del Consiglio dei ministri possono apparire un cadeau elettorale anticipato. Si vedrà. Del resto è stato il fedele sottosegretario Reggi a dire che Matteo “spara razzi nel cielo”. E non sembra più un complimento.

 

 
 
 

Eroi della quotidianità in un paese non fatto per loro..

I° caso: Roberto Mancini, poliziotto romano che ha lottato per una vita contro chi inquinava la Terra dei Fuochi e non solo; abbandonato dalo Stato che gli ha riconosciuto 5 mila (leggasi 5000) euro per i servizi resi che gli hanno fatto contrarre un tumore ai linfonodi. Trovate tutto sul blog di Beppe Grillo.
II° caso: Valentina e Fabrizio. Valentina ha una patologia genetica trasmissibile; con Fabrizio decide di provari comunque ma rimane incinta e al quinto mese appare chiaro che il feto ha la stessa patologia… decide di abortire per motivi terapeutici ma…. all'ospedale Pertini (un nome che se esistesse una sorta di coerenza dovrebbe indurre la Regione a fare di tutto per cambiare o… cambiare personale e magari qualcuno licenziarlo pure; ricordo che il Pertini non è nuovo alle cronache giudiziarie, vero?) praticamente ci sono molti obiettori, chi per scelta e chi per convenienza naturalmente, con poche eccezioni e Valentina, con l'aiuto di Fabrizio, ha passato 15 ore di travaglio (con tutto quello che ciò comporta, ricordate il "partorirai con dolore" biblico? Bene, lei ora sa, amaramente, cosa significhi) in un bagno senz'alcuna assistenza degna di un paese, non dico civile, ma paese che abbia un livello sopra gli stregoni e solo perchè il turno ospedaliero era cambiato e gli entranti erano obiettori, tutti…. hanno poi chiesto di sottoporsi alla diagnosi pre-impianto ma… si son sentiti rispondere che"la struttura non eroga questa prestazione", quindi la legge 40.. si sono rivolti al Tribunale il quale ha sollevato dubbi, gli ennesimi, sulla costituzionalità di questa legge.. e sono certo che riceverà un altro colpo duro. Trovate tutto qui sul Fatto Quotidiano del 11/3/2014.
Qualcuno, a parte l'associazione Luca Coscioni, sa se c'è stata qualche interrogazione parlamentare? Che le donne presenti in Parlamento si son vestite, che so, di viola o di nero per la chiarissima violazione dell'autodeterminazione della donna o del diritto di poter disporre del proprio corpo (soprattutto in un caso come questo che richiederebbe un impegno massimo delle strutture sanitarie pubbliche, si pubbliche) come da Costituzione? A me non risulta nulla….. mi risulta ancora stamani il pianto antico sulle quote rosa, o di qualunque altro colore, da parte delle parlamentari. Inoltre il caso ha avuto anche una risonanza mediatica forte: addirttura tutti media normalmente schierati per il mainstream politico (ora renziani, prima montiani, prima ancora prodiani ecc.) non hanno potuto fare a meno di parlarne eppure, nulla o quasi…
Allora qual'è lo specchio per le allodole e qual'è il vero problema di questo paese? E' mai possibile che dipendenti pubblici, peraltro in un servizio essenziale per il cittadino come la salute che è un bene (almeno finora) costituzionalmente protetto, possano rifiutarsi di prestarlo, o astenersi dal farlo, e farla franca solo perchè.. obiettori?
Suonano retoriche, vero? Bene, perchè lo sono dato che la risposta dovrebbe essere ovvia ma in Italia evidentemente ……. no

 
 
 

Quote rosa, addio....

Allora, sono un: sessista, maschilista, merdionale, troglodita, terrorista e comunista mangiabambini, e tutto quello che può venire in mente...... ma proprio non mi andava giù sta cosa delle quota rosa; a partire da Luce D'eramo all'oggi tutto un fione di pensiero prima prevedeva il cosiddetto separatismo poi la... creazione di una sorta di riserva indiana.

Insomma cosa sarebbe cambiato per la comune mortale? Avere una parlamentare anzinchè un parlamentare? Avrebbe:

  1. avuto maggiori servizi alla persona?
  2. asili nido per i bambini?
  3. evitare le dimissioni in bianco in caso di maternità?
  4. aspettativa di tipo "norvegese" per i figli?
  5. meritocrazia?
  6. parità effettiva?
  7. pari opportunità non per legge?

