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Messaggi di Maggio 2015
Post n°3482 pubblicato il 31 Maggio 2015 da ninograg1
Fonte: Il Fatto Quotidiano a firma di Loretta Napoleoni del 31 maggio 2015 Il Grexit, l’uscita della Grecia dall’euro, ed il Brexit, la rinuncia della Gran Bretagna a far parte dell’Unione Europea, simboleggiano le due anime, profondamente dicotomiche, del sogno europeista. Tutti gli altri Stati membri oscillano al loro interno, come un pendolo. Nei prossimi due anni entrambe potrebbero frantumarsi, un’implosione che danneggerebbe tutta la costruzione europeista e, chissà, forse questa catastrofe potrebbe anche dar vita ad una versione più realista dell’Unione europea e meno contraddittoria di quella attuale. La tragedia del Grexit ormai è come una telenovela tormentone che tutti continuano a vedere per scoprire come andrà a finire ma che non finisce mai. I problemi reali che la costituiscono sono tanti, dalla follia del settore bancario europeo antecedente al crollo di Lehman Brothers – che ha elargito denaro a iosa ad una nazione la cui maggiore componente del Pil erano gli aiuti economici dell’Unione Europea -, fino alla follia della Troika, la cui formula lacrime e sangue ha fatto contrarre l’economia greca del 25 per cento nel giro di un paio d’anni. Neppure la dilagante povertà della gente, i suicidi dei pensionati, la carenza di medicine e così via ormai generano compassione nell’europeo medio, in fondo l’attuale tragedia greca, come quelle antiche messe in scena durante il suo glorioso passato, si metabolizzano velocemente perché sono manifestazioni, seppur aberranti, della natura umana. Ma il Grexit è un fenomeno a parte, che non ha nulla a che fare con la psicologia umana, piuttosto rappresenta una ribellione, no, ormai è meglio definirlo una denuncia nei confronti delle promesse europeiste. Ai greci sembra aver pagato abbastanza, e forse hanno ragione; il governo sostiene che continuare ad alzare le tasse ed a tagliare la spesa pubblica sarà controproducente come lo è stato fino ad ora, e molto probabilmente anche ciò è vero allora perché perseverare su questa strada che rischia l’implosione? L’attuale minaccia del Grexit mette anche a fuoco le contraddizioni del piano di salvataggio europeo. Il settore privato ha già, nel lontano 2011 e 2012. abbonato ai greci più del 75 per cento del debito, rimane però quello nei confronti delle istituzioni sovranazionali: Fondo monetario, Banca centrale europea ecc. Un grafico interessantissimo del Wall Street Journal mostra tutta la gamma dei creditori e ciò che è loro dovuto da qui al 2010. Di gran lunga il più grosso creditore della Grecia è l’Unione europea attraverso le sue istituzioni. Il discorso di Atene è semplice: per evitare che la Grecia sia costretta ad abbandonare l’euro bisogna fare un balzo in avanti nel processo di integrazione. Che questo si concretizzi con gli eurobond o con la garanzia di Bruxelles per rinegoziare e tagliare una buona fetta di debito ha poca importanza, purché la costruzione europea di cui Atene fa parte a tutti gli effetti manifesti un impegno fiscale e finanziario per salvare la Grecia. Basta la volontà di farlo. Ed infatti simbolicamente questa decisione rafforzerebbe l’idea che prima o poi il vecchio continente diverrà una sola nazione, senza parlare dell’effetto positivo che avrebbe sui mercati la certezza che l’Unione è sempre più coesa. Discorso diametralmente opposto ci arriva dalla Gran Bretagna, la minaccia del Brexit non solo proviene dal rifiuto della filosofia europeista, ma pretende una revisione del concetto di coesione, principalmente in termini fiscali e finanziari. Londra non ha intenzione di ascoltare Bruxelles su come gestire la propria politica interna o estera, ma soprattutto non ha intenzione di finanziare la follia pre-crisi delle banche europee o quella dei governi dei Piigs che si sono indebitati eccessivamente. Così mentre