.. e si potrebbe continuare ma so già che l'unica vera cosa era la riserva indiana (con tutto il rispetto, sia chiaro per i nativi americani LORO SI' VITTIME DELLO STRAPOTERE BIANCO DA CUI SONO STATI QUASI DISTRUTTI O ASSIMILATI): quella cosa che si sono ritagliate le parlamentari per evitare di doversi sudare l'elezione come gli altri e darsi una possibilità di restare dove sono. Sentite non mi va proprio giù la solfa messa su, anche da molti cosiddetti appartenenti alla pubblica opinione.. viviamo o no in una società di mercato dove vengono valorizzate, se le hai, qualità e opportunità? Bene al di là del sesso fa vedere quanto vali e se le hai le qualità, e i soldi degli sponsor, verrai eletta, sennò c'è sempre l'agricoltura, il lavoro n un supermarket part-time, o altro ancora.... eppoi ci sono sempre le liste bloccate dell'italicum, no?

 
 
 

Web e diffamazione, le leggi ci sono. Ma l’Italia punta verso Indonesia e Filippine

ricorderete il post in cui parlavo di censure, si quel post "antico" che mi pareva attuale? Si quello nel quale avevo "dimenticato" di mettere la parola giusta ma conunque dimostrava una certa attualitò, vero? Lo ricordate?Era preso da Punto informatico...

il titolo era: Speciale/ Italia, ufficiale la censura su Internet.

Bene.. se mai ci fossero dubbi.. ecco cosa scrive sul Fatto Quotidiano Marco Quarantelli (il 9 marzo 2014)

Una gara su chi meglio padroneggia i segreti del sesso orale. E’ la notte del 6 febbraio e i profili di Alessandra Moretti, Pd, e Paola Taverna, M5S, infiammano Twitter con un lungo botta e risposta degno di una chat porno. Gli account sono stati hackerati e al mattino entrambe sporgono denuncia, ma la deputata Pd va oltre e annuncia: bisogna regolamentare “quella terra di nessuno che sono i social. Sono la promotrice di una proposta di legge sull’hate speech (incitazione all’odio) in rete”. Per punire le violazioni – spiegano i giuristi – bastano le norme esistenti, ma da anni i politici chiedono e presentano disegni di legge ad hoc. Un anelito all’iper-regolamentazione che allontana l’Italia dai grandi paesi occidentali, nei quali ai reati commessi sul web vengono semplicemente applicati i codici penali, e che è proprio delle democrazie meno mature: senza considerare realtà come Russia e Cina in cui la censura è sistema, leggi speciali sono in vigore in paesi come l’Indonesia e le Filippine. “Ma la cosa da terzo mondo – spiega Giovanni Maria Riccio, docente di Diritto comparato ed europeo della comunicazione all’università di Salerno – è che i politici italiani invocano queste norme ogni volta che uno di loro si sente sbeffeggiato su un social network o un blog. Chiedono cioè delle leggi ad personam”.

UN CORO BIPARTISAN 
La moda è esplosa negli mesi. Il 14 aprile 2013 Laura Boldrini scopre sul profilo Facebook di un giornalista di Latina un fotomontaggio in cui compare nuda. Il 3 maggio, in un’intervista a Repubblica, il presidente della Camera chiedeva misure per “il controllo del web”: servono “decisioni misurate, sensate, efficaci (..). La politica deve agire”. Una richiesta che meritava il plauso del collega al Senato, Piero Grasso: “Le leggi che proteggono dal web… beh, quelle le dobbiamo assolutamente ideare. Ma è un discorso che facevo già da Procuratore Nazionale Antimafia”. Due mesi dopo è il turno del Pdl. Il 3 luglio Mara Carfagna denuncia le minacce ricevute su Facebook (“Ti verremo a prendere a casa”). Occorre “regolamentare il comportamento da tenere in rete”, tuona Maria Stella Gelmini. Nel 2012 era stato addirittura un ministro della Giustizia a chiedere norme ad hoc: ”Occorre regolamentare i blog – spiegava il 26 aprile Paola Severino – questo mondo va regolamentato altrimenti si finisce nell’arbitrio”. Un’allergia che, dal 2° governo Prodi al governo Letta, si è tradotta in una lunga serie di ddl presentati in Parlamento.  

SCORZA: “LE LEGGI ESISTONO GIA’” 
“Eppure gli strumenti per punire gli illeciti commessi sul web, dalla diffamazione all’istigazione a delinquere, sono tutti già previsti nell’ordinamento – spiega Guido Scorza, avvocato, blogger del Fatto e docente di Ricerca in Informatica Giuridica e Diritto delle nuove Tecnologie – tutto ciò che è reato per la stampa, è reato anche su internet. La diffamazione, ad esempio, è regolata dalla legge sulla stampa 47/48 e tutte le fattispecie che riguardano il web sono comprese nella formula ‘… o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità’ del comma terzo dell’articolo 595 del Codice Penale”, che prevede la reclusione da 6 mesi a 3 anni. “Tutti gli altri illeciti che possono essere commessi tramite i media sono previsti dal codice penale”. E il caso del post di Beppe Grillo su Facebook: “Cosa succederebbe se ti trovassi la Boldrini in macchina?” che aveva scatenato una marea di commenti a sfondo sessuale? “Grillo è perfettamente identificabile: se si ritiene che la sua condotta configuri reato, lo si può processare”. 

“IL DDL MORETTI? NORME GIA’ PREVISTE” 
Anche molte disposizioni contenute nel ddl Moretti sono già nell’ordinamento. “Il testo prevede maggior tutele per i minori – continua Riccio – già previste dal Codice della Privacy; contempla l’aggiornamento e l’integrazione dei dati personali pubblicati su internet, anche questi diritti già riconosciuti dal diritto all’oblio garantito dallo stesso Codice”. Il testo, poi, modifica la disciplina sulla diffamazione e crea una disparità di trattamento: “Qualora la diffamazione sia commessa a mezzo di una testata telematica registrata – scrive Francesco Paolo Micozzi, avvocato esperto di diritto dell’informatica, su Leggioggi.it – si prevede la sanzione della multa da € 2.000 a € 10.000; nel caso di diffamazione commessa, invece, a mezzo blog la pena è quella della multa da € 1.000 a euro 7.000 aumentata della metà ai sensi del “nuovo” ultimo comma dell’art. 595 ossia da € 1.500 a € 10.500″. Resta poi da capire che senso abbia presentare nuove modifiche al reato di diffamazione proprio mentre il Parlamento ne sta approvando la riforma: il 17 ottobre 2013 la Camera ha detto sì a un ddl che esclude il carcere per i giornalisti, sostituito da multe fino a 60 mila euro, e ora il testo è al Senato.   

SE SI APPLICA LA LEGGE, LE PENE ARRIVANO 
E’ accaduto a Dolores Valandro, la consigliera comunale della Lega a Padova denunciata per istigazione ad atti sessuali compiuti per motivi razziali per aver scritto su Facebook “Mai nessuno che se la stupri” riferendosi al ministro dell’Integrazione Cécile Kyenge: il 17 luglio 2013 è stata condannata per direttissima a 13 mesi di carcere e 13mila euro di multa. A volte l’applicazione delle norme può causare timori sul futuro della libertà in rete. Con una sentenza 31 dicembre 2012 il Tribunale di Livorno ha condannato per diffamazione aggravata una 27enne che, licenziata dal centro estetico dov’era impiegata, aveva offeso più volte il suo ex datore di lavoro su Facebook.  Il giudice ha richiamato l’articolo 595, terzo comma del codice penale, in cui il reato è punito più severamente quando l’offesa è recata a mezzo stampa o attraverso “qualsiasi altro mezzo di pubblicità”. Per il giudice, Facebook è una piazza virtuale dalla “diffusione incontrollata”. 