Atene chiede più unione Londra ne chiede molta di meno. Un tiro alla fune che con molta probabilità nessuno vincerà, è infatti probabile che la corda si rompa ed entrambe le squadre si ritrovino a terra. Riflettiamo su come sia possibile che queste due nazioni facciano parte della stessa Unione europea, che tutte e due siano strumentali al raggiungimento di accordi di maggioranza assoluta in sede di Commissione e di Consiglio d’Europa. Se la visione dell’Europa che hanno è diametralmente opposta allora il compromesso necessario per ottenere il loro appoggio finirà per svuotare dei contenuti veri qualsiasi proposta. In altre parole, la macchina infernale europea non funziona perché il meccanismo di base al suo interno fa sempre cilecca. Forse, perché prevedere il futuro è impossibile non solo per gli economisti ma anche per i chiromanti, perdendo queste due anime l’Europa ne troverà una terza con la quale poter riformulare meglio il sogno europeista. p.s. l'europa del business as usual potrebbe entrare in crisi? Probabile ma per poco perchè alla fine troverebbero comunque il modo di fare soldi....... però il vero problema sono i trattati: che fine ha fatto il TTIP? Wikileaks ha già fatto sapere che il vero trattato, come ci si poteva aspettare, è ben diverso da quanto detto e affermato finora, vedremo! p.s. di questo passo perchè non cominciare a pensare a un Italexit prima che ci siamo costretti? E perchè, se si decide di fare trenta, non fare anche trentuno e aderire, come alternativa, al BRICS? |
PAUL KRUGMAN: “IL VERO RISCHIO PER BERLINO È CHE LA GRECIA DIMOSTRI CHE CI SIA VITA FUORI DALL’EURO”
Post n°3481 pubblicato il 29 Maggio 2015 da ninograg1
Fonte: stopeuro.org del 26/5/2015 Paul Krugman sul New York Times, con ancora fresca la notizia della vittoria di Podemos nelle maggiori città spagnole, torna brevemente sul tema della Grecia e della sua possibile uscita dalla moneta unica. La grande paura dell’ormai screditato establishment europeo, ragiona il premio Nobel, non è che la Grecia fallisca, ma che possa riprendersi a seguito dell’uscita dall’euro, diventando così un esempio per tutti gli altri. di Paul Krugman, 25 maggio 2015 C’è appena stato un altro terremoto elettorale nell’eurozona: i candidati spagnoli di Podemos hanno vinto le elezioni locali a Madrid e a Barcellona. Io spero che l’IFKAT — cioè l’insieme delle istituzioni finora chiamate “Troika” — facciano bene attenzione. Il nocciolo della situazione greca è che gli attuali parametri per il raggiungimento di un accordo a breve termine sono chiari e ineludibili: la Grecia non può fare un grosso disavanzo primario, perché nessuno le presterebbe ulteriore denaro, e non farà nemmeno (perché essenzialmente non ne è in grado) un grosso avanzo primario, dato che non è possibile cavare sangue dalle pietre. Perciò non resta che aspettarsi un accordo per cui la Grecia farà un modesto avanzo primario nel corso dei prossimi anni, e questo si potrebbe facilmente raggiungere — ed è quello che succederà, perciò perché non renderlo ufficiale? Ma ora il FMI sta facendo la parte del poliziotto cattivo, e dice che non concederà altri fondi fino a che Syriza non si metterà in riga sulle pensioni e le riforme del mercato del lavoro. Queste ultime sono abbastanza discutibili — le stesse ricerche del FMI non danno alcun motivo per essere entusiasti delle riforme strutturali, specialmente di quelle del mercato del lavoro. Il primo punto invece riflette probabilmente un problema reale — la Grecia probabilmente non è in grado di concere ai propri pensionati quanto gli ha promesso — tuttavia non è chiaro perché questo dovrebbe essere un punto da discutere nel particolare al di là della questione generale dell’avanzo primario. Ciò su cui vorrei tutto ragionassero è chiedersi cosa accadrebbe se la Grecia fosse alla fine spinta fuori dall’euro. (Sì, parlo del “Grexit” — brutta parola, ma tutti la usano.) Sarebbe certamente una