COSA ACCADE ALL’ESTERO: REGNO UNITO 
“Nei paesi occidentali non esiste una legislazione speciale – spiega Giampiero Giacomello, docente dell’università di Bologna e relatore italiano del report Freedom on the Net 2013 - prendiamo la Gran Bretagna: lì esistono severe leggi antiterrorismo che vengono applicate in casi molto rari e seri. Se qualcuno chiedesse di usarle per punire a chi sbeffeggia i politici sul web, gli inglesi si solleverebbero”. Così bastano le leggi ordinarie. Il 24 gennaio 2 ventenni che avevano minacciato di “stupro” una femminista su Twitter sono stati condannati a 12 e 8 settimane di carcere in base al Public Order Act del 1986 e all’Offences Against The Person Actdel 1881. Nel 2012 Liam Stacey, 21 anni, trovò divertente deridere Patrice Muamba, calciatore di colore del Bolton collassato in campo per un attacco di cuore: “Che risate, Muamba! E’ morto!”, scrisse su Twitter. Venne condannato a 2 mesi per incitazione all’odio razziale sotto il Public Order Act 1986 . Nel 2011 era toccato a 2 ventenni che avevano usato Facebook per incitare ai disordini sociali: furono condannati a 4 anni per istigazione a delinquere in base al Serious Crime Act 2007. Era il 6° caso in pochi anni.  

GERMANIA, SI APPLICA IL CODICE PENALE 
In Germania la diffamazione è punita duramente sia dallo Strafgesetzbuch (il codice penale), sia dalle leggi sulla stampa dei vari Lander, con pene che vanno dai 3 mesi ai 2 anni. Si arriva a 5 anni se si danneggia ingiustamente una persona impegnata nella vita politica. Ovviamente le regole sono valide anche sul web. Lo stesso vale per gli altri tipi di reati. Nel 2012 un 18enne incitò su Facebook al linciaggio di un 17enne accusato dell’omicidio di una bambina di 11 anni, Lena, a Emden. In seguito all’appello una folla si presentò con bruttissime intenzioni alla stazione di polizia in cui il sospettato veniva interrogato. Il linciaggio non avvenne, ma l’istigatore fu condannato a 2 settimane di carcere: i giudici tennero conto dell’età, ma per il reato il codice tedesco prevede pene fino a 5 anni. 

FRANCIA, SU FACEBOOK NON C’E’ DIFFAMAZIONE 
Anche in Francia niente leggi speciali, ma nel 2013 il sistema giudiziario ha prodotto due importanti sentenze sulla libertà nei social. Il 10 aprile la Corte di Cassazione ha stabilito che Facebook non è un luogo pubblico come la tv, la radio o un giornale e chi posta opinioni e commenti in bacheca non può essere condannato per diffamazione. Per la Corte, che doveva giudicare il caso di una donna che aveva scritto di voler assistere allo “sterminio di tutte le direttrici come la sua”, la dipendente non può essere accusata di aver ingiuriato il datore di lavoro in pubblico:  la bacheca di FB sarebbe un luogo privato cui solo gli “amici” possono avere accesso. A giugno, poi, il Tribunal de grande instance di Parigi aveva obbligato Twitter a fornire alle autorità i dati degli autori di alcuni tweet antisemiti pubblicati nel 2012: la legge francese proibisce la discriminazione basata su principi religiosi e razziali.  

USA, LA COSTITUZIONE TUTELA ANCHE I “LIKE
Negli Usa la libertà di parola è garantita dal Primo Emendamento e non esistono reati federali a mezzo stampa che comportino il carcere, previsti invece in 17 Stati. Una tutela costituzionale estesa ora anche ai blog. Lo ha stabilito il 18 gennaio la Corte d’Appello: nelle cause per diffamazione i blogger devono essere considerati alla stregua dei giornalisti e non possono essere condannati se danno notizie di interesse pubblico e svolgono il loro lavoro con accuratezza. Il First Emendament protegge anche i “like” su Facebook: lo ha deciso il 18 settembre 2013 la Corte d’Appello del 4° Circuito (in Italia, invece, un uomo di Parma è stato rinviato a giudizio per un “mi piace” ad un commento giudicato diffamatorio e rischia 3 anni). Gli altri reati? Il 14 febbraio 2013, in un’America ancora con i nervi a fior di pelle per l’eccidio di 20 bambini nella scuola Sandy Hook di Newtown, Justin Carter, 19enne texano, scrisse su Facebook: “Ora vado a fare una strage in una scuola piena di bambini, li uccido tutti e divoro i loro cuori ancora pulsanti”. In poche ore il ragazzo è finito in carcere per aver violato l’articolo 22 del Codice penale del Texas: “Minacce terroristiche”. E rischia 10 anni