brutta situazione per la Grecia, almeno all’inizio. Proprio ora i paesi “core” dell’eurozona pensano che il resto dell’area euro possa gestire il problema, e questo può essere vero. Tenete conto però che il presunto intervento promesso dalla BCE [il “whatever it takes”, NdT], non è ancora stato realmente sperimentato. Se i mercati perdono fiducia nello stesso momento in cui la BCE è costretta ad acquistare titoli spagnoli e italiani, cosa succederà? Ma la questione ancora più importante è cosa succederà un anno o due dopo che la Grecia sarà uscita dall’euro, nel momento in cui il vero rischio per l’euro non sarà che la Grecia fallisca, ma che possa avere successo. Immaginate che una nuova dracma fortemente svalutata porti flotte di turisti britannici, gran bevitori di birra, sulle coste dello Ionio, e che la Grecia cominci a riprendersi. Questo darebbe grande incoraggiamento a tutti quelli che, in qualsiasi paese, si oppongono all’austerità e alla svalutazione interna. Pensateci. Fino l’altro ieri gli “Europei Molto Seri” salutavano la Spagna come un caso esemplare di successo, la giustificazione di tutto il loro programma. Evidentemente i cittadini spagnoli non erano d’accordo. E così, se le forze anti-establishment avranno una Grecia in via di ripresa a cui fare riferimento, lo screditamento dell’establishment avrà un’accelerata. Una possibile conclusione, immagino, è che la Germania provi a sabotare la Grecia dopo l’uscita. Ma spero che ciò venga considerato inaccettabile. Perciò pensateci, cari IFKAT: siete proprio sicuri che volete andare avanti per la vostra strada? p.s. conoscete Krugman? Questa è la sua biografia su wikipedia. |
Post n°3480 pubblicato il 28 Maggio 2015 da ninograg1
Bè magari son tutte balle coe ci dicono in televisione ma ho trovato due cosine su riviste specializzate che qualche neurone dovrebbero smuoverlo anche in coloro completamente addormentati....... ma andiamo con ordine:
ora detto quanto sopra; le domande sorgono spontanee:
parafrasando un noto conduttore: datevi le risposte che io vi ho fatto le domande
|
Post n°3479 pubblicato il 27 Maggio 2015 da ninograg1
Fonte: F.Q. del 26 maggio 2015 Il referendum con cui l’Irlanda ha legalizzato le nozze gay è “una sconfitta dell’umanità”. Parola del cardinale Pietro Parolin. “Sono rimasto molto triste di questo risultato, la Chiesa deve tener conto di questa realtà ma nel senso di rafforzare il suo impegno per l’evangelizzazione – ha detto il Segretario di Stato vaticano a margine della cerimonia per il Premio Economia e Società a Palazzo della Cancelleria – credo che non si può parlare solo di una sconfitta dei principi cristiani ma di una sconfitta dell’umanità“. L’Irlanda è stato il primo Paese al mondo a chiedere ai propri cittadini di decidere in un referendum se le coppie omosessuali abbiano il diritto di sposarsi. E il risultato della consultazione è stato nettissimo: il 62,1% ha votato sì, i no si sono fermati al 37,9%. I voti complessivi a favore sono stati 1.201.607, mentre quelli contrari 734.300. L’affluenza a livello nazionale è stata del 60,5%. Mentre nei seggi si contavano le schede, è stato il ministro per le Pari opportunità, Aodhan O Riordain, a dare la notizia, con un tweet: “È sì – scrive – Una valanga a Dublino, sono fiero di essere irlandese”. Si sono presentati in massa nella Capitale per votare: il ministro della Sanità, Leo Varadkar, ha parlato “un giorno storico per il Paese”. “È una rivoluzione sociale – era stato il commento a caldo dell’arcivescovo di Dublino e Primate d’Irlanda, Diarmuid Martin – la chiesa ora deve fare i conti con la realtà“. Parole interpretate dai commentatori come un’apertura e una presa di coscienza. Ma Parolin le legge in maniera diametralmente opposta: “Come ha detto l’arcivescovo di Dublino – ha detto ancora il segretario di Stato vaticano – la Chiesa deve tenere conto di questa realtà ma deve farlo nel senso che deve rafforzare tutto il suo impegno e tutto il suo sforzo per evangelizzare anche la nostra cultura”. “La famiglia – ha detto ancora Parolin in risposta a una domanda su come procedano i lavori del Sinodo dei vescovi sulla famiglia che in questi giorni ha messo a punto il nuovo Instrumentum laboris – rimane al centro e dobbiamo fare di tutto per difendere, tutelare e promuovere la famiglia perché ogni futuro dell’umanità e della Chiesa anche di fronte a certi avvenimenti che sono successi in questi giorni rimane la famiglia”. “Colpirla – ha proseguito – sarebbe come togliere la base dell’edificio del futuro“. Parolin ha commentato anche la vicenda dell’ambasciatore francese Laurent Stefanini, nominato dal governo Hollande ma che non ha ottenuto il gradimento dal Vaticano per via del suo orientamento sessuale: tra Santa Sede e Francia, ha detto il cardinale “il dialogo è ancora aperto e speriamo che si possa concludere in maniera positiva”. Galantino (Cei): “La Chiesa si arrocchi, ma eviti l’accettazione acritica” Per il numero due della Cei, “la paura, l’arroccamento, il fatalismo fanno il gioco delle lobby ideologiche, lasciano cioè il campo a chi purtroppo vive anche realtà importanti e belle come quella delle relazioni” unicamente “come conquista da esibire e da sbattere in faccia”. Galantino nega che quanto è avvenuto in Irlanda sia “un sonoro schiaffo alla Chiesa”, come qualcuno “si è affrettato a dire”: “non è così che si ragiona”. Citando il Papa, ricorda che “il compito principale della Chiesa non è di costruire muri ma ponti, di stabilire un dialogo con tutti”. In questo orizzonte, chiarisce il segretario Cei, “l’atteggiamento della Chiesa non è quello di chi subito spara al primo che parla e che dice cose contrarie, ma si tratta di capire, di rendersi conto, ma di mettersi di fronte a queste realtà in maniera critica, laddove critico significa conoscendo la posizione dell’altro, capendo dove vuole arrivare”. “Grazie a Dio sta crescendo anche all’interno della Chiesa questa attenzione alla ‘nuova sensibilità‘, questa capacità di leggere al netto di un’eccessiva emotività eventi e mutamenti culturali”, che “non vuol dire subito e solo sposarli in pieno, né tantomeno perdere la capacità di ragionare”. “E’ importante il rispetto per la persona così come sta dinnanzi a noi, capire di che si tratta – aggiunge – attenti però a non volere subito trasformare i diritti del singolo in punti di partenza perché diventino necessariamente i diritti di tutti. Questo è diverso”. p.s. si potrebbe dire: si autoassolvono quando hanno erano un paradiso fiscale; si autoassolvono per la pedofilia; si autoassolvono quando commettono reati come tutti gli altri; si autoassolvono quando ingeriscono in un affare intenrno di un altro paese.. leggi ingerenze "umanitaria"; si autoassolvono quando scendono in campo contro la diagnosi pre-impianto e la fecondazione assistita (sia omologa che eterologa). Si sono sempre autoassolti... quando affronteranno i loro scheletri nell'armadio che, ormai, sono allo scoperto sotto gli occhi di tutti? Quando applicheranno il dogma della confessione? E mi fermo qui.. |
Post n°3478 pubblicato il 26 Maggio 2015 da ninograg1
Sapete cosa è una 'tallboy'? Ve lo dico io; fonte Wikipedia: La Tallboy era una bomba a caduta libera di costruzione britannica usata dalla Royal Air Force durante la seconda guerra mondiale. Il suo peso di 12 000 lb (5 443 kg) ne fa una delle più pesanti bombe mai costruite. Essendo sprovvista di sistemi di guida o di freno aerodinamico, arrivava sul bersaglio "in caduta libera". Poteva essere trasportata sull'obiettivo dai bombardieri strategici Avro Lancaster opportunamente modificati, agganciando l'ordigno esternamente sotto la fusoliera, come per la Grand Slam di maggiori dimensioni. Oltre alla potenza distruttiva la sua onda d'urto veniva impiegata per generare un'onda sismica che faceva collassare le strutture, riuscendo a distruggere anche bunker profondamente interrati e fortificazioni invulnerabili alle bombe di dimensioni minori, come i rifugi degli U-Boot tedeschi sulla costa atlantica. Fine citazione. Tutto chiaro? Bene, ora leggete questo: visto su Terra 2000 “Via libera del parlamento alle bombe sismiche in mare alla ricerca di petrolio. Con un blitz a scrutinio segreto di maggioranza e opposizione il governo Renzi ha cancellato il reato penale"