INDONESIA, LA LEGGE AD HOC: PENE PIU’ ASPRE PER IL WEB 
Le leggi speciali per il web sono proprie di altre latitudini, geografiche e culturali. In Indonesia è in vigore la legge “11/2008 on Electronic Information and Transactions (ITE)”. L’articolo 27 prevede che “chiunque sia trovato colpevole di usare media elettronici, inclusi social network, per intimidire o diffamare rischia fino a 6 anni e una multa fino a un miliardo di rupie” (105.000 dollari). Quando per la diffamazione sui media tradizionali il codice penale prevede pene molto più basse, il che fa sì che chi è soltanto accusato di aver commesso il reato su internet possa essere sottoposto fino a 50 giorni di custodia cautelare. Secondo l’Institute for Policy Research and Advocacy, tra il 2008 e il 2013 sono state processate almeno 37 persone, mentre per il watchdog Information and Communication Technology Watch facendo leva sulla legge il governo ha filtrato e bloccato i contenuti di vari siti considerati scomodi. “Ai nostri governanti non piace l’idea di una rete libera”, ha spiegato a Human Rights Watch Leo Batubara, presidente dell’Indonesia’s Press Council. Non è un caso che la legge sia stata approvata nell’aprile 2008 con i voti dei 3 maggiori partiti del paese. 

FILIPPINE, FINO A 12 ANNI DI CARCERE 
Il 12 settembre 2012 il presidente filippino Benigno Aquino III firma il Cybercrime Prevention Act,  legge nata per combattere la pirateria online che estende alla sfera digitale il reato di diffamazione già previsto dal Codice penale. Il testo innalza drasticamente le pene per chi commette il reato sul web: la pena minima aumenta di 12 volte, passando da 6 mesi a 6 anni; quella massima raddoppia da 6 a 12 anni. L’ammenda può raggiungere i 24 mila dollari e il provvedimento punisce anche i commenti giudicati offensivi sui social network e i “like” di Facebook.

p.s.

ehm, commenti?

 
 
 

Dossier ufo... il rigore dell'ufficialità:" Ufo: le domande di un libro finiscono al ministero della Difesa"

Post n°3145 pubblicato il 07 Marzo 2014 da ninograg1
 

La materia ufologica su questo blog? Si. Come vi ha trovato posto Bglino e la sua rilettura dell'antico testamento, basato su testi decodificati in base alla scuola di leningrado, ora vi trova posto quest'articolo preso dal Fatto Quotidiano del 7/3/2014 a firma di Vladimiro Bibolotti.

E' singolare e strano che in un paese come il nostro ci sia un segreto..... sugli ufo, vero? Eppure.... bè leggete e .... BUON WEEK END

Da pochi giorni è uscito nelle librerie un testo davvero interessante per i cultori della materia ufologica. Il testo dal titolo ‘Ufo. I dossier italiani‘ riporta lo studio di Lao Petrilli e Vincenzo Sinapi, due giornalisti esperti in questioni militari e di intelligence, che hanno avuto accesso ai famosi faldoni del reparto della nostra Aeronautica Militare designato a seguire il fenomeno degli Ufo. Non si tratta di ufologi e per questo la lettura del fenomeno che ne risulta è acritica. Il libro ha suscitato clamore mediatico e persino una recentissima interrogazione parlamentare.

In Italia il fenomeno degli Ufo, od Ovni, come impone la nomenclatura ufficiale (Oggetti Volanti Non Identificati), fu istituzionalizzato sotto le ali del senatore Giulio Andreotti. Infatti proprio Andreotti  nei suoi molteplici incarichi, da ministro della Difesa a Presidente del Consiglio,  ebbe anche un ruolo attivo nel tentativo di comprendere la realtà del fenomeno. Infatti  ricordiamo che il nostro Centro Ufologico Nazionale ha avuto contatti istituzionali sia con l’onnipresente senatore, amico di lunga data del ex presidente del Cun Mario Cingolani, che con i vari Comandanti che si sono avvicendati al Reparto Generale Sicurezza. Uno dei presidenti del Cun ricordiamolo, che è stato il Generale di b.a. Salvatore Marcelletti dello S.M.A. Il sito Internet del Rgs riporta infatti che, “a seguito dell’ondata di avvistamenti di Ovni, dal 1978 l’ ex premier ed ex senatore a vita designò l’Aeronautica Militare Italiana quale organismo istituzionale deputato a raccogliere, verificare e monitorizzare le segnalazioni”.