per chi ricerca petrolio in mare con le bombe sismiche. PD, Centro democratico, Nuovo centro destra, Udc, Scelta Civica e Forza Italia hanno cancellato a scrutinio segreto il reato penale relativo all’utilizzo delle bombe sismiche per cercare petrolio nei mari, a partire da quello sardo. Si è consumato un blitz in piena regola ordinato da Renzi che ha imposto al parlamento di proteggere le lobby dei petrolieri a scapito di ambiente e natura. Un accanimento verso la Sardegna visto che il governo ha espresso parere contrario anche all’ordine del giorno che ho presentato per revocare il permesso di ricerca nell’area del nord ovest sardo a diretto contatto con il santuario dei cetacei. Un ordine del giorno che mirava a cancellare l’area sulla quale si stanno concentrando texani e norvegesi per le introspezioni petrolifere a colpi di bombe sismiche. Un’area che ha già visto il pronunciamento contrario della commissione di valutazione di impatto ambientale. Esclusi alcuni parlamentari sardi di maggioranza che hanno votato a favore dell’ordine del giorno, i partiti di maggioranza lo hanno bocciato su indicazione del governo. Il provvedimento è l’ennesimo regalo bipartisan ai petrolieri che vogliono proseguire impuniti a devastare i mari senza colpo ferire. Tutto questo con il silenzio più totale della Regione che continua a dormire per non disturbare il manovratore romano. Con questo voto del parlamento si da di fatto il via libera ad un progetto di ricerca petrolifera che rischia di distruggere il tratto di mare tra San Vero Milis ad Alghero – Porto Torres. Gli interessi in gioco sono elevatissimi e il rischio che corre la Sardegna è senza precedenti. Dopo la colonizzazione della terra ferma ora, infatti, Renzi vuole tentare sino in fondo quella dei mari. Ora serve una reazione forte per proteggere la Sardegna, non solo perché vanno rispettate le peculiarità statutarie della Regione ma perché si incide direttamente sull’ambiente e sul sistema naturale dell’isola. Serve una mobilitazione straordinaria per bloccare questo ennesimo blitz del governo Renzi che devasta i nostri mari, ma che è soprattutto al progetto di colonizzazione di gruppi stranieri e non solo che pensano di utilizzare la Sardegna per i loro affari”. Lo ha detto il deputato sardo di Unidos Mauro Pili subito dopo il voto/blitz a favore dei progetti di ricerca petrolifera a colpi di bombe sismiche nei mari sardi. “Da oggi – ha detto Pili – rilanciamo la mobilitazione dura su questa partita e siamo pronti ad azioni eclatanti se non saranno bloccati tutti i progetti che riguardano i mari sardi oggetto di questi tentativi maldestri di liberalizzare la tecnica delle bombe sismiche. Si tratta di una mobilitazione obbligatoria – conclude Pili – che abbiamo il compito di intraprendere per non lasciare la Sardegna al dominio totale di gruppi di potere e dello stesso Stato che ormai da tempo considerano la Sardegna una vera e propria pattumiera dove scaricare tutti i progetti più nefasti e invasivi dalle basi militari alle aree chimiche, per finire con le ricerche petrolifere a suon di bombe sismiche” p.s. sia chiaro che quella presentata da wikipedia è un arma della seconda guerra mondiale ed era primitiva.... le sue applicazioni civili invece sono molto diverse e vanno sotto il nome di "airgun": per dirla meglio è cambiato il modello ma il principio è lo stesso; il danno, inquesto sismico, è sempre dei cittadini... in questo caso è del popolo sardo! |
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