Allora si chiamava Secondo Reparto e operava tramite i vari SIOS (Servizio informazioni operative e situazione) delle varie armi (AM, MM, EI, CC), ma successivamente divenne appunto Rgs, Reparto Generale Sicurezza presso lo Stato Maggiore Aeronautica. Ma la politica si introduce in questo contesto: Falco Accame, già Ammiraglio della nostra Marina Militare, in veste di presidente della Commissione Parlamentare Difesa, lanciò la prima interrogazione parlamentare nel lontano febbraio del 1979, e poi via via vi furono altre interrogazioni, dove la più clamorosa fu quella di Tullio Regge presso il Parlamento Europeo, per l’istituzione di un organismo di studio scientifico di queste manifestazioni o intrusioni aeree. Fu presentata il 20 febbraio 1994 come Progetto di relazione sulla proposta di costituire un centro europeo per gli avvistamenti di oggetti volanti non identificati redatto dallo fisico italiano Tullio Regge su incarico della Cert (Commissione per l’energia, la ricerca e la tecnologia). Ne seguirono anche altre (Musumeci nel 2004.etc.).

In questi giorni, Gaetano Nastri del gruppo parlamentare “Fratelli d’Italia”, nella seduta n. 182 del 04/03/2014 ha presentato un’ interrogazione parlamentare al ministro della Difesa Roberta Pinotti prendendo spunto dal libro appena uscito UFO i dossier italiani (del RGS). Forse proprio il battage suscitato dalla pubblicazione di questo magnifico libro, non contestabile ne dal punto di vista metodologico ne scientifico, ha creato una ricaduta mediatica senza precedenti per il nostro Paese. Finalmente la discussione mediatica attorno al fenomeno Ufo si è svolta in termini di serietà, con buona pace di chi si sdegna e appiccica da incompetente questa materia al pari delle pseudoscienze, in quanto fenomeno non spiegabile convenzionalmente.

Nell’interrogazione parlamentare troviamo finalmente un testo misurato ma completo dove si chiede maggiore chiarezza e trasparenza sulla questione Ufo/Ovni, in quanto da questi faldoni declassificati emergono vicende inquietanti sia per la fenomenologia che “hanno descritto evoluzioni effettuate da questi Ovni che nulla hanno a che vedere con l’odierna conoscenza in campo aeronautico” con testimonianze fatte dai controllori di volo e altre fonti attendibili di coinvolgimento di piloti civili e militari, di avvistamenti e addirittura inseguimenti per intercettazione di velivolo sconosciuto introdottosi negli spazi aerei italiani.

Bene, ce ne è abbastanza per arrivare ad istituire una commissione di studi fatta da personale competente composto da scienziati militari. A tale proposito vogliamo ricordare il bilancio tracciato dal generale di brigata aerea Giuliano De Carlo che spiega anche di essere costantemente in contatto con le due associazioni di ufologi (Cun, Cisu) e di mettere a loro disposizione dati e archivi disponibili. Cosa fatta adesso dai due giornalisti, Lao Petrilli e Vincenzo Sinapi autori del recentissimo testo UFO i dossier italiani, che in quarta di copertina hanno inserito la frase preoccupata di un pilota: “Auguro di non vedere mai simili oggetti da una distanza ravvicinata, com’è accaduto a me, per quel senso di impotenza e paura che essi incutono”.

Pur essendo consci che la politica nel nostro Paese non ha mai risolto i problemi nella maniera richiesta, attendiamo comunque con curiosità la risposta della politica a questa nuova interrogazione parlamentare.

Letto? Bene......... fate voi

 
 
 

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NON LASCIAMOCISOLI & CHE

O siamo Capaci di sconfiggere le idee contrarie con la discussione, O DOBBIAMO lasciarle esprimere. Non è possibile sconfiggere le idee con la forza,perchè questo blocca il libero Sviluppo dell'intelligenza "
Ernesto Che Guevara
  

XXI secolo?

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IDEOGRAMMA DI PACE; EMERGENCY

GRILLO

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